Visualizzazioni totali

venerdì 4 novembre 2011

I Pilastri acritani, Venezia

Pilastri acritani



Da piazza S. Marco dirigendosi verso il portale di Palazzo Ducale si vedono sulla sinistra due alti pilastri quadrangolari riccamente decorati, poco distanti dalla facciata meridionale della basilica di San Marco.
Che funzione avevano una volta questi monumenti che non sostengono niente?
La loro funzione infatti è tutt’altro che chiara: fiancheggiano la via d’accesso al battistero, ma evidentemente sono stati collocati qui prima che fosse installato il battistero in vani che originariamente facevano parte dell’atrio della chiesa; probabilmente furono messi in questo luogo già intorno alla metà del XIII secolo.
La spiegazione più plausibile è che i pilastri vennero collocati accanto alla basilica, ben visibili anche dalla riva, come monumenti trionfali, come trofei delle vittorie della Repubblica nelle guerre dell’Oriente.
I Veneziani ritenevano i pilastri con i loro capitelli provenienti da Acri, che i genovesi tenevano come baluardo del loro dominio in Terra Santa, e più precisamente dal saccheggio del quartiere genovese del 1258, nel corso della cosiddetta guerra di S.Saba (1255-1270).
“La leggenda acritana è certo un’elaborazione veneziana di poco posteriore all’arrivo delle opere stesse, una specie di rivincita ideale sul nemico genovese che aveva consegnato Bisanzio e la fiorente colonia veneziana nelle mani di Michele VIII.”
Nel 1964 gli scavi intrapresi a Instanbul hanno risolto il mistero della provenienza dei pilastri in modo definitivo.
Questi scavi, intrapresi da N. Firatli e M. Harrison, hanno portato alla luce un grande capitello di pilastro, la cui forma, le dimensioni, e gran parte della decorazione corrispondevano a quelli dei cosiddetti pilastri “acritani” di Venezia.

capitello proveniente da S.Polieucto, Museo archeologico, Istanbul

Ma c’erano altresì forti differenze, riconoscibili a prima vista: l’abaco del capitello costantinopolitano è liscio e gli angoli non portano più la decorazione perché evidentemente questa era lavorata a giorno, perciò rotta e sparita, e di conseguenza agli angoli si mostra il denudato fondo abbozzato, in forte contrasto con la folta decorazione dell’abaco e degli angoli dei capitelli dei pilastri di Venezia.
Un’ulteriore conferma della provenienza costantinopolitana dei pilastri veneziani la fornirono i monogrammi degli stessi pilastri, che si trovarono con le stesse variazioni su sculture architettoniche trovate nel quartiere di Sarachane a Istanbul e appartenenti alla chiesa di S.Polieucto.

Rimane un problema da risolvere: la finora indiscussa provenienza acritana dei pilastri veneziani.
Da un riesame delle fonti contemporanee al saccheggio del quartiere genovese di Acri risulta che né i pilastri né la pietra del bando vi vengono mai menzionati.
Riferimenti all’esportazione dei pilastri dopo il saccheggio si trovano soltanto nelle opere storiche molto più tarde, cioè del ‘500 e ‘600, epoca in cui si venne a formare una vera e propria leggenda intorno ai pilastri e alla pietra del bando, leggenda che trova la sua espressione visibile nella grande tavola della fine del Cinquecento del pittore Francesco Montemezzano incastrata nel soffitto della Sala dello Scrutinio del Palazzo Ducale, dove i pilastri sono dipinti mentre vengono caricati su una nave veneziana: “dove si vedono caricarsi su un vascello le colonne levate dal Monastero di S.Sabba situato in Acri, che ora si vedono nella piazza di S.Marco avanti la porta del battisterio”.

Francesco Montemezzano (1540-1620), Sala dello Scrutinio, Palazzo dogale, Venezia

Le dimensioni dei pilastri (altezza 3,93 e 3,98 m; larghezza 0,96 x 0,98 m) escludono la possibilità che questi potessero appartenere una volta ad un’architettura decorativa senza funzione nella struttura dell’edificio.
Probabilmente dovevano servire come sostegni indispensabili di un’architettura monumentale, sicuramente ecclesiastica, potrebbero essere appartenuti ad un colonnato della chiesa di San Polieucto di Costantinopoli, mentre le loro rientranze farebbero pensare che avessero formato l’angolo di due colonnati.
Sicuramente queste due colonne sono i primi esempi a noi noti di sostegni di colonnato con sezione quadrata, con fusti marmorei che portano ampie decorazioni plastiche.
Analizzando i capitelli possiamo poi notare come nessun tratto della decorazione abbia radici nella tradizione del capitello antico, mentre il fitto tessuto decorativo dei lati si ricollega nella sua struttura con quello dei capitelli bizantini dell’epoca di Giustiniano.
Ogni lato dei fusti porta due quadri uno sopra l’altro con raffigurazioni non solo indipendenti fra loro, ma anche indipendenti dalla struttura e dalla funzione dei pilastri stessi.
Analogamente ai fusti anche nei capitelli i singoli elementi e la loro composizione sono una novità per la decorazione di un capitello, “attestano un gusto decorativo che non ha precedenti nella scultura architettonica costantinopolitana, ma forse nemmeno nell’architettura tardoantica nel suo insieme.”
I capitelli più vicini a quelli dei pilastri veneziani sono due capitelli d’imposta nella chiesa di S. Sofia di Tessalonica, anche se la disposizione dei motivi risulta meno densa.
La decorazione dei pilastri, soprattutto dei capitelli, mostra la tendenza di creare nuovi disegni e composizioni decorative e se si sono adoperate forme appartenenti alla tradizione architettonica, esse sono state trasformate fortemente.
Nei capitelli vi è la tendenza a formare un rilievo fitto, le singole figure avvicinate l’una all’altra si toccano in molti punti costituendo un insieme continuo ornamentale.
“Per un gusto siffatto la scultura architettonica tradizionale offriva solo pochi motivi idonei,” perciò si cercarono motivi idonei, nuove ispirazioni non solo per i pilastri ed i capitelli, ma per tutta la chiesa di S. Polieucto.
“La decorazione architettonica della chiesa di San Polieucto rappresenta un momento di grande importanza storica nello sviluppo dell’arte paleocristiana: si rivoluziona la tradizione decorativa architettonica e si introducono nuove forme che si inventano ex novo o si trasferiscono modelli ornamentali da altre categorie decorative.”

Secondo tutti gli studiosi i pilastri arrivarono a Venezia probabilmente nel 1258 non da Acri, ma bensì dalla chiesa di San Polieucto di Costantinopoli.

Nessun commento:

Posta un commento