lato orientale
Consta di tre chiese giustapposte l'una all'altra, da nord a sud, probabilmente opera dell'architetto Niceforo (2 e 3):
1.Chiesa della Vergine della Misericordia (Eleusa);
2.Chiesa di S.Michele Arcangelo, che ebbe funzione di mausoleo, fatta costruire da Giovanni II Comneno tra il 1118 e il 1136;
3.Chiesa di Cristo Pantokrator, fatta costruire da sua moglie, l'imperatrice Irene d'Ungheria, tra il 1118 e il 1124.
Il complesso comprendeva anche un ospedale, un ospizio e un bagno pubblico.
1. Chiesa della Vergine della misericordia. Come dimostrano alcune impronte presenti sul muro esterno il nartece era sopravanzato da un esonartece. E' a pianta cruciforme con abside e pastoforia; la cupola è sostenuta da quattro pilastri che hanno sostituito le originarie colonne di granito. Una doppia cornice, all'altezza dei capitelli, corre tutt'intorno all'edificio.
Qui venne custodita l'icona della Vergine Hodegetria (1) durante l'occupazione latina (1204-1261) ed era l'unica delle tre chiese che rimaneva sempre aperta al pubblico.
Qui venne custodita l'icona della Vergine Hodegetria (1) durante l'occupazione latina (1204-1261) ed era l'unica delle tre chiese che rimaneva sempre aperta al pubblico.
2. Chiesa di S.Michele arcangelo. Era il mausoleo dinastico voluto da Giovanni II dove furono sepolti i Grandi Comneni, lo stesso Giovanni II e Manuele I (2) e, successivamente, i Paleologi (Manuele II +1425 e Giovanni VIII +1448). Attualmente l'esonartece si estende solo per metà della facciata ma originariamente doveva essere completo. All'interno si presenta come una lunga sala di 19x11 m., sprovvista di absidiole a riprova del fatto che non vi si svolgevano liturgie. E' sormonata da due cupole di forma ellittica.
Altre sepolture:
- Irene d'Ungheria (+1134), moglie di Giovanni II a cui è attribuita la fondazione della chiesa del Cristo Pantokrator e che sul letto di morte prese i voti monacali ed il nome di Xene con cui venne sepolta (3). Successivamente l'imperatrice, che si distinse per le sue opere di carità, venne canonizzata dalla chiesa ortodossa;
- Irene d'Ungheria (+1134), moglie di Giovanni II a cui è attribuita la fondazione della chiesa del Cristo Pantokrator e che sul letto di morte prese i voti monacali ed il nome di Xene con cui venne sepolta (3). Successivamente l'imperatrice, che si distinse per le sue opere di carità, venne canonizzata dalla chiesa ortodossa;
- Berta di Sulzbach (Irene. +1158), moglie di Manuele I;
- Jolanda di Monferrato (Irene, nota anche come Violante, +1317), seconda moglie di Andronico II;
- Andronico Paleologo (+1426), figlio di Manuele II, ultimo despota di Tessalonica (1408-1423) che, dopo aver ceduto la città ai veneziani, prese i voti in questo stesso monastero con il nome di Acacio;
- Eugenia (Irene) Gattilusio(+1440), moglie di Giovanni VII;
- Maria Comnena di Trebisonda (+1439), terza moglie di Giovanni VIII;
- Teodoro II Paleologo (+1448), despota di Morea;
- Elena Dragas (+1450), moglie di Manuele II.
3. Chiesa del Cristo Pantokrator. La chiesa meridionale, che era il katholikon dell'istituto monastico, è del tipo a quattro colonne - sostituite durante il periodo turco da quattro pilastri - il nucleo centrale era fiancheggiato da due gallerie, quella settentrionale eliminata probabilmente con la costruzione dell'adiacente mausoleo.
La cupola, a sedici lati, presenta un tamburo fenestrato ed un diametro (7m) considerevole.
Il nartece si presenta a cinque campate, la centrale delle quali provvista di cupola aggiunta in epoca successiva, per restituire luminosità all'interno dopo la costruzione dell'esonartece.
L'interno era riccamente decorato come attestato dai rivestimenti marmorei ancora visibili nell'abside e dai frammenti di un magnifico pavimento ad opus sectile.
Il pavimento ad opus sectile nell'area sottostante la cupola
I rivestimenti marmorei dell'abside. Il Mimbar (equivalente del pulpito cristiano) ed il Mihrab (la nicchia che indica la posizione della Mecca) che si notano nell'immagine sono aggiunte di epoca ottomana
Nel 1961, in due cripte sottostanti al bema
della chiesa meridionale, assieme a molti altri detriti, A. Megaw
rinvenne numerosi frammenti di vetri colorati e giunture di piombo.
Uno dei frammenti mostrava inequivocabilmente la raffigurazione di un
occhio sì da avallare l'ipotesi della loro appartenenza a vetrate
istoriate con figure umane per le quali l'autore ha proposto la
ricostruzione qui riprodotta:
Riferendo in una prima pubblicazione (Notes
on Recent Work of the Byzantine Institute in Istanbul,
Dumbarton Oaks Papers 17, 1963, pp. 362-364) la
datazione delle vetrate alla fondazione della chiesa (1118-1124),
Megaw suggeriva la possibilità che fossero immediatamente precedenti
alle vetrate dei Profeti della cattedrale di Augusta in Germania,
generalmente considerate come le più antiche vetrate istoriate
conosciute. Contro questa ipotesi, pesa però la totale assenza di
esempi analoghi coevi in ambito prettamente bizantino, ed alcuni
studiosi (J. Lafond, Découverte
de vitraux historiés du Moyen Age à Constantinople,
Cahiers Archéologiques 18, 1968, pp. 231-237) ne
hanno quindi proposto la postdatazione al periodo dell'occupazione
latina, ritenendole opera di maestranze germaniche o comunque
realizzate sotto l'influenza e la direzione di questa componente
delle forze d'occupazione crociate.
Le analisi chimiche dei frammenti vitrei
condotte dal laboratorio del Corning Museum of glass di New York
hanno comunque dimostrato una loro composizione sostanzialmente
differente dalle vetrate realizzate in ambito occidentale (R.
H. Brill, Chemical Analyses of the Zeyrek
Camii and Kariye Camii Glasses, Dumbarton
Oaks Papers 59, 2005, pp. 213-230).
Durante l'occupazione latina il monastero fu utilizzato dai veneziani come quartier generale e residenza del podestà. Da qui, molto probabilmente dall'iconostasi della chiesa di S.Michele arcangelo, provengono alcune delle icone di smalto che adornano la Pala d'oro del Tesoro di S.Marco.
Nel mimbar realizzato in epoca ottomana appaiono impiegati come parapetti laterali due frammenti di prezioso marmo docimio caratterizzati da una singolare decorazione con esotiche palmette poste su piedistallo, incorniciate da festoni di fiori e frutta e da fregi gemmati, finemente lavorati a giorno. Questi frammenti provengono dalla chiesa di S.Polieucto come attestato inequivocabilmente dai resti di una lastra identica recuperati in sede di scavo e furono molto probabilmente trasportati qui dai veneziani durante l'occupazione latina.
Il mimbar
Dopo la presa di Costantinopoli il monastero fu saccheggiato e trasformata inizialmente in medrese, affidata a Molla Zeyrek Mehmet Effendi da cui il nome turco, e quindi in moschea.
Note:
(1) Vedi il capitolo Profezie e leggende legate alla caduta della città paragrafo 7 in scheda L'assedio di Costantinopoli.
Note:
(1) Vedi il capitolo Profezie e leggende legate alla caduta della città paragrafo 7 in scheda L'assedio di Costantinopoli.
(2) Cfr. la descrizione del sarcofago di Manuele in Niceta Coniata, Libro VIII (7,6). Secondo Niceta, accanto al sarcofago si trovava una pietra rossa su cui era stato disteso il corpo del Cristo dopo la deposizione dalla croce. Secondo me è questa la "petra de Cristo", distrutta durante il saccheggio di cui parla l'anonimo veneto nel suo Lamento de Costantinopoli (in a cura di A.Pertusi, La caduta di Costantinopoli, vol. II, p.308).
In questo caso trova infatti giustificazione l'allusione a Manuele Comneno del verso successivo, giacché fu proprio questo imperatore a trasportare la reliquia da Efeso.
Il saccheggio del Pantokrator è per altro testimoniato dalla cattura del futuro patriarca Gennadios che era monaco in questo monastero.
* Stefano di Novgorod (1350) parla anche lui di questa pietra della deposizione; altri pellegrini russi, a partire da Ignazio di Smolensk (1389-1405) parlano invece di una tavola su cui il Cristo fu deposto e su cui le lacrime della Vergine avrebbero lasciato un'impronta. Tutti la situano nel monastero del Pantokrator (Janin, La geographie ecclesiastique de l'empire byzantin, p.521).
** Ruy Gonzalez de Clavijo (1403) dichiara di aver visto, all'interno di un monastero dedicato all'Omnipotens (=Pantokrator), "una tavola di marmo di molti colori, lunga nove palmi. Su di essa sono visibili le lacrime versate dalle tre Marie e da S.Giovanni quando Egli fu tolto dalla croce. Queste lacrime appaiono oggi come se si fossero congelate cadendo sulla pietra". (de Clavijo, Viaggio a Samarcanda, pag.70).
Clavijo descrive però questo monastero come femminile mentre il Pantokrator è sempre stato un monastero esclusivamente maschile.
Una analoga descrizione della tavola di marmo si trova anche nel diario di viaggio di Bertrandon de la Broquire che visitò Costantinopoli tra il 1432 ed il 1433 (Le voyage d'outremer de Bertrandon de la Broquière: premier ècuyer tranchant et conseiller de Philippe le Bon, duc de Bourgogne. Edizione critica a cura di C.
Shefer, Paris, 1892, pagg. 160-161).
(3) Sarcofago dell'imperatrice Irene d'Ungheria (1088-1134).
(3) Sarcofago dell'imperatrice Irene d'Ungheria (1088-1134).
Questo sarcofago - attualmente collocato nell'esonartece della chiesa di santa Sofia - viene attribuito all'imperatrice Irene d'Ungheria. Fino al 1953 si trovava in strada nei pressi del complesso del Pantokrator da cui molto probabilmente proviene.
L'imperatrice Irene come appare nel mosaico della tribuna meridionale di Santa Sofia
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