L'antefatto e le conseguenze della battaglia sono descritte in DallaTetrarchia all'Impero romano d'Oriente parte I.
Nella primavera del 312 Costantino
mosse da Treviri alla testa del suo esercito e penetrò in Italia
attraverso il passo di Monginevro. Dopo aver assediato e preso Susa,
fedele a Massenzio, sconfisse le truppe che l'usurpatore gli mandava
contro prima nei pressi di Torino e poi a Verona, dove perse la vita
il prefetto del pretorio Ruricio Pompeiano che le comandava. Discese
quindi la penisola lungo la via Flaminia senza più incontrare
resistenza e si accampò alle porte di Roma al XIII miglio della
Flaminia, un una località oggi nota come Malborghetto.
Come spesso accade, le fonti divergono
circa la consistenza numerica dei due eserciti: da un massimo di
100.000 effettivi ad un minimo di 40.000 per Costantino e da 170.000
a 100.000 per Massenzio. Concordano invece su un rapporto di forze di
circa due a uno a favore di Massenzio.Massenzio attestò le prime linee del suo esercito nella località di Saxa Rubra, in un punto teoricamente a lui favorevole, ossia collinare e impraticabile alla cavalleria nemica.
Le prime schermaglie iniziarono al XII miglio e si trasformarono rapidamente in uno scontro generale che, dopo un iniziale successo delle truppe dell'usurpatore, terminò con il loro arretramento verso la città.
Alla vigilia dello scontro decisivo, prima del tramonto l’imperatore affermò di vedere un simbolo nel cielo in cui riconobbe le iniziali di Cristo con un’affermazione esortativa: Un segno straordinario apparve in cielo. … quando il sole cominciava a declinare, egli vide con i propri occhi in cielo, più in alto del sole, il trofeo di una croce di luce sulla quale erano tracciate le parole IN HOC SIGNO VICES. Fu pervaso da grande stupore e insieme a lui il suo esercito. (Eusebio di Cesarea, Vita Costantini)
Lo stesso Messia (o un angelo suo messaggero) gli sarebbe apparso in sogno durante la notte esortando Costantino ad apporre quel simbolo sugli scudi dei soldati con quei segni celesti di Dio e ad iniziare quindi la battaglia. Egli fece dunque in questo modo e ruotando e piegando su se stessa la punta superiore della lettera greca X (chi), segnò gli scudi con il monogramma del chi-ro (Chrismon), abbreviazione della parola Χριστός (Lattanzio, De mortibus persecutorum).
Ricostruzione
del labaro di Costantino fatta eseguire dal Kaiser Guglielmo II dai
padri benedettini di Beuron secondo la descrizione di Eusebio di
Cesarea e donata nel 1912 a papa Pio X, in occasione del XVI
centenario della battaglia di Ponte Milvio. Successivamente donato
dal papa Giovanni XXIII alla basilica di Santa Croce in via Flaminia
dove è attualmente custodito.
Costantino sostituì anche
l'aquila di Giove che sormontava lo stendardo imperiale con il
Chrismon circondato da una corona d'alloro (labaro di
Costantino).
Ancora oggi sulla via
Flaminia, un sobborgo di Roma, distante 8 miglia dalla capitale e 4
dall’arco costantiniano, porta il nome di Labaro. Da ciò
possiamo dedurre che, prima della visione e quindi dello scontro
definitivo, siano avvenuti almeno altri due scontri, poiché se il
primo impatto avvenne nei pressi dell’arco di
Malborghetto questo si protrasse, con un avanzamento vittorioso
dell’esercito d'oltralpe, almeno fino a Labaro, dove probabilmente
avvenne un secondo scontro questa volta non favorevole a Costantino,
tanto che fu necessaria un’infusione di coraggio o, se vogliamo,
l’intervento divino perché al momento del terzo scontro,
probabilmente quello di cui parlano le fonti avvenuto ai Saxa
Rubra e che corrisponde all’incirca alla piana tra Labaro e
Saxa Rubra, dove l’esercito costantiniano riuscì probabilmente a
mettere in fuga quello di Massenzio che decise di ripiegare
ulteriormente verso il fiume e attendere il nemico a Ponte Milvio.
Scettro di Massenzio (1)
Qui Massenzio aveva fatto
distruggere il ponte originale in calcestruzzo, e aveva fatto
costruire un ponte di barche facilmente rimuovibile e che, secondo i
suoi piani, al momento del passaggio dell’esercito avversario
doveva essere abbattuto, provocando la caduta delle milizie di
Costantino nel Tevere.
Inspiegabilmente Massenzio,
anziché riparare all'interno delle mura e sostenere un assedio che
difficilmente le truppe di Costantino, inferiori di numero, avrebbero
potuto condurre a buon fine, rischierò l'esercito sulla riva destra
del Tevere, costringendo i suoi uomini a dare battaglia con il fiume
alle spalle, con i soldati dell'ultima fila che avevano praticamente
i piedi bagnati dall'acqua (Anonimo, XII Panegirico - IX secondo altra numerazione - 313).
Entrambi gli eserciti si
disposero con la cavalleria sulle ali e la fanteria al centro.
Costantino guidò
personalmente la carica della cavalleria leggera gallica che, potendo
contare su una maggiore agilità di manovra, travolse la cavalleria
catafratta di Massenzio sulle ali della formazione nemica, scoprendo
i fianchi dello schieramento centrale di fanteria che, caricata a sua
volta, collassò e sbandò, ripiegando disordinatamente sul ponte di
barche che si sfaldò sotto il suo peso. Un gran numero di soldati,
tra cui lo stesso Massenzio trascinato a fondo dal peso
dell'armatura, morirono annegati.
Particolare del fregio dell'Arco di Costantino (313)
In basso a sinistra la personificazione del Tevere assiste
all'annegamento dei soldati di Massenzio (sulla destra)
Soltanto la guardia
pretoriana, schierata a difesa della testa del ponte, serrati i ranghi attorno al vessillo dello scorpione, mantenne la
linea e combattè fino all'ultimo uomo la sua ultima battaglia
(Costantino, dopo la vittoria, sciolse infatti il corpo della guardia
pretoriana che non venne più ricostituito).
Il
giorno seguente Costantino I fece il suo ingresso nella città
eterna, acclamato dalla popolazione festante. Con la sua sfavillante
armatura portava in mano la testa mozzata dell'usurpatore Massenzio, colui
che si era autoproclamato augusto, il cui corpo era stato trovato
poco lontano dal luogo dello scontro decisivo.
Note:
(1) Questo scettro è stato
ritrovato in una fossa a 4 m di profondità – insieme ai resti di
altri due scettri e alle punte di 4 lance da parata e di 3
portastendardo - in uno scavo condotto nel 2005 alle pendici del
Palatino nei pressi dell'Arco di Costantino da Clementina Panella. Lo
scettro, la cui asta lignea è andata perduta, è formato da un fiore
ad otto petali che sostiene una sfera di calcedonio. L'ipotesi
avanzata è quella che si tratti delle insegne di Massenzio che
vennero nascoste su suo ordine prima della battaglia per non cadere in mani nemiche.
Si tratta comunque delle
uniche insegne imperiali mai ritrovate.
e con Costantino inizio il declino di Roma dando libera mano alla chiesa................. Bravo Costantino !!!!
RispondiEliminail cristianesimo non ha aiutato ma costantino non è stato di certo il peggiore
EliminaTiè
Ciao sono di albano
RispondiEliminaSono Alessandro piacere
RispondiEliminaMolto dettagliata e semplice
RispondiEliminaPonte Milvio in calcestruzzo non è male, forse era pure in cemento armato o addirittura in precompresso.
RispondiEliminami sembra evidente che lei molto semplicemente ignori cosa sia il calcestruzzo (calcis structio), tecnica edilizia ampiamente utilizzata dai Romani ma nota anche ai Greci. Consulti pure la voce di una qualsiasi enciclopedia prima di sputare sentenze in perfetto stile "leone da tastiera" (infatti neppure si firma)
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