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martedì 10 luglio 2012

Zara, introduzione

Zara


Dal 59 a.C. diventa un municipio romano con il nome Iadera e nel 48 d.C. una colonia i cui abitanti ottengono lo status di cittadini romani.
Dopo la caduta dell'Impero romano d'Occidente e la distruzione di Salona, agli inizi del VII secolo Zara diventa la capitale della provincia bizantina della Dalmazia, poi Ducato di Dalmazia. Il controllo bizantino è però conteso sino al X secolo da Goti, Franchi e Croati.
Zara, che allora era un'isola, fu una delle località dove si rifugiarono i Dalmati romanizzati, quando arrivarono le invasioni barbare degli Avari e Croati.

Primo periodo veneziano (1000-1183)
Nell'anno mille Zara, così come la gran parte delle città della Dalmazia, offrì la propria sottomissione al Doge di Venezia, Pietro II Orseolo. Questi era, almeno formalmente, un Duca sottomesso all'Imperatore bizantino.
Nel 1004 lo stesso basileus Basilio II riconobbe la nuova condizione, assegnando ai dogi il governo su Zara e sul Ducato di Dalmazia, con il titolo di Duchi di Venezia e Dalmazia.
I Veneziani si limitarono a fondare in città nuovi fondaci commerciali, ma lasciarono sostanzialmente invariato l'ordinamento locale, richiedendo solo una sottomissione formale e la garanzia di forniture militari in caso di guerra.
Alla metà del secolo, però, Zara cacciò il conte veneziano Orso Giustinian, consegnandosi a Pietro Cresimiro, re di Croazia, ma venne in breve riconquistata dal doge Domenico Contarini, che vi insediò al governo il figlio Marco. Il dominio veneziano venne nuovamente ribadito e rinforzato dai sovrani bizantini con l'assegnazione del titolo di Duchi di Venezia, Croazia e Dalmazia.
Nel 1114, tuttavia, Colomanno, re d'Ungheria, dopo aver annesso la Croazia occupò Zara e parte della Dalmazia, vantandovi gli antichi diritti dei sovrani croati.
Tornata in mano veneziana nel 1116, la città venne nuovamente assalita l'anno successivo da un'armata ungherese: la flotta veneziana, intervenuta in difesa del possedimento, venne respinta in uno scontro che costò la vita allo stesso doge Ordelaffo Falier.
La pace del 1118, però, confermava il possesso veneziano della città.
Nel 1123, tuttavia, approfittando dell'assenza della flotta veneta, impegnata in Oriente, Stefano II d'Ungheria occupò l'intera Dalmazia veneziana, compresa Zaravecchia, ma non Zara.
Nel 1125 l'armata veneziana, di ritorno dall' Oriente, rioccupò le città perdute, distruggendo Zaravecchia, che aveva opposto resistenza.
Nuovo conte di Zara venne nominato Domenico, figlio del doge Michiel, che nel 1154 riuscì però a preservare solamente la città dalla nuova invasione ungherese della Dalmazia. In tale occasione papa Anastasio IV concedeva il pallio all'arcivescovo zaratino Lampredo, riconoscendolo metropolita della Dalmazia.
Tre anni dopo, però, papa Adriano IV ne ordinava la sottomissione al patriarcato di Grado, provocando lo scoppio di sommosse e un forte scontento in città.
Tale situazione portò gli zaratini a consegnarsi nel 1161 a Stefano III d'Ungheria. La reazione di Venezia non si fece però attendere e quello stesso anno Zara venne espugnata dal doge Vitale II Michiel (1155-1172), intervenuto con una flotta di trenta galee. Il doge pretese il giuramento di fedeltà da parte di tutti gli zaratini in grado di portare le armi e la piena sottomissione alla chiesa patriarcale di Grado, insediandovi come conte Domenico Morosini.

Il conflitto procedette con fasi alterne fino al 1202, quando il doge Enrico Dandolo, esasperato dalla resistenza della città, le scatenò contro l'intera armata della Quarta Crociata, deviata nonostante le vibrate proteste di papa Innocenzo III, che giunse a scomunicare veneziani e Crociati, salvo poi ritirare la scomunica a questi ultimi poiché voleva che la crociata venisse portata a termine.
Il 10 novembre la flotta crociata fece la sua comparsa nelle acque di Zara, la catena del porto fu subito spezzata ed ebbe inizio lo sbarco. La mattina del 13 cominciò l'assalto: la città fu investita da un rovescio di proiettili lanciati dalle catapulte, dai mangani, dalle petriere e dalle altre macchine da guerra schierate in grande quantità, mentre alle mura si avvicinavano minacciose le scale drizzate sulle navi. Dopo circa cinque giorni d'assedio si misero all'opera gli zappatori cercando di atterrare il muro di una torre. Gli abitanti asserragliati dentro le mura si accorsero che resistere ancora avrebbe reso più disastrosa la sconfitta e inviarono una delegazione al doge per trattare la resa.

Andrea Vicentino, La conquista di Zara nel 1202 (particolare), Palazzo ducale, sala del Maggior Consiglio Venezia, XVI sec.

La città continuò comunque ad essere contesa tra veneziani ed ungheresi per tutto il XIII ed il XIV secolo cambiando di mano a più riprese.

Secondo periodo veneziano (1409-1797)
Nel 1409, re Ladislao di Napoli cedette Zara alla Repubblica di Venezia per 100.000 ducati d'oro, assieme a tutti i suoi diritti sulla Dalmazia: dopo lotte secolari, la città si sottomise definitivamente alla Serenissima, divenendo capitale della Dalmazia veneta, nonché il principale baluardo di resistenza contro le incursioni ottomane che si estendevano nell'entroterra illirico.
In questo periodo, Zara conobbe un discreto sviluppo, arricchendosi di opere d'arte e venendo ad assumere quella fisionomia che perdurò fino alla dominazione austroungarica, quando venne abbattuta gran parte della mura difensive.
Dopo la caduta di Venezia nel 1797, in seguito al Trattato di Campoformio, Zara passò in mano agli austriaci. Dopo un relativamente breve periodo di dominazione francese (1805-1813) in cui fece parte del Regno napoleonico d'Italia, Zara entrò a far parte dell'Impero austro-ungarico. La Dalmazia successivamente (1815) venne costituita in regno con capitale Zara.

Zara italiana (1920-1947)
Alla vigilia dell'entrata in guerra nel primo conflitto mondiale, con il Patto di Londra fu promessa all'Italia, in caso di vittoria, poco più della metà della Dalmazia, inclusa Zara.
Nello stesso giorno della vittoria, il 4 novembre 1918, la torpediniera AS 55 sbarcava a Zara il primo reparto italiano: due plotoni del 225º Reggimento di fanteria della Brigata Arezzo, accolti dalla popolazione italiana in modo entusiasta.
Pur vittoriosa, l'Italia portò avanti un lungo negoziato a seguito delle tensioni venutesi a creare alla Conferenza di Pace di Parigi. L'Italia fu costretta a rinunciare alla maggior parte della Dalmazia con l'eccezione di Zara (annessa ufficialmente all'Italia con il Trattato di Rapallo del 1920), che divenne capoluogo di una minuscola provincia.
La Provincia di Zara, istituita nel 1920, comprendeva:
  1. il comune di Zara
  2. l'isola di Cazza presso la costa dalmata
  3. l'isola di Lagosta presso la costa dalmata
  4. l'arcipelago di Pelagosa tra la Puglia e la Dalmazia
  5. l'isola di Saseno davanti a Valona (Albania)


La provincia italiana di Zara nel 1920
 
La Seconda Guerra Mondiale fu per la città di Zara veramente tragica.
Un contingente partito dalla città venne impiegato durante la campagna di guerra nella quale le truppe nazifasciste aggredirono ed occuparono la Jugoslavia.
Ampie parti della costa e dell'entroterra vennero pertanto annesse al Regno d'Italia (accordi di Roma del 18 maggio 1941 fra Mussolini ed il dittatore fascista dello Stato Indipendente di Croazia Ante Pavelić).
Zara divenne capoluogo del Governatorato della Dalmazia, costituito dalle province di Zara stessa (notevolmente ampliata rispetto ai confini del 1920) e dalle provincie di Spalato e di Cattaro, all'estremo sud della regione.

Le provincie del Governatorato italiano della Dalmazia nel 1941

A partire dall'autunno 1943, Zara viene bombardata dagli alleati con un carico complessivo di ordigni sganciati di oltre 520 tonnellate. La città fu rasa al suolo (successivamente fu soprannominata la "Dresda italiana" da Enzo Bettiza) e vi fu un numero imprecisato di morti - stimato fra 1.000 e 2.000 - tra i civili zaratini.
Nel settembre del 1943, con la capitolazione dell'Italia, la parte italiana della Dalmazia - ad esclusione di Zara - venne occupata dall'esercito tedesco ed annessa allo Stato Indipendente di Croazia.
Il "Governatorato di Dalmazia" rimase vigente – dal punto di vista amministrativo/burocratico – nella sola area comunale di Zara, fino all'occupazione titina della città nel 1944.
 
Il 10 settembre 1943 un piccolo presidio tedesco si insedia in città.
Il 2 novembre Zara subisce il primo bombardamento alleato.
Il 24 dicembre il prefetto Sorrentino scrive a Coceani, prefetto di Trieste:"siamo pronti a sacrificarci, ma per chi? Se vincono i tedeschi Zara sarà tedesca, se vincono gli alleati, Zara sarà slava".
La notte del 3 gennaio 1944 viene dato l'ordine di sloggiare dai rifugi e di sfollare dalla città.
Il 15 gennaio, festa di S. Anastasia, l'Arcivescovo celebra per l'ultima volta la festa della Patrona nella sua Cattedrale
Il 22 gennaio, alle 13.15, l' Elettro, il panfilo di Guglielmo Marconi, carico di tanta gloria, viene colpito ripetutamente da una formazione di caccia bombardieri e affondato nel vallone di Diclo, presso Zara.
Il 23 maggio viene dato l'ordine di sgomberare completamente la città.
La notte del 30 ottobre i tedeschi abbandonano anche il retroterra dopo di aver tempestato con le loro artiglierie i posti di blocco del vecchio confine.
Il 31 ottobre 1944 è l'ultimo giorno della inutile, pesantissima tragedia di Zara. Essa ha un finale sconcertante. I bombardieri anglo-americani, ignari della ritirata tedesca, ritornano sulla città alle 9,30 e alle 11. Carabinieri, addetti al servizio di sicurezza, vengono inviati d'urgenza a Boccagnazzo per notificare la partenza dei tedeschi e per ottenere la cessazione dei bombardamenti. Ma i carabinieri vengono disarmati e fatti prigionieri. Non si da ascolto al loro messaggio. I bombardieri intanto prendono l'ultimo volo e così alle 14,45 abbiamo il lugubre botto di chiusura. Sul selciato, tra Porta Terraferma e la Fossa, giacciono i corpi sfracellati di due partigiani slavi che festeggiavano la vittoria
La radio jugoslava annuncia "che le truppe partigiane hanno occupato la città dopo tre giorni di aspri combattimenti". Propaganda. Non si è sparato neanche un colpo di moschetto. "Le truppe jugoslave - dice un testimone oculare - entrarono cautamente, dietro invito di una spia". Di bellico c'è soltanto la penosa fine delle due vittime di Porta Terraferma.
In Piazza dei Signori si accende un grande falò con i documenti del Comune e con i libri italiani della biblioteca. Martelli e sbarre di ferro si avventano contro i Leoni veneziani.
Prima che i partigiani slavi raggiungano il centro della città, il tenente dei Carabinieri Terranova sale di corsa sul campanile della cattedrale di S. Anastasia e spiega al vento una grande bandiera italiana. In piazza lo attendono i partigiani e lo fucilano sul posto.
 
Dall'inizio della guerra Zara ha subito 54 bombardamenti, con i seguenti risultati:
- 85% dei fabbricati distrutto dai bombardamenti aerei;
- 5% gravemente danneggiati, - 3% demoliti dai tedeschi;
- su 4.672 appartamenti, già esistenti nella cintura della città, 4.400 risultano distrutti e 272 abitabili
- 850 metri lineari di moli e di banchine industriali risultano distrutti. Restano praticabili circa 200 metri di banchine;
- tutti gli 11 magazzini portuali, per una capienza di 10 mila tonnellate, sono distrutti; - i movimenti del porto sono ostacolati da alcune unità affondate e cioè da un piroscafo di 10 mila tonnellate, da un secondo piroscafo passeggeri di 300 tonnellate, da 5 velieri da 100 e 200 tonnellate, da una motonave carica di mine affondata vicino al ponte e da altri relitti di unità minori.
 
La calle Larga come appariva nel 1947, dopo i bombardamenti. Il campanile della cattedrale di S.Anastasia appare miracolosamente intatto come, sulla sinistra, la cupola di S.Donato



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