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sabato 8 febbraio 2014

L' Emirato di Amantea (846-886)

L' Emirato di Amantea (846-886)

Il castello di Amantea

Nell’846, nonostante fosse difeso da un presidio militare bizantino, gli arabi espugnarono l'antico abitato di Nepetia sulla costa tirrenica – contemporaneamente vennero occupate anche Tropea e Santa Severina - costringendo gli abitanti a rifugiarsi sulle colline circostanti. Ribattezzata la città con il nome di Amantea (dall'arabo Al Manthiah= la rocca) vi stabilirono la capitale di un emirato indipendente che sopravvisse una quarantina d'anni.
Si conosce il nome di un solo emiro As-Sinsim – Cincimo, nella sua forma latinizzata – che nell'871 cercò di estendere i suoi domini verso Cosenza.
Nell'871 l'emiro di Bari, Sawdan, assediato dai Franchi dell'imperatore Ludovico II, chiese aiuto a Cincimo che, intravista la possibilità di costituire un'unità territoriale islamica congiungendo i possedimenti dei due emirati, marciò sulla valle del Crati alla testa delle sue truppe.
Venuto a conoscenza dei piani dell'emiro, l'imperatore gli inviò contro un contingente di cavalleria pesante al comando del conte Ottone di Bergamo. Rinforzato da truppe di fanteria locale reclutate dai vescovi Osco e Gheriardo, il conte si trincerò tra le rovine dell'antica Pandosia (l'attuale Castrolibero* nei pressi di Cosenza) da cui controllava il valico del Potame che dava accesso alla valle del Crati. Cincimo forzò i tempi ed il suo esercito apparve in vista delle milizie cristiane prima del previsto. Il conte, alla vista del nemico, decise di impedirgli di attaccare Cosenza e scese dalle alture per affrontarlo in campo aperto. La battaglia si svolse in un luogo imprecisato tra Castrolibero e Mendicino e si risolse con la disfatta dell'emiro che, salvata a stento la vita, fu costretto a riparare ad Amantea.
Un primo tentativo di riconquista bizantina viene compiuto nell'882-83 quando Basilio I il Macedone (867-886) invia un corpo di spedizione al comando dello stratego Stefano Massenzio, ma questi, dopo essere stato costretto a togliere l'assedio ad Amantea viene sconfitto rovinosamente sotto le mura di Santa Severina e, costretto a sospendere la campagna, viene richiamato in patria dall'imperatore, che lo sostituisce nell'885 con Niceforo Foca il vecchio.
Niceforo organizza le forze a sua disposizione, rinforzate da contingenti di truppe scelte provenienti dall'Oriente, in tre colonne che lancia all'assalto di Amantea, Tropea e Santa Severina, guidando personalmente l'assedio di quest'ultima. Le tre città cadono una dopo l'altra e nell' 886 gli arabi vengono completamente estromessi dalla Calabria.


La presa di Amantea
 da un'edizione miniata prodotta in Sicilia nel XII secolo della Sinossi della Storia di Giovanni Scilitze (Madrid Skylitzes)
 Biblioteca Nacional de España, Madrid

Tra i pochissimi ritrovamenti archeologici in qualche modo riconducibili al periodo dell'Emirato** va ricordato il frammento di stele funebre rinvenuto nel Palazzo delle clarisse (dove era stato molto probabilmente reimpiegato nella muratura). 


La stele funeraria di Palazzo delle clarisse

Si tratta di un frammento appartenente ad una pietra tombale islamica del tipo orizzontale su cui sono intagliate due iscrizioni coraniche effettuate in epoche diverse (la più tarda sembra inoltre eseguita da un incisore che aveva poca dimestichezza con la lingua araba). Il frammento originale è tuttora ivi conservato mentre un calco in gesso si trova nel Museo di Reggio Calabria.

Note:

* Fino al 1865 – quando lo Stato unitario decise di cancellare dai toponimi le parole che ricordavano una passata dominazione straniera – la cittadina portò il nome di Castrofranco in ricordo dei suoi fondatori.
** Sull'argomento vedi C.Tonghini, Gli Arabi ad Amantea: elementi di documentazione materiale, 1997.


domenica 7 agosto 2011

S.Giovanni Theristis

S.Giovanni Theristis

Si trova nella campagne del comune di Bivongi, in una vallata sovrastata dalle ripide pareti del monte Consolino, denominata "Vallata bizantina dello Stilaro", e dal 2008 è stato dato in uso dal Comune di Bivongi alla Chiesa ortodossa rumena. Precedentemente era sotto la giurisdizione dell'Arcidiocesi ortodossa d'Italia, facente parte del Patriarcato di Costantinopoli.
San Giovanni Theristis (995 ca. - 23 febbraio 1054), è un santo monaco italo-greco vissuto in Calabria fra il X e l'XI secolo, nella zona della vallata dello Stilaro, dove sorge il monastero a lui dedicato.
Recandosi in visita presso Monasterace a un cavaliere che aveva provveduto al vitto del monastero, nel mese di giugno al tempo della mietitura prese con sé un fiaschetto di vino e una ciambella. Giunto presso due fondi, chiamati Marone e Maturavolo, offrì ai contadini il pane e il vino. Quando, dopo essersi rifocillati, i contadini si erano addormentati, un furioso temporale si abbatté su quei campi, rischiando di distruggere il raccolto, ma la preghiera intensa di Giovanni fece sì che il grano fosse mietuto e raccolto in covoni. Questo e altri episodi testimonianti l’aiuto soccorrevole ai contadini, gli valsero l’appellativo di Therìstis, cioè mietitore. Il padrone dei campi, per quanto era accaduto, gli donò il monastero.

 
Nel 1662 il monastero, a seguito delle continue scorrerie di una banda di briganti, fu abbandonato dai monaci che si trasferirono nel più grande e meglio difeso convento di San Giovanni Theristis fuori le mura a Stilo. Adibito ad uso agricolo dai diversi proprietari succedutisi nel tempo, nel 1980 tornò, per effetto di un lascito, al Comune di Bivongi che dieci anni dopo intraprese le prime opere di ristrutturazione. Ripopolato nel 1994 da alcuni monaci athoniti, fu dato in uso all'Arcidiocesi ortodossa d'Italia a cui, nel 2008, venne revocata la concessione per omessa custodia.
 

Planimetria della chiesa con il  vano anteriore di recente messo in luce

Costruita nella seconda metà dell'XI secolo, la basilica costituisce una chiara testimonianza architettonica di transizione dall'epoca bizantina a quella normanna. Infatti presenta frammisti tra loro elementi architettonici bizantini e normanni. Si presenta come chiesa bizantina, ma con dimensioni normanne.
La planimetria evidenzia una nave molto allungata e presbiterio con absidi laterali prive di coro, crociera centrale seguita da coro e abside.
Elementi dell'architettura normanna si notano all'interno, nei quattro pilastri angolari chiusi da quattro archi che sorreggono la cupola; quello della navata e quello del presbiterio sono a sesto acuto (gotici), mentre quelli delle absidi laterali sono a tutto sesto.
La cupola poggia su una base cubica contornata da due file di mattoni disposti a dente di sega e diventa, all'altezza delle 4 finestrelle, ottagonale, a causa di quattro nicchiette che smussano gli angoli del cubo. Sul prisma ottagonale s'innesta il cilindro della cupola coperto da una calotta ribassata.

 
Lo stile bizantino è invece evidente nell'esterno della basilica, nei muri perimetrali costruiti con strati di pietra concia e di cotto alternati, contornati da lesene di mattoni posti di piatto e di coltello che in alto si chiudono ad arco, nelle lesene all'esterno dell'abside che, intersecandosi, formano archi ogivali ed insieme a tutto tondo arieggianti motivi dell'architettura araba.

 
Tracce di affreschi denotano come i muri della basilica siano stati affrescati già dalla sua edificazione. La più notevole di queste tracce, nella conca absidale, raffigura San Giovanni Theristis che impugna il falcetto per la mietitura con la mano destra.

 
Le absidiole esterne e quella principale, gli spioventi delle stesse e dei bracci del transetto, la cupola, con il tamburo contornato da 16 sottili colonnine a mezzo tondo in cotto, che tutto sovrasta, offrono nell'insieme la visione di una struttura protesa verso l'alto.








Rossano

ROSSANO

Tra il 540 ed il 1059 Rossano visse una fase di grande splendore sociale, artistico e culturale sotto il dominio di Bisanzio: la sua posizione strategica la rese appetibile meta di conquista da parte di numerosi invasori (Visigoti, Longobardi, Saraceni) ma non fu mai espugnata. Importante centro politico-amministrativo nonché capitale dei possedimenti dell'Impero, in qualità di centro militare nel 951-952 fu sede dello Stratego e si guadagnò il titolo, ancor oggi in uso, de La Bizantina.
Nel 965 fu teatro di una sanguinosa rivolta contro la pretesa dello stratego Niceforo Hexakionites di arruolare forzatamente i giovani rossanesi nella marina da guerra bizantina. 
Le numerose testimonianze artistiche ed architettoniche di quel periodo le valsero inoltre l'appellativo di Ravenna del Sud.
 
1. Oratorio di S.Marco, fine X sec. inizi XI sec.
 
Forse originariamente dedicato a S.Anastasia e fatto costruire da Eupressio, protospatario del tema di Calabria, con funzioni di oratorio dell’omonimo e annesso monastero femminile.
Il nucleo originario presentava una pianta a croce greca inscritta con cinque cupole di cui la centrale impostata su quattro pilastri in muratura.
La facciata orientale, che si prolunga verso il basso a colmare il dislivello con il piano sottostante a quello su cui è eretto l'oratorio, presenta un profilo da cui emergono tre absidiole aggettanti, su cui si aprono delle piccole bifore.
L'accentuazione delle masse indotto dai grossi pilastri privi di capitelli e l'articolazione delle superfici laterali, all'interno, insieme alla mancanza di variazioni cromatiche nelle murature esterne, inseriscono, nell'impianto bizantino, tratti dell'architettura normanna conferendole un aspetto del tutto particolare.

 
In questo particolare si osserva come sulla colonnetta che bipartisce le bifore s’imposti un capitello a stampella.
 
In epoca successiva fu aggiunto anteriormente un vestibolo a pianta rettangolare, probabilmente per aumentarne la capienza.
 La chiesa originaria fotografata dal vestibolo
All’interno si trovano scarsi lacerti di affresco, il meglio conservato dei quali - databile al XIII sec. - mostra la Vergine col bambino con resti di iscrizioni in greco non più leggibili.


2. Chiesa della Panaghia
Presenta una pianta a navata unica con abside semicircolare e una cappelletta laterale.
Della decorazione interna rimangono solo due frammenti a sinistra e a destra della bifora che trafora la parete absidale. A destra, meglio conservato, S.Giovanni Crisostomo che mostra un cartiglio su cui è scritto in greco: Nessuno di coloro che sono schiavi dei desideri e delle voglie della carne è degno. A sinistra, la testa di un santo identificato con Basilio.
 
Particolare dell’abside con la fascia di decorazione in cotto sovrastante la bifora che appare bipartita da una colonnetta che sostiene una mensola su cui s’impostano gli archetti. Il motivo decorativo è composto da una duplice fascia di mattoni che sono disposti a spina di pesce in quella superiore e a triangolo isoscele in quella inferiore. Proprio la presenza di questo tipo di decorazione nella muratura esterna consente di datare l'edificio tra il X-XI secolo. 

3. Chiesa di S.Maria del Pàtire (dintorni di Rossano, primi XII sec.)
 


Katholikon del contiguo monastero fondato ai primi del XII sec. dal beato Bartolomo da Simeri - che vi morì nel 1130 - grazie alle donazioni di alcuni baroni normanni, e divenuto uno dei più prestigiosi monasteri basiliani. Cominciò a decadere dal XV sec. e fu definitivamente soppresso nel 1806. Dalla parola paithirion (padre, ovvero il beato Bartolomeo) deriva l’epiteto locale pàtire attribuito in questo caso alla Vergine Odighitria a cui è dedicata la chiesa.


Facciata absidale: tripartita dalle absidi, appare scandita da lesene che si dipartono dan un alto zoccolo e vengono chiuse in alto da archi ciechi. Lesene e archi mostrano l’alternarsi di conci chiari e scuri intercalati da mattoni rossi. Nei sottarchi compaiono tondi con un motivo stellare ottenuto dall’accostamento di materiale lavico e calcare giallo.
Al di sopra degli archi compare una fascia continua a losanghe sormontata da una cornice su mensolette. Nell’abside centrale si apre l’unica finestra rimasta aperta, mentre le altre appaiono murate.



Portale sul lato sud: archivolto a decorazione islamica sostenuto da colonnette con capitello decorato e mensole.


Facciata occidentale: a salienti interrotti, molto rimaneggiata nei secoli succesivi. Dell’impianto originario rimangono l’oculo alla sommità e le due monofore, che presentano lo stesso alternarsi di conci chiari e scuri delle lesene della facciata absidale.
Il portale risale al XV sec: un archivolto a sesto acuto modanato che s’imposta su due colonne con capitelli decorati a palmette stilizzate.

 
L’interno si presenta diviso in tre navate da due filari di quattro colonne di arenaria su cui s'impostano arcate a sesto acuto senza interposizione di capitelli.

 
Il pavimento a mosaico delle prime due campate della navata centrale fu fatto realizzare nel 1149 dall'abate Biagio. All'interno di quattro grandi rotae sono raffigurati: un centauro che suona il corno, un grifone, un leone ed un unicorno.
 
 















sabato 6 agosto 2011

Calabria bizantina, introduzione

Calabria  bizantina

L'Italia meridionale bizantina intorno al 1020

Alla caduta dell'Impero romano d'occidente (476), la Calabria, unitamente al Mezzogiorno d'Italia, cadde sotto la dominazione bizantina, nominale ed in certi periodi effettiva.
Successivamente Teodorico (493-526), re degli Ostrogoti, impose la sua sovranità sulla Calabria che attraversò un'epoca di relativo benessere (1). Magister officiorum e prefetto del Pretorio di Teodorico fu per lunghi anni il senatore Flavio Magno Aurelio Cassiodoro, originario di Squillace, che, dopo aver brevemente ricoperto quest'ultima carica anche sotto Teodato e Vitige (535-537), ritiratosi definitivamente dalla vita pubblica (554 c.ca), istituì a Vivarium, nei pressi della città natale, una comunità religiosa e culturale dotata di autosufficienza economica.
Nel corso delle guerre greco-gotiche (535-553), i bizantini riprendono il controllo dell’Italia meridionale, Calabria e Sicilia entrano a far parte dell’Esarcato d’Africa.
Alla fine del VII secolo la Sicilia viene trasformata in Thema con giurisdizione anche sulla Calabria.

663 – 668. E’ il periodo in cui l'imperatore  Costante II pone il suo quartier generale a Siracusa pensandone di farne la capitale dell’impero d’Oriente. Nel 668 viene assassinato da una congiura di palazzo.

847. I Longobardi conquistano la parte settentrionale della regione costituendo un gastaldato con sede a Cosenza, in seno al ducato di Benevento e poi al principato di Salerno.
 
784 – 884. Gli Arabi, che già si erano insediati in Sicilia nel IX sec., arrecano con le loro incursioni notevoli danni alla Calabria giungendo anche all'interno e riuscendo a costituire un emirato ad Amantea (846-885).

Nell’885-886 i Bizantini, al comando del generale Niceforo Foca il Vecchio, inviato dall'imperatore Basilio I (867-886) per difendere i thema di Calabria e Longobardia (Puglia), scacciano Longobardi e Arabi ridando unità amministrativa alla regione che, in questo periodo, prese il nome di Calabria con cui nell'età classica era stata denominata la penisola salentina; al thema di Calabria venne preposto uno stratego.
La riconquista bizantina impresse nuovamente alla regione i segni dell'ellenismo, grazie anche all'azione religiosa dei monaci basiliani che, espulsi dalla Sicilia dagl'invasori arabi, riuscirono a riconvertire le derelitte popolazioni locali e i demoralizzati profughi greci dall'isola in una comunità ordinata ricreando, dopo circa dieci secoli, una società di tipo greco in Italia meridionale.
San Nilo di Rossano e i suoi compagni emularono gli antichi pionieri greci nel diffondere la loro cultura nel mediterraneo occidentale, fornendo un modello al monachesimo italiano nell' abbazia di Grottaferrata (1004)
 
San Nilo, chiesa di San Giorgio, XIV sec., Staro Nagoricane, Macedonia
 
919. Per stabilire una tregua con gli Arabi di Sicilia, Eustazio, stratego di Calabria, accetta di pagare loro un tributo annuo che inasprisce ulteriormente la pressione fiscale sulle popolazioni locali.

A causa dell'eccessiva pressione fiscale, il dominio bizantino non rappresentò un periodo felice per la regione. L'agricoltura decadde e si estese il latifondo. La malaria, debellata solo nel 945, e le continue incursioni di pirati saraceni allontanarono gli abitanti dalla costa verso le più sicure località dell'interno. Decadde quindi l'area urbana di Kaulon, la città greca, attuale Monasterace, per far nascere nell'entroterra Stilo, Pazzano, Bivongi e Castelvetere. Soltanto nel secolo XI riprenderà il flusso migratorio verso la costa dando luogo al tipico fenomeno calabrese delle città geminate, l'una all'interno e l'altra sul mare.
 
921-922. Il successore di Eustazio, Giovanni Muzalon (conosciuto anche come Byzalon), viene assassinato a Reggio dai suoi stessi subalterni per ragioni su cui le fonti divergono: secondo alcune fu ucciso perché voleva imporre un ulteriore aggravio delle imposte, secondo altre perché progettava di ribellarsi all'imperatore con l'appoggio degli Arabi di Sicilia.
 
965. La popolazione di Rossano insorge contro Niceforo Hexakionites, inviato in Italia dall'imperatore Niceforo II Foca con la carica di stratego dei thema di Calabria e Longobardia, che voleva arruolare i giovani rossanesi nella marina da guerra bizantina. Domata la rivolta, lo stratego voleva radere al suolo la città come punizione esemplare. L'intercessione di San Nilo lo convinse ad accontentarsi del pagamento di un tributo.
 
975. La Calabria entra a far parte del Catepanato d’Italia

982. Ottone II di Sassonia, imperatore del Sacro Romano Impero e re di Germania, rivendicando, quale consorte della principessa bizantina Teofano (2) e con il sostegno dei suoi alleati longobardi, i diritti sulla Calabria, affrontò nella battaglia di Capo Colonna (13-14 luglio 982), nei pressi di Stilo, gli Arabi di Sicilia, guidati dall'emiro Abūl-Qāsim Alī, che erano sbarcati in aiuto dei Bizantini. Nonostante la morte dell'emiro stesso nel corso della battaglia, la cui guardia fu travolta dalla carica della cavalleria pesante sassone, i musulmani non sbandarono e inflissero gravi perdite agli imperiali che furono costretti a ritirarsi verso settentrione.

1044. Il castello di Squillace, ultima roccaforte bizantina in Calabria, si arrende ai normanni di Ruggiero I d'Altavilla.

Note:

(1) Sconfitto e fatto uccidere Odoacre (493), Teodorico governò l'Italia con il titolo di patrizio - formalmente riconosciuto dall'imperatore Anastasio nel 497 - fino alla sua morte.

(2) Teofano era presumibilmente figlia di Costantino Sclero e di sua moglie Sofia Foca e quindi nipote acquisita dell'imperatore bizantino Giovanni I Zimisce (969-976) che in prime nozze aveva sposato Maria Sclereina, sorella di Costantino. Per via materna, sarebbe stata inoltre pronipote dell'imperatore Niceforo II Foca (963-969), di cui il nonno Leone era fratello.
Secondo un'ipotesi meno accreditata, Teofano sarebbe invece figlia dell'imperatore Romano II Lecapeno e della sua seconda moglie anch'essa di nome Teofano.
Fu incoronata imperatrice del Sacro Romano Impero a Roma il 14 aprile 972 da papa Giovanni XII durante la celebrazione del suo matrimonio con Ottone II nella basilica di San Pietro. Nelle intenzioni di Giovanni I Zimisce questo matrimonio avrebbe dovuto assicurare la pace all'Italia meridionale.

 
Cristo incorona Ottone II di Sassonia e la moglie Teofano imperatori del Sacro Romano Impero
 avorio bizantino, 982-983
Musée National du Moyen Age et des Thermes de l'Hotel de Cluny
, Parigi 





sabato 30 luglio 2011

La Cattolica di Stilo

La Cattolica, Stilo
   La Cattolica era la chiesa madre tra le cinque parrocchie del paese, retta da un vicario perpetuo (succeduto al protopapas di epoca bizantina), che aveva diritto di sepoltura al suo interno, ne sono testimonianza i resti umani rinvenuti in un sepolcro marmoreo con un anello di valore.
La denominazione di Cattolica stava ad indicarne la categoria delle "chiese privilegiate" di primo grado, infatti con la nomenclatura impiegata sotto il dominio bizantino nelle province dell'Italia meridionale (soggette al rito greco), la definizione di katholikì spettava solo alle chiese munite di battistero. Cosa che è rimasta fino ad oggi in certe località legate per tradizione a questo titolo, come ad esempio la chiesa "Cattolica dei Greci" di Reggio Calabria che fu la prima della città.
In effetti l'architettura, la ricchezza degli affreschi e la copertura in piombo delle cupole dimostrano che non si tratta di un tempietto di minore importanza. La Cattolica di Stilo, costituisce un'architettura puramente e tipicamente bizantina, come si può vedere dalla pianta e dalla costruzione, unico esempio del genere insieme all'oratorio di S.Marco a Rossano.
La Cattolica si rifà al modello della chiesa a  croce greca inscritta (6x6 m.), tipico del periodo medio-bizantino, durante il quale la profonda evoluzione nell'architettura religiosa fu connotata dall'elaborazione di sistemi particolarmente raffinati ed originali, di cui rappresenta una forma “contratta”: è infatti priva di nartece e le tre absidi del santuario confinano direttamente con le campate orientali del naos, che vanno così a formare gli spazi del bema e dei pastoforia.

All'interno la chiesa è divisa in nove spazi uguali da quattro colonne, lo spazio quadrato centrale e quelli angolari sono coperti da cupole su dei cilindri di diametro uguale, la cupola mediana è invece leggermente più alta ed ha un diametro maggiore.

Interno, parete absidale
Sulla parte di ponente la costruzione si adagia per lo più sulla roccia nuda, mentre la parte di levante, che termina con tre absidi, poggia il suo peso su tre basi di pietra e di materiale laterizio.
L'aspetto generale dell'edificio è di forma cubica, realizzato con un particolare intreccio di grossi mattoni uniti tra loro dalla malta. L'uso del materiale laterizio (più costoso ma più semplice da utilizzare) e la tecnica usata dai costruttori, non trovarono però concorde Paolo Orsi che data i mattoni come "cortine di laterizi della buona età imperiale", in contrapposizione ad altri studiosi che pensavano fossero usati per "disciogliere la plasticità della parete nell’accentuazione della grana e del colore del materiale".
Esternamente è quasi priva di decorazioni, a parte le cupolette che ne sono ricche, rivestite di mattonelle quadrate di cotto disposte a losanga, e di due cornici di mattoni disposti a dente di sega lungo l'andamento delle finestre. Krautheimer ha osservato che il fregio "reticolare" formato dalle mattonelle disposte a losanga che avvolge i tamburi delle cupolette si ritrova anche in alcune chiese del Mani e del circondario di Arta (cfr. la chiesa dei SS.Sergio e Bacco a Tourlotti e quella di S.Basilio ad Arta).

La particolare collocazione delle fonti di luce all'interno della Cattolica, mette in risalto lo spazio e conferisce maggiore slancio verticale. Questa dilatazione dello spazio serviva a mettere in risalto gli affreschi di cui i muri della chiesa erano interamente ricoperti in origine, decorazioni pittoriche dunque a cui era affidato il compito di decontestualizzare la superficie muraria.
Il piccolo ambiente della chiesa è munito di tre absidi sul versante orientale: quella centrale (il bema) conteneva l'altare vero e proprio, quella a nord (prothesis) accoglieva il rito preparatorio del pane e del vino, mentre quella a sud (diaconikon) custodiva gli arredi sacri e serviva per la vestizione dei sacerdoti prima della liturgia. In particolare sopra la prothesis è posta una campana (di manifattura locale) del 1577, risalente all'epoca in cui la chiesa fu convertita al rito latino, che raffigura a rilievo una Madonna con Bambino e, limitata da croci, un'iscrizione:
« Verbum Caro Factum Est Anno Domini MCLXXVII Mater Misericordiæ »
Un pezzo di colonna antica nella prothesis, fu adibito a mensa per la conservazione dell'eucarestia, mentre le quattro colonne che sostengono le cupolette, poggiano su basi differenti, recuperate da epoca molto più antica (es. una base ionica capovolta innestata sopra un capitello corinzio rovesciato, o ancora un capitello ionico capovolto).
Sono inoltre presenti all'interno della Cattolica delle iscrizioni in lingua araba, una corrisponde alla shahada, ovvero alla professione di fede:
"La Ila ha Illa Alla h wahdahu" ovvero: "Non c'è Dio all'infuori di Dio solo"

mentre un'altra recita:
"Lilla hi al Hamdu" ovvero: "A Dio la lode"
Infatti non è da escludere un eventuale uso della Cattolica come oratorio musulmano, come d'altro canto non è da escludere che le colonne possano essere state portate sul posto già incise; comunque gli Arabi, il cui scopo generalmente non era la conquista della regione ma il suo saccheggio, inspiegabilmente non distrussero la piccola chiesa bizantina, ma decisero di innalzarla a propria sede di culto e di preghiera, forse perché attratti dalla sua bellezza, e dal suo particolare posizionamento.
Alla luce delle scarse testimonianze delle fonti, il problema dell’ambito cronologico dell’edificio ha interessato larga parte della critica che ha spaziato al riguardo dal X al XIV secolo. Attualmente prevale l’ipotesi che colloca la Cattolica tra l’ultimo quarto del X e l’inizio dell’XI secolo sulla base di alcuni confronti architettonici regionali, come il citato Oratorio di San Marco a Rossano.

Affreschi

Le pitture, che dovevano coprire quasi tutte le superfici murarie della piccola chiesa, sono palinsesti (vi si contano fino a 6 strati di pittura sovrapposti). Gli affreschi non ricoprono interamente le pareti, ma sono differentemente distribuiti all’interno di esse; non vi sono tracce di pittura sul soffitto, ad eccezione della volta a botte del bema.
 
Ascensione, volta del bema

E’ quasi certo che sottostante la scena dell’Ascensione visibile attualmente, e ritenuta di fine XII inizio XIII secolo, fosse campito il medesimo soggetto.

Stratificazione della volta del bema da: Francesco Zago, La Cattolica di Stilo e i suoi affreschi
 
Sulla parete occidentale, si notano due figure frammentarie che appartengono alla decorazione originaria della chiesa (entro l'XI secolo), a destra e a sinistra di una Dormizione della Vergine che risale invece allo strato decorativo più recente (XV secolo). Queste figure sembrerebbero indicare qui – per quanto in una posizione del tutto anomala per l'epoca - la presenza nel programma iconografico originario di una Crocefissione.
Dormizione della Vergine, XV secolo
sottolineate in rosso le due figure che residuano dalla originaria Crocefissione
 
La figura di destra guarda verso l'alto e indossa un copricapo maculato che ne cinge il volto e una veste lunga, quadrettata, con un laccio annodato in vita, e alti calzari rossi, abbigliamento tipico di un soldato (per la posa più il buon centurione che Longino).
Nella figura di sinistra, che tiene in mano un cartiglio, potrebbe invece individuarsi quella del donatore.
Nella più tarda Dormizione che ha sostituito la Crocefissione - di stile gotico-valenciano e riferibile agli inizi del XV secolo - da notare la scena rappresentata nel registro più basso, in cui un angelo sta per recidere con la spada le mani di un eretico che vuole profanare il corpo della Vergine.

Annunciazione
 
Nella parte sinistra della parete occidentale era rappresentata l'Annunciazione. Il volto della Vergine appartiene ad uno strato riconducibile al XII secolo ed è impossibile stabilire se Ella fosse stante o seduta in trono. L'arcangelo Gabriele, con il busto eretto, il braccio destro proteso in avanti e che avanza con un passo ampio, appartiene invece ad uno strato più tardo (fine XIII secolo), quando si è ipotizzato possa aver avuto luogo un rinnovamento della decorazione pittorica che ricalcava gli stessi temi iconografici tracciati nel secolo precedente.