La cinta muraria fu ridisegnata dall'architetto militare Giulio Savorgnano nel 1567 - sotto il provveditore Francesco Barbaro - su quella fatta edificare da Pietro II (1369-1382). La nuova cinta misurava tre miglia - il Savorgnano aveva infatti ristretto il vecchio perimetro difensivo - ed era rafforzata da 11 bastioni a forma di punta di freccia ma non fu completata dal Savorgnano bensì da Niccolò Dandolo. Consapevole della potenza dell'artiglieria ottomana, l'architetto veneziano progettò delle mura basse e fortemente scarpate, la cui parte superiore era costruita in terra battuta e mattoni di fango proprio al fine di meglio assorbire i colpi di cannone.
I bastioni portano i nomi
di alcuni dei principali ufficiali veneziani (Mula, Querini, Barbaro,
Loredano), o quelli dei nobili che hanno acconsentito a finanziare e
organizzare i lavori (Flatro, Carafa, Podocataro, Costanzo, Davila,
Tripoli, Rocas).
L'assedio
Durante la guerra con i turchi era sotto il comando del luogotenente generale di Cipro, Niccolò Dandolo e del capitano cipriota, Eugenio Sinclitico, conte di Rocas.
Il 25 luglio del 1570 l’esercito ottomano pone l’assedio alla città. Le artiglierie battono i bastioni Podocataro, Costanza, Davila e Tripoli, sul versante meridionale della cinta difensiva.
Il 5 agosto Mustafa Lala lancia il primo assalto alle mura. Soltanto il provvidenziale intervento del contingente al comando del capitano Paolo dal Guasto consente ai difensori di respingere i turchi dal bastione Costanzo sul punto di cadere.
La notte del 10 agosto, contravvenendo alle disposizioni di Dandolo che aveva proibito le sortite, trecento uomini escono dal bastione Davila e gettano lo scompiglio tra le trincee ottomane.
Il 17 agosto, nell'ora più calda della giornata, mille uomini escono dalla Porta di Famagosta e, cogliendo i turchi impreparati, s'impossessano di due batterie. Il governatore, informato di quanto stava accadendo, impedisce alla cavalleria stradiotta di unirsi all'attacco e da ordine di chiudere la porta. Abbandonati al proprio destino gli incursori, contrattaccati dai turchi, subiscono molte perdite (circa cento uomini) tra cui il capitano Cesare Tiene (ucciso) ed il conte Alberto Scotto (catturato) che avevano guidato la sortita, ma riescono comunque a rientrare in città. Non ci saranno altre sortite fino alla caduta di Nicosia.
Il 9 settembre Mustafa Lala sferra l’attacco generale, il colonnello Francesco Palazzo, nominato in maggio vicegovernatore della città, muore nel tentativo di respingere i turchi dal bastione Podocataro, perso per la cattiva sorveglianza del conte da Rocas che cade nella mischia.
Bastione Podocataro
I turchi, ormai all'interno della cinta muraria, prendono prima il bastione Costanza e poi il bastione Tripoli dove s’impossessano di tre pezzi d’artiglieria che rivolgono verso la città. Viene sfondata la Porta di Famagosta attraverso la quale la cavalleria ottomana penetra in città uccidendo chiunque gli si para davanti.
Nel massacro finale vengono uccisi anche il governatore Dandolo e Francesco Contarini, vescovo di Paphos.
Nella cinta muraria si aprivano tre porte di accesso alla città.
Porta di Famagosta
Costruita tra il 1567 e il 1570. Consiste in un ampio passaggio voltato a botte che attraversa il bastione Carafa ed al cui centro si alza una cupola sferica, aperta al suo vertice da un forame circolare che consente l'illuminazione dell'interno. Sulla muratura esterna si notano le armi del doge Pietro Loredan (1567-1570). E’ detta anche Porta giuliana o Julia in onore dell’architetto Giulio Savorgnano.
Porta di Kyrenia
Costruita dai veneziani e nota come Porta del Provveditore. Fu restaurata dai turchi nel 1821 che vi aggiunsero l’edificio quadrato che la sormonta.
Durante questi lavori venne rinvenuta l’iscrizione che fa risalire la costruzione della porta al 1562, oggi visibile al di sopra dell’architrave. Oltre a questa iscrizione si notano quella Giorgio V 1931, data in cui gli inglesi tagliarono le mura accanto alla porta per aprirvi delle strade e un’iscrizione coranica.
Porta di Paphos
Era uno dei tre ingressi alla città nelle mura costruite dai Veneziani nel 1567. La strada, che inizia appena fuori dalla Porta, conduceva a sudovest della città di Pafos, da cui prende, appunto, il nome. Era anche nota come Porta di San Domenico o Porta dei domenicani, in quanto sostituiva un’omonima porta delle mura franche, situata nei pressi dell’Abbazia di San Domenico. La porta consiste semplicemente in un’apertura nel muro, ricoperta da un tetto con volta a botte.
Durante l’occupazione britannica, nel 1878, un tratto delle mura tra la Porta ed il Bastione Rocas, fu demolito per creare una nuova apertura. La Stazione di Polizia della Porta di Pafos si trova proprio sopra la porta originaria.
Kastelliotissa
L'edificio in stile gotico coperto da volte a crociera e noto come kastelliotissa sorge nell'area antistante alla porta di Paphos ed è probabilmente tutto ciò che rimane del primo palazzo reale dei Lusignano, andato in disuso dopo il saccheggio dei mamelucchi (1426) e definitivamente demolito dai veneziani durante i lavori di fortificazione del 1567 (insieme ad esso venne distrutto anche il contiguo complesso religioso di S.Domenico che fungeva da cappella palatina ed ospitava le tombe dei regnanti). Possiamo solo immaginarlo sulla base della rappresentazione riprodotta su alcune monete dei primi re Lusignano, dove compare una fortezza con torri angolari non dissimile dal duecentesco castello di Kyrenia.
Rientrato in patria dopo undici mesi di prigionia (maggio 1427), il re Janus, a causa dei danni riportati dal Palazzo dei Lusignano durante il saccheggio, decise di trasferire la residenza reale nella tenuta che era appartenuta al cavaliere Ugo de la Baume e che occupava la parte sudoccidentale dell'attuale piazza Ataturk.
Il nuovo palazzo, con alcune modifiche, rimase in uso come residenza reale fino alla caduta dei Lusignano (1489). Durante il dominio veneziano divenne sede del governatore di Nicosia, funzione che mantenne anche durante l'occupazione ottomana. Venne infine demolito dagli inglesi nel 1905.
Questa fotografia, realizzata prima del 1905, mostra il lato interno della torre in cui si apriva la porta d'ingresso alla residenza.
La finestra tetrafora che si vede al di sopra della porta – splendido esempio di gotico flamboyant – venne smontata e successivamente riassemblata (1926) nella parete di fronte all'ingresso del Museo del Lapidarium dove ancora si trova.
Piazza Ataturk
Rientrato in patria dopo undici mesi di prigionia (maggio 1427), il re Janus, a causa dei danni riportati dal Palazzo dei Lusignano durante il saccheggio, decise di trasferire la residenza reale nella tenuta che era appartenuta al cavaliere Ugo de la Baume e che occupava la parte sudoccidentale dell'attuale piazza Ataturk.
Il nuovo palazzo, con alcune modifiche, rimase in uso come residenza reale fino alla caduta dei Lusignano (1489). Durante il dominio veneziano divenne sede del governatore di Nicosia, funzione che mantenne anche durante l'occupazione ottomana. Venne infine demolito dagli inglesi nel 1905.
Questa fotografia, realizzata prima del 1905, mostra il lato interno della torre in cui si apriva la porta d'ingresso alla residenza.
La finestra tetrafora che si vede al di sopra della porta – splendido esempio di gotico flamboyant – venne smontata e successivamente riassemblata (1926) nella parete di fronte all'ingresso del Museo del Lapidarium dove ancora si trova.
Piazza Ataturk
Colonna veneziana
Al centro della piazza si erge la colonna veneziana.
I veneziani erano soliti erigere due colonne (o una colonna e un pennone) per ribadire la propria sovranità. Qui venivano affissi gli editti governativi e avvenivano le esecuzioni dei criminali politici. La colonna di Nicosia fu eretta probabilmente durante il regno del doge Francesco Donà delle Rose (1545-1553).
E’ di granito grigio e proviene probabilmente da un tempio romano. Notevole il capitello (versione con abaco esagonale dell’ordine dorico). Il globo d’argento è un’aggiunta britannica, in epoca veneziana la colonna culminava ovviamente con il leone di San Marco (1). A pianta esagonale anche il basamento e i tre gradini. Le sei faccie del basamento recano altrettante armi dogali tra cui quelle dei Donà delle rose e dei Contarini.
Vi si legge anche il motto:
FIDES INCORRUPTA NON PULCHRITUDO NON HUJUS UBERTAS SPECETUR INCOLAR
(non la bellezza, non la ricchezza ma la fede incorruttibile di questi abitanti bisogna guardare)
che richiama il Fides inviolabilis fatto incidere dal Bragadin sulle monete durante l’assedio di Famagosta.
Nella stessa piazza si trova anche un palchetto in pietra che presenta due leoni rampanti che sostengono le armi dei Lusignano sormontate dal leone di Venezia.
Buyuk Hamam (Grande bagno)
Questo edificio, che si trova nei pressi di piazza Ataturk, venne erroneamente identificato da Mas Matrie ed Enlart con la scomparsa chiesa del XIV sec. di San Giorgio dei Greci. Per quanto somigli apparentemente ad una chiesa di epoca medievale non ne ha infatti l'orientamento est ovest, né all'interno presenta alcuna caratteristica dell'architettura ecclestica. L'unico elemento che la richiama rimane dunque il portale d'ingresso che risulta dall'assemblaggio approssimativo di elementi di reimpiego. In particolare la cornice che lo sormonta, finemente intagliata con un curioso motivo di fogliame e uccelli intrecciati, è molto simile a quella del portale occidentale del monastero della Panagia Acheropoietos di Lapithos che risale al 1563.
All'interno del portale si aprono lateralmente due nicchie in stile turco ma su questo lato dell'edificio è stato addossata successivamente alla sua costruzione una seconda muratura incredibilmente spessa nel cui ambito si ritrovano frammenti scultorei del XVI sec.
In conseguenza dell'innalzamento del piano stradale l'edificio appare oggi interrato di circa un metro e mezzo. E' comunque vero che non somiglia molto agli hamam costruiti dai turchi. In conclusione l'edificio potrebbe aver avuto la funzione di bagno pubblico già in un'epoca precedente alla conquista turca o essere stato costruito sulle rovine di una chiesa preesistente, come sembrerebbe indicare il rinvenimento, nel corso di una ripulitura del pavimento nel 1890 di una lastra sepolcrale, purtroppo successivamente trafugata.
Palazzo dell’Arcivescovo
Situato di fronte all’ingresso nord di S.Sofia, qui ne è inquadrata la porta carraia. Dal 1456 al 1459 vi risiedette Giacomo II di Lusignano, nella sua qualità di arcivescovo di Nicosia che lo fortificò.
In alto a destra stemma dei Donà delle rose.
Note:
(1) La colonna venne abbattuta dai turchi nel 1570 e riposta nel cortile della moschea Sarayonu. Fu rialzata nel 1915 dagli inglesi che rimpiazzarono il leone di san Marco con il globo d'argento.
Le chiese di Santa Sofia e Santa Caterina sono trattate nelle seguenti schede:
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