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martedì 31 marzo 2020

chiesa di S.Maria della Lama, Salerno

chiesa di S.Maria della Lama
(via della Lama 2. Orario di visita: sabato e domenica, ore 10-13)


La chiesa venne edificata agli inizi dell'XI secolo (compare per la prima volta nelle fonti scritte nel 1055) sull'area di un preesistente edificio romano, come testimoniano le tracce di opus reticulatum e di opus listatum trovate in essa. Il toponimo Lama deriva dalla presenza, in antico, di rivoli che, durante le piene, scendevano verso il mare attraversando le platee.
La chiesa nasce come cappella nobiliare longobarda, ma subisce una vasta ristrutturazione già nel Duecento, quando viene creato un doppio livello: l’aula originaria è inglobata nella cripta e l’aula superiore è organizzata secondo una pianta basilicale munita originariamente di otto colonne marmoree di spoglio, probabilmente disposte in due file di quattro, atte a dividere l’ambiente in tre navate. 
Planimetria della chiesa superiore

Oggi le colonne conservatesi nella chiesa superiore sono ridotte a sei mentre gli stucchi che ne dovevano ornare le pareti fino al soffitto sono stati rimossi nel corso dei recenti lavori di restauro.
Due nicchie e due piccoli ambienti nella zona absidale rappresentano ciò che resta del deambulatorio. Lungo la parte alta della navata centrale si aprono quattro monofore che portano luce all’interno. Le prime colonne alla destra dell’ingresso recano gli affreschi della Maddalena e di Cristo con la Croce, di epoca tardo-quattrocentesca.


L’edificio sottostante, più antico, presentava in origine una pianta rettangolare divisa in due navate da tre colonne centrali e coperta da otto volte a crociera, realizzate probabilmente nel momento in cui alla chiesa preesistente si sovrappose l’ambiente superiore. 
Planimetria della chiesa inferiore

La navata di destra si concludeva in un’abside circolare ornata dall’affresco di S. Stefano, quella di sinistra in un’abside rettangolare con tracce di affreschi relative ad una lussuosa cornice a girali. Sulla parete nord, invece, un’apertura conduceva ad un vano curvo, identificabile con l’antica abside circolare della chiesa originaria.
Orientata lungo l'asse Nord-Sud, questa doveva essere interamente affrescata, come dimostrano i lacerti di pittura oggi ancora visibili.
Si conserva, poi, un pregevole ciclo di affreschi di fattura beneventana.

Le figure dipinte rinvenute decorano quello che rimane della parete est della chiesa originaria, nella quale successivamente, aprendo varchi nella muratura, furono realizzate le due absidiole attualmente visibili, con la conseguente perdita delle altre figure che completavano la teoria di santi ivi affrescata. Una situazione non del tutto diversa doveva presentare la corrispondente parete ovest,
della quale però manca ogni traccia.
La prima figura della parete est, l’unica ancora integra, non è identificabile dal momento che del nome rimangono soltanto le lettere “SCS”, abbreviazione per “SANCTUS”. Sulla stessa parete, dietro il pilastro sul quale è rappresentato il diacono Lorenzo, sono venute alla luce altre tre figure affiancate; nella prima è affrescato un Santo anche esso non identificabile che regge nelle mani un libro, nella seconda va riconosciuto S. Andrea grazie alle lettere “ANDREAS” che si leggono in
verticale al lato del santo, nella terza si potrebbe invece ravvisare l’immagine della Vergine in piedi. Inginocchiato in preghiera ai suoi piedi sta il committente che indossa abiti laici; in questo modo al centro della parete e della teoria di Santi si porrebbe la rappresentazione della Madonna forse in posizione di orante, giustificando così l’originaria dedicazione della cappella alla Vergine.

Tra le icone di santi rappresentate sono ben visibili San Bartolomeo e Sant’Andrea, mentre degli altri restano solo due metà ed una testa. Risalgono all'epoca di fondazione della chiesa e sono gli unici esempi di pittura longobarda presenti a Salerno.

San Bartolomeo (a sn.) e un santo anonimo (a ds.)

San Bartolomeo raffigurato in piedi è colto nel gesto benedicente della mano destra, con il pollice ed il mignolo piegati fino a toccarsi mentre nella sinistra, velata dal mantello, regge un volume chiuso e mirabilmente decorato sulla copertina da una croce gemmata. Il santo è vestito semplicemente con una tunica di colore chiaro ed un mantello scuro, entrambi caratterizzati da pesanti linee verticali, segnate con un tratto spesso e rigido che nega qualsiasi accenno di movimento al bordo della veste, chiusa da rette orizzontali. 

San Bartolomeo (particolare del busto)

Soltanto all’altezza del braccio destro, nella mano e poi in corrispondenza della gamba destra e del torace si notano timidi tentativi disegnativi di resa plastica del volume del corpo. L’ovale del viso è contornato da un caratteristica barba bianca terminante in due punte, identica nel disegno si presenta la capigliatura che si spinge con riccioli pieni fin sulle orecchie. La bocca chiusa si discerne per il labbro inferiore molto pronunciato rispetto a quello superiore mentre il naso, ben definito nei contorni, è delineato da un unico tratto che sale a disegnare le sopracciglia; gli occhi sono grandi e rotondi, dall’espressione fissa e ascetica con marcate ombreggiature chiare nella parte inferiore.
La fronte, infine, si presenta solcata da una doppia linea di rughe sottili che tra le arcate sopraccigliari prevedono una singolare ombra a ‘goccia’; l’aureola su cui si staglia la testa del santo è perfettamente ovale e si distingue dal fondo sul quale è dipinta la figura. Quest’ultimo, per la maggior parte scuro, si mantiene invariato fino all’altezza del bordo della veste di S. Bartolomeo dove cambia colore e risulta attraversato orizzontalmente da linee ondulate sulle quali poggiano i piedi del santo. La sensazione è quella che la figura si erga su delle acque con i piedi quasi nudi,
calzati da sandali infradito.

Il santo anonimo

Nel santo anonimo si distinguono la diversa raffigurazione della mano destra, ugualmente in posizione benedicente ma dipinta completamente aperta; la barba e la capigliatura che mostrano differenze di esecuzione: la prima risulta appena tracciata da una doppia serie di corte linee verticali che si legano senza stacchi alla seconda, costituita dai pochi capelli che disegnano la chierica sulla testa del santo. Il panneggio rivela una ricerca di movimento più marcata rispetto a quella manifestata dalle vesti di S. Bartolomeo, un insieme complesso di tratti geometrici, disposti in varie direzioni, propongono chiaramente un tentativo di resa della struttura fisica del corpo e del movimento delle vesti meno sintetico e più vicino alla realtà. A confermare il desiderio del frescante di uscire dai limiti angusti di una rappresentazione statica e costretta nello spazio di una cornice sta, inoltre, la posizione dei piedi del santo non compresi perfettamente nella superficie a disposizione. Si è in presenza di un’immagine che pare voglia tracimare dal riquadro assegnatole e che, dunque, non rispetta una certa proporzione nel rapporto tra cornice e figura ma sembra progressivamente allargarsi.

Sant'Andrea

S. Andrea è rappresentato barbuto, con la capigliatura scura folta e riccioluta, il quale oltre alla
solita mano destra benedicente regge nella sinistra una esile croce gemmata, suo principale attributo.

Santo Stefano

In occasione delle trasformazioni apportate all’ambiente ipogeo, viene realizzato in esso un nuovo ciclo pittorico. Santo Stefano è dipinto nell’abside a sud, individuato dalla scritta “SCS STEPHANUS” posta ai lati dell’aureola. Il santo, ritratto in trono, indossa un abito ricamato ed ornato con pietre ed orbicoli e regge con la mano sinistra un libro, il cui decoro si richiama al ricamo dell’abito. La mano destra è in atteggiamento di saluto. L’aureola e la fascia che campisce l’immagine sono decorate con perline. La volumetria del corpo non appare visibile, in quanto annullata dall’ abito indossato dal Santo che è caratterizzato da spesse linee orizzontali. I tratti fisionomici sono quelli di un giovane uomo, sbarbato e dai lineamenti delicati. I tratti del volto sono resi con pesanti ombreggiature di contorno che si ispessiscono nelle linee intorno agli occhi.
L’affresco è stato paragonato ad un immagine dell’Exultet della Cattedrale di Salerno, datato al XIII secolo.
L’abside rettangolare doveva contenere l’immagine di un Cristo Pantocratore, di cui attualmente è visibile solo un lacerto raffigurante un libro aperto ed una cornice con motivi a girali.
Il pilastro di raccordo tra le due absidi ospita la figura, stante, di San Lorenzo, individuata anch’essa da un’iscrizione. Lorenzo di origine spagnola, venne ordinato diacono da Sisto II e martirizzato a Roma nel 258.
L’immagine, molto lacunosa, non presenta nessuno degli attributi tipici del santo quali la graticola, strumento del suo martirio, la borsa con i denari, la palma o l’incensiere.
Tra i pilastri che corrono lungo la parete nord è raffigurata una Vergine in trono affiancata da due angeli. L’affresco, molto danneggiato, rientra nell’iconografia della Regina coeli, si notano difatti gli attributi tipici: l’asta e lo scettro.

S.Leonardo (?)

Sull’ultimo pilastro del muro sud si staglia la figura di un santo monaco, dal volto imberbe e con il capo coperto dalla cocolla, forse San Leonardo. Questa icona è stata a lungo identificata con Santa Radegonda (una regina merovingia vissuta nel VI secolo ma il cui culto è poco diffuso nell'Italia meridionale) per una errata interpretazione delle lettere superstiti della didascalia ...E...O.N...D...ma l'abito monacale sovrapposto a quello di un laico e l'attributo delle catene fanno propendere piuttosto per San Leonardo di Noblac. Vissuto nel VI secolo il santo eremita francese ricevette infatti dal re Clodoveo il privilegio di liberare i prigionieri che ritenesse innocenti, per questa ragione è spesso raffigurato con delle catene in mano.

Altri affreschi sono stati strappati e si conservano al Museo Diocesano.

Strappo di affresco proveniente dalla chiesa inferiore oggi conservato al Museo Diocesano