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domenica 20 gennaio 2019

Bonifacio

Bonifacio

Di Bonifacio ignoriamo completamente le origini. Compare per la prima volta nelle fonti scritte nel 413: in quell'anno il re dei goti Ataulfo prese d’assalto il fiorente porto di Marsiglia. Bonifacio faceva parte della guarnigione della città e si distinse per aver ferito personalmente il re durante un combattimento. Fu probabilmente ricompensato con un avanzamento al grado di tribuno ed il trasferimento sulla frontiera meridionale della Numidia, dove comandò una guarnigione di 500-1000 foederati goti stanziata nella città di Tubunae (l'attuale Tobna in Algeria) con compiti di sorveglianza delle tribù dei Mauri. In Africa Bonifacio conobbe e divenne amico di Sant'Agostino con cui si mantenne a lungo in corrispondenza epistolare (1).
Nel 422 il tribuno fu richiamato alla corte ravennate dall'augusta Galla Placidia, appena rimasta vedova del co-imperatore Costanzo III. L'augusta intendeva probabilmente contrapporre al magister militum Flavio Castino, sostenuto dal fratellastro Onorio, la cui posizione a corte era sempre più forte, un militare che aveva goduto della fiducia del marito.
Bonifacio ebbe il comando di una unità delle Scholae palatine (la guardia imperiale) e sotto gli auspici dell'augusta sposò (era rimasto vedovo della sua prima moglie) – tra le ire di Agostino giacchè si trattava di un'ariana - Pelagia, una principessa che apparteneva alla più alta nobiltà gota. Dal suocero Beremud, Bonifacio ereditò il comando dei suoi buccellarii che andarono così ad ingrossare le fila dei soldati su cui l'augusta poteva contare.
Questo spiega perchè sul finire del 422 Bonifacio potè impunemente rifiutarsi di seguire Crastino nella campagna di Spagna contro i Vandali, preferendo tornare in Africa dove, ottenuto in circostanze poco chiare il titolo di comes Africae, prese il controllo della regione da cui partivano i carichi di grano che approvvigionavano Roma e l'Italia intera. Si trovò quindi ad occupare una posizione di forza che corrispondeva in pieno alle sue ambizioni ma anche a quelle della sua augusta protettrice.
Al ritorno di Castino dalla Spagna - dopo una campagna che si era risolta con una disfatta anche per il tradimento del contingente visigoto di cui il generale riteneva responsabile l'augusta – la tensione tra il magister militum e Galla Placidia raggiunse il culmine, degenerando in scontri nelle strade tra i partigiani delle opposte fazioni. Onorio diede ascolto al suo generale ed esiliò la sorella che nella primavera del 423 s'imbarcò con i figli Onoria e Valentiniano alla volta di Costantinopoli dove trovò asilo presso la corte del nipote Teodosio II.
Alla morte di Onorio (agosto 423) senza discendenti diretti, Teodosio II non assegnò subito l'impero d'Occidente a Valentiniano, che era il primo nella linea di successione dinastica, ma temporeggiò.
Nel vuoto di potere così creatosi, Castino riuscì a far nominare imperatore dal Senato romano il decano dei funzionari civili (primicerius notariorum) Giovanni Primicerio (20 novembre 423). 
Bonifacio manifestò la sua fedeltà a Galla Placidia e alla dinastia teodosiana rifiutandosi di riconoscerlo e interrompendo le forniture di grano. Nel Marzo del 424 Castino salpò dall'Italia al comando di un corpo di spedizione con l'intento di riprendere il vitale controllo della provincia d'Africa.

Moneta battuta dalla zecca di Cartagine durante il governatorato di Bonifacio.
La legenda Dominis Nostris sul verso della moneta fa propendere per una sua datazione al periodo dell'usurpazione di Giovanni Primicerio (423-425). Nell'uso del plurale Bonifacio ribadirebbe infatti la sua lealtà verso entrambi i legittimi imperatori d'Oriente (Teodosio II) e d'Occidente (Valentiniano III).

La strategia difensiva di Bonifacio fu a tal punto efficace che l'esercito comitatense d'Occidente era ancora impantanato in Africa quando l'esercito inviato da Teodosio II al seguito di Galla Placidia e del giovane Valentiniano – che nel frattempo era stato investito del titolo di cesare – guidato dal magister militum Ardaburo e da suo figlio Aspar, raggiunse l'Italia. La sorte di Giovanni e Castino era decisa. Giovanni, catturato, fu giustiziato a Ravenna mentre Castino fu esiliato. 
Il 23 ottobre 425, a Roma, Valentiniano III fu proclamato augusto d'Occidente all'età di sei anni e la madre Galla Placidia ne assunse la tutela. Nel riassetto delle cariche di potere che seguì, Bonifacio rimase alquanto insoddisfatto. Fu confermato nella carica di comes Africae ed ottenne quella di comes domesticorum ma, contro le sue aspettative, non fu richiamato in Italia.
Al posto di Castino venne infatti nominato magister militum Costanzo Felice e Ezio, uno degli ufficiali che si era schierato con l'usurpatore Giovanni, ottenne l’incarico di comes. Troppo forti e potenzialmente preziosi erano i suoi legami con gli unni (2).
Bonifacio reagì all'ascesa di Felice con la secessione della provincia africana ma non mise in atto il blocco dei rifornimenti di grano.
Con l'appoggio della potente famiglia degli Anici, Felice riuscì a far dichiarare dal Senato Bonifacio nemico pubblico (hostis publicus), dichiarazione che legittimava ogni azione volta ad eliminarlo. La sua protettrice di un tempo, l'augusta, non sollecitò ma neppure si oppose a questa misura.
Come conseguenza della condanna, vennero organizzate due spedizioni militari dall’Italia contro l’Africa. La prima, nel 426-427, guidata dai generali Mavorzio, Gallone e Sanece si risolse in un grave fallimento e con la morte dei tre comandanti. La seconda, nel 428, guidata dal generale goto Flavio Sigisvulto, seppure coronata da maggiori successi (cinse d'assedio Ippona e Cartagine) non riuscì comunque a eliminare Bonifacio asserragliatosi a Sitifis, il capoluogo della Mauretania sitifensis (l'attuale Setif, nell'Algeria nordoccidentale). Questa capacità di resistenza di Bonifacio dimostra innanzitutto le sue doti di comandante militare riconosciute dai suoi ufficiali e dalle truppe al suo servizio ed il consenso che raccoglieva tra l'aristocrazia locale ed i ceti urbani a cui garantiva ordine e sicurezza.
Gli insuccessi militari ed il timore che Bonifacio potesse interrompere le forniture di grano gettando nel caos l'impero occidentale, nonchè l'opera di mediazione esercitata dai senatori amici del comes Africae, determinarono una riappacificazione tra questi e la corte ravennate.

Ma la pace in Africa fu di breve durata. L'anno seguente Genserico con tutto il popolo dei Vandali (circa 80.000 persone di cui 20.000 combattenti), attraversò lo stretto di Gibilterra e invase la Mauritania tingitana sbarcando probabilmente a Tangeri (3).

Le provincie dell'Africa romana al momento dell'invasione dei Vandali.
 
Secondo la Notitia Dignitatum a difesa della Tingitana erano dispiegati 13 reggimenti limitanei (formati da soldati di frontiera scarsamente addestrati) e 5 comitatensi (3 dei quali formati da reggimenti limitanei recentemente promossi), il che vuol dire che Bonifacio poteva contare in quella regione su 1000, al massimo 1.500 soldati in grado di fronteggiare i guerrieri vandali, il che rendeva impensabile uno scontro in campo aperto. Il comes lasciò quindi avanzare i Vandali e li affrontò soltanto un anno dopo alla testa del suo esercito forte di circa 25.000 unità venendone comunque sconfitto. Bonifacio si ritirò allora nella città di Hippo Regius (Ippona, l'attuale Annaba in Algeria), dove sostenne per 14 mesi l'assedio dei Vandali durante il quale morì di morte naturale sant'Agostino. Alla fine i Vandali, le cui file erano state ingrossate dagli eretici – soprattutto ariani e donatisti – ostili alla politica religiosa dell'impero, nel luglio del 431 desistettero e si ritirarono non senza aver ampiamente devastato la provincia.
Per quanto fosse ben diretto e si battesse con coraggio, l'esercito di Bonifacio non poteva comunque resistere a lungo alla pressione dei Vandali senza ricevere rinforzi. L'augusta si rivolse quindi al nipote Teodosio II che accettò d'inviare in Africa un corpo di spedizione al comando del magister militum Aspar (4). Nell'estate del 432, congiunte le sue forze a quelle di Aspar e unitele sotto il suo comando, Bonifacio diede battaglia ma fu nuovamente sconfitto da Genserico.

Proprio quando la situazione in Africa si faceva più critica, Galla Placidia richiamò Bonifacio in Italia. Dopo l'assassinio di Flavio Felice (maggio 430) – accusato di complottare ai suoi danni – Ezio lo aveva sostituito nella carica di comandante dell'esercito d'Occidente (magister utriusque militiae) diventando la figura forte della corte ravennate. Richiamando Bonifacio ed insignendolo del titolo di patricius (che Ezio non aveva) nonchè promuovendolo al comando dell'esercito, l'augusta sperava di contrastare l'irresistibile ascesa di Ezio. Il loro essere espressione di due gruppi di potere diversi, da una parte i visigoti e l'aristocrazia africana che sostenevano Bonifacio, dall'altra gli unni e l'aristocrazia gallica che parteggiavano per Ezio, rese lo scontro inevitabile. Questo ebbe luogo a Rimini, agli inizi del 433. Probabilmente si trattò di uno scontro tra le guardie personali dei due generali, Bonifacio ne uscì vincitore ma riportò gravissime ferite che di lì a poche settimane ne causarono la morte. Morente, fece promettere alla moglie Pelagia che se si fosse risposata l'avrebbe fatto proprio con il suo acerrimo rivale, Ezio (5). Cosa che poi puntualmente avvenne.

Note:

(1) L'epistolario tra Agostino e Bonifacio comprende una decina di lettere scritte dal vescovo di Ippona tra il 417 e il 429. Le sedici lettere di Bonifacio (molto più brevi) sono invece considerate apocrife da gran parte della critica e sono note con il nome di Pseudo-Bonifacio.
(2) Incaricato da Giovanni di reclutare mercenari unni, Ezio era tornato in Italia alla testa di un forte contingente, soltanto troppo tardi per salvare l'usurpatore dalla disfatta.
(3) La storiografia moderna tende a rigettare l'ipotesi, ampiamente diffusa in passato, che sia stato lo stesso Bonifacio a chiamare i Vandali in Africa per appoggiarlo nella guerra contro il Senato romano
(4) Cfr. scheda Gli Ardaburi.
(5) Probabilmente Bonifacio riteneva che sposare il nuovo uomo forte dell'impero d'Occidente potesse garantire alla moglie e alla sua discendenza il mantenimento della posizione sociale raggiunta.

Bibliografia:
- Jeroen W.P. Wijnendaele, L'ultimo romano. Il generale Bonifacio e la crisi dell'Impero d'occidente, 21 editore, 2017