Innalzato in epoca teodoriciana come battistero dell’antica cattedrale ariana, oggi chiesa dello Spirito Santo, che sorge nelle sue vicinanze, è praticamente coevo a Sant'Apollinare nuovo.
Fu riconsacrato al culto cattolico ortodosso nel 556 come oratorio dedicato alla Vergine Maria.
Lo sprofondamento del suolo ravennate, in questo caso di circa 2,30 metri, ne altera notevolmente le proporzioni.
Dal perimetro fuoriescono quattro piccole absidi semicircolari orientate secondo i punti cardinali, delle quali la maggiore, rivolta ad est, è preceduta da un presbiterio. Quello che oggi vediamo è solo la parte centrale della costruzione antica, che appariva più ricca e articolata; originariamente infatti il battistero era circondato da un ambulacro anulare coperto da una volta, che si interrompeva solo sul lato orientale, in corrispondenza dell’absidiola più grande. Sono ancora visibili in corrispondenza delle absidi minori gli arconi che servivano all’innesto delle volte.
Di tutto l’apparato decorativo originario non resta che il prezioso rivestimento musivo della cupola, nel quale gli studiosi, pur nell’unità del programma iconografico, riscontrano tempi stilistici diversi; l’opinione attualmente prevalente è comunque che tutti gli interventi risalgano al periodo teodericiano. Inoltre, pur essendo il mosaico sostanzialmente ben conservato, gli inevitabili restauri che la raffigurazione ha subito nei secoli spiegano qualche disomogeneità e la difficoltà di interpretazione di alcuni particolari.
Mosaico della cupola: è di poco successivo a quello del Battistero degli ortodossi a cui chiaramente s'ispira.
Nel medaglione centrale, le posizioni del Battista e del Fiume appaiono invertite mentre la mano del Battista s'impone direttamente sulla testa del Cristo (come avveniva originariamente anche nel Battistero degli ortodossi).
Al centro della cupola campeggia un medaglione incorniciato da un anello con corona dorata d’alloro su fondo rosso; al suo interno è raffigurata, come si conviene in un battistero, la scena del battesimo di Cristo, simbolo di vittoria sulla morte. L’episodio è tradizionalmente costruito con tre personaggi.
Al centro il Cristo ignudo, immerso nelle acque del Giordano, è rappresentato giovane e imberbe, mentre il Battista a sinistra, vestito di un rozzo abito e di un bastone da pastore simbolo della vita di privazioni del deserto, gli impone la mano sulla testa secondo l’antico rito.
Dall’alto scende verticalmente la colomba divina, ad irrorare con un soffio di luce, simbolo dello Spirito, il capo del Cristo (secondo altre interpretazioni, con un fiotto di acqua lustrale, oppure, l’uccello tiene nel becco un ramoscello d’ulivo, alludendo al ritorno della pace dopo il diluvio).
A destra è collocata la figura di un nobile e possente vecchio con barba e capelli bianchi, rappresentato con torso nudo e la parte inferiore del corpo ricoperta da un drappo verde. Il personaggio simboleggia il fiume Giordano, in quanto fornito di attributi che derivano direttamente dalle divinità fluviali personificate comuni nell’iconografia ellenistica. Infatti la figura si appoggia a un vaso rovesciato, dalla cui bocca defluisce l’acqua, e regge in mano una canna palustre, mentre sulla sua testa spuntano le rosse chele di un granchio, che rappresentano gli elementi della vita acquatica.
Nella fascia concentrica che circonda il medaglione è raffigurato un maestoso corteo di apostoli, che avanzano con ritmo cadenzato su fondo aureo, intervallati da immagini stilizzate di palme. Vestiti secondo la foggia degli antichi romani, sorreggono ciascuno una corona, simbolo di vittoria, con le mani ricoperte, in segno di rispetto, da un drappo bianco denominato pallio. Su ognuno di questi veli compaiono lettere greche dette gammadie.
La processione è aperta a destra da Pietro e a sinistra da Paolo, ben caratterizzati nei volti, e identificati mediante gli attributi canonici: l’uno tiene in mano le chiavi e l’altro due rotoli. Essi affiancano il culmine simbolico del corteo: un trono d’oro riccamente decorato. Il motivo iconografico cristiano della cattedra vuota, di origine orientale e denominato etimasia, fa riferimento alla presenza invisibile del Cristo e rappresenta simbolicamente il trono sul quale egli siederà nel giorno del giudizio finale. Qui però l’iconografia è arricchita da elementi nuovi che ne modificano l’interpretazione e che potrebbero rappresentare l’apporto della dottrina ariana alla raffigurazione. Infatti sul sedile è collocato un drappo bianco e un cuscino purpureo dove poggia una grande croce latina ornata di gemme; questi elementi potrebbero essere simbolici delle sofferenze patite sulla croce e quindi alludere alla natura umana e alla fisicità del Cristo.
Internamente si presenta costruito in laterizi, con una pianta ottagonale e quattro nicchioni (nella simbologia cristiana, la pianta ottagonale dei battisteri corrisponde ai sette giorni necessari per la creazione del mondo più l'ottavo della Resurrezione, con il Battesimo l'uomo "risorge" dal peccato).
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