Il 9 dicembre 536 Belisario entra a
Roma senza combattere dalla Porta Asinaria e subito mette mano al consolidamento delle
mura; tra alterne vicende, vi rimarrà assediato per quasi un anno.
Nel febbraio del 537, 30.000 Goti al
comando del loro re Vitige si accampano alle porte della città
distribuendosi in sette campi fortificati, circondando grosso modo la
metà settentrionale della cinta muraria, da Porta San Pancrazio a
Porta Tiburtina, e tagliando gli acquedotti (cfr. il Campus barbaricus nei pressi di Tor Fiscale).
Belisario può contare inizialmente su
circa 5.000 uomini per difendere una cinta muraria di 18 chilometri.
Pone il suo quartier generale nei
pressi di Porta Pinciana e assume direttamente il comando della
difesa del tratto compreso tra questa e la Porta Salaria, ritenuto il
versante più debole.
Costantino viene posto al comando della
Porta Flaminia e Bessa a quello di Porta Prenestina (attuale porta
Maggiore) che vengono entrambe murate, Paolo viene posto al comando
della Porta S.Pancrazio.La prima scaramuccia è nei pressi di Ponte Salario, che Belisario aveva fatto rinforzare con una torre, ma al sopraggiungere dei Goti il corpo di guardia l'abbandona, così quando sopraggiunge Belisario alla testa di un migliaio di uomini trova i Goti già al di qua del ponte. In un primo momento riesce a ricacciarli ma poi è costretto a ritirarsi ed a rientrare in città dalla Porta Salaria.
Il 18° giorno di assedio Vitige ordina l'attacco generale.
Porta Salaria: Belisario dà ordine ti tirare sui buoi che trascinano le macchine da guerra fermando così l'attacco nemico.
Porta Cornelia (anticamente detta porta Aurelia e successivamente porta S.Pietro): vi accorre Costantino per fronteggiare i Goti che stanno per sfondare. Da' ordine di spezzare le statue del mausoleo di Adriano e di scagliarle sui nemici che vengono così respinti.
I bizantini respingono l'assalto al Mausoleo di Adriano
incisione di Lodovico Pogliaghi, 1886
in F.Bertolini, Storia di Roma, 1886
Porta Prenestina: Bessa e Peranio che difendevano la porta e il tratto di mura corrispondente al Vivarium (1) avvertono Belisario che i Goti stanno per sfondare. Belisario accorre sul posto e lascia i Goti aprire una breccia ed entrare e li contrattacca vigorosamente una volta entrati. Ricacciati i goti fuori le mura li insegue riuscendo ad incendiare molte macchine da guerra.
L'11 marzo Belisario fa arrestare e
depone papa Silverio (536-537), accusato di collusione con i goti. Il 29 marzo
sarà eletto e insediato al suo posto Vigilio (537-555), sostenuto
dall'imperatrice Teodora (2).
21° giorno. I Goti prendono Porto,
lasciata sguarnita da Belisario, tagliando alla città la possibilità
di essere facilmente rifornita via mare.
41° giorno. Entrano in città, al
comando di Valeriano e Martino, 1600 cavalieri mandati in rinforzo da
Giustiniano.
42° giorno. Belisario, potendo contare
su un congruo numero di arcieri a cavallo, praticamente sconosciuti
ai Goti, ordina una serie di sortite che infliggono gravi perdite ai
Goti.
Imbaldanziti dai successi ottenuti nel corso di queste sortite, gli
ufficiali di Belisario, appoggiati dalla popolazione, iniziarono a premere sul
generale per affrontare l'esercito nemico in una battaglia campale e levare
l'assedio alla città.
Belisario, per quanto riluttante a causa dell'enorme inferiorità numerica
degli imperiali rispetto ai goti, si lasciò convincere e, dopo aver arringato I
soldati raccolti a Porta Pinciana, uscì dalle mura attraverso le Porte Salaria
e Pinciana e schierò l'esercito, rinforzato da numerosi volontari civili
ansiosi di combattere, a battaglia. Da Porta Aurelia fece inoltre uscire un
reggimento con l'ordine di impedire l'afflusso di rinforzi al Campo di Nerone (3), dove si trovava uno dei campi goti,
una volta che la cavalleria di Valeriano l'avesse attaccato.
Vitige schierò invece I suoi a ridosso degli steccati dei campi con le
fanterie al centro e la cavalleria sulle ali.
Al sorgere del sole iniziò lo scontro. Sulle prime, la fortuna sembrò
arridere agli imperiali che falcidiarono le schiere gote col tiro delle frecce
ma il continuo sopraggiungere in linea di nuove forze fresche consentì ai Goti
di tenere le posizioni, sinché nel primo pomeriggio gli imperiali non
desistettero ritirandosi verso le mura.
Al Campo di Nerone, nel frattempo, I
due eserciti si erano fronteggiati per tutta la mattinata senza ingaggiare
battaglia. L'ordine d'attacco fu dato solo nel primo pomeriggio e gli imperiali
travolsero le linee dei goti che abbandonarono il campo ritirandosi sulle
colline circostanti. L'infoltimento delle truppe regolari con i volontari
civili creò però scompiglio e confusione tra le file degli imperiali che
anziché aggirare e attaccare alle spalle i Goti che ancora combattevano contro Belisario,
sordi agli ordini di Valeriano, si diedero a saccheggiare il campo nemico e
vennero quindi a loro volta travolti dal contrattacco della cavalleria gota
schierata sull'ala destra, determinando il ripiegamento generale e disordinato
di tutto l'esercito imperiale verso le mura.
Si tratta di un contingente di tremila
Isauri sbarcati a Napoli al comando di Paolo e Conone a cui si erano
aggregati i cinquecento uomini reclutati in Campania da Procopio su
ordine di Belisario; ottocento cavalieri traci sbarcati ad Otranto al
comando di Giovanni insieme a mille cavalieri di leva al comando di
Alessandro e Marcenzio. A questi vanno aggiunti trecento cavalieri al
comando di Zenone che raggiungono Roma dal Sannio percorrendo la via
Latina.
Nel dicembre del 537, Vitige,
preoccupato dal sopraggiungere dei rinforzi nemici, firma con
Belisario una tregua di tre mesi nel corso della quale inviare a
Costantinopoli un'ambasceria con proposte di pace.
La tregua viene rispettata molto
approssimativamente da ambo le parti: i Goti continuano a mettere in
atto tentativi per prendere Roma con la forza mentre i bizantini
occupano Porto e Civitavecchia da cui i Goti si erano ritirati per
difficoltà di approvvigionamento, essendo il mare completamente
controllato dalla marina di Costantinopoli.
Belisario ordina quindi a Giovanni,
stanziato tra il Sannio ed il Piceno con una forza di circa duemila
cavalieri, di attaccare il Piceno lasciato praticamente indifeso dai
Goti. Giovanni devasta la regione sconfiggendo in battaglia le truppe
gote al comando di Uliteo inviategli contro da Vitige e occupando
Rimini, il cui presidio si ritira su Ravenna senza combattere,
minacciando così direttamente la capitale gota distante un solo
giorno di marcia.
In marzo, dopo un anno e nove giorni di
assedio, approssimandosi il termine della tregua ed essendo Ravenna
minacciata direttamente, Vitige dà ordine di levare l'assedio.
Quando si accorge che il nemico si sta
ritirando, Belisario raduna tutti gli uomini disponibili a Porta
Pinciana e da qui lancia l'attacco sulla retroguardia gota
infliggendole gravi perdite.
Note:
(1) Il Vivarium – un ampio
spazio recintato in cui si trovavano le gabbie per gli animali feroci
e campi di pascolo per le bestie selvatiche utilizzate negli
spettacoli circensi - si trovava nei pressi delle Porte Prenestina e
Labicana (l'attuale Porta Maggiore) ed era stato inglobato da
Aureliano nella cinta difensiva della città. Una teoria piuttosto recente lo identifica invece con lo stesso Anfiteatro castrense (M. Cecchelli, Per la fede del popolo. La basilica di Santa Croce in Gerusalemme ed il Palazzo imperiale Sessorium di Elena e Costantino, 2001)
(2) Quando Papa
Agapito I (535-536) morì a Costantinopoli, il 22 aprile 536,
l'imperatrice Teodora, che parteggiava per i monofisiti,
nell'elezione papale, cercò di favorire il diacono romano Vigilio,
che era stato nunzio apostolico a Costantinopoli e che apparentemente
aveva fornito adeguate garanzie sulla questione monofisita. Tuttavia,
Teodato, re degli Ostrogoti, che desiderava impedire l'elezione di un
papa legato a Costantinopoli, la precedette e grazie alla sua
influenza fece eleggere il suddiacono Silverio. L'elezione di un
suddiacono alla dignità di vescovo di Roma era piuttosto insolita.
Di conseguenza, è facile capire che, come riportava l'autore della
prima parte della vita di Silverio nel Liber pontificalis il
clero si oppose ad essa. Tuttavia, l'opposizione fu sedata da Teodato
e Silverio fu consacrato vescovo (probabilmente l'8 giugno 536).
Immediatamente dopo, giunse l'approvazione scritta di tutti i
presbiteri di Roma alla sua elevazione al Soglio Pontificio.
Divenuto papa Silverio, l'imperatrice
Teodora cercò di portarlo dalla parte dei monofisiti. Sperava, in
particolare, di farlo entrare in comunione con il Patriarca
monofisita di Costantinopoli, Antimo, che era stato scomunicato e
deposto da papa Agapito I, tuttavia il papa non s'impegnò in alcun
modo con Teodora, che decise di rovesciarlo e far diventare papa il
diacono Vigilio.
All'arrivo di Belisario a Roma papa
Silverio si adoperò perché la città fosse presa senza spargimento
di sangue e lo ricevette cortesemente. Il generale lo rimosse
probabilmente controvoglia dal soglio pontificio, su pressione della
moglie Antonina che agiva in accordo con l'imperatrice.
(3) Il circo di Nerone - iniziata in realtà da Caligola (37-41) e solo completato da Nerone (54-68) - era stata costruito all'interno della villa di Agrippina Maggiore (Vipsania Agrippina), villa che alla morte della madre di Caligola passò in eredità a Nerone.
Occupava all'incirca il sito dove sorge l'attuale basilica di S.Pietro ed era lungo 540 metri e largo 100. Poteva contenere quasi 20.000 spettatori. Il circo fu abbandonato già alla metà del II secolo e l'area prese progressivamente il nome di Campo di Nerone. Fino al 1450 ne sopravvissero comunque cospicue tracce, che furono distrutte con la costruzione della nuova basilica di S.Pietro.
(3) Il circo di Nerone - iniziata in realtà da Caligola (37-41) e solo completato da Nerone (54-68) - era stata costruito all'interno della villa di Agrippina Maggiore (Vipsania Agrippina), villa che alla morte della madre di Caligola passò in eredità a Nerone.
Occupava all'incirca il sito dove sorge l'attuale basilica di S.Pietro ed era lungo 540 metri e largo 100. Poteva contenere quasi 20.000 spettatori. Il circo fu abbandonato già alla metà del II secolo e l'area prese progressivamente il nome di Campo di Nerone. Fino al 1450 ne sopravvissero comunque cospicue tracce, che furono distrutte con la costruzione della nuova basilica di S.Pietro.
Narrativa moderna e contemporanea:
Liliana Madeo, Si regalavano infamie,
Tullio Pironti Editore, 2021
Il romanzo è incentrato sulle figure di Teodora imperatrice e Antonina, la moglie di Belisario, le due donne più potenti di Bisanzio all'epoca di Giustiniano. Unite da un fortissimo legame – testimoniato anche dalla presenza di Antonina in testa al seguito di Teodora nel celebre mosaico di San Vitale – l'autrice colloca le due donne al centro della vita politica dell'impero, capaci d'intrighi sofisticati di cui cadono vittime potenti ministri (Giovanni il Cappadoce) e addirittura pontefici (papa Silverio). Molti spunti della trama trovano riscontro nella Storia segreta di Procopio, molto intrigante è la descrizione del rapporto tra le due donne. Interessante quella della Roma assediata dai Goti.
Il romanzo è incentrato sulle figure di Teodora imperatrice e Antonina, la moglie di Belisario, le due donne più potenti di Bisanzio all'epoca di Giustiniano. Unite da un fortissimo legame – testimoniato anche dalla presenza di Antonina in testa al seguito di Teodora nel celebre mosaico di San Vitale – l'autrice colloca le due donne al centro della vita politica dell'impero, capaci d'intrighi sofisticati di cui cadono vittime potenti ministri (Giovanni il Cappadoce) e addirittura pontefici (papa Silverio). Molti spunti della trama trovano riscontro nella Storia segreta di Procopio, molto intrigante è la descrizione del rapporto tra le due donne. Interessante quella della Roma assediata dai Goti.
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