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sabato 12 settembre 2015

La masseria di Celsorizzo (Acquarica del Capo)

La masseria di Celsorizzo (Acquarica del Capo)


La monumentale torre, alta 25 m. (considerando la torretta) e databile al tardo Trecento, che svetta sull'intero complesso fu inglobata nella masseria costruita verso la metà del XVI secolo. A pianta quadrata, è provvista su tutti i lati di feritoie e caditoie. In un rogito del 1615 il complesso compare comunque come semplice feudo ad indicare che non era più considerato un fortilizio.

La cappella di San Nicola
Nella scarpa della base della torre è contenuta una piccola cappella dedicata a San Nicola preesistente alla torre stessa. Risale infatti al 1283 e fu fatta edificare dal feudatario Ioannes de Ogento come risulta dall'iscrizione presente nella controfacciata:

Nell’anno 1283 dall’incarnazione del Signore, sotto il regno del nostro illustrissimo signore Carlo (D’Angiò) re di Gerusalemme e Sicilia nel mese di aprile, Giovanni de Ogento, signore del casale di Cicivitio, con la sign… per dono e beneficio della sua anima e di quella dei suoi parenti, ha fatto costruire e dipingere questa “basilica” in onore di Dio e del beato Nicola vescovo glorioso confessore, dipinto per mano di N. Melitino e Nicola …” (1)


All'interno, nell'unica abside, è dipinto il Cristo Pantokrator, al di sotto del quale si distinguono, separati dalla monofora centrale, S.Basilio (a sn.) e S.Giovanni Crisostomo (a ds.).
Il taglio alto e verticale della monofora che si apre nel cilindro absidale, ha conseguentemente ridotto lo spazio destinato al catino: il Cristo Pantokrator in alto dunque, benedicente alla greca con la mano destra mentre nella sinistra tiene un vangelo aperto dove è scritto in latino - Io sono la luce del mondo; chi mi segue non camminerà nelle tenebre (Giovanni VIII, 12) - risulta essere come schiacciato.
Sempre sulla parete est, al di sopra dell’abside, è campito il Cristo in una mandorla portato in gloria da angeli e attorniato dai Quattro Viventi (Tetramorfo) mentre ai lati dell’abside, sulla parete nord, è visibile la scena dell’Annunciazione, la prima delle scene delciclo cristologico che poi si dipana nel registro superiore.
Nel registro superiore della parete sud, la prima scena identificabile è quella della Natività, seguono
la Presentazione al tempio, il Battesimo e la Trasfigurazione; di quest’ultima scena si notano benissimo le figure di san Pietro e sant’Elia, in quanto un tempo coperte dall’arco di sostegno posticcio (2).

Presentazione di Gesù al Tempio

Nel registro inferiore della parete sud, ripartendo dall'abside, troviamo un santo diacono con turibolo e vangelo, identificato come santo Stefano; segue, dopo la piccola finestra, un altro santo diacono con turibolo e con pisside. A seguire, sotto un arco trilobato che conferisce a questo pannello il giusto risalto, un viso della Madonna leggermente reclinato a destra: è una Vergine in trono, presumibilmente recante il Bambino. Dopo l’attuale porta d’ingresso, figure di santi tra cui san Vincenzo (riconoscibile solo dall’iscrizione esegetica) e una santa, per la cui identificazione è stata proposta Agata.
Nella parete ovest, in basso, notiamo il frammento superiore di san Giorgio, riconoscibile grazie all’iscrizione esegetica. Nella rientranza, una Vergine col capo reclinato, mentre sopra l’ingresso tamponato compare l’iscrizione dedicatoria già richiamata. Sulla stessa parete, nel registro superiore, proseguono le scene del Dodekaorton, ma la loro leggibilità è a dir poco difficile. Probabile l’identificazione della Resurrezione di Lazzaro (proposta dal Marino), a cui fa seguito l’Ingresso a Gerusalemme.

L'Ultima cena


Lungo la parete nord, partendo da ovest, sul registro superiore si susseguono le altre scene del ciclo cristologico. L’ultima cena
, un frammento riconoscibilissimo per il suo buon stato di conservazione nel settore un tempo coperto dall’arco. Si leggono le lettere “O Mystikos deipnos” sopra una basilica che fa da quinta architettonica alla scena. Nella parte superstite, i volti dei santi sono identificabili grazie alle lettere identificative: IA sta per Giacomo il Maggiore, Θω sta per Tommaso e CI per Simone Zelota. Sulla tavola imbandita, delle ceste con dei pesci, pagnotte, un tripode e un coltello con manico nero che ricorda il coltello utilizzato nella liturgia bizantina per la prosphorà (offerta del pane).


L'Ultima cena (particolare dei tre apostoli rimasti)

Seguono il Tradimento di Giuda (in stato di degrado avanzatissimo), la Crocefissione e l’Anastasis.

Il Tradimento di Giuda

Nel registro inferiore, ripartendo dal lato occidentale si susseguono: un santo che monta un cavallo loricato riccamente bardato in rosso ed in presenza di una bandiera rossocrociata - che l'iscrizione identifica in S.Ippolito - segue, scarsamente visibile, San Nicola e quindi i SS. Cosma e Damiano (3).
Gli archi di sostegno della volta – rimossi nel corso del restauro della chiesa - furono molto probabilmente aggiunti dopo la costruzione della torre soprastante.

Torre colombaia
 
La torre colombaia
L'adiacente torre colombaia, a pianta circolare, fu fatta edificare nel 1550 dal feudatario Fabrizio Guarino come si evince dallo stemma e da un'iscrizione sulla porta d'ingresso:

FABRICIUS GUARINUS COLUMBARIUM HOC FRUCTUS AUCUPANDIQUE CAUSS CONSTRUXIT SIBI SUIS AMICISQUE ANNO DOMINI MDL
(Fabrizio Guarino fece costruire questa colombaia per sé e per i suoi amici per diletto di caccia nell’anno del Signore 1550).
 
 
Note:

(1) L'epigrafe è scritta in latino fuorchè per i nomi dei frescanti che sono scritti in greco. L'alternarsi delle due lingue nelle iscrizioni è una caratteristica della chiesa a sottolineare la fase di transizione tra le due culture del periodo in cui venne edificata. Il toponimo di Cicivitio che figura nell'epigrafe è quello con cui era anche conosciuto il casale di Celsorizzo.

(2) Con la costruzione della torre sovrastante, la volta della cappella fu rinforzata con tre archi di scarico successivamente rimossi nel corso del restauro. In corrispondenza delle aree un tempo coperte da essi, si trovano i brani di affresco meglio conservati.


(3) Nella zona dove era campito il Sant'Ippolito compaiono, incisi a graffito diversi fiori a sei petali usualmente considerati segno della presenza dei Templari.

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