L'Oratorio di S.Maria in via Lata
(Oratorio di S. Paolo apostolo, di Luca
Evangelista e di Marziale martire)L’antica Diaconia di Santa Maria in via Lata è composta da sette vani (oggi sotterranei) le cui pareti furono innalzate tra i pilastri di un portico su colonne (ipostilo) che correva parallelamente all’antica via Flaminia costruito intorno al I sec. Le stanze infatti conservano un aspetto ed una forma simmetrica in cui si possono ancora vedere alcuni dei pilastri in travertino posizionati agli angoli dei vani.
In una successiva fase
edilizia risalente al III-IV sec. il sito fu trasformato ad uso
commerciale ricavando dei magazzini (horrea).
A questo periodo farebbe riferimento anche la costruzione di un
soppalco o di un piano rialzato al suo interno e di un tetto a volta.
L’intero complesso
(porticato e magazzini) doveva essere di un altezza pari a circa 8
metri dal suolo.
Le attività di distribuzione dei beni di prima necessità, come la frumentatio, ovvero la distribuzione gratuita del pane al popolo, avvenivano in spazi come questo predisposti dalla Cura Annonae.
A partire dal VII sec., all’interno di molti di questi centri di distribuzione la Chiesa istituì le Diaconie che erano dedite alla carità e all’assistenza dei poveri favorendo l’unità del tessuto sociale cittadino con un’azione improntata all’amore verso il prossimo.
Una volta caduti in disuso, gli horrea situati lungo l’antica via Lata subirono delle trasformazioni; i muri in laterizio che dividevano le celle furono abbattuti per ottenere degli ambienti allungati a galleria nei quali furono poi istituiti la diaconia e l'oratorio di S.Maria in via Lata. Le fonti ecclesiastiche fanno risalire la consacrazione di questa diaconia – che fu probabilmente affidata a monaci orientali - al pontificato di Sergio I (687-701) anche se la datazione è ancora incerta (alcuni autori propongono di spostarla alla metà del VII secolo, durante il pontificato di Martino I, cfr. l'affresco dei Sette Dormienti - che risale alla fase decorativa più antica - con quello dei Maccabei in S.Maria Antiqua). La frequentazione dell’oratorio è, invece, documentata almeno fino al XII secolo.
L’edificazione della
Basilica medievale sui resti della diaconia risalirebbe all’anno
1049 sotto il pontificato di Leone IX. L’edificio venne realizzato
con la facciata rivolta verso l’odierna piazza del Collegio Romano
e l’abside addossata all’Arcus Novus.
Nel 1491, durante il
pontificato di Innocenzo VIII Cybo (il cui stemma è murato sulla
facciata laterale della chiesa che da sulla via Lata), a causa delle
cattive condizioni della basilica medievale, si decise l’edificazione
di una nuova chiesa facendo ruotare la facciata di 180 gradi su via del Corso - come la vediamo oggi - il che comportò anche una parziale trasformazione degli ambienti
sotterranei, di cui soltanto una parte fu utilizzata come cripta
della chiesa superiore. Vi si accedeva attraverso una porta arcuata
che si apriva nel vano I.
Una volta entrati nel sotterraneo, solo i primi due vani erano accessibili. La vecchia abside fu murata con mattoni e cemento per consolidare la facciata.
I lavori si conclusero nel 1506 ma continuarono interventi correttivi e di aggiustamento fino a che verso la fine del XVI secolo la chiesa quattrocentesca venne demolita e ricostruita come oggi la vediamo.
Nel 1594 per ripristinare l’antico oratorio fu dato incarico al muratore Agostino Gasoli di sopraelevare di circa 1 metro il pavimento della Diaconia e l’imbocco di un pozzo che si trova nel sotterraneo. Furono ripristinati gli ambienti V e VI dove furono sistemati rispettivamente l’altare col bassorilievo marmoreo opera di Cosimo Farcelli e l’altare cosmatesco e aggiunta un’ulteriore scala di accesso al sotterraneo. La cripta della chiesa di Santa Maria in via Lata fu inaugurata nel 1661, un anno prima del completamento della facciata ad opera di Pietro da Cortona.
Entrando nei
sotterranei dall’ingresso situato a via del Corso 306 si accede al
vano I. All'entrata si legge: Oratorio
di S. Paolo apostolo, di Luca Evangelista e di Marziale martire,
ove si trovava l'immagine ritrovata della beata Maria Vergine, una
delle sette dipinte dal beato Luca.
1. Colonna di S.Paolo
2. Pozzo
3. Affresco con 3 strati di pittura
4. Altare
5. Tamponatura dell'antica abside
6. Affresco dei Sette Dormienti
7. Altare cosmatesco
Addossata al muro si trova
un’antica colonna in granito con capitello corinzio, sormontata da
un vaso marmoreo, forse un’antica urna funeraria con il
cristogramma costantiniano.
Sulla colonna sono incise in
senso diagonale le parole latine “Verbum Dei non est alligatum”
(La parola di Dio non è incatenata), sono inoltre visibili le tracce
ferruginose degli anelli della catena che un tempo era avvolta
intorno ad essa.
Colonna di San Paolo (1)
Una leggenda narra che in questo sito, poi trasformato in diaconia, dimorarono i SS. Luca Evangelista e Paolo e che la colonna venne usata per incatenare San Paolo durante la sua presunta prigionia in attesa del processo (1).
Si narra, inoltre, che San Luca Evangelista abbia qui dipinto un'icona raffigurante la Vergine Maria di cui, quella attualmente situata sull'altare della Basilica superiore sarebbe una copia eseguita nel XII secolo.
Gli ambienti II e V corrispondono alla navata centrale dell’antica diaconia che aveva un orientamento diametralmente opposto rispetto alla Basilica attuale. Nel vano II, sul muro a ovest si trova l’abside affrescata tamponata da una muratura eseguita durante la costruzione della facciata superiore. Sia l’abside che le pareti laterali presentano resti di affreschi databili al X sec. circa. Addossato al muro settentrionale del vano II si trova un antico altare paleocristiano in muratura con intonaci affrescati. Al di sopra dell’altare i resti di un affresco raffigurante il Cristo Crocifisso.
Tra i vani e IV e V, durante gli scavi del 1905, fu scoperto un antico passaggio a volta sui cui stipiti furono rinvenuti i ritratti dei martiri Giovanni e Paolo celimontani venerati nella Basilica loro intitolata al Celio, databili alla fine dell’VIII sec (2). I due santi sono identificati come ostiarii (i guardiani della chiesa) dalla bacchetta che entrambi portano in mano.
I SS. Giovanni (a ds) e Paolo (a sn.) celimontani
Sulla parete nord del vano IV fu scoperto un palinsesto di affreschi disposti uno sull’altro. Sullo strato inferiore, più antico, sono dipinte delle scene tratte dall’episodio dei Sette dormienti di Efeso mentre nel superiore (che copriva parzialmente il primo) ci sono episodi del martirio di S. Erasmo.
Il vescovo di Efeso ed il proconsole Antipatro giungono alla grotta dei Sette Dormienti (6)
Nella parte superiore si notano i resti di un'iscrizione in greco
S.Erasmo al cospetto di Diocleziano e Flagellazione del santo (6)
Questo affresco ricopriva in parte il precedente
Su una parete del vano II è stato scoperto un altro palinsesto: nello strato più antico, in basso, resta la parte inferiore di una figura con tunica e mantello, in quello intermedio (al centro), i piedi di due figure ed in quello più recente (in alto) si riconosce la scena della Moltiplicazione dei pani e dei pesci dalla figura di un discepolo che offre due pesci al Cristo.
(3)
In un arcosolio all’interno del vano
III fu rinvenuto l’affresco che ritrae L’orazione di Gesù
nell’orto del Getsemani, coevo ai dipinti più antichi ed oggi
comprensibile solo attraverso la documentazione fotografica eseguita
al momento della scoperta (1904-1905) da Wilpert.
Negli anni '60 del secolo scorso, a causa del degrado degli affreschi, il Consiglio Superiore delle Antichità e delle Belle Arti ne dispose la rimozione. Gli affreschi originali, restaurati, sono oggi conservati nella sede del Museo Nazionale Romano della Crypta Balbi, sostituiti in loco da riproduzioni fotografiche.
Negli anni '60 del secolo scorso, a causa del degrado degli affreschi, il Consiglio Superiore delle Antichità e delle Belle Arti ne dispose la rimozione. Gli affreschi originali, restaurati, sono oggi conservati nella sede del Museo Nazionale Romano della Crypta Balbi, sostituiti in loco da riproduzioni fotografiche.
Note:
(1) Tra il 60 e il 62 San Paolo avrebbe
trascorso due anni a Roma agli arresti domiciliari (secondo la
formula della custodia militaris, che permetteva
al prigioniero di poter scegliere una propria residenza ma lo
vincolava alla sorveglianza di un soldato che lo accompagnava
tenendolo legato con la catena al polso destro ogni volta che doveva
uscire) in attesa di essere processato, godendo
comunque di una certa libertà: A Roma fu concesso a Paolo di
abitare per suo conto con un soldato di guardia (AdA XXVIII, 16);
Paolo trascorse due anni interi nella casa che aveva preso a
pigione e accoglieva tutti quelli che venivano a lui, annunziando il
regno di Dio e insegnando le cose riguardanti il Signore Gesù
Cristo, con tutta franchezza e senza impedimento (AdA XXVIII,
30-31).
Secondo un'altra tradizione, la dimora romana dove soggiornò l'apostolo durante la custodia militaris si trovava invece a Trastevere, dove oggi sorge la chiesa di S.Paolo alla Regola.
Secondo un'altra tradizione, la dimora romana dove soggiornò l'apostolo durante la custodia militaris si trovava invece a Trastevere, dove oggi sorge la chiesa di S.Paolo alla Regola.
(2) Secondo una passio praticamente
coeva alle loro vite, Giovanni e Paolo sarebbero stati due fratelli
cristiani ricchi e particolarmente caritatevoli, appartenenti ad una
famiglia romana molto in vista, che Giuliano l'Apostata
(360-363) avrebbe condannato ad essere decapitati e sepolti in una
fossa sotto la loro abitazione sul Clivio di Scaurio al Celio. Sopra
il sepolcro (vedi Il martyrion dei SS. Giovanni e Paolo celimontani) sarebbe poi sorta la basilica ad essi dedicata. Si
tratterebbe però degli unici martiri romani accertati durante la
restaurazione pagana di Giuliano, per questo alcuni storici tendono a
spostare il racconto della passio - confermato dal rinvenimento dei
resti di una villa romana al di sotto della basilica - all'epoca
delle persecuzioni di Diocleziano (303-305).
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