Dopo la riconquista del Mezzogiorno
d'Italia al termine delle guerre greco-gotiche (536-553), il potere
centrale bizantino non fu in grado di difenderlo dalle incursioni
longobarde e arabe, arretrando progressivamente in Puglia fino ad
attestarsi al di qua di una linea approssimativamente compresa tra
Otranto e Gallipoli.
Il decadere della funzione
protettiva delle città, la debolezza del potere militare bizantino,
la precarietà del vivere fra invasioni e devastazioni, furono i
fattori che contribuirono allo spopolamento dei maggiori centri
urbani – ad eccezione della città di Otranto – a favore di un
ripopolamento delle campagne che si presentavano selvagge e
trascurate, e con ridotte terre coltivabili. Ritornare ad una vita
primitiva e a ripopolare le campagne non era di certo una scelta ma
un obbligo per la sopravvivenza dei plebei che ignoravano il
commercio e facevano scomparire il risultato del proprio lavoro,
artigianale o agricolo, per paura dei continui saccheggi. La campagna
rimase l’unica via di salvezza: lì si formarono piccoli nuclei
sociali, dove si produceva l’occorrente per vivere e nascevano
nuovi legami di parentela.
Le grotte furono
indispensabili per lo sviluppo della vita sociale tanto che in alcune
di esse arrivarono ad abitare anche 400 persone.
La grotta al suo interno era
dotata di tutto ciò che all’epoca poteva servire: un ampio spazio
per il ricovero degli animali, il trappeto, la cappella, spazio per
dormire e per mangiare. Tutto ciò che veniva prodotto serviva per il
sostentamento della comunità: infatti ogni famiglia aveva quanto gli
bastava per vivere mentre la parte eccedente veniva messa in grandi
depositi che in genere erano situati vicino alle case e che si
presentavano come delle “cisterne” che venivano chiuse con dei
grossi blocchi di pietra (chianche).
Tra l'VIII ed il X secolo
inoltre, raggiunsero il Salento numerosi monaci basiliani, in diverse
ondate migratorie in corrispondenza dapprima con le diverse fasi di
recrudescenza delle persecuzioni iconoclaste (726-843) e,
successivamente, a seguito della progressiva conquista araba della
Sicilia (827-965).
Con l'arrivo dei monaci,
alcune grotte si trasformarono in cripte ricche di affreschi
raffiguranti immagini di santi orientali. Qui essi continuarono a
praticare i loro riti e le loro preghiere influenzando i costumi
sociali e i rapporti umani esistenti nei centri che li accoglievano o
nei villaggi rupestri dove, considerando un obbligo morale il lavoro manuale per procacciarsi da vivere, condussero una vita arcaica, come quella
della gente comune, ed in perfetta simbiosi con essa.
Cripta di Santa Cristina, Carpignano salentino
Nel settembre dell'867,
Basilio I il Macedone, liberatosi di Michele III e rimasto unico
imperatore, impresse immediatamente una svolta decisa alla politica
estera bizantina, avviando un programma di riconquista delle
provincie occidentali.
Già l'anno precedente,
quando era ancora coimperatore, aveva inviato in Adriatico a difesa
di Ragusa, assediata dagli Arabi, una flotta di cento navi al comando
di Niceta Orifa, il più esperto ammiraglio della marina bizantina
dell'epoca.
Incoronazione di Basilio I come coimperatore (26 maggio 866)
da
un'edizione miniata prodotta in Sicilia nel XII secolo della Sinossi
della Storia
di Giovanni Scilitze (Madrid
Skylitzes)
Biblioteca Nacional
de España, Madrid
Contemporaneamente in terraferma l'imperatore franco Ludovico II, stanziato a Benevento, avviò le operazioni contro l'enclave araba dell'Emirato di Bari (1) stringendo d'assedio la città.
Nel settembre 869 la flotta
bizantina, al comando di Niceta Orifa e forte di 400 navi
(praticamente l'intera forza della marineria bizantina), compare al
largo di Bari ma trova soltanto poche truppe franche che Ludovico ha
lasciato a difendere il campo trincerato che circonda la città.
L’ammiraglio bizantino tenta ugualmente di prendere la città
d’assalto ma non ha fortuna e ripiega quindi su Corinto con tutta
la flotta. Nella primavera 870 l’imperatore franco riprende le
operazioni contro Bari: a Natale sconfigge nei pressi di Cosenza
l’esercito inviato dall’Emiro di Amantea in soccorso della città
assediata ed il 3 febbraio 871 entra a Bari con al fianco il
principe longobardo di Benevento Adelchi a cui ne consegna il
possesso.
Nel Natale dell'876, il
primicerio Gregorio, inviato in Italia da Basilio I al comando di un
corpo di spedizione, chiamato in soccorso della città dal presidio
longobardo per fronteggiare la minaccia araba, entra a Bari e ne
ottiene la sottomissione all'impero bizantino.
Nell'880 le truppe
bizantine, al comando del protovestiario Procopio, che cade
combattendo, e dello stratego Leone Apostippe, espugnano Taranto che
gli arabi tenevano da quarant'anni. La presa di Taranto consente ai
bizantini di estendere l'offensiva alla Calabria e nel biennio
885-886, il generale Niceforo Foca il vecchio liquida l'enclave araba
dell' Emirato di Amantea espugnando una dopo l'altra le roccaforti di
Tropea, Santa Severina ed Amantea, eliminando la presenza araba sul
continente.
L'offensiva bizantina è
completata dalla riconquista dei territori di Calabria in mano ai
Longobardi (quasi tutta l'odierna provincia di Cosenza) e dell'intera
Lucania.
Sul piano
amministrativo il territorio riconquistato fu suddiviso in due thema:
quello di Longobardia,
che comprendeva la Puglia e parti della Lucania (zone cioè
precedentemente occupate dai Longobardi) e quello di Calabria,
i cui confini coincidevano in linea di massima con quelli
dell'omonima regione attuale ed al cui comando fu posto uno stratego.
Nel 970 i due thema verranno unificati amministrativamente nella
formazione del Catepanato d'Italia.
Al fine di non
esasperare le popolazioni riannesse all'Impero, nelle aree
precedentemente occupate dai Longobardi, si assiste comunque alla
compresenza di strutture istituzionali bizantine con altre
tipicamente longobarde, come anche quella di funzionari pubblici
inseriti nella gerarchia di potere bizantina che convivono sullo
stesso territorio e nella stessa città con altri del ceto eminente
longobardo. Contemporaneamente viene messo in atto un programma di
ripopolamento delle campagne e fondazione o rifondazione di centri
abitati con trapianti di oriundi provenienti da altre regioni
dell'Impero (soprattutto Slavi). Niceforo Foca, in quest'ottica,
permise ad esempio ai suoi soldati – per la gran parte armeni e
orientali – di colonizzare le terre di nuova conquista.
La Grecìa salentina
Aree di diffusione del Griko nel Salento
Con il termine di
Grecìa salentina
si indica attualmente un'area ellenofona a sud di Lecce formata da 11
comuni (Calimera, Carpignano Salentino, Castrignano dei Greci,
Corigliano d’Otranto, Cutrofiano, Martano, Martignano, Melpignano,
Soleto, Sternatia, Zollino).
Un tempo l'area era molto
più estesa (cfr. l'area circoscritta dalla linea tratteggiata nella
cartina) abbracciando un territorio compreso tra Otranto e Gallipoli.
La lingua parlata, il
Griko (il
termine Grecanico
si ritrova più specificamente applicato alla lingua parlata
nell'area grecofona calabrese), conserva in sé vocaboli di origine
dorica, attestanti la derivazione dall’antico Greco, ma anche
vocaboli medievali e neogreci.
Note:
Note:
(1) Secondo lo storico arabo
al-Baladhuri, Bari fu strappata ai Bizantini nell' 847 dal berbero
Khalfūn, forse originario della Sicilia, che vi istituì un emirato
indipendente autoproclamandosi emiro di Bari. Alla sua morte (852
c.ca) gli successe Mufarraj ibn Sallām, che è ricordato per la
costruzione di una moschea (che sorgeva probabilmente sul sito
dell'attuale cattedrale) e per aver inviato al califfo abbaside la
richiesta di investitura ufficiale ad emiro che, tra le altre cose,
avrebbe implicato anche l'ereditarietà della carica. Mufarraj ibn
Sallām fu deposto e ucciso (857) prima di ricevere l'investitura che
fu invece conferita nell'863 al suo successore Sawdan, terzo ed
ultimo emiro di Bari.
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