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domenica 13 novembre 2011

La villa di Massenzio, Roma

Villa di Massenzio (306-309)


Massenzio, divenuto imperatore per acclamazione della guardia pretoriana nel momento in cui doveva entrare in funzione il meccanismo della successione tetrarchica inventato da Diocleziano, aveva riportato la capitale da Milano a Roma e qui si adoperò, nel corso del suo breve regno (306-312), in grandi opere pubbliche tra le quali la residenza imperiale.
La zona prescelta dall'imperatore per la costruzione del suo palazzo si trovava in una posizione dominante sulla regina viarum, l'Appia, che era anche la via cimiteriale per eccellenza, ed era stata una proprietà privata prima di essere annessa al patrimonio imperiale, apparteneva infatti in origine ad Erode Attico.
Tuttavia mentre gli edifici del Triopio di Erode Attico (1) erano disseminati nel verde della campagna coltivata, Massenzio al contrario progettò un complesso “chiuso” dove palazzo, circo e mausoleo contribuivano, ognuno con il suo significato simbolico, all'affermazione dell'idea del potere e della sacralità della figura dell’imperatore.
Il palazzo dall'alto della collina dominava con i suoi grandi ambienti absidati il circo, che occupava una valle naturale, e la tomba della famiglia imperiale con l'ingresso rivolto verso l'Appia, da sempre la via dei sepolcri.
Alla morte di Massenzio la proprietà passò probabilmente a Costantino, in seguito divenne possesso della chiesa di S. Sebastiano, poi dei conti di Tuscolo, dei Cenci e dei Torlonia.

Dei tre edifici che compongono la villa imperiale, il palazzo è certamente quello meno conservato: rimangono solo le parti absidali di tre grandi ambienti: quello centrale, conosciuto come tempio di Venere e Cupido, è il fulcro dell'intera costruzione e forse aveva funzione di "aula palatina" destinata alle udienze imperiali.


Essa era preceduta da un atrio comunicante con un lungo porticato affrescato (circa 200 metri) e biabsidato che permetteva all'imperatore di passare direttamente dal palazzo al suo palco nel circo e fungeva anche da ingresso monumentale al palazzo. Nei pressi del circo terminava con un ambiente circolare a due piani, voltato a cupola (B, pulvinar) che introduceva al palco vero e proprio.
Il palazzo si imposta su resti di edifici precedenti che subirono numerosi rimaneggiamenti dall'epoca della loro creazione da parte degli Annii nel I sec a.C. fino all'insediamento dell'imperatore agli inizi del IV sec. d.C.
Alla fase di Massenzio appartiene la grande aula absidata (aula palatina), preceduta da un ambiente rettangolare, che si affaccia sul porticato.
Addossate al muro di recinzione del mausoleo, le terme di cui è stato evidenziato solo il calidarium.

 
La prima fase costruttiva, del I sec. a.C., era in opera quadrata e incerta. A quest'epoca si può far risalire la costruzione della villa originaria dotata di ampio criptoportico.
Nella seconda fase, di età Giulio-Claudia, vengono edificati due ninfei in opera reticolata che si affacciano sulla via Appia. Nel punto più alto della collina una grande cisterna provvedeva al fabbisogno idrico degli abitanti del suburbio.
Nel II sec d.C. Erode Attico, proprietario dell'area, ristrutturò la villa, costruendo i due gruppi di ambienti attualmente visibili ai lati della più tarda aula palatina e il complesso termale, di cui rimangono ancora oggi visibili tre vasche rivestite di marmo.
La quarta fase edilizia è quella di Massenzio che trasformò la villa in Palazzo imperiale, con l'aggiunta di grandi ambienti prestigiosi e rappresentativi in opera listata, oltre che il mausoleo.

Il Circo


A - tribune
B – pulvinar e palco imperiale
D - spina
E – mete
H – carceres
I - torri
L – porta d'ingresso dei carri
M,N - ingressi
O – ingresso trionfale

L'edificio, lungo ben 513 metri e largo nel punto più ampio 91, fu costruito colmando una vallecola che probabilmente aveva la forma di un ippodromo. Per colmare la valle fu sbancata la collina in Caffarella dove ora spicca una grande cisterna: quest'ultima doveva essere in origine sotterranea, e fu quindi rinforzata con un bordo in blocchi di tufo. Il circo mostra ancora in buono stato i vari elementi.
Le gradinate, sulle quali potevano trovare posto oltre 10.000 spettatori, presentano, nel nucleo cementizio delle volte di sostegno, delle anfore di terracotta che servivano ad alleggerire la struttura.

Spina


La spina (cioè l'asse centrale del circo lungo 296 metri) era limitata da due metae semicircolari (E), ed aveva in mezzo numerose vasche per l'innaffiamento del campo, che nel loro insieme costituivano un canale (euripus), ed erano intramezzate da due edicole su colonne che sostenevano le sette uova e i sette delfini, destinati ad indicare i giri di pista da compiere. Le statue delle divinità protettrici (prima tra tutte quella della Magna Mater) ricordavano che gli spettacoli erano in origine cerimonie religiose.
Ingresso trionfale


L'ingresso trionfale (O) al circo per gli spettatori è l'arco che si apre nel lato curvo vicino alla Caffarella, certamente non transitabile dai carri, perché preceduto da una gradinata; qui furono scoperti nel 1825 i frammenti con la dedica a Romolo, figlio di Massenzio che permisero l'identificazione dell'intero complesso.
Dal lato ovest si vedono i 12 box di partenza (carceres, H), al centro dei quali è la grande porta d'ingresso dei carri, ora quasi distrutta, ma originariamente coperta ad arco (L).

carceres

Alle estremità si innalzano due torri (I), di pianta quadrata, con il lato verso la facciata curvo.

 
Torre meridionale e ingresso (M)
Due ulteriori ingressi (M) per gli spettatori si aprivano anche tra le torri e le gradinate, e un altro lungo il lato sud (N), di fronte alla tribuna dell'imperatore (B).

Ingresso meridionale (N)

Gli spettatori si suddividevano in fazioni, a seconda della squadra per cui facevano il tifo; c'era la squadra bianca, la rossa, la verde e l'azzurra (Albata, Russata, Pràsina e Vèneta).
Dai carceres il magistrato addetto alla corsa dava il via lasciando cadere la "mappula"; la corsa era un appuntamento importantissimo perché fulcro della politica di consenso imperiale, quella che Giovenale definiva con "panem et circenses" in quanto si basava sull'elargizione gratuita di grano al popolo e su grandi spettacoli di massa.
Il centro del circo era ornato dall'obelisco di Domiziano, simbolo del Sole (nella simbologia egizia l'obelisco era il raggio di Sole solidificato), ed elemento chiave di una complessa rappresentazione che vedeva nei carri che correvano intorno alla spina una celebrazione del cosmo. A metà della spina è ancora visibile la massicciata su cui esso poggiava.

obelisco di Domiziano

Proprio questo obelisco nel 1651 fu recuperato dal Bernini e sistemato sulla fontana dei fiumi al centro di piazza Navona. L'obelisco fu realizzato con granito di Assuan su ordine di Domiziano, per commemorare la sua ascesa al trono nell’81 d.C., ed era destinato al cortile dell’Iseo-Serapeo campense (2). Massenzio lo trasferì poi nel suo circo. 

Nonostante l'assenza dell'obelisco, il circo di Massenzio è il miglior esempio di circo romano a noi giunto dall'antichità. Il motivo è forse la morte di Massenzio, avvenuta nel 312 d.C. ad opera di Costantino; ciò provocò infatti l'abbandono del complesso, ed è possibile che il circo non sia stato addirittura mai usato: non si sono trovate infatti tracce della sabbia che avrebbe dovuto coprire la pista, mentre nuclei di cappellaccio (tufo granulare friabile, grigiastro, costituisce lo strato superiore, e più facilmente sfruttabile, degli stessi colli di Roma) esistenti in essa avrebbero in ogni caso reso impossibile la corsa.
Il circo di Massenzio costituisce un'unità strutturale con il palazzo e con il mausoleo, insieme ai quali fu concepito e realizzato in opera listata, con alternanza di tufelli e mattoni. La tribuna destinata all'imperatore e alla sua famiglia (pulvinar, B) sorge sul lato nord-est del circo, e di lì un lungo porticato si collega infatti al palazzo.

palco imperiale


Palco imperiale, ricostruzione


Mausoleo di Romolo
Di fronte al Circo, orientato sulla via Appia, si erge il mausoleo, detto di Romolo dal nome del figlio primogenito di Massenzio, Valerio Romolo, morto in giovane età e qui sepolto nel 309.
E' probabile che venne poi trasformato in tomba dinastica, destinata a tutta la famiglia imperiale, come dimostra il numero dei loculi esistenti in essa.

 
Ben conservato è il grandioso quadriportico perimetrale in opera listata, con archi su pilastri con semicolonne in laterizio, coperto da piccole volte a crociera; oltre all'ingresso principale, si aprivano altre due porte, in direzione del circo e del palazzo.
Non è stata trovata traccia di rivestimenti (intonaco, marmo ecc.), piuttosto restano perfettamente visibili i fori destinati a sostenere le travature lignee.

Davanti al casale costruito nel XVIII secolo, si notano i resti del podio su cui poggiava il monumento
 
Al centro del portico sorge il sepolcro vero e proprio; si trattava di un edificio circolare di circa 33 m di diametro, preceduto da un pronao rettangolare con fronte esastila, al quale nel XVIII sec. fu addossato un casale agricolo poi trasformato dai Torlonia in residenza padronale.

Ricostruzione ipotetica
Non sono più visibili i blocchi di marmo del rivestimento, dei quali però restano alcuni frammenti sotto il piano di calpestio.
Il complesso, che doveva essere simile al Pantheon, fu studiato dai più grandi architetti del passato, da Sebastiano Serlio a Raffaello; il Palladio si ispirò alla tomba di Romolo (applicandole il lanternino e altri elementi barocchi) quando costruì alcune delle sue celebri ville (cfr. il Tempietto Barbaro a Maser). Tutto ciò rende l'idea del senso di continuità con cui gli architetti del Rinascimento studiavano i monumenti antichi, e dell'abilità tecnica che veniva riconosciuta nella realizzazione di queste grandi opere.

Quadriportico

Entriamo allora nel casale settecentesco e, scendendo alcuni gradini, ci ritroviamo in un ampio vestibolo quadrangolare che originariamente si trovava sotto il pronao colonnato e da cui era possibile accedere al piano superiore per mezzo di due scale elicoidali oggi scomparse. Il vestibolo introduce alla camera funeraria vera e propria che consiste di un ambiente circolare con al centro un enorme pilastro; nel muro perimetrale si aprono delle nicchie, alternativamente rettangolari e semicircolari, nelle quali erano collocati i sarcofagi dei defunti (quindi sicuramente del figlio di Massenzio).

Interno del mausoleo con al centro il grande pilastro
 
Anche nel pilastro centrale si aprono otto nicchie disposte secondo lo stesso schema.
Sul lato opposto alla via Appia si apriva un ingresso - recentemente ripristinato - che dava accesso direttamente alla camera funeraria.

 
Quasi interamente scomparso è l'ambiente superiore, destinato alla celebrazione pubblica del figlio divenuto "Divo" ("Divo Romolo" recita l'iscrizione del circo), assunzione che era possibile solo agli imperatori, secondo modelli di origine orientale. Il sepolcro doveva essere infine coperto da una grandiosa cupola, e fu probabilmente riprodotto anche sul rovescio di una serie di monete fatte coniare da Massenzio in onore del figlio divinizzato su cui compare la legenda Aeterna Memoria.
Rovescio di un piccolo bronzo fatto coniare da Massenzio
zecca di Roma, 310 c.ca

Di tutto questo resta una terrazza pavimentata in sampietrini moderni.


Addossato al lato sud-est del recinto troviamo il cosiddetto sepolcro dei Servilii che, nonostante fosse molto più antico della tomba di Romolo (è probabilmente di età augustea), era comunque un edificio sacro e quindi fu rispettato. Il sepolcro è costituito da un basamento quadrato in calcestruzzo sormontato da un tamburo a nicchie, al cui interno la camera funeraria, sufficientemente ben conservata, è decorata da stucchi.

Sepolcro dei Servili
 
 
Note:
 

(1) Erode Attico, cittadino romano, era figlio di Vibullia Alcia Agrippina e di Tiberio Claudio Attico, un banchiere ateniese arricchitosi anche grazie all'esercizio dell'usura. Filosofo e letterato insegnò con notevole successo ad Atene, e raggiunse una fama tale che l'imperatore Antonino Pio (138-161) lo scelse quale precettore dei suoi due figli adottivi, Marco Aurelio e Lucio Vero.
Trasferitosi a Roma ricoprì importanti cariche politiche (nel 143 ottenne il consolato e gli fu affidato il governo della Grecia) e sposò la ricca e nobile Annia Regilla - nonchè imparentata con la moglie di Antonino Pio, Faustina - ricevendo in dote i possedimenti tra il II e il III miglio della via Appia. Sparsi nel'attuale parco della Caffarella si trovano ancora i resti del complesso di edifici che egli fece costruire al posto della villa di famiglia in memoria della moglie, morta in Grecia nel 160, e che fu accusato dal cognato di aver fatto assassinare da un suo liberto. Al nuovo complesso – che alla sua morte (170) fu assorbito nel demanio imperiale per essere successivamente inglobato nella residenza suburbana di Massenzio – aveva dato lo stesso nome (Triopio) del santuario eretto a Cnido in onore di Demetra per ricordare la punizione inflitta dalla dea al figlio del re tessalo Triopa, Eresittone, che per aver tagliato il bosco a lei sacro fu condannato alla fame eterna. (vedi anche scheda).

(2) L'Iseum campensis, il tempio dedicato alla dea Iside ed al suo consorte Serapide nel Campo Marzio.





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