Il ritorno a Gerusalemme della vera croce di Miguel Ximenez e Martin Bernat
Storia, Arte e Architettura dell'Impero romano d'Oriente. Lineamenti di storia, arte e architettura degli stati latini d'Oltremare e dei possedimenti della Serenissima.
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domenica 24 marzo 2024
Il ritorno a Gerusalemme della vera croce di Miguel Ximenez e Martin Bernat
sabato 9 marzo 2024
Niceforo II Foca (963-969)
Niceforo II Foca (963-969)
Nato intorno al 912 in una famiglia di antiche tradizioni militari – sia il padre Barda, sia il nonno Niceforo raggiunsero il grado di Domestikos delle Scholae - fu avviato giovanissimo alla carriera militare. Nel 945, durante il regno di Costantino VII, diviene strategos del thema degli Anatolici, carica che di solito preludeva alla nomina a comandante in capo dell'esercito. Nel 954, infatti, subentra al padre Barda – che era stato ripetutamente sconfitto dagli arabi - al comando dell'esercito di Bisanzio e passa all'offensiva contro gli arabi dell'emirato di Aleppo.
Nel 959 l'imperatore Romano II sdoppia il comando supremo militare affiancando a Niceforo il giovane fratello Leone Foca come Domestikos delle Scholae occidentali.
Oltre ad essere un grande soldato, Niceforo era un asceta – da giovane voleva farsi monaco e dormiva in terra – e un fanatico religioso (chiese alle autorità religiose, senza ottenerlo, che tutti i suoi soldati morti combattendo contro i musulmani fossero proclamati martiri della fede) che sognava la riconquista delle perdute provincie dell'Asia minore. Zimisce fu inviato sul fronte orientale con l'incarico di prendere Adana che cadde e fu rasa al suolo prima della fine dell'anno. L'anno seguente Niceforo guidò la campagna in prima persona e prese Mopsuestia e Tarso completando la riconquista della Cilicia che era in mano agli Arabi dal VII secolo. Sempre nel 964, una spedizione guidata da uno dei suoi generali, Niceta Chalkoutzis, riportò anche l'isola di Cipro nell'orbita imperiale.
Dopo la conquista della Cilicia, l'imperatore, per ragioni non del tutto chiare, perse del tutto la fiducia in Giovanni Zimisce che rimosse da tutte le cariche e confinò nei suoi possedimenti lontano dalla capitale.
Oltre che per le conquiste territoriali Niceforo Foca è ricordato anche per le sue fondazioni ecclesiastiche. Tra queste anche quella della Gran Lavra, il più antico monastero athonita. Dopo la conquista di Creta, Niceforo destinò parte del bottino di guerra alla fondazione del monastero ad opera del monaco Atanasio – a cui in seguito fu dedicato il katholikon – di cui era stato allievo e che lo aveva accompagnato nell'impresa.
Note:
(1) Figlio illegittimo dell'imperatore Romano I Lecapeno e di una sua concubina (forse una schiava di origini bulgare), Basilio Lecapeno era nato tra il 910 e il 920 e fu probabilmente castrato per ragioni politiche già in età infantile. Legatissimo alla sorellastra Elena – moglie di Costantino VII – durante il colpo di stato dei suoi fratellastri (944) si schierò dalla parte del cognato ricevendone in cambio titoli e cariche, tra cui quella di megas baioulos, cioè responsabile dell’educazione dell’erede al trono (nella fattispecie, del giovane figlio di Costantino ed Elena, Romano). Nel 947 divenne parakoimomenos, che letteralmente indicava “l’incaricato di proteggere il sonno dell’imperatore”, ma che in realtà all'epoca, dato il rapporto di prossimità con l'imperatore che implicava, era assimilabile a quella di gran ciambellano. Sostituito nella carica con Giuseppe Bringas da Romano II, appoggiò il colpo di stato di Niceforo mettendogli a disposizione tremila uomini armati da lui assoldati.
(2) Petrus era un eunuco al servizio dei Foca che, adottato dal fratello dell'imperatore Leone Foca, intraprese la carriera militare. La carica di "Statopedarca" fu inventata ad hoc giacchè, in quanto eunuco, non poteva accedere a quella di Domestikos delle Scholae.
martedì 27 febbraio 2024
La chiesa di Niceforo a Cavusin, Cappadocia
La chiesa di Niceforo a Cavusin, Cappadocia
La cosiddetta chiesa di Niceforo (1) è una chiesa rupestre che si trova nel villaggio di Cavusin, a pochi chilometri da Goreme, in Cappadocia. Fu costruita e decorata durante il regno di Niceforo II Foca, probabilmente nel 963-964, per volontà di donatori locali che intendevano celebrare l'imperatore originario di queste terre. Non è nota la dedicazione originaria della chiesa ma potrebbe essere stata dedicata ai Tassiarchi, che ricorrono a più riprese nelle decorazioni parietali. Presenta una pianta trapezoidale a navata unica, sopravanzata da un nartece la cui parte occidentale è completamente crollata lasciando a vista un affresco che raffigura appunto gli arcangeli Michele e Gabriele.
All'interno, nell'absidiola di sinistra è ritratta la famiglia imperiale con al centro Niceforo II e, alla sua destra la moglie Teofano con un'altra figura femminile (forse la moglie del fratello dell'imperatore, Leone) mentre alla sinistra dell'imperatore si dispongono il padre Barda e il fratello Leone.
Nel riquadro soprastante l'absidiola è raffigurato un episodio veterotestamentario poco consueto: l'apparizione dell'arcangelo Michele a Giosuè sotto le mura di Gerico (2), a simboleggiare che il mandato divino concesso a Giosuè è adesso rinnovato all'imperatore che conduce i suoi eserciti alla riconquista della Terrasanta. Il condottiero israelita è raffigurato due volte, una in piedi e l'altra nel momento in cui s'inginocchia.
Il corteo è preceduto da due cavalieri, in cui Jerphanion identifica i due donatori.
Entrambi i cavalieri indossano il klibanion (la corazza a lamelle di cuoio) e sotto una cotta di maglia (lorikion) mentre impugnano una lancia lunga secondo l'uso della cavalleria pesante (catafratti) dell'esercito bizantino. Il secondo è identificato dall'iscrizione come Magister Melias (magister era un grado dell'esercito bizantino) (3). Per il primo, nel cui caso l'iscrizione è ormai illeggibile, avanza l'ipotesi che possa invece trattarsi di Giovanni Zimisce, che all'epoca era ancora il fidato braccio destro dell'imperatore. Jerphanion ipotizza inoltre che l'affresco possa essere stato commissionato per celebrare la nomina di Zimisce a Domestikos delle Scholae orientali. La raffigurazione del loro comandante alla testa dei Quaranta Martiri avrebbe avuto anche lo scopo di rafforzare nelle truppe il richiamo alla guerra santa contro i musulmani proclamata da Niceforo.
Note:
(1) La chiesa è nota anche come “chiesa colombaia”, giacchè a questo uso venne adibita in epoca ottomana.
(2) Mentre Giosuè era presso Gerico, alzò gli occhi ed ecco, vide un uomo in piedi davanti a sé che aveva in mano una spada sguainata. Giosuè si diresse verso di lui e gli chiese: «Tu sei per noi o per i nostri avversari?». Rispose: «No, io sono il capo dell'esercito del Signore. Giungo proprio ora». Allora Giosuè cadde con la faccia a terra, si prostrò e gli disse: «Che dice il mio signore al suo servo?». Rispose il capo dell'esercito del Signore a Giosuè: «Togliti i sandali dai tuoi piedi, perché il luogo sul quale tu stai è santo». Giosuè così fece. (Giosuè, V, 13-15)
(3) Secondo la tradizione Melias o Meliton sarebbe anche il nome del più giovane dei martiri di Sebastea nonché quello di un generale di origini armene dell'epoca di Niceforo e Zimisce, ma non sarebbe inusuale che un personaggio storico con lo stesso nome di un santo rappresenti allo stesso tempo se stesso e il santo di cui porta il nome.
Narrativa moderna e contemporanea:
Il romanzo ripercorre le tappe della carriera di Giovanni Zimisce, brillante esponente dell'aristocrazia militare anatolica – era imparentato con le potenti famiglie dei Curcuas, dei Foca e degli Sclera - che culminò con la sua ascesa al trono imperiale. La spettacolare riconquista bizantina della Cilicia, della Siria occidentale e della Palestina settentrionale, intrapresa da Niceforo II Foca e dallo stesso Zimisce – che, nella seconda metà del X secolo, condusse le armi di Bisanzio in vista di Gerusalemme - è narrata con accuratezza storica, così come gli intrighi di corte che favorirono l'ascesa al trono dei due imperatori soldato al di fuori della linea dinastica macedone. Scarso il ricorso a personaggi di fantasia mentre quelli storici sono tratteggiati in maniera molto attendibile e convincente anche nei rapporti che intercorsero tra loro. Più fantasiose le descrizioni dei luoghi.