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lunedì 7 settembre 2015

Il Salento bizantino e la Grecìa salentina, Introduzione

Il Salento bizantino e la Grecìa salentina, Introduzione


Dopo la riconquista del Mezzogiorno d'Italia al termine delle guerre greco-gotiche (536-553), il potere centrale bizantino non fu in grado di difenderlo dalle incursioni longobarde e arabe, arretrando progressivamente in Puglia fino ad attestarsi al di qua di una linea approssimativamente compresa tra Otranto e Gallipoli.
Il decadere della funzione protettiva delle città, la debolezza del potere militare bizantino, la precarietà del vivere fra invasioni e devastazioni, furono i fattori che contribuirono allo spopolamento dei maggiori centri urbani – ad eccezione della città di Otranto – a favore di un ripopolamento delle campagne che si presentavano selvagge e trascurate, e con ridotte terre coltivabili. Ritornare ad una vita primitiva e a ripopolare le campagne non era di certo una scelta ma un obbligo per la sopravvivenza dei plebei che ignoravano il commercio e facevano scomparire il risultato del proprio lavoro, artigianale o agricolo, per paura dei continui saccheggi. La campagna rimase l’unica via di salvezza: lì si formarono piccoli nuclei sociali, dove si produceva l’occorrente per vivere e nascevano nuovi legami di parentela.
Le grotte furono indispensabili per lo sviluppo della vita sociale tanto che in alcune di esse arrivarono ad abitare anche 400 persone.
La grotta al suo interno era dotata di tutto ciò che all’epoca poteva servire: un ampio spazio per il ricovero degli animali, il trappeto, la cappella, spazio per dormire e per mangiare. Tutto ciò che veniva prodotto serviva per il sostentamento della comunità: infatti ogni famiglia aveva quanto gli bastava per vivere mentre la parte eccedente veniva messa in grandi depositi che in genere erano situati vicino alle case e che si presentavano come delle “cisterne” che venivano chiuse con dei grossi blocchi di pietra (chianche).
Tra l'VIII ed il X secolo inoltre, raggiunsero il Salento numerosi monaci basiliani, in diverse ondate migratorie in corrispondenza dapprima con le diverse fasi di recrudescenza delle persecuzioni iconoclaste (726-843) e, successivamente, a seguito della progressiva conquista araba della Sicilia (827-965).
Con l'arrivo dei monaci, alcune grotte si trasformarono in cripte ricche di affreschi raffiguranti immagini di santi orientali. Qui essi continuarono a praticare i loro riti e le loro preghiere influenzando i costumi sociali e i rapporti umani esistenti nei centri che li accoglievano o nei villaggi rupestri dove, considerando un obbligo morale il lavoro manuale per procacciarsi da vivere, condussero una vita arcaica, come quella della gente comune, ed in perfetta simbiosi con essa.

Cripta di Santa Cristina, Carpignano salentino

Nel settembre dell'867, Basilio I il Macedone, liberatosi di Michele III e rimasto unico imperatore, impresse immediatamente una svolta decisa alla politica estera bizantina, avviando un programma di riconquista delle provincie occidentali.
Già l'anno precedente, quando era ancora coimperatore, aveva inviato in Adriatico a difesa di Ragusa, assediata dagli Arabi, una flotta di cento navi al comando di Niceta Orifa, il più esperto ammiraglio della marina bizantina dell'epoca.
Incoronazione di Basilio I come coimperatore (26 maggio 866)
da un'edizione miniata prodotta in Sicilia nel XII secolo della Sinossi della Storia di Giovanni Scilitze (Madrid Skylitzes)
Biblioteca Nacional de España, Madrid

Contemporaneamente in terraferma l'imperatore franco Ludovico II, stanziato a Benevento, avviò le operazioni contro l'enclave araba dell'Emirato di Bari (1) stringendo d'assedio la città.
Nel settembre 869 la flotta bizantina, al comando di Niceta Orifa e forte di 400 navi (praticamente l'intera forza della marineria bizantina), compare al largo di Bari ma trova soltanto poche truppe franche che Ludovico ha lasciato a difendere il campo trincerato che circonda la città. L’ammiraglio bizantino tenta ugualmente di prendere la città d’assalto ma non ha fortuna e ripiega quindi su Corinto con tutta la flotta. Nella primavera 870 l’imperatore franco riprende le operazioni contro Bari: a Natale sconfigge nei pressi di Cosenza l’esercito inviato dall’Emiro di Amantea in soccorso della città assediata ed il 3 febbraio 871 entra a Bari con al fianco il principe longobardo di Benevento Adelchi a cui ne consegna il possesso.
Nel Natale dell'876, il primicerio Gregorio, inviato in Italia da Basilio I al comando di un corpo di spedizione, chiamato in soccorso della città dal presidio longobardo per fronteggiare la minaccia araba, entra a Bari e ne ottiene la sottomissione all'impero bizantino.
Nell'880 le truppe bizantine, al comando del protovestiario Procopio, che cade combattendo, e dello stratego Leone Apostippe, espugnano Taranto che gli arabi tenevano da quarant'anni. La presa di Taranto consente ai bizantini di estendere l'offensiva alla Calabria e nel biennio 885-886, il generale Niceforo Foca il vecchio liquida l'enclave araba dell' Emirato di Amantea espugnando una dopo l'altra le roccaforti di Tropea, Santa Severina ed Amantea, eliminando la presenza araba sul continente.
L'offensiva bizantina è completata dalla riconquista dei territori di Calabria in mano ai Longobardi (quasi tutta l'odierna provincia di Cosenza) e dell'intera Lucania.
Sul piano amministrativo il territorio riconquistato fu suddiviso in due thema: quello di Longobardia, che com­prendeva la Puglia e parti della Lucania (zone cioè precedentemente occupate dai Longobardi) e quello di Calabria, i cui confini coincidevano in linea di massima con quelli dell'omonima regione attuale ed al cui comando fu posto uno stratego. Nel 970 i due thema verranno unificati amministrativamente nella formazione del Catepanato d'Italia.
Al fine di non esasperare le popolazioni riannesse all'Impero, nelle aree precedentemente occupate dai Longobardi, si assiste comunque alla compresenza di strutture istituzionali bizantine con altre tipicamente longobarde, come anche quella di funzionari pubblici inseriti nella gerarchia di potere bizantina che convivono sullo stesso territorio e nella stessa città con altri del ceto eminente longobardo. Contemporaneamente viene messo in atto un programma di ripopolamento delle campagne e fondazione o rifondazione di centri abitati con trapianti di oriundi provenienti da altre regioni dell'Impero (soprattutto Slavi). Niceforo Foca, in quest'ottica, permise ad esempio ai suoi soldati – per la gran parte armeni e orientali – di colonizzare le terre di nuova conquista.


Aree di diffusione del Griko nel Salento

La Grecìa salentina
Con il termine di Grecìa salentina si indica attualmente un'area ellenofona a sud di Lecce formata da 11 comuni (Calimera, Carpignano Salentino, Castrignano dei Greci, Corigliano d’Otranto, Cutrofiano, Martano, Martignano, Melpignano, Soleto, Sternatia, Zollino).
Un tempo l'area era molto più estesa (cfr. l'area circoscritta dalla linea tratteggiata nella cartina) abbracciando un territorio compreso tra Otranto e Gallipoli.
La lingua parlata, il Griko (il termine Grecanico si ritrova più specificamente applicato alla lingua parlata nell'area grecofona calabrese), conserva in sé vocaboli di origine dorica, attestanti la derivazione dall’antico Greco, ma anche vocaboli medievali e neogreci.

Note:

(1) Secondo lo storico arabo al-Baladhuri, Bari fu strappata ai Bizantini nell' 847 dal berbero Khalfūn, forse originario della Sicilia, che vi istituì un emirato indipendente autoproclamandosi emiro di Bari. Alla sua morte (852 c.ca) gli successe Mufarraj ibn Sallām, che è ricordato per la costruzione di una moschea (che sorgeva probabilmente sul sito dell'attuale cattedrale) e per aver inviato al califfo abbaside la richiesta di investitura ufficiale ad emiro che, tra le altre cose, avrebbe implicato anche l'ereditarietà della carica. Mufarraj ibn Sallām fu deposto e ucciso (857) prima di ricevere l'investitura che fu invece conferita nell'863 al suo successore Sawdan, terzo ed ultimo emiro di Bari.



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