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mercoledì 1 agosto 2018

L'avorio di Treviri

L'avorio di Treviri

L'avorio di Treviri
museo del Tesoro del Duomo, Treviri

Si tratta della parete laterale di un reliquiario, probabilmente destinato ad accogliere la reliquia del braccio destro di Santo Stefano protomartire, realizzato a Costantinopoli e proveniente dalla chiesa dedicata al santo che è raffigurata nella composizione.
Nell'avorio è rappresentato il cerimoniale dell'adventus, l'ingresso trionfale in città riservato all'imperatore ma anche ad alti prelati o alle sacre reliquie come sembra questo il caso.
Parte prominente dell'adventus è la synantesis, il gioioso incontro della popolazione salmodiante e acclamante con il corteo trionfale alle porte della città. A questa fase, nel caso delle reliquie, segue la propompe, la processione all'interno della città con cui vengono portate nel luogo dove saranno custodite. La terza e conclusiva fase del cerimoniale (apothesis o katathesis) consiste nella deposizione delle reliquie all'interno della chiesa deputata.
La fase del cerimoniale raffigurata nell'avorio sembra essere quella della propompe. Il corteo si trova infatti all'interno della città e le reliquie, affidate alla custodia di due vescovi (in dalmatica e omophorion) procedono su un carro tirato da una coppia di muli, davanti a cui incedono quattro chlamydati che tengono in mano un cero, nel primo dei quali è riconoscibile un imperatore.
La chiesa che accoglierà le reliquie – a pianta basilicale, con abside aggettante e paraekklesion – appare ancora da ultimare, come si evince dagli operai affaccendati sul tetto. Davanti all'ingresso è in attesa una donna che, a giudicare dall'abbigliamento, è un'imperatrice e tende la destra per ricevere le reliquie mentre nella sinistra tiene una croce, probabilmente un attributo del cerimoniale.
A dispetto delle sue dimensioni ridotte, questa figura è al centro della composizione, catalizzando gli sguardi e l'attenzione degli astanti. Ciò fa pensare che sia stata lei la promotrice della traslazione delle reliquie nonché la fondatrice della chiesa.
Lo sfondo è occupato da una costruzione a tre ordini di arcate (1), al cui interno si dispongono personaggi esclusivamente maschili. I nove che occupano il secondo ordine, che hanno nella destra un incensiere e tengono la sinistra accostata all'orecchio, sembrano cantare o acclamare come un solo uomo, guidati da un invisibile direttore e sono quindi probabilmente degli psaltai (cantori professionisti). Nel terzo e nel primo ordine si dispongono numerosi busti maschili molto simili a quelli del secondo ordine.

Particolare della Chalke

Il tetrapylon che si trova all'estrema sinistra della composizione rappresenta quindi la Chalke, il monumentale ingresso al Palazzo Imperiale, sormontato – come almeno dagli inizi del VIII secolo - da un'immagine del Cristo, riconoscibile per il nimbo crociato. Il corteo, che lo ha appena oltrepassato, si trova quindi all'interno del recinto palaziale.

La Chalke, ricostruzione virtuale

In base al seguente passo della Chronographia di Teofane Confessore – uno storico bizantino che scrive nel IX secolo – relativo ad un traslatio di reliquie avvenuta durante il regno di Teodosio II, Kenneth Holum and Gary Vikan (K.G. Holum and G.Vikan, The Trier Ivory, "Adventus" Ceremonial, and the Relics of St.Stephen, Dumbarton Oaks Papers, vol. 33, 1979, pp. 115-133) hanno avanzato l'ipotesi che l'avorio raffiguri un evento storicamente avvenuto (2):

Su insistenza della benedetta Pulcheria, il pio Teodosio inviò una ricca donazione all'arcivescovo di Gerusalemme perchè la distribuisse ai poveri, nonché una croce d'oro tempestata di pietre preziose da erigere sul Golgota. In cambio di questi doni, l'arcivescovo mandò a Costantinopoli, affidandola alla custodia di San Passarione, la reliquia del braccio destro di Santo Stefano Protomartire. La notte in cui il sant'uomo raggiunse Calcedonia, alla benedetta Pulcheria apparve in sogno Santo Stefano che le diceva: “vedi, le tue preghiere sono state ascoltate ed il tuo desiderio esaudito, sono arrivato a Calcedonia. Ed ella si alzò, chiamò il fratello ed insieme andarono adaccogliere le sante reliquie. Accogliendole a palazzo, (Pulcheria) fece costruire una splendida cappella dedicata al santo protomartire ed in quella le depositò (Teofane Confessore, Cronographia).

Secondo i due studiosi la figura femminile al centro della scena andrebbe quindi identificata con Pulcheria, la sorella dell'imperatore Teodosio II, riconoscibile alla testa del corteo, mentre i due vescovi che portano la reliquia del braccio di Santo Stefano sarebbero rispettivamente San Passarione (3) e Atticus che fu arcivescovo di Costantinopoli dal 406 al 425.
La chiesa ancora in costruzione sarebbe quella fatta costruire ad hoc da Pulcheria nel Palazzo di Dafne (la parte più antica del Palazzo Imperiale) e nota appunto come chiesa di Santo Stefano in Dafne, in seguito spesso utilizzata per celebrare i matrimoni degli imperatori.

Pianta del Palazzo di Dafne (ricostruzione).
La chiesa di Santo Stefano Protomartire è contrassegnata dalla lettera d.

Alla luce di questa chiave interpretativa alcuni particolari assumono una nuova luce. L'incensiere che tengono in mano i nove cantori appare come un ulteriore rimando al santo protomartire, spesso raffigurato in abiti diaconali con il turibolo in mano. La croce che impugna l'Augusta rimanda alla cosiddetta croce di Costantino – probabilmente un frammento della Vera Croce riportato a Costantinopoli dalla Terrasanta dalla madre Sant'Elena (4) – che proprio sotto Teodosio II venne trasferita nel Palazzo imperiale e successivamente compare tra le reliquie conservate nella chiesa di Santo Stefano in Dafne.

Pulcheria (?)

La cassetta che portano i due vescovi, inoltre, appare sicuramente più compatibile per le dimensioni con la reliquia di un braccio anziché dell'intero corpo di un santo.
Correggendo di qualche anno Teofane, infine, i due autori datano l'arrivo delle reliquie di Santo Stefano al 421.

Questa interpretazione, tra le molte che sono state avanzate, è oggi ritenuta la più plausibile. Molto più incerta rimane invece la datazione dell'avorio. Si può infatti escludere che sia coevo all'evento
rappresentato. La prima versione della Chalke – sulla cui identificazione tutti gli studiosi concordano - fu infatti costruita durante il regno di Anastasio (491-518) mentre il busto bronzeo del Cristo nella lunetta al di sopra dell'ingresso vi fu istallato soltanto sotto Giustiniano II (685-695 e 704-711), data che costituisce quindi un indiscutibile termine post quem.
Il busto di Cristo venne fatto rimuovere dall'imperatore iconoclasta Leone III nel 726 e venne quindi ripristinato sotto l'imperatrice Irene (780-802). Nuovamente rimossa e sostituita con una croce sotto un altro imperatore iconoclasta, Leone V (813-820), venne rimpiazzata con un'immagine del Cristo a figura intera dopo il definitivo ripristino del culto delle immagini (843) e infine – durante il regno di Romano I Lecapeno (920-944) - dal mosaico che si vede nella ricostruzione (vedi sopra).
Un'ipotesi suggestiva di datazione, fa risalire il manufatto proprio alla committenza dell'imperatrice Irene che, sfruttando una vicenda storica in cui una donna svolgeva una funzione preminente, avrebbe così inteso celebrare la vittoria sull'iconoclastia ed il restauro da lei promosso della chiesa di Sant'Eufemia all'Ippodromo (796). Sotto Costantino V, questa chiesa, nell'imperversare della furia iconoclasta, era stata trasformata in magazzino militare e la cassa con le reliquie della santa gettata nelle acque del Bosforo. Miracolosamente ritrovate da due pescatori, erano state fatte ricollocare da Irene nella chiesa ad ella dedicata che provvide anche a restaurare. Da sottolineare anche il legame di Irene con la chiesa di Santo Stefano in Dafne, dove nel 769 furono celebrate le sue nozze con Leone IV.

Dal 1844 l'avorio fa parte del tesoro della cattedrale di Trevi nel cui museo è attualmente custodito.


Note:

(1) Secondo alcuni studiosi si tratterebbe di una facciata del Palazzo imperiale o di arcate che racchiudono una corte interna (una sala ipetrale), secondo altri si tratterebbe invece dell'ultimo tratto della mese che terminava alla Chalke e che era fiancheggiata da un porticato a due ordini.

(2) Teofane Confessore scrive però circa 400 anni dopo l'ipotetico evento per cui non cita alcuna fonte né esso ricorre in altre fonti precedenti la Cronographia. Questo lascia non pochi dubbi sulla sua veridicità storica.

(3) Figura di spicco del monachesimo in Palestina nella prima metà del V secolo. E' noto per mezzo della Vita di Eutimio di Cirillo di Scitopoli (VI secolo) in cui è definito chorepiscopos (vescovo rurale, una sorta di vicario che affiancava il vescovo nelle diocesi più estese) e archimandrita.

(4) vedi scheda La leggenda della Vera Croce nella basilica francescana di Arezzo.



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