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mercoledì 19 settembre 2012

Il battistero lateranense


Il Battistero lateranense

Benché sia fantasiosa la narrazione del battesimo di Costantino amministrato dal papa Silvestro I (314-335) nel Laterano, si sa con certezza che l’imperatore volle personalmente che, tra il 320 e il 325, a fianco della basilica sorgesse il monumentale battistero.
La leggenda del battesimo di Costantino è raffigurata all’interno del battistero stesso, nel bassorilievo in bronzo del XVII secolo posto sulla vasca battesimale come rovescio del battesimo di Cristo nel Giordano, come anche negli affreschi del transetto della basilica lateranense.
Costantino ricevette in realtà il battesimo solo in punto di morte, nell’anno 337, ricevendo il sacramento per mano del vescovo Eusebio di Nicomedia.


Il battistero lateranense appare come una derivazione di costruzioni romane a pianta centrale, spesso con cupola; per la sua realizzazione si ricorse all’adattamento del nymphaeum dell’area termale esistente in loco, appartenente alla Domus Faustae, di forma circolare con nicchie affiancate da grandi colonne, come hanno mostrato gli scavi del 1925 e del 1929.
La costruzione fu successivamente rimaneggiata nel V secolo da papa Sisto III (432- 440) al quale si deve la pianta ottagonale che ancora esiste. L’ottagono richiama simbolicamente la Pasqua, l’ottavo giorno, in cui trova definitiva realizzazione la redenzione, come compimento del primo giorno, quello della creazione.



Varcata la soglia dell’attuale ingresso verso la piazza, l’interno del battistero appare subito nel suo insieme, mostrando in terra il grande stemma con le api del casato di Urbano VIII Barberini (1623-1644) cui si devono gli affreschi ancora visibili.
Il battistero presenta intorno al fonte battesimale, dove i catecumeni erano battezzati per immersione, otto colonne con capitelli ionici e corinzi alternati, le quali lo isolano dal deambulatorio, il corridoio circolare più esterno. Il raccordo tra le parti è ottenuto con un soffitto in legno policromo con fregi, simboli e quattro figure intagliate: Gesù Salvatore, la beata Vergine Assunta, San Giovanni Battista e San Giovanni evangelista.

Diverse cappelle circondano il magnifico monumento battesimale.

Le Cappelle di San Giovanni Evangelista e di San Giovanni Battista furono edificate alla fine del secolo V da papa Ilaro (461- 468), come ringraziamento ai due santi per lo scampato pericolo corso durante il II concilio di Efeso del 449, manovrato dal monaco monofisita Eutiche. L’architrave di ingresso della cappella dedicata a San Giovanni reca l’iscrizione dedicatoria: "Al suo liberatore il beato Giovanni evangelista, Ilaro, servo di Dio", e la citazione giovannea: "Diligite alterutrum (amatevi gli uni gli altri)".
Ilaro, diacono, era stato inviato dal papa Leone I Magno come suo delegato al Concilio di Efeso del 449 per contrastare le tesi del monaco Eutiche. Quest’ultimo negava la duplice natura del Cristo (umana e divina) e affermava che Cristo non è consustanziale con l’umanità, ma che, una volta avvenuta l’incarnazione, permaneva soltanto la sua natura divina che assorbiva quella umana (eresia monofisita). Il cosiddetto
latrocinio di Efeso, secondo la definizione datane da papa Leone I, sembrò segnare la vittoria della posizione monofisita di Eutiche che l'imperatore Teodosio II volle fosse recepita dal Codice teodosiano. Due anni dopo il concilio di Calcedonia (451) voluto dal nuovo imperatore Marciano confutò la posizione monofisita, perché negava la reale umanità di Cristo, ed affermò la presenza nella sua persona delle due nature (umana e divina), integre e complete, senza mescolanza, trasformazione, separazione o divisione. Succeduto a Leone I, papa Ilaro costruì appunto le cappelle del battistero lateranense.

La Cappella di S. Venanzio, iniziata da papa Giovanni IV Dalmata (640-642) e completata dal suo successore papa Teodoro I (642-649), fu pensata per accogliere le reliquie dei martiri dalmati, tra cui quelle di Venanzio, vescovo di Dumno e Domnione (o Domnio) vescovo di Salona, che il papa fece traslare a Roma per sottrarle alle scorrerie degli Avari.


Il mosaico del catino absidale ha al centro la figura del Cristo benedicente fiancheggiato da due angeli mentre nel registro più basso è rappresentata la sua Chiesa con al centro la Vergine orante (cfr. il mosaico absidale della chiesa cipriota della Panagia Kyra), a destra San Pietro con l’asta crociata, San Giovanni Battista, il vescovo Domnione, Papa Giovanni IV (senza nimbo); a sinistra San Paolo con il libro in mano, San Giovanni evangelista, San Venanzio e papa Teodoro I (anch'egli senza nimbo) che offre il modello della chiesa.
Sull'arco, entro quattro pannelli fra le finestre sono i simboli degli evangelisti e le città di Betlemme e Gerusalemme turrite e gemmate, e in due riquadri laterali, posti all'altezza del catino, 8 martiri dalmati che subirono il martirio insieme a San Domnione a Salona nel 304 durante le ultime persecuzioni di Diocleziano, e cioè a destra il vescovo Mauro, il diacono Settimio, Antiochiano, e Gaiano;


a sinistra Anastasio, il monaco Asterio, Tellio e Paoliniano.


 È la Chiesa intera, celeste e terrestre che prega il suo Signore.

Secondo l'analisi di Matthiae, il punto di partenza nell'elaborazione iconografica della composizione fu il tema dell'Ascensione, secondo la sua formula più generale. Ciò risulterebbe dalla struttura compositiva con la partizione in due zone e l'asse verticale costituito dal Cristo e da Maria orante; le varianti introdotte furono però così vaste da alterare interamente il significato della rappresentazione.
Nella zona inferiore furono conservati la Madonna ed i principi degli apostoli posti lateralmente secondo la consuetudine, e per il resto continuò ad essere determinante, come nel secolo VI, l'azione normativa del mosaico dei SS. Cosma e Damiano, nel quale la teofania si unisce alla esaltazione dei martiri titolari e di altri il cui culto fosse topograficamente legato all'oratorio.
I due Giovanni – il Battista e l'Evangelista - entrano nella composizione perché a loro erano dedicate le due cappelle costruite da papa Ilaro, i vescovi Domnione e Venanzio sono i “titolari” dell'oratorio, che ne accoglie le reliquie; le circostanze costruttive consentono di affiancare poi i papi Giovanni IV e Teodoro I, equivalenti di pari rango come nel mosaico di S. Agnese. Scomparso fra loro ogni legame ideale e compositivo, i gruppi si risolvono in una successione di figure isolate, rigidamente frontali secondo la formula orientale.

Ingresso originario


Nell’originario ingresso del battistero, il pronao biabsidato con le due colonne di porfido, trova invece posto la Cappella dei santi martiri Cipriano e Giustina con un mosaico del secolo V a racemi, con un emiciclo con l’Agnello, quattro colombe e piccole croci gemmate, e la Cappella delle Sante vergini Rufina e Seconda martirizzate durante la persecuzione di Valeriano (253-260).








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