1 – Porta esterna 2 - Barbacane 3 – Ingresso principale 4 - Cisterna 5 - Torre bizantina, a forma di ferro di cavallo) 6 – Stalle 7 - Bagni 8 – Corpo di guardia 9 – Chiesa bizantina 10 - Salone 11 - Belvedere 12 - Cucine 14 - Terrazza 15 – Appartamenti reali 16 - Caserme 17 – Cisterna scoperta 18 – Porta 19 – Torre bizantina 20 – Cucina 21 – Appartamenti reali 22 – Edifici secondari 23 - 24 - 25 - Edifici secondari e cisterne 26 – Torre del Principe Giovanni 27 - Edifici secondari e cisterne
Il nome del castello deriva da un monaco che scelse questo luogo per il suo eremitaggio e vi fondò un monastero nell’800 circa.
Il monastero fu probabilmente fortificato invece intorno al 1100 e formava – insieme a quelli di Buffavento e di Kantara – una cintura difensiva connessa da un sistema di segnalazioni a vista. In epoca franca era conosciuto anche come castello del Dieu d’amour . La località veniva chiamata Dydimos dai greci per la presenza dei due picchi montuosi, la parola franca dieu d'amour risulta dalla storpiatura di quella greca.
L’aspetto attuale è dovuto in gran parte alla ristrutturazione voluta da Jean d’Ibelin (1228) – a parte forse la porta principale - che incorporò nelle fortificazioni la preesistente chiesa monastica e una parte del muro nord.
E’ diviso in tre parti a cui corrispondono tre diverse cinte difensive:
1 - Il quartiere basso che occupa il versante sud al di sotto della rocca, dove venivano acquartierati soldati e cavalli.
2 – Il quartiere intermedio, posto sul versante est, dove alloggiavano i comandanti militari e i dignitari.
3 - Il quartiere alto, tra le due creste della rocca dove si sistemava la famiglia reale.
La storia del castello (cfr. anche scheda La dinastia dei Lusignano) comincia nel 1228 quando il reggente Jean d’Ibelin trasforma in roccaforte la preesistente fortezza bizantina in cui allora risiedeva una comunità monastica. Lo scopo era di costruire un rifugio sicuro per il giovane re Enrico I e la famiglia reale nella guerra che li opponeva alla fazione progermanica, capeggiata da Amalrico Barlais, che sosteneva le pretese di Federico II il grande.
L’anno seguente la fortezza cade però nelle mani degli imperiali e il reggente fu costretto ad assediare le sue stesse fortificazioni.
Nel 1232 il castello, ripreso dai lealisti, divenne la residenza delle sorelle del re e venne nuovamente assediato dagli imperiali al comando del conte Filangieri. Nello stesso anno però il re al comando di un esercito siriano organizzato dal d’Ibelin sbaragliò definitamene gli imperiali al passo di Santa Caterina.
Nel 1348 vi risiedette Ugo IV per sfuggire alla peste che infestava l’isola.
Il castello ricorre nuovamente nella cronaca nel 1373, quando nel corso della guerra contro i genovesi, Giovanni Lusignano, principe di Antiochia e zio del re Pietro II, lo elesse a sua dimora prima di essere fatto assassinare al suo ritorno a Nicosia dalla regina madre Eleonora d’Aragona.
Con le mutate tecniche militari il castello cadde progressivamente in disuso e fu definitivamente abbandonato sotto il governo del primo Provveditore veneziano – Francesco Priuli (1489).
Quartiere basso:
Ingresso al barbacane
Porta principale
La cinta esterna e il barbacane racchiudono un ampio cortile. La porta che si apre nella cinta principale non era chiusa da saracinesca nè aveva un ponte levatoio ed è sormontata da un arco al di sopra del quale si notano quattro mensole ognuna decorata in modo diverso (da notare la acconciatura del XV sec. della testa di donna) che sostenevano il machicolio, nome che anticamente i franchi davano ai parapetti inclinati per mezzo dei quali i difensori potevano rovesciare pietre e acqua bollente sui nemici che attaccavano gli spalti con le scale.
Quartiere intermedio:
una stretta salita conduce dal quartiere basso alla parte principale del castello.
L’entrata presenta ben altra struttura rispetto a quella del quartiere basso: una sorta di torre a 2 piani è costruita a filo dello sperone roccioso e al disotto di questa si apre la porta che era protetta da ponte levatoio.
chiesa monastica: dedicata molto probabilmente a Sant'Ilarione, è stata attentamente preservata e restaurata durante il rifacimento del d’Ibelin. La muratura si presenta in corsi di mattoni e strisce di malta alternati in cui ogni tanto s’inseriscono corsi di pietra. E’ voltata a cupola con abside semicircolare e pastoforia. La cupola s’impostava su otto pilastri che definivano uno spazio trapezoidale. Le tracce di affresco all’interno sembrerebbero risalire al 1050. L’unico affresco che si può vedere (un’Annunciazione, ma è praticamente scomparso) è sopra un arco di un piccolo oratorio costruito contro il lato nord della chiesa.
Veduta esterna dell'abside
Appartamenti reali nel quartiere intermedio
Cisterna nel quartiere intermedio (17)
Torre del principe Giovanni (26)
Da questa torre Giovanni Lusignano, principe di Antiochia, reggente dal 1369 al 1372 per conto del nipote, il futuro Pietro II, fece gettare nel dirupo sottostante i bulgari della sua guardia personale, convinto dalla regina madre - Eleonora d'Aragona - che tramassero contro di lui.
Quartiere alto (cittadella):
Porta d'ingresso alla cittadella
La residenza reale è un edificio a due piani lungo e stretto disposto tra le due creste che formano i lati nord e sud del quadrilatero di questa cittadella. Il muro ovest della residenza è costruito sul ciglio dello strapiombo. Una certa raffinatezza si ravvisa nel disegno di due finestre gotiche ancora preservate (quella cosiddetta della regina è bifora ed è fiancheggiata da 2 sedili) al piano superiore e nella galleria di legno che mette in comunicazione le stanze sul lato interno.
Finestra detta della regina (Eleonora d'Aragona)
galleria negli appartamenti reali (piano inferiore)
Un ampio scalone esterno sull’angolo nord est ed una piccola scala interna sull’angolo sud conducono al piano superiore. Il piano inferiore ha un soffitto a volte. Una piccola posterla conduce dal piano inferiore all’esterno sul precipizio.
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