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domenica 19 dicembre 2021

Il castello di Roccascalegna

Il castello di Roccascalegna

Lato nordovest

Originariamente il borgo sorse come avamposto longobardo per il controllo della Valle del Rio Secco. Per difendere l'area, dove ora sorge il castello, venne eretta una torre d'avvistamento che costituì il primo nucleo della fortificazione. Il vero e proprio castello, tuttavia, è, verosimilmente, di epoca normanna. Nel 1320 Roccascalegna (1) viene nominata infatti "cum castellione", all'epoca, quindi, il castello già esisteva. Nel XV secolo vi risulta infeudato un soldato di ventura, Raimondo Annechino, agli ordini di Giacomo di Caldora. La dinastia feudataria giunge fino a Giovanni Maria Annechino a cui si deve una ristrutturazione del castello – con l'aggiunta di quattro torri - per adattarlo all'uso delle armi da fuoco (1525). Giovanni pagò però il sostegno dato al re di Francia Francesco I contro l'imperatore Carlo V con la perdita di tutti i possedimenti di famiglia (1528). In seguito il feudo viene concesso ai Carafa che lo tengono fino alla fine del secolo, quando sono costretti a cederlo per onorare i propri debiti. Ai Carafa succedono i Corvo o de Corvis che tengono Roccascalegna per oltre un secolo (1599-1717) anche se soltanto uno di loro dimorò nel castello, Giuseppe, che, ad appena 46 anni, morì (1645) in circostanze poco chiare durante un viaggio e fu sepolto nella Chiesa di San Pietro.Gli ultimi feudatari di Roccascalegna sono stati i Nanni, ma anche questi hanno avuto poca cura del feudo e dei sudditi; il Castello, sia che fosse in cattive condizioni, sia che fosse stato la scena di un omicidio, sia che non fosse più in grado di ospitare degnamente un nucleo familiare di una certa consistenza, fu abbandonato e l’abitazione del feudatario fu costruita in una zona più comoda e di facile accesso.


Si accede alla fortezza per mezzo di una lunga gradinata che dalla chiesa di san Pietro, eretta probabilmente nel XV secolo (2), conduce alla porta d'ingresso della fortezza realizzata in rovere massiccio. 


Da qui è possibile osservare i resti della garitta e della torre di guardia – a pianta circolare – che proteggeva l'ingresso. Una volta oltrepassato l'ingresso, sulla sinistra, si nota un un portale in pietra ornato da un cuore rovesciato che introduceva ad una prima torre a base circolare crollata nel 1940. A questa torre crollata è legata la leggenda del barone Corvo de Corvis che, nel 1646 avrebbe reintrodotto il discusso ius primae noctis assieme ad altre stramberie vessatorie come quella di costringere i propri sudditi a venerare un corvo nero e chi si rifiutava di genuflettersi al cospetto di questa creatura veniva arrestato e buttato in un pozzo, dove vi erano delle spade conficcate nel terreno. La leggenda vuole che una giovane sposa, recandosi al talamo del barone per consumare la notte d'amore che gli spettava, lo avrebbe altresì accoltellato a morte. L'impronta della mano insanguinata del barone avrebbe quindi resistito a tutti i tentativi di cancellarla fino al crollo della torre nel 1940. 


La corte del castello, sullo sfondo la chiesa del Santo Rosario

Proseguendo lungo il fianco nord-ovest si incontrano altre due torri addossate alle mura: la Torre del carcere e la Torre del forno (3) e, con essa comunicante, la cappella del S. Rosario, costruita nel 1577, come testimonia l'iscrizione sul portale d'ingresso. Dall' esterno della chiesa, tramite gradini in pietra che si insinuano nella roccia, si accede all'ultima torre detta "Torretta", l'unica del complesso a pianta quadrata posta sul punto più alto dello sperone roccioso e coronata da merlatura guelfa. 


Nella muratura esterna del fianco nord-ovest sono ben visibili le tracce di una precedente merlatura prima che le torri venissero sopraelevate e rinforzate in età aragonese sotto la signoria di Giovanni Maria Annechino.

Note:

(1) Secondo alcuni il termine deriverebbe dal francese "scarenna", che indica il fianco scosceso di una montagna - successivamente corrotto in scalegna. Secondo altri andrebbe invece posto in relazione con la scala lignea che dava accesso all'antica torre di avvistamento. Un'ultima ipotesi lo correla invece al nome di un feudatario longobardo di nome "Aschari" da cui "Rocca ascharenea" poi corrotto in Roccascalegna. 

(2) Per una datazione della chiesa al XV secolo propendono sia la data "1461" incisa su un arco del presbiterio, sia la reclinatio capitis (la leggera rotazione dell'abside rispetto all'asse centrale a simulare l'inclinazione del capo del Cristo sulla croce). 


(3) All'interno di questa torre è attualmente conservata una ricostruzione della macchina utilizzata dai bizantini per lanciare il micidiale fuoco greco.