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martedì 14 agosto 2018

L'arco di Gallieno, Roma

L'arco di Gallieno, Roma

Si trova in via di san Vito e si tratta in realtà del fornice centrale della monumentalizzazione, voluta da Augusto, dell'antica Porta Esquilina che si apriva nella cinta muraria serviana. Dal Foro saliva verso la porta il clivus Suburanus (noto anche come via delle prostitute) che attraversava il popoloso quartiere della Subura sviluppatosi proprio sotto Augusto. Dalla Porta Esquilina partiva invece la via Labicana.


La porta a tre fornici – il centrale dei quali più alto e più ampio dei laterali - realizzata in blocchi di tufo, fu interamente ricostruita in travertino sotto Augusto; le facciate erano scandite da paraste corinzie.
Nel 262 la porta fu trasformata in arco trionfale e dedicata dal prefetto dell'Urbe, Marco Aurelio Vittore, all'imperatore Gallieno (253-268) e alla moglie Cornelia Salonina.
Il fregio originario fu abbassato di qualche centimetro, fu modificata la modanatura della cornice superiore e fu inserita una dedica all'imperatore ed alla moglie su entrambe le facciate dell'arco:

GALLIENO CLEMENTISSIMO PRINCIPI CVIVS INVICTA VIRTVS SOLA PIETATE SVPERATA EST ET SALONINAE SANCTISSIMAE AVG
AVRELIVS VICTOR V[IR] E[GREGIUS] DICATISSIMVS NVMINI MAIESTATIQVE EORVM
(A Gallieno, clementissimo principe, il valore invitto del quale fu superato solo dalla sua religiosità, e a Salonina, virtuosissima Augusta Aurelio Vittore, uomo egregio, devotissimo agli dei e alle loro maestà).
 

L'imperatore doveva passare attraverso questa porta per raggiungere la villa di famiglia, gli Horti Liciniani, tale dedica dovette quindi sembrare al devoto prefetto quanto mai opportuna.

I due fornici laterali furono demoliti nel 1447 per far posto alla chiesa dei Santi Vito, Modesto e Crescenzia (una chiesa del IV secolo che papa Sisto IV fece completamente ristrutturare ed ampliare) e che venne addossata al fornice superstite. Sul lato opposto è invece addossato un edificio privato.
Dai rilievi messi in luce dal restauro del 1995 si è potuto stabilire che l'arco era interamente intonacato e dipinto a giustificare la sua denominazione in epoca medioevale di arcus pictus.


Sono emerse anche tracce dell'attico che, all'epoca del rifacimento augusteo, doveva sormontare il fornice centrale e su cui scorreva un'iscrizione oggi completamente perduta. Originariamente, quindi, l'arco non doveva apparire troppo dissimile dall'interpretazione datane da Giuliano da Sangallo in questo disegno.

Antonio da Sangallo, L'Arco di Gallieno, XV sec.

Nel 1200 furono appese alla chiave di volta dell'arco le catene e le chiavi della Porta Salicicchia di Viterbo (oggi Porta di San Pietro) - che compaiono anche nel disegno di Sangallo - che i viterbesi furrono costretti a consegnare in segno di sottomissione dopo la grave sconfitta inflitta loro dalle milizie capitoline. Furono rimosse soltanto nel 1825.

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