IL COLOSSO DI BARLETTA
Una statua di bronzo, alta oltre 5 metri e raffigurante un imperatore in abito militare, si erge oggi dinanzi alla chiesa del S. Sepolcro a Barletta, in Puglia.
Si trova in questa cittadina almeno dal 1309, come dimostra un editto di Carlo d'Angiò con il quale si concedeva ai domenicani di Manfredonia il permesso di fonderne gli arti per farne delle campane. Nonostante la distruzione prevista per la fabbricazione della campana, essa è giunta fino a noi sostanzialmente integra, essendo stato accertato in occasione di un recente restauro che almeno la testa ed il busto sono coevi e fanno parte della stessa originaria fusione.
Durante la metà del XV secolo, su commissione dei cittadini di Barletta, la statua, rifatte le gambe e le braccia dallo scultore Fabio Alfano di Napoli in forma molto differente dallo stile originale, venne posta nella sua attuale collocazione sotto il Sedile del Popolo, una loggia edificata sulla parete orientale della basilica del Santo Sepolcro e abbattuta nel 1925.
Una successiva e penetrante indagine è valsa a confermare ulteriormente l'attribuzione della statua alla prima metà del V sec. d. C. e a chiarire il quadro storico in cui il monumento va iscritto.
Incerte, tuttavia, restano l'esatta identificazione del personaggio raffigurato e del centro urbano dal quale il monumento fu tolto, l'originaria collocazione e destinazione, unitamente all'occasione per la quale la statua era stata eretta; ed inoltre è ignoto da chi è stata asportata e attraverso quali vicissitudini è pervenuta in Puglia.
Incerte, tuttavia, restano l'esatta identificazione del personaggio raffigurato e del centro urbano dal quale il monumento fu tolto, l'originaria collocazione e destinazione, unitamente all'occasione per la quale la statua era stata eretta; ed inoltre è ignoto da chi è stata asportata e attraverso quali vicissitudini è pervenuta in Puglia.
Ipotesi:
1) Una storia raccolta attorno al XVII sec da un padre gesuita racconta che i Veneziani prelevarono a Costantinopoli, durante il sacco del 1204, la statua raffigurante l'imperatore Eraclio, modellata da un tal Polifobo.
Il successivo ipotetico naufragio nei pressi di Barletta della nave veneziana che la trasportava avrebbe determinato una così insolita presenza nel centro pugliese.
Pur prendendo decisamente le distanze da questa spiegazione, è stato tuttavia ammesso che dovrebbe sussistere almeno un nucleo di veridicità in questa storia, che vanta a proprio conforto solo il fatto che essa appare essere in realtà l'unica giustificazione finora proposta.
Respinta l'identificazione con Eraclio, campione della fede, che è valsa al Colosso le popolaresche denominazioni di Erà, Aré, Aracco, Eracco, non è stata altrettanto decisamente rifiutata l'altra parte dell"'antica tradizione". Si è anzi ipotizzato che i veneziani possano aver voluto addirittura ornare Ravenna, ghibellina come Venezia, di un arco di trionfo in onore dell'imperatore Onorio, fondatore dell'ultima capitale dell'impero romano d'Occidente, ove la statua avrebbe potuto essere collocata.
2) Per quanto concerne l'identificazione del personaggio, inizialmente è stata proposta una grande varietà di ipotesi.
L'imperatore Eraclio, come espressamente indicato nell'antica tradizione, è stato evocato per il collegamento con la grande croce che il Colosso originariamente brandiva come un labaro. Era facile associare il Colosso alla chiesa del S. Sepolcro, dove i canonici gerosolimitani o, come vuole la tradizione, il patriarca Rodolfo (un domenicano consacrato da Celestino V nel 1294), aveva portato la Croce patriarcale con una reliquia della vera Croce ed altri cimeli.
Più recenti indagini convergono invece sul nome di Onorio.
Più recenti indagini convergono invece sul nome di Onorio.
A. Il primo elemento utile per l'identificazione è fornito dalla pettinatura che non sembra anteriore alla fine del IV secolo, ma passata di moda verso la fine del V secolo; in particolare però la terminazione breve e curva dei capelli sulla nuca ha riscontri significativi nel presunto Valentiniano II del Museo di Costantinopoli assegnato al 380 circa e in due teste marmoree del Louvre attribuite a Valentiniano III e a Teodosio II del 440 circa. Anche la barba, breve ed incolta, richiama da vicino il volto del presunto Valentiniano III appena citato.
B. La forma del diadema non è di età giustinianea, come è stato sostenuto, ma della prima metà del V secolo; in particolare i pendenti richiamano il gusto della cascata di perle che si nota sulle immagini di Licinia Eudoxia, sposa nel 437 di Valentiniano III.
Medaglione con il ritratto di Licinia Eudoxia, 450 c.ca
Cabinet des médailles
BNF, Parigi
Orientandosi verso il primo quarto del V sec. e supponendo che si tratti di uno degli imperatori della pars occidentalis, l'aspetto adulto escluderebbe che possa trattarsi di Valentiniano III, nato nel 419. Anche il collega orientale Teodosio II, nato nel 401, era a quella data ancora giovanetto. Quindi Onorio, nato nel 384 e morto nel 423 all'età di trentanove anni, avrebbe maggiori possibilità per Testini di essere identificato nell'immagine del Colosso.
C. La stringente somiglianza, che è stata notata tra la statua di Barletta ed una testa marmorea di Teodosio II conservata al Louvre, ritenuta databile al 440 , oltre al fatto che un gioiello della madre di Teodosio si sia identificato proprio nel diadema del Colosso ( il diadema è impreziosito da un singolare gioiello goto in oro e smalti che ornava anche il diadema di Aelia Eudoxia, figlia del generale Bauto, sposa di Arcadio e madre di Teodosio II), sono invece indizi a sostegno dell'ipotesi che una statua di Teodosio II avrebbe potuto essere stata eretta da Valentiniano III.
D. Peschlow, sulla base di una maggiore linearizzazione e geometrizzazione delle forme rispetto all'epoca teodosiana, sposta la data di esecuzione alla seconda metà del V sec. e pone la statua in relazione a questi due frammenti ritrovati nei cortili di Topkapi che ne costituiribbero il basamento e la identificherebbe con la statua di Leone I (457-474), fatta erigere dalla sorella Eufemia nei Pittakia, al termine dell'Augusteion e di fronte al Senato.
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