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martedì 18 ottobre 2011

Ravenna, Introduzione

Ravenna capitale imperiale (402-476)

La città di Ravenna deve la sua fortuna alla particolare collocazione geografica che, nell'antichità, assomigliava a quella successivamente avuta da Venezia; anch'essa era situata su una serie di isolotti, distanti dal mare qualche centinaio di metri e protetti da dune sabbiose.
Ottaviano Augusto fu il primo ad intuire il valore strategico di questa collocazione e fece costruire, a quattro km. dalla città, l'importante porto militare di Classe (classis = flotta).
Nel 402, sempre in base a considerazioni di carattere strategico, Onorio trasferisce la capitale dell'Impero Romano d'Occidente da Milano a Ravenna, segnando il destino della città.
Nel 423, alla morte di Onorio sale al trono ancora giovinetto Valentiniano III, figlio di Galla Placidia, sorella di Onorio, e del generale Costanzo, che governerà fino al 450 sotto la tutela della madre.
Nel 437 Valentiniano III sposa Licinia Eudossia, figlia di Teodosio II.
Nel 455 abbandona Ravenna sotto l’incalzare degli Unni e ripara a Roma dove viene assassinato.
Nel 457, Maggioriano riporta la capitale a Ravenna
Nel 476 Odoacre, comandante delle truppe barbariche, depone Romolo Augustolo e invia a Bisanzio le insegne imperiali - per significare che non c'è più bisogno di un imperatore d'Occidente - autoproclamandosi "re delle genti".
Principali opere realizzate in età imperiale
Mausoleo di Galla Placidia (425-430); Chiesa di S.Giovanni Evangelista; Battistero neoniano.

Ravenna capitale teodoriciana (493-540)
 
 Teodorico
dritto del multiplo da tre solidi fatto coniare dal re goto in occasione della vittoria su Odoacre
Zecca di Roma, 493
Museo Nazionale Romano, Palazzo Massimo (1)
 
Nel 493 Teodorico, re degli Ostrogoti e figlio adottivo dell'imperatore d'Oriente Zenone, dopo tre anni di assedio, espugna Ravenna, uccide Odoacre e istalla in città la sua corte, regnando fino alla sua morte (526).
In punto di morte Teodorico designò come suo erede il nipote Atalarico di appena 10 anni, che assunse il potere sotto la reggenza della madre Amalasunta.
Nel 534 Atalarico muore e Amalasunta associa al trono il cugino Teodato, il quale però dopo poco la fa relegare nell’isola Martana (Lago di Bolsena) dove nell’aprile del 535 viene strangolata. Giustiniano coglie questo assassinio come pretesto per dichiarare la guerra.
Principali opere realizzate in età teodoriciana:
Mausoleo di Teodorico; Basilica di sant'Apollinare Nuovo; Battistero degli Ariani.

La Renovatio imperii di Giustiniano e la fine del Regno dei Goti (536-554)

La guerra greco-gotica (536-554)

a) 536-540 guerra di guerriglia.
Nel 536 Belisario occupa la Sicilia praticamente senza incontrare resistenza, mentre Mundo al comando di un'armata che risale l'Illirico prende Salona. Belisario risale quindi la penisola e con un colpo di mano prende Napoli. La perdita della città costa il trono a Teodato che viene deposto e sostituito con Vitige.
Il 9 dicembre Belisario entra a Roma dove, tra alterne vicende, rimarrà assediato per quasi un anno.
Nel 540 conquista Ravenna con uno stratagemma e prende prigioniero Vitige.  
Belisario viene richiamato a Costantinopoli.

b) 544-548 ripresa della guerra con i goti sotto il comando di Totila. La città di Roma cambia più volte di mano. Belisario sposta continuamente il suo piccolo esercito per mezzo della flotta.

c) 548-554 Belisario viene sostituito al comando dall'eunuco Narsete che penetra in Italia da settentrione al comando di un grosso esercito. Sconfitta e morte di Totila nella battaglia di Tagina (552), odierna Gualdo Tadino. Nello stesso anno Narsete prende Roma dopo un breve assedio. Definitiva sconfitta dei Goti, comandati da Teia, nella battaglia dei Monti Lattari nei pressi di Napoli (553).

Ravenna caput Italiae (capitale esarcale 554-751)
554-568: Narsete viene incaricato di riorganizzare la provincia italica e investito di poteri straordinari.
Ravenna con la "Prammatica sanzione" (554) diviene ufficialmente capoluogo della provincia italica;
Narsete sarà destituito da Giustino II che lo sostituisce con Longino, che avrà la carica di prefetto del pretorio per l'Italia. Non è da escludere che questi avesse però anche il comando militare.
Tra il 569 ed il 572 i Longobardi strappano ai bizantini tutta l'Italia settentrionale, stabilendo la loro capitale a Pavia.
Territori bizantini e longobardi alla morte di Alboino (572)
 
Longino rimane in carica almeno fino al 575, dopo subentra una crisi dell'autorità centrale che viene risolta solo dall'imperatore Maurizio nel 585 istituendo la carica di esarca che ripristinava i poteri straordinari di strategos autokrator che erano stati di Belisario e Narsete.

Esarchi d'Italia: gli esarchi d'Italia furono tutti di origine orientale (molti furono eunuchi) e provenienti dalla pubblica amministrazione o dagli alti gradi dell'esercito.
 
585-589: Smaragdo (primo mandato). Inviato in Italia come esarca dall'imperatore Maurizio (582-602), si distinse soprattutto per la crudeltà con cui perseguitò gli aderenti allo scisma tricapitolino che furono costretti con la violenza a rinnegare le proprie credenze, a cominciare dallo stesso patriarca di Aquileia, Severo. I suoi eccessi nella repressione dello scisma furono tali da costringere l'imperatore a richiamarlo in patria.

589. Giuliano. Un'iscrizione attesta che un certo Giuliano era esarca il 31 maggio 589. Tra il richiamo di Smaragdo e l'arrivo di Romano,Giuliano  ricoprì evidentemente per pochi mesi la carica esarcale.
 
589-598: Romano. Brillante generale dell'esercito bizantino – quando l'imperatore Maurizio lo nominò esarca aveva appena riportato un'importante vittoria sull'esercito persiano nella Lazica – strinse un accordo con il re dei Franchi Chideberto II e con il suo appoggio attaccò i Longobardi. Riuscì a riprendere, sia pure provvisoriamente, vasti territori (tra cui tutta l'Istria e parte dell'Emilia), ma l'improvviso ritiro del corpo di spedizione franco gli impedì di stringere d'assedio Pavia e porre fine al regno longobardo. Nel 591, il duca longobardo di Spoleto occupò il cosiddetto corridoio umbro (2), tagliando le vie di comunicazione via terra tra Ravenna e Roma. Nel luglio 592, l'esarca raggiunse Roma via mare e da qui, entrando in contrasto con papa Gregorio Magno che premeva per la pace, contrattaccò riconquistando rapidamente, grazie anche al tradimento di alcuni duchi longobardi, le città del corridoio. Morì di morte naturale mentre ricopriva la carica.

598-603: Callinico. Inviato in Italia privo di un adeguato sostegno militare, non potè far altro che firmare una tregua con i Longobardi, ricomponendo in questo modo anche il dissidio con il papato e potendo concentrare le forze nella difesa dell'Istria dalle incursioni degli Avari. Sul finire del suo mandato, rotta la tregua con i Longobardi, riuscì a catturare il duca di Parma, Godescalco, e la moglie, figlia di Agilulfo ma il re longobardo reagì assediando e radendo al suolo Padova ed espugnando la roccaforte di Monselice. Probabilmente a causa di questi rovesci, fu rimosso dalla carica dal nuovo imperatore Foca.

603-611: Smaragdo (secondo mandato). Riassegnato alla carica che aveva già occupato in precedenza da Foca, per sdebitarsi fece innalzare la colonna in onore di Foca nel Foro romano (608). Potendo contare soltanto sulle risorse economiche e militari dell'Esarcato, fu costretto a firmare una tregua con il Longobardi, subendo comunque perdite territoriali. Nel 611, dopo la morte di Foca e l'ascesa al trono di Eraclio, fu richiamato in patria dove morì nel corso dello stesso anno.

611-615: Giovanni I Lemigi, assassinato a Ravenna nel corso di una rivolta militare.

616-619: Eleuterio. Raggiunta Ravenna, probabilmente con una forte scorta militare, riuscì rapidamente a reprimere la rivolta mettendo a morte gli assassini del suo predecessore. Dovette poi fronteggiare la ribellione di Giovanni di Compsa, il governatore di Napoli, che sconfisse in una battaglia lungo la via Appia e fece decapitare pubblicamente. Sul finire del 619, nonostante la sua condizione di eunuco, si ribellò al potere centrale tentando una ricostituzione dell’impero romano d’Occidente. Venne ucciso a Castrum Luceoli - nei pressi dell'attuale Cantiano - da soldati lealisti mentre si stava recando a Roma per farsi incoronare dal papa.
 
625-643: Isaacio, di origine armena e compagno d'armi dell'imperatore Eraclio I (610-641). E' sepolto in S.Vitale (cfr. sarcofago di Isaacio), secondo l'ipotesi più accreditata Isaacio morì a seguito delle ferite riportate nel sanguinoso scontro con l'esercito longobardo di Rotari sul fiume Panaro (novembre 643). 

643-645: Teodoro I Calliopa (primo mandato)

645-649: Platone.
 
649-653: Olimpio. Poiché la controversia sul Monotelismo era causa di disordini interni, nel 648 l'imperatore Costante II promulgò un editto (Typos) con cui vietava ai suoi sudditi di discutere ulteriormente sul monotelismo. L'imperatore chiese quindi a papa Martino I, eletto al soglio pontificio il 5 luglio 649, di sottoscrivere l'editto. Al rifiuto opposto dal pontefice, che considerava l'editto un rafforzamento di quello dell'Ekthesis promulgato da Eraclio I (638) a favore del Monotelismo, l'imperatore rispose rifiutandosi di ratificare la sua elezione. Martino I reagì convocando un sinodo in Laterano, che si svolse in cinque sedute tra il 5 e il 31 ottobre 649 e in seguito alla quale vescovi e monaci ortodossi (tra cui numerosi greci residenti a Roma) condannarono come eretici i patriarchi monoteliti Sergio, Pirro e Paolo di Costantinopoli e Ciro di Alessandria. Nonostante a essere accusati di empietà ed eresia non fossero gli imperatori Eraclio e Costante ma solo i patriarchi, la condanna inasprì le relazioni politiche tra Costantinopoli e Roma, anche perché le decisioni sinodali si opponevano fermamente agli editti imperiali dell’Ekthesis e del Typos.
Il nuovo esarca di Ravenna, Olimpio, giunse in Italia mentre il sinodo era ancora riunito con l'ordine di far sottoscrivere il Typos da tutti i 105 vescovi presenti e arrestare papa Martino I.
Secondo il Liber pontificalis, l'esarca dopo inutili tentativi di insinuare divisioni nel fronte ecclesiastico, si decise ad assassinare il pontefice. Un suo spatario avrebbe dovuto colpire il papa nel momento in cui questi si accingeva a dare la comunione all'esarca durante la funzione nella chiesa di S.Maria ad Praesepem (l'attuale S.Maria Maggiore). L’intervento divino salvò il papa: lo spatario fu reso cieco proprio nel momento in cui il pontefice porgeva la comunione a Olimpio.
Dopo il fallito attentato, l'esarca, convintosi che il papa era protetto dalla mano di Dio, lo mise a parte degli ordini ricevuti e – probabilmente con il suo appoggio – diede inizio alla secessione da Bisanzio della provincia italica (650). Spostatosi con il grosso dell'esercito in Sicilia per ragioni non del tutto chiare e posto il suo quartier generale a Siracusa, morì (652-653) nel corso di una epidemia di peste.


 
653-666: Teodoro I Calliopa (secondo mandato). A differenza di gran parte degli esarchi era di origini locali. Su ordine di Costante II arrestò papa Martino I (17 giugno 653) e lo fece tradurre a Costantinopoli con l'accusa di essere colluso con l'usurpatore Olimpio. Secondo un'ipotesi avanzata da Salvatore Cosentino è raffigurato con in mano il modellino di un ciborio nel mosaico di Sant'Apollinare in classe (vedi scheda)

Teodoro Calliopa (a sinistra)
Sant'Apollinare in classe, 673-677
 
666-678: Gregorio, che stronca il tentativo di usurpazione di Mezezio in Sicilia, proclamato imperatore dalle truppe dopo l’assassinio di Costante II (668).

678-687: Teodoro II

687-702: Giovanni II Platino
 
702-710: Teofilatto. Probabilmente va identificato con il Teofilatto cubicolario, parakoimomenos e stratego a cui sono riferibili alcuni sigilli oggi conservati nella Dumbarton Oak Collection. Appena nominato esarca, mentre si trovava a Roma nel corso del viaggio dalla Sicilia – dove aveva ricoperto la carica di stratego - a Ravenna, dovette fronteggiare una rivolta delle truppe in arretrato sul soldo. Grazie alla mediazione di papa Giovanni VI riuscì a mantenere il controllo della situazione ma il duca longobardo di Benevento, Gisulfo I, approfittò delle sue difficoltà per impadronirsi di alcune cittadine del ducato romano portando il confine al Garigliano. I titoli di cubicolario e parakoimomenos esibiti nei sigilli indicano che doveva trattarsi di un alto funzionario eunuco.
 
710-711: Giovanni III Rizocopo, trucidato nel corso di una rivolta popolare.

711-713: Eutichio (3).

713-726: Scolastico

726-728: Paolo. Patrizio nonchè cartulario privato dell'imperatore Leone III Isaurico, nel 718 fu nominato strategos di Sicilia e colà inviato per reprimere la rivolta dello stratego Sergio. Nominato esarca d'Italia, dopo aver tentato, su mandato dell'imperatore Leone III, di deporre a forza papa Gregorio II (715-731) - che si opponeva sia alla riforma tributaria, che avrebbe fortemente penalizzato la Chiesa romana, sia alla politica iconoclasta intrapresa dall'imperatore in campo religioso - fu ucciso a Ravenna in circostanze poco chiare nel corso del pronunciamento filopapale di alcuni contingenti dell'Italia settentrionale.

728-751: Eutichio. Dignitario della corte costantinopolitana, sbarcò a Napoli in un momento particolarmente difficile. Il suo predecessore era stato assassinato e Ravenna era nelle mani delle truppe in rivolta mentre a Roma il duca Pietro, accusato di tramare, in accordo con Leone III, contro papa Gregorio II, era stato deposto e accecato. I duchi longobardi di Spoleto e Benevento, assieme al re Liutprando, erano schierati al fianco del papato. Da Napoli, rimasta estranea all'insurrezione, Eutichio avviò un'intensa attività diplomatica riuscendo ad incrinare il fronte nemico e a riprendere possesso di Roma e Ravenna. La sua politica, caratterizzata da flessibilità ed abilità, ebbe successo nel ritardare l'aggressione longobarda e nel contenere la crisi dell'autorità bizantina ma la sua posizione – fondata sul compromesso (non diede mai esecuzione ai decreti iconoclasti emessi dall'autorità centrale), su di un uso opportunistico di alleanze ed accordi e, molto probabilmente, anche sulla concessione di privilegi ai sempre più potenti arcivescovi di Ravenna ed alla aristocrazia dell'Esarcato – non fu mai forte. Nel 751, quando il re longobardo Astolfo attaccò Ravenna, fu costretto ad arrendersi, segnando la fine dell'Esarcato bizantino.
 
Principali opere realizzate in età esarcale:
Basilica di Sant'Apollinare in classe, 549; Basilica di S.Vitale, 548; Decorazione musiva di S.Apollinare Nuovo.

Note:

(1) Questo esemplare, proveniente dalla necropoli di Morro d'Alba - che è l'unico ad essere stato ritrovato - appare in aperto contrasto con la convenzione monetaria adottata da Teodorico, che utilizza sempre, anziché la propria, l'immagine dell'imperatore bizantino regnante (significativamente il re goto vi è ritratto senza corona). Probabilmente non si tratta di una moneta vera e propria ma piuttosto di un conio ideato per essere donato ai membri dell'aristocrazia gota. Si tratta comunque dell'unico ritratto riferibile con certezza al sovrano goto.

(2) La via Amerina che, attraverso il corridoio umbro permetteva le comunicazioni via terra tra i possidementi bizantini sull'Adriatico e quelli sul Tirreno, era presidiata da cinque forti castelli (Narni, Amelia, Todi, Perugia e Gubbio).

(3) Questo primo mandato di Eutichio appare in effetti molto poco probabile e si appoggia sulla mancanza di dati certi nelle fonti per quegli anni e sull'errata interpretazione di una frase a lui riferita contenuta nella seconda redazione della biografia di papa Gregorio II: qui dudum exarchus fuerat, laddove dudum va letto come “per lungo tempo” piuttosto che come “in precedenza”.









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