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martedì 12 febbraio 2013

La conquista di Gerusalemme, 1099

La conquista di Gerusalemme, 1099

Deus vult! (Urbano II, Discorso al Concilio di Clermont, 27 novembre 1095)

Francesco Hayez, Papa Urbano II sulla piazza di Clermont predica la prima Crociata, 1835
Fondazione Cariplo, Milano

Il 7 giugno del 1099 l'esercito crociato raggiunse Gerusalemme.
Come ad Antiochia la città fu posta sotto assedio, probabilmente i crociati stessi soffrirono più dei cittadini di Gerusalemme, a causa della carenza di cibo ed acqua attorno alla città.
Il governatore fatimide di Gerusalemme, Iftikhar al-Dawla, aveva espulso la maggior parte dei Cristiani e fatto avvelenare i pozzi e le sorgenti che si trovavano nei dintorni. L'unica fonte di acqua potabile era rimasta la Piscina di Siloam (localizzata nella parte inferiore del fianco meridionale del monte Ophel, a sud est e fuori dalle mura). La piscina, dove Gesù operò la guarigione di un cieco (Giovanni, IX,7), era alimentata delle acque della sorgente di Gihon, che venivano fatte affluire tramite due acquedotti ma era però alla portata degli archi dei difensori della città.

Degli stimati 7.000 cavalieri che avevano preso parte alla Crociata ne restavano solo 1.500 circa, insieme a forse 20.000 fanti dei quali 12.000 ancora in buona salute.
L'esercito crociato non aveva forze sufficienti a circondare la città.
Roberto di Normandia schierò le sue truppe lungo il muro settentrionale di fronte alla porta di Erode (Porta dei Fiori), alla sua destra Roberto di Fiandra, di fronte alla porta di Damasco (Porta della Colonna).
Goffredo di Buglione dispose i suoi dall'angolo nordoccidentale delle mura fino alla porta di Giaffa dove fu successivamente raggiunto da Tancredi d'Altavilla mentre Raimondo di Tolosa con i suoi provenzali presidiava il lato sudoccidentale delle mura dalla Torre di Davide al Monte Sion.



Le porte di Gerusalemme
Porta di Sion: il nome arabo di questa porta è Porta del Profeta David (Bab Nabi Daud), poiché  un tempo si riteneva che la tomba del Re David si trovasse sul Monte Sion a pochi passi da essa. La porta di Sion conduce direttamente al quartiere armeno ed a quello ebraico.

Porta di Sion
 
Porta del Leone: questa porta prende il nome dai leoni dello stemma araldico del Sultano Beybars (XIII sec.) che l'adornano. È anche chiamata Porta di Santo Stefano, dal primo martire cristiano che la tradizione vuole fosse stato lapidato qui vicino. La porta del Leone conduce alle piscine di Bethesda, alla via Dolorosa ed ai mercati.

I leoni di Beybars sulla Porta di S.Stefano
Porta di Erode: nonostante il suo nome, il famoso re della Giudea non ha avuto nulla a che fare con questa porta. In arabo ed in ebraico questa porta che guarda a nord e che conduce ai vecchi mercati della città, è chiamata Porta dei Fiori. Alcuni dicono che il nome derivi da una rosa intagliata sulla sua struttura. Tuttavia in arabo, una simile parola significa "si sono svegliati" e potrebbe riferirsi ad un vicino cimitero ed alla speranza della resurrezione.

Porta di Erode
 
Porta di Damasco: chiamata in arabo Bab el-Amud o Porta della Colonna, a causa della colonna che l'imperatore Adriano fece erigere al centro della piazza antistante ad essa.
E' la più imponente tra le porte di Gerusalemme e si affaccia anch’essa a settentrione ed ha preso il nome dalla grande città da cui arrivarono una volta i dominatori di Gerusalemme. Sotto la porta del XVI secolo, gli archeologi hanno scoperto parte della via di ingresso fatta costruire dall’Imperatore Adriano nel II secolo.
Porta di Giaffa: Questa era la destinazione dei pellegrini ebrei e cristiani che sbarcavano al porto di Giaffa, da cui il nome. Conduceva (e tuttora conduce) direttamente al quartiere ebraico e cristiano così come alle parti più popolari del mercato ed alla Torre di David, che era la cittadella di Gerusalemme.

Porta d'oro: vedi scheda.

Il 13 giugno un assalto diretto alle mura fu respinto dai fatimidi con gravi perdite per i crociati che non disponevano di macchine d'assedio né potevano costruirle per la penuria di materiali.

Il 17 giugno una flottiglia anglo-genovese al comando dei fratelli Embriaco attraccò nel porto di Giaffa, abbandonato dai fatimidi, portando viveri e materiali atti a costruire le macchine d'assedio.
Raimondo Pilet, un capitano provenzale al seguito di Raimondo di Tolosa, scortò i marinai ed il loro carico fino al campo crociato.

L'8 luglio, su suggerimento di un prete, Pietro Desiderio, che dichiarò di averlo ricevuto dallo spirito del defunto vescovo Ademaro (1), tutti i crociati, in processione e a piedi nudi, completarono un giro intorno alle mura della città, al fine di propriziarne la caduta.

L'assalto finale cominciò nella notte tra il 13 ed il 14 luglio. L'attacco principale avvenne lungo due direttrici, dal monte Sion verso la porta di Sion, guidato da Raimondo di Tolosa, e contro le mura settentrionali, guidato da Goffredo di Buglione. Alla testa di entrambe le direttrici d'attacco muovevano altrettante alte torri d'assedio mentre una terza più piccola fu impiegata in un'azione di disturbo contro l'angolo nordoccidentale delle mura.

Una delle due torri d'assedio utilizzate dai crociati nell'assalto finale raffigurata in un'edizione miniata acritana del XIII secolo della Historia rerum in partibus transmarinis gestarum di Guglielmo di Tiro e continuatori, Biblioteca Nazionale Francese, Parigi

La mattina del 15 la torre di Goffredo fu finalmente accostata alle mura nei pressi della porta di Erode e i crociati sfondarono penetrando in città mentre il governatore Iftikhar al-Dawla ancora fronteggiava le forze di Raimondo sulle mura meridionali.
Nel primo pomeriggio, il governatore si ritirò nella torre di Davide (la cittadella) offrendo a Raimondo la resa in cambio della sua vita e di quella dei suoi soldati. Raimondo accettò e occupò la torre. Il governatore ed i suoi uomini furono scortati fuori dalla città e fu loro consentito di raggiungere Ascalona.

(1) Ademaro di Monteil, vescovo di Le Puy, nominato legato pontificio da papa Urbano II durante il Concilio di Clermont (1095) e, in quanto tale, posto al comando della crociata, aveva esercitato un ruolo di mediazione tra i principi crociati ed era stato l'unico capo la cui autorità non venisse messa in discussione fino al momento della sua morte, a seguito di un'epidemia di tifo, il 1 agosto del 1098, poco dopo la presa di Antiochia.


sabato 9 febbraio 2013

Teodora Raulena


Teodora Raulena

Teodora Raulena nacque probabilmente nel 1240 nell’impero di Nicea e trascorse la sua infanzia durante il regno di Teodoro II Lascaris (1254-1258). Era la figlia primogenita di Giovanni Cantacuzeno e di Irene Paleologina, una delle sorelle del generale Michele Paleologo. Aveva tre sorelle: Maria, Eugenia e Anna. Il padre, Giovanni Cantacuzeno, ricoprì la carica di megas domestikos e comandante in capo dell’esercito niceno. Alla sua morte la madre Irene avrebbe seguito la prassi comune alle vedove aristocratiche e sarebbe diventata monaca, con il nome di Eulogia.
Nel 1256, all’incirca all’età di sedici anni, sposa Giorgio Muzalon, originario della zona, amico fidato dell'imperatore Teodoro II Lascaris, che lo elevò alla carica di protovestiario.
Nel mese di agosto del 1258 l'imperatore fu colpito da un attacco epilettico mortale, lasciando come erede il giovanissimo Giovanni. Per risolvere la questione della reggenza imperiale, in punto di morte, Teodoro fece giurare ai capi dell’aristocrazia fedeltà a Giorgio Muzalon, che nominò reggente dell’impero e tutore del piccolo Giovanni.
Ma la reazione dell'aristocrazia, emarginata da Teodoro II, non si fece attendere e ai primi di settembre, nel monastero di Sosandra (1) mentre attendeva al servizio funebre in onore dell'imperatore, Giorgio Muzalon fu massacrato insieme ai suoi due fratelli.
Di fronte a tanta violenza, orrore e totale mancanza di rispetto per la legge e per la religione, Teodora tentò di ribellarsi e protestare, ma lo zio Michele Paleologo, che era presente e probabilmente coinvolto nella congiura, le intimò di tacere, per evitare di essere coinvolta nel massacro.
Pochi mesi dopo, Michele, che godeva del sostegno dell'aristocrazia e del clero, venne issato sugli scudi ed incoronato a Ninfeo coimperatore (il giorno di Natale del 1258 o il primo gennaio del 1259).
Il 15 agosto del 1261 – dopo il fortunato colpo di mano con cui il generale Alessio Strategopulo aveva riconquistato Costantinopoli ai bizantini - Michele VIII Paleologo fu incoronato imperatore di Costantinopoli dal patriarca Arsenio nella cattedrale di Santa Sofia, mentre il legittimo erede Giovanni Lascaris, venne accecato e confinato in un castello sulla costa del Mar Nero.
Nello stesso anno diede la nipote Teodora in moglie a Giovanni Raul, che fu elevato anche alla carica di protovestiario, esponente di una delle famiglie dell'aristocrazia che lo aveva maggiormente sostenuto.
Teodora, che aveva un forte senso delle classi sociali, si sentì onorata di assumere, grazie al matrimonio con Giovanni Raul, il titolo di “protovestiaria” e di aggiungere alla lista dei suoi cognomi anche quello di Raulena.
Dal matrimonio tra Giovanni e Teodora nacquero due figlie: Irene Raulena Paleologina, il cui nome ricordava la nonna, e Anna Comnena Raulena Strategopulina.
Dopo aver servito fedelmente l’imperatore Michele VIII, portando avanti campagne militari nel nord della Grecia e cercando di riportare nel'orbita dell’impero le province ribelli della Tessaglia e dell’Epiro, Giovanni Raul morì nel 1274 circa.
A questa data risale anche la decisione di Teodora di diventare monaca. Seguendo l’esempio della madre, si ritirò in convento e assunse il nome di Kiriake.

Dopo il 1274 i rapporti tra Michele VIII e la sorella Irene (Eulogia) e la nipote Teodora (Kiriake) s'incrinarono bruscamente. Le due monache si schierarono infatti sul fronte antiunionista che si opponeva alla politica di unione delle chiese perseguita dall'imperatore. Lo stesso patriarca Arsenio che lo aveva incoronato lo scomunicò, accusandolo di aver fondato il suo regno sull'eliminazione criminosa del legittimo erede al trono e fu rimosso con un pretesto dall'imperatore.
La ratifica dell’unione da parte dell’imperatore durante il II Concilio di Lione (febbraio 1274) e il ritorno della delegazione greca a Costantinopoli scatenarono la rabbia antiunionista, che esplose in agitazioni di vaste proporzioni.
Irene e le sue figlie Anna, Maria e Teodora divennero il cuore dell'opposizione. Maria, moglie dello zar bulgaro Costantino Tich (1257-1277) e poi del suo successore Ivaylo (1278-1279) e Anna, moglie del despota d'Epiro Niceforo I (1267-1296), diffusero una propaganda politica, che denunciava l’imperatore Michele VIII e i suoi sostenitori come eretici (2). Entrambe impegnandosi ad accogliere i rifugiati, perseguitati dal regime del Paleologo, nei rispettivi territori.
Teodora, invece, rimase accanto alla madre a Costantinopoli e, dalla reclusione del convento, tentarono insieme di opporsi in tutti i modi alla politica unionista e al regime di terrore instaurato da Michele per imporre l'unione con la forza (cfr. affresco nella chiesa delle Blachernae a Arta).
Anche Teodora e la madre furono arrestate come sobillatrici, bandite da Costantinopoli e rinchiuse nella fortezza di San Gregorio sul Mar Nero, dopo aver subito la confisca di tutti i beni.

Durante questo periodo di esilio, Teodora compose un'opera dedicata ai fratelli monaci Teodoro e Teofane, detti Graptoi, perchè nel corso delle persecuzioni iconoclaste l'imperatore Teofilo (829-842) fece incidere con il ferro rovente sulla loro fronte dodici versi ingiuriosi. Traspare evidente in quest'opera il parallelismo tra coloro che furono vittime della persecuzione iconoclasta e la persecuzione subita da lei e dai suoi cari sotto il regime dello zio Michele VIII.

S.Teofane Graptos, chiesa del Salvatore in chora, Costantinopoli, 1316-1321

Ben presto ad ogni modo anche il papato si rese conto che l’unione era un inganno e una strategia politica, tanto che nel 1281 Papa Martino IV scomunicò Michele VIII , rendendo l’unione insignificante.
Il figlio Andronico II, che gli successe al trono dopo la sua morte (11 dicembre 1282), con uno dei suoi primi atti di governo annullò l'unione e permise il rientro dei profughi e degli esiliati tra cui Teodora e la madre.
Poco dopo la pasqua del 1284, morì la madre Irene/Eulogia. Probabilmente risale a questo periodo il progetto di Teodora di restaurare il monastero dedicato a Sant’Andrea in Krisis, martire sotto le persecuzioni iconoclaste di Costantino V, ed adibirlo a propria residenza. Teodora viene infatti ricordata come la seconda fondatrice del monastero, anche se non è rimasta alcuna traccia della chiesa da lei fatta costruire.
Il monastero, trasformato da Teodora in convento femminile, non fu soltanto un luogo abitativo ma anche un centro culturale che le permise di concentrarsi sulla letteratura, sulla copiatura di manoscritti, incrementando una ricca biblioteca. Il monastero divenne una sorta di “atelier”, in cui Teodora riunì, sotto il suo patrocinio, esperti miniaturisti e copisti, a cui probabilmente vanno attribuiti una serie di Lezionari, Vangeli e Salteri, dalle decorazioni estremamente raffinate.
L’amico più influente dal punto di vista culturale e personale fu in questo periodo della sua vita Gregorio II di Cipro che ricoprì la carica patriarcale da 1283 al 1289.
Teodora si spense il 6 dicembre del 1300 e fu sepolta nel suo monastero.

Note:

(1) Dalle fonti scritte sappiamo che l'imperatore Giovanni III Ducas Vatatze (1222-1254) fece costruire questo monastero sul monte Sipylos nei pressi di Magnesia (l'attuale Manisa) con l'intento di farne il luogo di sepoltura della dinastia regnante. Le sue rovine non sono però mai state identificate.

(2) Sia il despota d'Epiro Niceforo I che lo zar bulgaro Costantino Tich sposarono in prime nozze le figlie di Teodoro II, rispettivamente Maria e Irene Lascaris, ed in seconde nozze le sorelle di Teodora Raulena, Anna e Maria Cantacuzena.














venerdì 8 febbraio 2013

S.Andrea in Crisi

S.Andrea in Crisi


Si trova lungo il ramo meridionale della Mese, a poca distanza dalla Peribleptos, nell'attuale Koca Mustafa Paşa Caddesi.




Era il katholikon di un monastero probabilmente dedicato in origine a S.Andrea apostolo e solo dopo aver accolto le spoglie di S.Andrea di Creta, martirizzato per iconodulia nel 767, dedicato a quest'ultimo.
Nato a Creta nel sec. VIII S.Andrea praticò sin dalla gioventù una vita ascetica tanto dura da meritarsi l'appellativo di calibita (colui che vive in un tugurio). È dubbio se fu uno stilita in Creta, ma è certo che fu monaco.
Nel 767, nel pieno delle persecuzioni degli iconoduli volute da Costantino V Copronimo (741-775), Andrea, recatosi a Costantinopoli, entrò nel palazzo di San Mamas (1), dove Costantino giudicava i cultori delle immagini, e apostrofò arditamente l'imperatore con queste parole: «Tu dici, o imperatore, che noi adoriamo idoli; ma noi adoriamo e veneriamo queste icone perché fatte a immagine e somiglianza di Dio, che per noi si è fatto uomo». Costantino, non essendo riuscito a competere con Andrea sulla dottrina, ordinò che il monaco fosse rinchiuso in carcere, dopo averlo fatto crudelmente flagellare. L'indomani Andrea fu condotto dinanzi all'imperatore e, non piegandosi né a blandizie, né a minacce, venne abbandonato alla furia della plebaglia. Battuto a sangue per le vie di Costantinopoli, Andrea fu trascinato nel Forum Tauri e qui fu linciato, dopo che un pescatore gli aveva troncato il piede destro. Questo avvenne il 20 ottobre 767 e il corpo di Andrea fu gettato in una fossa comune in turpe compagnia di pagani e assassini, il toponimo "in crisi" (giudizio) è infatti probabilmente legato alla vicinanza del luogo di sepoltura dei criminali. Nottetempo le sue spoglie furono prelevate da un gruppo di fedeli e sepolte in terra consacrata.



La tipologia architettonica della chiesa - a pianta centrale cruciforme con cupola sostenuta da quattro colonne e doppio nartece, abside centrale e pastoforia - e quella dei capitelli a foglie d'acanto la fanno datare al VI sec.

capitello nell'esonartece

La prima notizia certa della sua esistenza è del 792, quando S.Filarete vi acquistò una tomba.
Il monastero fu probabilmente devastato durante l'occupazione latina e restaurato nel 1284 dalla nipote di Michele VIII, Teodora Raulena, monacatasi con il nome di Kiriake dopo la morte del secondo marito, il protovestiario Giovanni Raul (1274). Il monastero fu la sua residenza per circa quindici anni e alla sua morte vi fu tumulata. Di questo intervento tuttavia non restano tracce, quanto oggi visibile risale all'antica chiesa monastica. Qui nel 1321, alla morte del marito, il re serbo Stefano II Uros Milutin, si ritirò a vita monastica anche la figlia di Andronico II e regina di Serbia Simonide Paleologina.

La chiesa fu trasformata in moschea nel 1489 da Koca Mustafa Pasa, un cugino di Beyazit II.
La cupola crollò completamente nel 1766 a seguito di un terremoto ma fu ricostruita sul modello dell'originale bizantino.
In epoca ottomana la chiesa fu fortemente rimaneggiata. A nord ed sud della cupola principale furono aggiunte due semicupole, traforate da tre grandi finestre, che dal di fuori sembrano abbaini, sì da creare l'impressione di trovarsi di fronte ad un impianto trilobato come nella chiesa del Profeta Elia a Tessalonica.

lato sud

 Lungo il lato settentrionale fu addossata alla chiesa una galleria coperta da cinque cupole dove attualmente si trova l'ingresso principale.
Il nartece interno è diviso in tre campate. Quella a nord è coperta da una cupola ottomana. Quella centrale è sormontata da una volta a botte, mentre quella sud è sormontata da una volta a crociera ogivale. Le ultime due sono bizantine.
Il nartece esterno è diviso in cinque campate, le tre centrali corrispondenti a quelle del nartece interno. La campata centrale è coperta da una cupola centrale a scodella poggiante su pennacchi. Essa è separata dalle due campate intermedie da colonne addossate a lesene.

Nel cortile dell'attuale moschea è ancora visibile un cipresso tagliato da cui pende una catena che si dice servisse a riconoscere la malafede dei debitori. La catena veniva fatta oscillare tra due persone che affermavano dichiarazioni contraddittorie, e si diceva che la catena avrebbe colpito quello che stava dicendo la verità.

la cupola centrale e la semicupola meridionale

(1) Il palazzo di San Mamas fu fatto costruire dall'imperatore Leone I (457-474), dopo l'incendio che sconvolse Costantinopoli nel 469, sulla sponda europea del Bosforo, nell'attuale quartiere di Besiktas. Incendiato durante l'attacco dei bulgari del 813, sembra essere stato ricostruito giacchè è menzionato dallo pseudo-Codino (X secolo). Successivamente non se ne hanno più notizie.