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venerdì 29 luglio 2011

Morea, Introduzione

La Morea  

1685

  A partire dal XII secolo, il Peloponneso fu chiamato Morea dai Crociati a causa della forma della penisola, somigliante ad una foglia di gelso, ma anche a causa dell'importanza che aveva quell'albero nella penisola.
Nella spartizione dell'impero bizantino seguita alla caduta di Costantinopoli ad opera dell'armata latina della quarta crociata, il Peloponneso fu assegnato al marchese Bonifacio I del Monferrato, designato re di Tessalonica.
Il compito di conquistare la penisola fu dato da Bonifacio a Guglielmo di Champlitte, al quale si unì quale vassallo Goffredo I di Villehardouin, nipote del cronista.
I due conquistarono Patrasso e quindi procedettero sistematicamente alla conquista della Morea, senza incontrare resistenza da parte delle autorità bizantine. Soli seri oppositori furono alcuni potenti nobili (arconti) dell'interno dell'Arcadia e della Laconia, timorosi di perdere le loro terre. La sconfitta dell'esercito di Michele I Ducas Comneno nella battaglia dell'oliveto di Koundouras (1205), nella piana della Messenia, pose però fine ad ogni resistenza, così che Guglielmo di Champlitte poté sottomettere l'intera Arcadia, mentre il Villehardouin, ottenuto in feudo l'importante porto di Kalamata, si impadronì della Messenia.
Con la fine del 1205, Champlitte assunse il titolo di principe d'Acaia con il consenso di Bonifacio di Monferrato. Per consolidare il proprio potere egli cercò di accordarsi con la nobiltà greca, alla quale lasciò il possesso dei loro vasti latifondi, mantenendo una ferrea disciplina all'interno del suo esiguo numero di cavalieri franchi, così da evitare disordini e violenze. La sua correttezza e il suo alto senso della giustizia gli permisero così di affermare uniformemente il proprio potere su tutto il Peloponneso, sebbene nel 1206 dovette accettare che i Veneziani occupassero le due piazzeforti di Modone e Corone, in quella parte della penisola che era stata loro assegnata nella spartizione del 1204. Per compensare la perdita di queste due terre, Champlitte cedette al Villehardouin l'Arcadia, facendone così il più potente barone del principato. Fu pertanto naturale che, quando nel 1208 Champlitte fu costretto a fare ritorno in Borgogna per recuperare l'eredità del proprio fratello maggiore, Villehardouin fu da lui lasciato quale balivo per governare il principato in sua assenza. Champlitte morì nel corso del viaggio verso la Francia e di lì a poco la stessa sorte toccò al nipote Ugo, da lui designato quale suo luogotenente, così che l'intera eredità degli Champlitte ricadde su un bambino di neppure un anno.
Villehardouin, con il consenso dei baroni franchi, si proclamò allora Principe d'Acaia e riuscì ad ottenere da papa Innocenzo III e dall'Imperatore latino di Costantinopoli il riconoscimento della sua Signorìa sull'Acaia, l'Elide, la Messenia e su parte dell'Arcadia.

PRINCIPATO D'ACAIA (1205-1432)

1205-1209 Guglielmo di Champlitte
1209-1218 Goffredo I di Villehardouin
1218-1245 Goffredo II di Villehardouin, primogenito del precedente. Sposò Agnese, figlia di Pietro di Courtenay, imperatore di Costantinopoli. Alla sua morte fu sepolto nella chiesa di San Giacomo, nella capitale Andravida.
1245-1278 Guglielmo II  Villehardhouin, fratello di Goffredo II. Sotto il suo governo il principato raggiunse l'apice della sua potenza ma iniziò già con lui a declinare; costruì la fortezza di Mistrà come capitale del principato. Nel 1249 conquistò Monemvasia. Nel 1251 fece costruire la fortezza di Maina (detta anche Megali Maina o Grand Magne) nella penisola del Mani.
Sposò in prime nozze (1239) Agnese di Toucy, figlia di un notabile dell'impero latino di Costantinopoli. Nel 1246 sposò in seconde nozze Carintana delle Carceri, figlia di Rizzardo, signore di un terziere dell'Eubea.
Rimasto vedovo (1255), nel 1259 sposò in terze nozze la figlia del suo alleato, il despota d'Epiro Michele II Dukas Comneno, Anna (Agnese) Angelina Comnena, da cui ebbe le figlie Isabella e Margherita, ma fu sconfitto duramente dai bizantini a Pelagonia nel 1259, proprio per  la defezione dei suoi alleati epiroti.

Battaglia di Pelagonia (settembre 1259)
Nel 1259 l'imperatore niceno Michele VIII affidò a suo fratello Giovanni Paleologo, che era il Sebastocrator, il comando di un forte contingente di truppe che si trovava nei Balcani, affiancandogli in subordine il generale Alessio Strategopulo che ricopriva la carica di Gran Domestico e il generale Giovanni Raul Petraliphas. Poco dopo Michele VIII diede ordine di attaccare i suoi nemici, fra cui molti latini, e anche parecchi ducati greci formatisi dopo la caduta di Costantinopoli per mano crociata nel 1204, per impossessarsi della Tessaglia. Così nel 1259 l'esercito niceno conquistò la Tessaglia, ma nel settembre dello stesso anno la lega greco-latina formata dagli epiroti del Despotato, dai franchi del Principato d'Acaia, e dai normanni del Regno di Sicilia, le cui forze si erano congiunte ad Elassona, marciò contro l'esercito niceno.
I due eserciti si affrontarono nella piana di Pelagonia (nei pressi dell'attuale città di Bitola in Macedonia).
L'entità delle forze in campo non è del tutto chiara, probabilmente l'esercito niceno, rafforzato da mercenari occidentali, schierava 8.000 fanti e 1.600 cavalieri mentre le forze alleate erano nettamente superiori di numero. Ragione per la quale i comandanti niceni fecero marciare anche i contadini inquadrati come fossero reggimenti e inviarono nel campo epirota un falso disertore che ingigantisse nel descriverla la consistenza delle loro forze.
Michele II, despota d'Epiro e Guglielmo II di Villehardhouin, principe d'Acaia, si fidavano poco l'uno dell'altro. Il despota Michele II e il figlio Giovanni “il bastardo” – nato dalla relazione extraconiugale tra il despota e la sua amante Gaggrini – che comandava un contingente di valacchi assegnatigli dal suocero Taron, ritenevano infatti che, appena si fossero scontrati coi niceni, i latini sarebbero fuggiti in modo che l'esercito del despotato potesse essere massacrato. Inoltre lo storico bizantino Giorgio Pachymeres, racconta che Giovanni passò dalla parte dei bizantini, perché Guglielmo II di Villehardouin lo aveva insultato ricordandogli come fosse nato da una relazione extraconiugale, in più la sera prima Giovanni aveva convinto molti soldati a disertare, a causa del suo litigio con Guglielmo, cosicchè anche Michele II abbandonò il campo con il contingente epirota.

La piana di Pelagonia
 
Quando iniziò lo scontro, Giovanni Paleologo si ritrovò a combattere solamente contro la cavalleria pesante di Manfredi di Sicilia (circa 400 cavalieri catafratti tedeschi) e di Villehardouin (che schierava il fior fiore della nobiltà latina di Grecia).
Giovanni Paleologo dispose in prima linea i mercenari tedeschi, i suoi migliori soldati, dietro questi dispose i soldati serbi e ungheresi e in una terza linea, se stesso e tutti i Greci, mentre gli arcieri cumani e ungheresi occupavano i fianchi dello schieramento.
Dal momento che Giovanni Paleologo aveva schierato in prima linea i mercenari tedeschi che servivano nel suo esercito, Villehardhouin fece lo stesso con i suoi cavalieri tedeschi e ne affidò il comando al barone di Karytaina mentre egli stesso prese il comando della seconda linea di cavalleria, dietro cui ne schierò una terza e infine due linee di fanteria.
La battaglia ebbe inizio quando le due prime linee vennero a contatto, il barone di Karytaina disarcionò e uccise il comandante nemico e la prima linea bizantina fu subito in grossa difficoltà. L'intervento degli arcieri a cavallo cumani e ungheresi – che pur inutili contro le pesanti armature dei cavalieri latini ne falcidiarono le cavalcature rendendoli facile preda della fanteria – rovesciò le sorti dello scontro e la seconda linea di cavalleria al comando dello stesso Villeardhouin intervenuta a sostegno subì la stessa sorte della prima.
L'esercito della lega antinicena era in rotta, tutti i suoi componenti stavano scappando, nessuno più resisteva, per i bizantini fu un compito facile inseguire e massacrare i resti della armata nemica.
I cavalieri di Manfredi si arresero, mente Villehardouin fuggì nascondendosi in un pagliaio nei pressi di Castoria, ma, raggiunto e catturato, fu riconosciuto per via dei suoi denti sporgenti e condotto al cospetto di Giovanni Paleologo.
Rimase in cattività fino al 1262, allorché, per essere liberato, dovette consegnare al ricostituito Impero bizantino le fortezze di Mistrà, Monemvasia e di Maina.

Principato d'Acaia e Morea bizantina nel 1278

Nel 1267, con il Trattato di Viterbo, Carlo I d'Angiò ottenne dall'esautorato imperatore latino di Costantinopoli - Baldovino II - l'alto dominio sul Principato d'Acaia.
Nel 1271 in virtù del matrimonio celebrato tra la figlia primogenita di Villerdhouin, Isabella, ed il figlio del sovrano angioino, Filippo d'Angiò, quest'ultimo assunse anche il dominio diretto del Principato. Filippo morì però nel 1277 senza lasciare eredi.
Nel 1278, alla morte di Guglielmo II, il dominio diretto tornò ai sovrani angioini.
1287-1289, Nicola II di Saint Omer, Signore di Tebe, ricopre la carica di bailo del Principato per conto del regno angioino di Napoli.
Nel 1289, a seguito del nuovo matrimonio di Isabella con il conestabile del regno di Napoli Florent d'Hainault, Carlo II d'Angiò restituì alla coppia il dominio diretto sul Principato*.
1289-1297 Isabella di Villehardhouin con il marito Florent d'Hainault.
Rimasta nuovamente vedova, nel 1301 si risposa con Filippo di Savoia.
1301-1307 Isabella di Villehardhouin con il marito Filippo di Savoia
Per il suo piglio autoritario, Filippo di Savoia s'inimicò i baroni locali e nel 1304 fu costretto ad accettare l'istituzione di un parlamento che avrebbe limitato i suoi poteri. Nel 1307 Carlo II d'Angiò, a seguito di una rivolta dei contadini vessati dall'eccessiva tassazione, privò Filippo e Isabella del dominio e v'infeudò il figlio Filippo I di Taranto.
Da questo momento il Principato fu squassato da una serie di conflitti feudali tra i vari pretendenti al titolo frantumandosi in baronie locali, di fatto indipendenti dal fatiscente potere centrale, che furono progressivamente riassorbite dalla provincia bizantina di Morea.
1307-1313 Filippo I d'Angiò, principe di Taranto.
1313-1318 Matilde d'Hainault, figlia di Isabella di Villehardouin e Florent d'Hainault. Nel 1313 sposò in seconde nozze Luigi di Borgogna, re titolare di Tessalonica, che morì nel 1316.

Battaglia di Manolada (5 luglio 1316)
Nella piana di Manolada nella regione dell'Elide si affrontarono gli eserciti di Luigi di Borgogna e Ferdinando di Majorca, pretendenti al trono del Principato in virtù dei rispettivi matrimoni. Luigi di Borgogna era infatti il marito di Matilde d'Hainault mentre l'infante di Majorca aveva sposato Isabella di Sabran, a cui la madre Margherita di Villehardouin, sorella minore di Isabella, aveva ceduto i suoi diritti sul Principato. L'esercito borgognone, rafforzato da 2.000 greci inviati dallo stratego bizantino di Mistrà Michele Cantacuzeno, avanzava da Patrasso verso Clarentza dove Ferdinando si era asserragliato in attesa di ricevere rinforzi da Majorca e dal Ducato di Atene. Temendo che questi non arrivassero in tempo e di finire assediato a Clarentza senza rifornimenti, Ferdinando lasciò la città ed andò incontro al nemico nonostante la forte inferiorità numerica.
Dopo un successo iniziale, durante il quale Ferdinando riuscì a sfondare la prima fila dell'esercito nemico comandata da Nicola Orsini (futuro conte di Cefalonia e despota d'Epiro), un attacco laterale delle truppe scelte di Luigi di Borgogna diede la svolta decisiva allo scontro. Ferdinando, le cui truppe si dispersero in una rotta rovinosa, rinunciò a fuggire e fu catturato da un ignoto soldato, che lo decapitò. Luigi di Borgogna non potè ad ogni modo godere a lungo della vittoria, morendo avvelenato un mese dopo la battaglia e lasciando la giovane Matilde al governo del traballante Principato.

Nel 1318 Filippo I d'Angiò fece rapire e portare a Napoli Matilde, costringendola a sposare il fratello Giovanni, duca di Durazzo, al fine di ristabilire il controllo angioino sul Principato. Matilde - che nel frattempo aveva sposato segretamente Ugo di La Palice - rifiutò però di concedersi al nuovo marito ed il matrimonio fu annullato nel 1321. Sposando Ugo di La Palice, Matilde aveva però violato il lascito della madre Isabella secondo il quale le figlie titolari del principato di Acaia non avrebbero potuto contrarre matrimonio senza il consenso del sovrano di Napoli. Il Principato rimase quindi a Giovanni di Durazzo e Matilde fu rinchiusa nel Castel dell'Ovo a Napoli.
 
1318-1333 Giovanni d'Angiò-Durazzo, duca di Durazzo.
1333-1364 Roberto di Taranto, principe di Taranto.
1364-1373 Filippo II d'Angiò, principe di Taranto.
1373-1381 Giovanna I di Napoli.
1381-1383 Giacomo del Balzo, principe di Taranto. Ereditò il titolo alla morte dello zio Filippo II d'Angiò, fratello della madre Margherita. Per stabilire il suo controllo sul Principato, contesogli da Giovanna I di Napoli, richiese i servigi della Compagnia di Navarra, il cui comandante, Mahiot di Coquerel, nominò balivo del principato.
1383-1386 Carlo III (Angiò-Durazzo) di Napoli. Alla morte di Giacomo del Balzo, re Carlo III di Napoli ereditò la titolarità del Principato senza mai riuscire a prenderne possesso, questo continuò infatti ad essere governato de facto dal comandante della Compagnia Mahiot di Coquerel.
1386-1396 Ladislao I (Angiò-Durazzo) di Napoli. Come suo padre non riuscì a ristabilire il controllo sul Principato che continuò ad essere governato dalla Compagnia di Navarra, al cui comando, alla morte di Mahiot (1386), era subentrato il suo luogotenente Pedro Bordo di San Superano.

Ladislao I e Giovanna II di Napoli
Andrea Guardia e aiuti, Monumento funebre di Ladislao I, 1414-1428
chiesa di S.Giovanni a Carbonara, Napoli

1396-1402 Pedro Bordo di San Superano. Nel 1396 San Superano si accordò con Ladislao per ottenere la titolarità del principato in cambio di 3.000 ducati, cosa che avvenne senza peraltro che questi saldasse mai completamente il suo debito. San Superano rafforzò la sua posizione sposando Maria Zaccaria, figlia di Centurione I Zaccaria, titolare della baronia d'Arcadia (l'attuale Kyparissia) e Gran Conestabile del Principato. Alla sua morte, Maria assunse la reggenza del Principato.
1402-1404 Maria Zaccaria (reggente).
Nel 1404 il re di Napoli Ladislao I insignì Centurione II Zaccaria – che aveva ereditato dal padre Andronico Asen Zaccaria la baronia d'Arcadia – del titolo di Principe d'Acaia. Centurione cercò di rafforzare la sua posizione sposando Creusa Tocco, figlia di Leonardo II Tocco, Gran Conestabile del Despotato d'Epiro e sorella di Maddalena (Teodora) moglie di Costantino Dragaze (il futuro despota di Morea e imperatore di Bisanzio). Ciononostante fu ripetutamente attaccato dai suoi nuovi parenti.
Nel 1429, assediato senza speranza da Tommaso Paleologo nella rocca di Chalandritsa, accettò di dargli in moglie la sua unica erede** Caterina che alla sua morte avrebbe portato in dote ai bizantini la baronia d'Arcadia che era tutto ciò che restava del Principato latino d'Acaia. Ritiratosi nella sua baronia, Centurione II morì nel 1432.

* L'investitura era subordinata ad una clausola: sarebbe decaduta se Isabella o la figlia o la nipote si fossero risposate senza il sovrano consenso. Questa clausola fece valere Carlo II spodestò Isabella nel 1307, giacché aveva sposato Filippo di Savoia senza chiedere il suo consenso.

** Centurione ebbe anche un figlio illegittimo, Giovanni Asen Zaccaria, che nel 1446 - quando il sultano Murad II distrusse l'Hexamilion ed inflisse una pesante sconfitta a Costantino Dragazes allora despota di Morea – fu imprigionato da Tommaso Paleologo nella fortezza di Chlemoutsi insieme alla vedova di Centurione, Creusa Tocco, per aver capeggiato una rivolta dei baroni locali e da cui evase nel 1453 per porsi nuovamente alla testa di una rivolta contro i Paleologi.

***
La provincia bizantina di Morea venne inizialmente organizzata come governatorato: lo stratego, dopo alcuni anni in cui governò da Monemvasia, ebbe sede a Mistrà.
Al fine di evitare pericolose spinte centrifughe, la permanenza in Morea dei governatori, in genere legati alla famiglia regnante, era molto breve, per lo più cambiati con cadenza annuale, ed il primo fu Michele Cantacuzeno, avo del futuro basileus.

DESPOTATO DI MOREA (1308-1460)
La pratica di sostituire annualmente i governatori di Morea ebbe termine nel 1308, quando Andronico II, molto interessato a questa regione, pose al governo della Morea Michele Cantacuzeno, padre del futuro Giovanni VI.

1308-1316 Michele Cantecuzeno (stratego)
1316-1322 Andronico Asen (stratego)
1349-1380 Manuele Cantacuzeno (figlio di Giovanni VI, despota)
1380-1383 Matteo Cantacuzeno (fratello del precedente, despota)
1383-1384 Demetrio Cantacuzeno (figlio del precedente) proclamò l'indipendenza del despotato ma fu sconfitto da Teodoro Paleologo, figlio dell'imperatore Giovanni V che regnò al suo posto come despota.
1384-1407 Teodoro I Paleologo, sposa, senza avere figli, Bartolomea Acciaiouli, figlia di Neri I, duca di Atene.  Poco prima di morire prese l'abito monastico. E' sepolto nella Aphendikò di Mistrà.
1407-1443 Teodoro II Paleologo, figlio di Manuele II, che riceve l'incarico appena undicenne e a cui viene affiancato il protostrator Manuele Frangopulo.
Sposa Cleofe Malatesta da cui ha Elena Paleologa che andrà in sposa a Giovanni II di Cipro.

Teodoro II Paleologo, despota di Morea (1407-1443)
(1408)
Museo del Louvre, Parigi
 
La situazione si complicò nel dicembre del 1427, quando Giovanni VIII intervenne in Morea accompagnato dagli altri due fratelli, Costantino Dragaze e Tommaso, cui diede in appannaggio ampi territori del despotato: a Costantino il nord-ovest e a Tommaso un territorio vicino alle colonie veneziane di Corone e Modone. A Teodoro, che mai era stato in buoni rapporti con i fratelli, restava Mistrà. L'intervento fu l'occasione per un'opera di espansione militare in grande stile. La flotta romea sconfisse i Tocco alle Echinadi, di fronte al golfo di Patrasso, e Costantino pose l'assedio a Clarenza. La guerra ebbe una pausa in occasione del matrimonio tra Costantino stesso e Maddalena Tocco, che portò in dote al despota l'intero Peloponneso settentrionale, ma proseguì, ed ebbe il suo culmine nel 1430 con la conquista di Patrasso, feudo dell'arcivescovo Pandolfo Malatesta, tra l'altro fratello della moglie di Teodoro II ed imparentato con papa Martino V (1417-1425).
Nel 1429 Tommaso Paleologo, lasciato il suo appannaggio in cambio della città di Clarenza, assedia Centurione II Zaccaria a Chalandritsa e gli estorce la promessa di dargli in moglie la figlia Caterina che alla morte del padre (1432) gli porterà in eredità ciò che rimaneva del Principato di Acaia.
Nel 1435 Costantino Dragaze conquistò l'Attica, penetrò in Beozia e solo l'intervento ottomano riuscì a fermarlo. L'intero Peloponneso - eccetto i possedimenti veneziani di Modone, Corone, Navarino in Messenia, Argo e Nauplia nell'Argolide - e parte della Grecia continentale, erano nuovamente in mano ai bizantini.
Dal 1443 Costantino e Tommaso agirono da soli, poiché Teodoro II - col secondo fine d'esser vicino alla Capitale in caso di morte del basileus, da tempo malato - aveva ceduto Mistrà a Costantino, in cambio della città di Selimbria.
1443-1448 Costantino Dragaze. Dopo aver provveduto alla ricostruzione dell'Hexamilion (1), invase nuovamente l'Attica, costrinse il duca di Atene Nerio II Acciaiuoli a giurargli fedeltà e valicò il Pindo. Sul finire del 1446 il sultano turco Murad II reagì all'espansionismo del despota, fece bombardare per un mese l'Hexamilion che cadde il 10 dicembre e l'esercito ottomano dilagò per la Morea, ritirandosi, dopo averla messa a ferro e fuoco ed aver imposto ai Paleologi il pagamento di un forte tributo annuo, con 60.000 prigionieri. Alla morte del fratello Giovanni VIII (31 ottobre 1448), per volere della madre Elena, Costantino venne proclamato imperatore (2).
1449-1460 Tommaso e Demetrio Paleologo.
Durante l'assedio di Costantinopoli il sultano inviò un esercito in Morea per impedire che da lì giungessero soccorsi alla città.
Dopo la caduta di Costantinopoli consentì che i despoti continuassero a regnarvi come suoi vassalli.
Poco dopo 30.000 albanesi al comando di Pietro Bua insorsero contro i Paleologi, a questa rivolta si affiancò quella dei greci guidati da Manuele Cantacuzeno, nipote di Demetrio Cantacuzeno che era stato l'ultimo membro della famiglia a governare la Morea bizantina (1383-1384), nonché quella della componente latina guidata da Giovanni Asen Zaccaria, figlio illegittimo di Centurione II, evaso dalla fortezza di Chlemoutsi dove era stato rinchiuso. Per sedare la rivolta, i due fratelli furono costretti a ricomporre i dissidi, unire le forze e a richiedere il sostegno della Sublime Porta di cui erano vassalli. Nell'ottobre del 1454 un esercito ottomano, al comando del governatore di Tessalonica, Turahakan Beg, intervenne quindi in Morea e soffocò la rivolta.
Dopo un breve periodo di tregua, le ostilità tra i due fratelli si riaccesero. Tommaso si alleò con il Papa e i genovesi e sconfisse il fratello Demetrio che propendeva per gli ottomani, ma questi inviarono un esercito che costrinse Tommaso a rifugiarsi a Corfù e successivamente in Italia.
Maometto II non confermò però Demetrio nella carica di despota della Morea ed il 29 maggio 1460 l'esercito turco entrò a Mistrà, in cambio gli concesse invece in appannaggio la città di Ainos (l'attuale Enez, in Turchia) e alcuni possedimenti nelle isole di Imbro, Lemno, Samotracia e Tasos nonché un palazzo ad Adrianopoli e ne sposò la figlia Elena. Nel 1467, persa la benevolenza del sultano (forse a causa di alcune malversazioni del cognato Matteo Paleologo Asen), fu esiliato a Didymoteicho per essere riammesso a corte due anni dopo. Nel 1471, dopo la morte della seconda moglie Teodora Asanina, prese gli abiti monacali con il nome di Davide ma morì nel corso dello stesso anno.

Suddivisione dei territori del Despotato all'epoca della coabitazione tra Demetrio e Tommaso

***

Nel 1464 la città bassa di Mistrà ed alcune fortezze moreote vennero brevemente occupate da Sigismondo Malatesta che fece traslare i resti del filosofo Gemisto Pletone nel tempio malatestiano di Rimini.(cfr.la spedizione in Morea di Sigismondo Malatesta).

1687-1715 conquistata dalla Lega Santa, la Morea rimase sotto controllo veneziano fino al 1715 (cfr. guerra di Morea).

Note:

(1) L'Hexamilion era una linea fortificata che sbarrava l'istmo di Corinto per tutta la sua larghezza (appunto “sei miglia”). Edificata per la prima volta durante il regno di Teodosio II (408-450) per difendere il Peloponneso dalle invasioni barbariche, cadde in disuso verso il VII secolo. Rimesso in opera da Manuele II a partire dal 1415, era stato distrutto da Murad II nel 1423.
Il tracciato dell'Hexamilion

(2) Secondo alcune fonti, il 6 gennaio 1449, Costantino Dragaze, despota di Morea, fu incoronato imperatore con il nome di Costantino XI nella chiesa di San Demetrio a Mistrà, alla presenza del fratello Tommaso e di due alti funzionari costantinopolitani inviati dall'imperatrice madre, Alessio Filantropeno Lascaris e Manuele Paleologo Iagari. Gran parte delle fonti sostengono tuttavia che Costantino Dragaze fu semplicemente proclamato imperatore, mentre la cerimonia d'incoronazione non ebbe affatto luogo.


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