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domenica 17 giugno 2018

Il ciclo pittorico della storia della reliquia di Sant'Andrea di Bernard Rantwijck

Il ciclo pittorico della storia della reliquia di Sant'Andrea di Bernard Rantwijck

Un documento del 1538 attesta la donazione alla propria famiglia, da parte di
Francesco Maria Piccolomini, vescovo di Pienza e Montalcino, di una cappella dedicata a Sant’Andrea, da lui costruita e arredata nel palazzo di famiglia in via di Città, a Siena (oggi proprietà del comune di Siena e sede dell’Accademia degli Intronati).
Degli arredi della cappella, facevano parte cinque grandi tele, commissionate al pittore fiammingo Bernard Rantwijck, che illustravano il viaggio della reliquia del cranio di Sant'Andrea da Patrasso alla basilica di San Pietro a Roma.
Queste cinque tele, con modalità ancora non del tutto chiare, furono successivamente trasferite a Pienza dove furono a lungo dimenticate nelle stanze del seminario vescovile. Attualmente sono conservate nel locale Museo Diocesano di Palazzo Borgia.

Nell'estate del 1460 Tommaso Paleologo, ultimo despota di Morea ed erede al trono di Bisanzio, incalzato dai Turchi, riparò nel possedimento veneziano di Navarino dove poco dopo s'imbarcò, assieme alla moglie Caterina Zaccaria ed ai figli Andrea, Manuele e Zoe (Sophia), su una galera veneziana che fece vela verso Patrasso, città ancora sotto il suo controllo. Prima di raggiungere Roma, dove papa Pio II Piccolomini – illustre antenato del vescovo Francesco Maria Piccolomini - che lo aveva riconosciuto legittimo erede al trono di Bisanzio, gli aveva offerto asilo, doveva infatti ottemperare alla richiesta espressagli dal papa di recuperare la reliquia del cranio dell'apostolo Andrea che era appunto colà custodita.

Sant’Andrea Apostolo, inviato a predicare nell’Europa orientale e successivamente spostatosi in Acaia, in tarda età venne consacrato vescovo di Patrasso. Lì il console Aegeates lo condannò al martirio per crocifissione. Dopo la morte, il corpo del Santo ottenne sepoltura a Patrasso per volere della moglie del console, Maximilla.
Nel 357 le sue spoglie sarebbero state trasferite da Patrasso a Costantinopoli, mentre è lo stesso Pio II ad affermare, nell’VIII libro dei Commentari, che la testa dell' apostolo rimase comunque custodita a Patrasso.

Il ciclo pittorico realizzato da Rantwijck narra la storia del viaggio della reliquia verso Roma come descritta da Pio II nei sui Commentari.

Partenza da Patrasso

Attorno alla compostezza di Tommaso Paleologo, consapevole di tenere fra le mani un reperto di grande sacralità, si muove il corteo della sua famiglia messa in fuga dalla minaccia turca incombente sul Peloponneso. Tale pericolo è forse evocato dai due personaggi vestiti con abiti orientali che emergono dall’estremità più bassa del dipinto. Nella parte sinistra del quadro dominano degli edifici classici: in essi troviamo scritto con lettere dorate “Patriae Peloponnesi civitas” e, in primo piano sulla sinistra, si nota un’ara con il nome “Peloponnesus”.
Caterina Zaccaria, la moglie di Tommaso, procede immediatamente dietro di lui mentre il figlio più grande, Andrea, tiene per mano quello più piccolo (Manuele).
...si recò [Tommaso Paleologo] a Patrasso, città ancora in suo possesso, e dal santuario, che era affidato alla sua personale custodia, prese il preziosissimo capo dell’apostolo Sant’Andrea e quindi, con la moglie e i figli e l’accompagnamento di molti nobili greci, si recò presso il despota di Arta, nell’isola di Santa Maura (E.S. Piccolomini, I Commentari).

Arrivo ad Ancona

Approdato ad Ancona nel 1461, Tommaso Paleologo consegna la preziosa reliquia nelle mani del legato pontificio, il cardinale Alessandro Oliva, incaricato dal papa di esaminare la reliquia e portarla nella rocca di Narni giacchè il trasporto fino a Roma era reso insicuro dall'infuriare della guerra che contrapponeva Alessandro Sforza e Federico da Montefeltro a Jacopo Piccinino e Jacopo Savelli.
Alle spalle del despota si erge statuaria la figura della moglie Caterina con il piccolo Manuele (1). In realtà, nel dipinto, la figura che sembra ricevere materialmente la reliquia sembra piuttosto quella di Bessarione, che indossa il saio nero dei monaci basiliani a cui il cardinale orientale non volle mai rinunciare.

Trasporto della reliquia da Narni a Roma

Nell'aprile del 1462, scortata dai cardinali Alessandro Oliva, Bessarione (che anche qui appare vestito di nero) e Francesco Todeschini Piccolomini, il futuro papa Pio III (1503-1503) - che figurano nel dipinto immediatamente alle spalle del cavallo bianco che trasporta la testa dell'apostolo - la reliquia lasciò la rocca di Narni (che torreggia sullo sfondo) per essere trasferita a Roma.
 
Il papa riceve la reliquia a Ponte Milvio

La reliquia giunse a Roma l’11 aprile 1462, Domenica delle Palme, presso Ponte Milvio e venne riposta all’interno della torre del ponte, dove rimase fino al giorno seguente quando sull'altra sponda del Tevere arrivò il papa in pompa magna.
Qui... il pontefice aveva dato ordine che s’innalzasse una tribuna di legno così spaziosa e solida da contenere tutto il clero presente e tanto alta che tutti coloro che si trovavano nei prati potessero
vedere la cerimonia che vi si svolgeva...(E.S.Piccolomini, I Commentari).
Nel dipinto il pontefice riceve sul palco sopra descritto la reliquia dalle mani del cardinale Oliva mentre Bessarione (sempre vestito di nero) ed il cardinal nipote si dispongono alle sue spalle (2).

La reliquia viene portata in processione fino alla basilica di San Pietro
Quindi il pontefice (…) portando nelle sue mani il venerabile pegno entrò nell’Urbe, mentre i cardinali, i vescovi e tutti gli altri prelati tenendo davanti a sé le palme lo seguivano conservando
sempre lo stesso ordine (E.S.Piccolomini, op.cit.).

In San Pietro il pontefice fece successivamente costruire una cappella dedicata a Sant’Andrea (3), in cui la testa dell’apostolo si conservò racchiusa in una nuova teca commissionata appositamente, nel 1463, a Simone di Giovanni Ghini, in sostituzione dell’originale reliquiario bizantino che Pio II volle inviare a Pienza (4) con un frammento della mandibola del Santo.

Simone di Giovanni Ghini, Reliquiario di Sant'Andrea, 1463
Museo Diocesano di Palazzo Borgia, Pienza
 
Nel 1964, papa Paolo VI accolse la richiesta del Metropolita di Patrasso e, onorando così la promessa di Pio II, restituì la testa di Sant’Andrea nell’antica teca da cinque secoli custodita a Pienza. La parte di mandibola ivi presente fu trasferita nel reliquiario di Simone di Giovanni Ghini, donato da Paolo VI alla città di Pio come nuovo busto reliquiario del Santo patrono pientino ed è attualmente conservato nel Museo Diocesano di Palazzo Borgia a Pienza.

Note:
(1) In realtà Tommaso Paleologo affrontò da solo la traversata dell'Adriatico, quell'anno particolarmente pericolosa a causa delle tempeste che v'infuriavano, preferendo lasciare i suoi familiari a Corfù.
(2) A memoria dell'evento, nel punto dove era stato eretto il palco, Pio II fece successivamente costruire un tempietto con al centro la statua dell'apostolo (cfr. scheda).
(3) Questa cappella - in cui venne collocato anche il monumento funebre di Pio II dove, in un bassorilievo attribuito a Paolo Romano, il papa era raffigurato proprio nell'atto di depositare la testa di sant'Andrea nella basilica - si trovava poco dopo l'ingresso nella navata sinistra. Fu smantellata nel 1614 sotto il pontificato di Paolo V Borghese che fece trasferire il monumento funebre di Pio II nella chiesa di Sant'Andrea della Valle dove attualmente si trova.
Successivamente, sotto papa Urbano VIII (1623-1644) la reliquia venne trasferita nella cappella dedicata a Sant'Andrea ricavata all'interno di uno dei quattro pilastri che sorreggono la cupola (le altre tre cappelle ricavate negli altri pilastri sono dedicate a Sant'Elena, San Longino e alla Veronica).
(4) Pio II aveva fatto ricostruire quasi completamente il piccolo borgo dove era nato dal Rossellino - un allievo di Leon Battista Alberti - e lo aveva rinominato Pienza.

Bibliografia:
S. Ronchey, Andrea, il rifondatore di Bisanzio. Implicazioni ideologiche del ricevimento a Roma della testa del patrono della chiesa ortodossa nella settimana santa del 1462, in M. Koumanoudi e C. Maltezou (a cura di), Dopo le due cadute di Costantinopoli (1204, 1453). Eredi ideologici di Bisanzio. Atti del Convegno Internazionale di Studi (Venezia, 4-5 dicembre 2006), Venezia, Edizioni dell’Istituto Ellenico di Studi Bizantini e Postbizantini, 2008, pp. 259-272.




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