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domenica 18 ottobre 2015

La chiesa di San Giovanni Battistà, Patù

La chiesa di San Giovanni Battistà, Patù


L'edificio, a pianta basilicale, è costruito, nella sua parte originale, con megaliti di pietra calcarenitica (tufo) ed è di difficile datazione (1).
La facciata doveva originariamente presentarsi con un basso tetto a spiovente a capriate lignee (come lasciano intuire i fori sotto le finestre per l’alloggio delle travi), l'attuale portale architravato (così risistemato nel 1523) sormontato da un arco di scarico e da un'ampia bifora, mentre la parte retrostante presentava solo l'attuale abside bassa e profonda. La struttura dell'edificio doveva perciò essere simile a quella della vicina chiesa di Sant'Eufemia a Specchia.


L'interno è a tre navate, divise da pilastri a sezione rettangolare che sostengono archi a tutto sesto. Sopra le arcate vi sono monofore che originariamente dovevano dar luce all'ambiente.


L'edificio è stato più volte rimaneggiato in epoca mediovale e integrato con una terminazione superiore a terrazze digradanti dei tetti (che si può ancora riconoscere dalle forme diverse dei laterizi utilizzati nelle parti superiori delle pareti), con una volte a botte lunettata al di sopra della navata centrale, con volte rampanti sulle navate laterali e con un grande occhio al di sopra dell'abside.

Facciata absidale

Nel corso dei restauri del 1905, commissionati dall'allora sindaco di Patù, tutte le pareti furono ricoperte di intonaco e la maggior parte degli  affreschi, che un tempo decoravano l’interno andarono in gran parte perduti (2).  L’unico ad essersi conservato meglio, sul pilastro di sinistra vicino l’altare,  rappresenta probabilmente proprio San Giovanni Battista e risale al XIII-XIV secolo.

San Giovanni Battista

Altri brani di affresco – riferibili a tre diverse campagne decorative - sono reperibili nella zona absidale. Allo strato più recente sono da attribuire i due santi vescovi a destra (XIV secolo), mentre spostandoci al centro compaiono i resti di un Cristo (identificato dal nimbo crucigero), databile al XII secolo, a sinistra del quale si scorgono tracce del ciclo decorativo più antico probabilmente databile alla seconda metà del X secolo.
A sinistra dell'ingresso, è conservato nella sua originaria posizione, un basamento di una statua di epoca romana (I-II sec), probabilmente proveniente dal sito dell'antica Vereto, eretta dai genitori a ricordo del figlio morto. Il basamento è costituito da un alto zoccolo e da un coronamento. Sul piano superiore si conservano gli incavi d'orma per i piedi della scultura. Sul basamento si legge la seguente epigrafe:

FADIO M.F. – VALERINO – POST MORTEM – M. FADIUS VALERIANO PATER – ET MINA VALERIANA MATER – L.D.D.D. (Locus datus decreto decurionum).
    A Marco Fadio - Valerino - dopo la morte - Marco Valeriano padre - e Mina Valeriana madre - posero -( Luogo concesso per decreto dei decurioni) (3)
Sull'architrave che sormonta il portale d'ingresso è invece incisa una lunga iscrizione (purtroppo gravemente danneggiata), riferibile ad i restauri operati nel 1523, che è stata così ricostruita:

Presidio divi hic Karolus rex agmine multo
Viribus afflixit Mauria bella duce
Tum struxit Templum ad sancti decus ipse Joannis
Sexcentis decimus septimus annus erat
Reliquias hic clausas dic cui scire licebat
Per longum tempus nullibi rumor erat
Vicarius Francisco Antonio praesule digno
Primum Antonius reperit ipse tamen

Guidato dalla protezione del Santo, qui re Carlo, con un esercito numeroso,
umiliò nella potenza le orde dei Mori.
Quindi, egli stesso fece costruire la chiesa in onore di San Giovanni.
Correva il seicentodiciassettesimo anno.
Annunzia, (o pietra), a chi pur doveva sapere, che le reliquie erano
nascoste qui; per lungo tempo era girata la voce che esse non si trovassero in nessun luogo.
Tuttavia lo stesso Vicario Antonio, al tempo del degno
Vescovo Francesco Antonio, le ha per primo ritrovate. (4)
 
Particolare dell'architrave con l'iscrizione
 
 
Note:
 
(1) La Falla Castelfranchi propone addirittura una datazione al VI secolo (M.Falla Castelfranchi, La Chiesa di San Giovanni Battista e le Cosiddette "Centopietre" a Patù in Puglia preromanica. Dal V secolo agli inizi dell'XI, 2004, pagg. 269-273), mentre secondo P. Arthur non si rilevano evidenze archeologiche antecedenti al XIII secolo.

(2) L'intonacatura venne successivamente rimossa nel corso di un nuovo intervento di restauro effettuato negli anni Cinquanta.

(3) Questa epigrafe è la prova più evidente della istituzione municipale in Vereto in epoca romana, con la particolarità dello statuto noto come decurionato. I tre personaggi dell’epigrafe (padre, madre e figlio) recano lo stesso cognome, Valerianus: evidentemente i genitori erano dei liberti che in onore del benefattore avevano assunto quel cognome all’atto dell’emancipazione, per poi imporlo anche al figlioletto.

(4) Secondo la leggenda, la fondazione della chiesa sarebbe da porsi in relazione con la vittoria riportata sugli arabi da Carlo il calvo il 24 giugno dell'877 (festa di san Giovanni Battista) in uno scontro nei pressi di patù, nella piana ancora oggi nota come Campo re.Vedi anche scheda Le Centopietre di Patù.





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