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giovedì 23 maggio 2013

Porta Maggiore (Porta Prenestino-Labicana)

Porta Maggiore (Porta Prenestino-Labicana)

 
L'attuale denominazione di Porta Maggiore non trova una giustificazione storica o logistica, ma sembra semplicemente derivata dall’uso che ne faceva normalmente il popolo romano, a motivo della sua grandiosità.
Fu costruita sotto l’imperatore Claudio nel 52 per consentire all'acquedotto Claudio di scavalcare le vie Praenestina e Labicana.
Appare realizzata interamente in opera quadrata di travertino con i blocchi in bugnato rustico secondo lo stile dell'epoca. Presenta una grande unica struttura con due fornici, con finestre sui piloni, inserite in edicole con timpano e semicolonne di stile corinzio.
I due fornici permettevano il passaggio della via Labicana, oggi via Casilina, (il sinistro) e della via Prenestina.
L'attico è diviso da marcapiani in tre fasce. Le due superiori corrispondono ai canali degli acquedotti Anio Novus (il più alto) e Aqua Claudia.
 
Gli spechi dei due acquedotti all'attico della porta 
 
    Successivamente la porta monumentale fu inserita nel tracciato delle mura costruite intorno   alla città dall'imperatore Aureliano nella seconda metà del III secolo ed assunse il nome di Porta Praenestina o Labicana.
Fu fortificata ai tempi dell'imperatore Onorio, il quale, nel 402, avanzò le due aperture verso l’esterno e fece costruire un bastione davanti alla porta vera e propria, suddividendola in due porte distinte, la Praenestina a destra e la Labicana a sinistra, che erano rinforzate, a scopo soprattutto difensivo, da torri quadrate poste ai lati e da un bastione cilindrico al centro, ed erano sormontate da finestrelle ad arco, quattro sulla Praenestina e cinque sulla Labicana.
Si trattava però di una struttura decisamente asimmetrica e priva di equilibrio architettonico, difetti quasi certamente dovuti ai diversi livelli delle due strade (la Labicana era più in basso), per cui le torri erano disallineate e le finestre, con le relative camere di manovra, fuori piano.
 
La porta onoriana in una incisione di Luigi Rossini (1829)
 
Nel 537-538, in occasione dell’assedio dei Goti di Vitige, la porta fu chiusa, come anche altre, per limitare il numero delle aperture da dover difendere; chiusa risultava anche nel 966, limitatamente al fornice Labicano, che comunque sembra essere stato quasi sempre chiuso, forse già poco dopo i lavori di Onorio.
Nel 1838 papa Gregorio XVI fece restaurare la porta, demolendo la struttura onoriana (forse anche perché troppo brutta, così asimmetrica e squilibrata) e ripristinando, probabilmente, l’antico assetto aureliano, come ci tiene a precisare in un’iscrizione all’estrema sinistra.
Ma gli archi erano così grandi (circa 6 m di larghezza per 14 di altezza) che l’eventuale difesa di tali aperture poteva risultare problematica. Si provvide quindi a restringere entrambi gli accessi con la costruzione di altrettante quinte merlate, il cui effetto estetico era paragonabile alla bruttura onoriana che si era voluta eliminare.
 
La porta gregoriana in una fotografia del 1890
 
La datazione del rifacimento della porta durante il regno di Onorio è comunque certificata da un’iscrizione (visibile anche su PortaTiburtina) posta all’estrema sinistra del piazzale Labicano (quindi sul lato esterno della porta), dove è rimasta una delle cortine onoriane. L’iscrizione, oltre alle consuete lodi per gli imperatori Arcadio ed Onorio, riporta, come curatore dell’opera, il nome di Flavio Macrobio Longiniano, prefetto di Roma nel 402:
« Il Senato e il Popolo di Roma appose per gli Imperatori Cesari Nostri Signori e principi invittissimi Arcadio e Onorio, vittoriosi e trionfanti, sempre augusti, per celebrare la restaurazione delle mura, porte e torri della Città Eterna, dopo la rimozioni di grandi quantità di detriti. Dietro suggerimento del distinto e illustre soldato e comandante di entrambe le forze armate, Flavio Stilicone, le loro statue vennero erette a perpetuo ricordo del loro nome. Flavio Macrobio Longiniano, distinto prefetto dell'Urbe, devoto alle loro maestà e ai divini numi curò il lavoro »
L'iscrizione risulta di un certo interesse storico anche perché contiene il nome di Stilicone, il generale romano giustiziato nel 408 perché accusato di tradimento e connivenza con il visigoto Alarico I. Il suo nome subì una damnatio memoriae e venne abraso da tutte le iscrizioni e cancellato da tutte le fonti ufficiali. Si trattò però di una damnatio parziale, perché, mentre sull’iscrizione della Porta Tiburtina il nome di Stilicone risulta essere stato eliminato, non altrettanto è accaduto su quella, identica, di Porta Maggiore.
 
Resti della struttura onoriana
 
Nel corso dell’intervento del 1838 venne inoltre riportato alla luce, rimasto inglobato nella torre cilindrica tra i due archi (occasione in cui fu probabilmente anche tagliato) ed ora visibile subito fuori della porta, il sepolcro di M. Virgilio Eurisace, fornaio (probabilmente un liberto arricchito), e di sua moglie Atistia, databile intorno al 30 a.C.
 
Il sepolcro di Eurisace
 
Nel 1915 il Comune di Roma effettuò altri lavori per la sistemazione del piazzale, demolendo la residua struttura eretta da Gregorio XVI, ma solo nel 1956, a seguito dei lavori effettuati dall’architetto Petrignani, la porta tornò all’antico assetto originario e la piazza all'antico livello, riscoprendo il basolato della due strade e i resti dell'antiporta onoriana.

 
 
 
 
 

 

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