L'avorio di Treviri
L'avorio di Treviri
museo del Tesoro del Duomo, Treviri
Si tratta della parete laterale di un
reliquiario, probabilmente destinato ad accogliere la reliquia del
braccio destro di Santo Stefano protomartire, realizzato a
Costantinopoli e proveniente dalla chiesa dedicata al santo che è
raffigurata nella composizione.
Nell'avorio è rappresentato il
cerimoniale dell'
adventus, l'ingresso trionfale in città
riservato all'imperatore ma anche ad alti prelati o alle sacre
reliquie come sembra questo il caso.
Parte prominente dell'adventus è la
synantesis, il gioioso incontro della popolazione salmodiante
e acclamante con il corteo trionfale alle porte della città. A
questa fase, nel caso delle reliquie, segue la
propompe, la
processione all'interno della città con cui vengono portate nel
luogo dove saranno custodite. La terza e conclusiva fase del
cerimoniale (
apothesis o
katathesis) consiste nella
deposizione delle reliquie all'interno della chiesa deputata.
La fase del cerimoniale raffigurata
nell'avorio sembra essere quella della
propompe. Il corteo si
trova infatti all'interno della città e le reliquie, affidate alla
custodia di due vescovi (in dalmatica e
omophorion) procedono
su un carro tirato da una coppia di muli, davanti a cui incedono
quattro
chlamydati che tengono in mano un cero, nel primo dei
quali è riconoscibile un imperatore.
La chiesa che accoglierà le reliquie –
a pianta basilicale, con abside aggettante e paraekklesion – appare
ancora da ultimare, come si evince dagli operai affaccendati sul
tetto. Davanti all'ingresso è in attesa una donna che, a giudicare
dall'abbigliamento, è un'imperatrice e tende la destra per ricevere
le reliquie mentre nella sinistra tiene una croce, probabilmente un
attributo del cerimoniale.
A dispetto delle sue dimensioni
ridotte, questa figura è al centro della composizione, catalizzando
gli sguardi e l'attenzione degli astanti. Ciò fa pensare che sia
stata lei la promotrice della traslazione delle reliquie nonché la
fondatrice della chiesa.
Lo sfondo è occupato da una
costruzione a tre ordini di arcate (1), al cui interno si dispongono
personaggi esclusivamente maschili. I nove che occupano il secondo
ordine, che hanno nella destra un incensiere e tengono la sinistra
accostata all'orecchio, sembrano cantare o acclamare come un solo
uomo, guidati da un invisibile direttore e sono quindi probabilmente
degli
psaltai (cantori professionisti). Nel terzo e nel primo
ordine si dispongono numerosi busti maschili molto simili a quelli
del secondo ordine.
Particolare della Chalke
Il
tetrapylon che si trova
all'estrema sinistra della composizione rappresenta quindi la
Chalke,
il monumentale ingresso al Palazzo Imperiale, sormontato – come
almeno dagli inizi del VIII secolo - da un'immagine del Cristo,
riconoscibile per il nimbo crociato. Il corteo, che lo ha appena
oltrepassato, si trova quindi all'interno del recinto palaziale.
La Chalke, ricostruzione virtuale
In base al seguente passo della
Chronographia di Teofane Confessore – uno storico bizantino
che scrive nel IX secolo – relativo ad un
traslatio di
reliquie avvenuta durante il regno di Teodosio II, Kenneth Holum and
Gary Vikan (K.G. Holum and G.Vikan,
The Trier Ivory, "Adventus" Ceremonial, and the Relics of St.Stephen, Dumbarton Oaks Papers, vol. 33, 1979, pp. 115-133) hanno avanzato l'ipotesi che l'avorio raffiguri un evento
storicamente avvenuto (2):
Su insistenza della benedetta
Pulcheria, il pio Teodosio inviò una ricca donazione all'arcivescovo
di Gerusalemme perchè la distribuisse ai poveri, nonché una croce
d'oro tempestata di pietre preziose da erigere sul Golgota. In cambio
di questi doni, l'arcivescovo mandò a Costantinopoli, affidandola
alla custodia di San Passarione, la reliquia del braccio destro di
Santo Stefano Protomartire. La notte in cui il sant'uomo raggiunse
Calcedonia, alla benedetta Pulcheria apparve in sogno Santo Stefano
che le diceva: “vedi, le tue preghiere sono state ascoltate ed il
tuo desiderio esaudito, sono arrivato a Calcedonia. Ed ella si alzò,
chiamò il fratello ed insieme andarono adaccogliere le sante
reliquie. Accogliendole a palazzo, (Pulcheria)
fece costruire una splendida cappella dedicata al santo protomartire
ed in quella le depositò (Teofane Confessore, Cronographia).
Secondo i due studiosi la figura
femminile al centro della scena andrebbe quindi identificata con
Pulcheria, la sorella dell'imperatore Teodosio II, riconoscibile alla
testa del corteo, mentre i due vescovi che portano la reliquia del
braccio di Santo Stefano sarebbero rispettivamente San Passarione (3)
e Atticus che fu arcivescovo di Costantinopoli dal 406 al 425.
La chiesa ancora in costruzione sarebbe
quella fatta costruire
ad hoc da Pulcheria nel Palazzo di
Dafne (la parte più antica del Palazzo Imperiale) e nota appunto
come chiesa di
Santo Stefano in Dafne, in seguito spesso
utilizzata per celebrare i matrimoni degli imperatori.
Pianta del Palazzo di Dafne (ricostruzione).
La chiesa di Santo Stefano Protomartire è contrassegnata dalla lettera d.
Alla luce di
questa chiave interpretativa alcuni particolari assumono una nuova
luce. L'incensiere che tengono in mano i nove cantori appare come un
ulteriore rimando al santo protomartire, spesso raffigurato in abiti
diaconali con il turibolo in mano. La croce che impugna l'Augusta
rimanda alla cosiddetta croce di Costantino – probabilmente un
frammento della Vera Croce riportato a Costantinopoli dalla
Terrasanta dalla madre Sant'Elena (4) – che proprio sotto Teodosio II
venne trasferita nel Palazzo imperiale e successivamente compare tra
le reliquie conservate nella chiesa di Santo Stefano in Dafne.
Pulcheria (?)
La
cassetta che portano i due vescovi, inoltre, appare sicuramente più
compatibile per le dimensioni con la reliquia di un braccio anziché
dell'intero corpo di un santo.
Correggendo di qualche anno Teofane,
infine, i due autori datano l'arrivo delle reliquie di Santo Stefano
al 421.
Questa interpretazione, tra le molte
che sono state avanzate, è oggi ritenuta la più plausibile. Molto
più incerta rimane invece la datazione dell'avorio. Si può infatti
escludere che sia coevo all'evento
rappresentato. La prima versione della
Chalke – sulla cui identificazione tutti gli studiosi
concordano - fu infatti costruita durante il regno di Anastasio
(491-518) mentre il busto bronzeo del Cristo nella lunetta al di
sopra dell'ingresso vi fu istallato soltanto sotto Giustiniano II
(685-695 e 704-711), data che costituisce quindi un indiscutibile
termine
post quem.
Il busto di Cristo venne fatto
rimuovere dall'imperatore iconoclasta Leone III nel 726 e venne
quindi ripristinato sotto l'imperatrice Irene (780-802). Nuovamente rimossa e sostituita con una croce sotto un altro imperatore iconoclasta, Leone V (813-820), venne rimpiazzata con un'immagine del Cristo a
figura intera dopo il definitivo ripristino del culto delle immagini (843) e infine – durante il regno di Romano I Lecapeno
(920-944) - dal mosaico che si vede nella ricostruzione (vedi sopra).
Un'ipotesi suggestiva di datazione, fa
risalire il manufatto proprio alla committenza dell'imperatrice Irene
che, sfruttando una vicenda storica in cui una donna svolgeva una
funzione preminente, avrebbe così inteso celebrare la vittoria
sull'
iconoclastia ed il restauro da lei promosso della chiesa di
Sant'Eufemia all'Ippodromo (796). Sotto Costantino V, questa chiesa,
nell'imperversare della furia iconoclasta, era stata trasformata in
magazzino militare e la cassa con le reliquie della santa gettata
nelle acque del Bosforo. Miracolosamente ritrovate da due pescatori,
erano state fatte ricollocare da Irene nella chiesa ad ella dedicata
che provvide anche a restaurare. Da sottolineare anche il legame di
Irene con la chiesa di Santo Stefano in Dafne, dove nel 769 furono
celebrate le sue nozze con Leone IV.
Dal 1844 l'avorio fa parte del tesoro
della cattedrale di Trevi nel cui museo è attualmente custodito.
Note:
(1) Secondo alcuni studiosi si
tratterebbe di una facciata del Palazzo imperiale o di arcate che
racchiudono una corte interna (una sala ipetrale), secondo altri si
tratterebbe invece dell'ultimo tratto della mese che terminava
alla Chalke e che era fiancheggiata da un porticato a due
ordini.
(2) Teofane Confessore scrive però
circa 400 anni dopo l'ipotetico evento per cui non cita alcuna fonte
né esso ricorre in altre fonti precedenti la
Cronographia.
Questo lascia non pochi dubbi sulla sua veridicità storica.
(3) Figura di spicco del monachesimo in
Palestina nella prima metà del V secolo. E' noto per mezzo della
Vita di Eutimio di Cirillo di Scitopoli (VI secolo) in cui è
definito
chorepiscopos (vescovo rurale, una sorta di vicario
che affiancava il vescovo nelle diocesi più estese) e archimandrita.
(4) vedi scheda
La leggenda della Vera Croce nella basilica francescana di Arezzo.