Nel
tratto compreso tra la porta Pinciana e quella Flaminia la cinta
aureliana ingloba i possenti muraglioni di sostruzione con i quali
le potenti famiglie romane delle gens Acilia, Anicia, Domitia e
Pincia, sostenevano il colle del Pincio per proteggere dalle frane i loro
giardini.
Nei
pressi della grande curva che immette nel rettilineo verso Piazzale
Flaminio si trova l'imponente frammento del blocco di muro che si
staccò e crollò in età molto remota, rimanendo per millenni al
suolo in posizione obliqua.
Belisario
aveva intenzione di abbattere e ricostruire questo tratto di mura ma
i Romani gliel'impedirono sostenendo che l'apostolo Pietro aveva
garantito loro la difesa di quel tratto delle mura.
In
effetti, né durante l'assedio di Vitige né in epoche successive
questa breccia fu mai utilizzata per dare l'assalto alla città.
Dal
Medioevo e fino a tempi relativamente recenti nel terreno antistante
il Muro Torto, detto tra il XV ed il XVII secolo Muro Malo,
vennero seppelliti i giustiziati morti senza pentirsi e tutti coloro
che esercitavano mestieri ritenuti allora non onorevoli, tra cui gli
attori e le prostitute.
Nel
1825 vi furono sepolti Leonida Montanari e Angelo Targhino, affiliati
alla Carboneria e decapitati dalla ghigliottina pontificia di Piazza
del Popolo.
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