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domenica 31 agosto 2014

L'abbazia di S.Ippolito, Monticchio

L'abbazia di S.Ippolito, Monticchio


Le rovine di questo sito appartengono a due chiese distinte parzialmente sovrapposte, che non hanno altro in comune se non il tipo di muratura a pietrame informe.
La prima chiesa presentava un'impianto a triconco a cui era anteposto un doppio nartece. Il nartece interno era separato da quello esterno da cinque pilastri a pianta quadrata a cui corrispondono, sui muri perimetrali, una serie di lesene collegate dallo sviluppo degli imbotti delle relative crociere. Il tutto era preceduto da un ampio atrio rettangolare. I muri laterali del nartece si prolungano infatti senza soluzione di continuità fino all'altezza della torre campanaria poggiando direttamente sul terreno senza fondazioni giacchè – al di fuori del nartece – non dovevano più esercitare una funzione portante ma solo quella di circoscrivere uno spazio scoperto.


Alle estremità NE e SE del nartece si trovano due absidiole che addolciscono il raccordo tra il muro perimetrale del nartece e quello della trichora. Non vi è certezza ma, molto probabilmente, lo spazio centrale quasi quadrato della trichora era sormontato da cupola.
Crollata o andata in rovina questa prima costruzione chiesastica, furono abbandonati i resti del nartece e del triconco e nell'atrio fu ricavata una chiesa a navata unica. Ai lati di questa si notano in effetti due ambienti rettangolari – che potrebbero far pensare ad una pianta a tre navate – ma i muri divisionali appaiono continui, senza tracce di arcate o di aperture, eccetto che nella zona presbiteriale, dove si rilevano i segni di una modesta porta di comunicazione tra la chiesa e l'ambiente laterale destro.

La freccia rossa indica i resti dell'impianto trilobato della chiesa più antica, quella nera l'abside della chiesa più recente. Sullo sfondo si staglia la sagoma massiccia della torre campanaria.
 
Ad ulteriore conferma della trasformazione avvenuta, è l'osservazione che l'abside della nuova chiesa è realizzato in breccia su un muro rettilineo preesistente (quello del nartece del vecchio edificio). La costatazione che tra il pavimento dell'abside della nuova chiesa e quello del nartece della precedente ci siano circa 2 m. di dislivello fa inoltre escludere che tra i due edifici sia mai esistita una comunicazione.

Nartece della chiesa trilobata
 
Dalla spoliazione dell'edificio si è salvato un grande omfalo pavimentale costituito da lastre di pietra calcare bianca e rossa.
Sull'angolo destro della facciata occidentale è completamente incorporata senza alcun aggetto una torre. Non è chiaro se questa sorse all'origine come struttura difensiva isolata o insieme all'atrio della prima chiesa, è comunque antecedente alla seconda chiesa giacchè appare parzialmente incorporata dall'erezione del suo muro divisionale. La torre risulta inoltre collegata ad un ambiente rettangolare absidato che si trova a pochi metri dalla torre.

Interno della chiesa a navata unica. In fondo la parete absidale

L'ipotesi più probabile è che la chiesa più antica – databile tra il VII ed il IX secolo – sia stata il katholikon di un monastero basiliano preceduta da un atrio sistemato a giardino molto in uso nelle chiese monastiche. Ipotesi confortata anche dalla dedica a Sant'Ippolito, di origine asiatica ma introdottosi con l'autorità del teologo nella comunità romana, il primo antipapa (217-235) della storia e martire, considerato dai monaci greci come un campione dell'ortodossia (1).
Con la progressiva espulsione dei bizantini dall'Italia meridionale, anche i monaci basiliani abbandonarono i loro monasteri e furono soppiantati dai benedettini che godevano della protezione normanna. Alla seconda metà dell'XI secolo (Melfi si arrende ai Normanni nel 1041) potrebbe quindi risalire l'edificazione della chiesa a navata unica.
Il complesso abbaziale fu gravemente danneggiato dal terremoto del 1456 che provocò anche la morte di 50 monaci ed il successivo abbandono.

A Sud della chiesa più recente è stato messo in luce quasi completamente il chiostro, occupato da un cimitero di cui sono state indagate otto sepolture, tutte in fossa terragna, di forma antropomorfa, orientate EW / NW, in diversi casi destinate a deposizioni plurime con individui in posizione supina, con le braccia piegate sui fianchi o all’altezza del torace e piedi incrociati e prive di corredo. Attualmente, i dati archeologici riferibili a pochi frammenti di ceramica e ad una moneta di età federiciana consentono di datare la frequentazione del cimitero monastico ad un periodo compreso tra il XIII e il XV sec. d.C.
Nell’area ancora più a sud delle precedenti fabbriche sono state messe in luce nuove e complesse strutture funzionali relative ad un ampliamento del monastero avvenuto in età normanno-sveva.
Di un ulteriore edificio di culto monoabsidato orientato EW, in gran parte esteso sotto l’adiacente proprietà privata, fa parte un abside ampia circa 3 metri, all’interno della quale è presente la base in muratura di pietrame dell’altare. Frammenti di intonaco e laterizi dipinti, alcune monete tra cui un follis anonimo bizantino, pochi frammenti ceramici ed elementi architettonici, testimoniano una frequentazione dell’edificio tra XI e XII secolo, mentre alcuni frammenti di ceramica invetriata policroma e un architrave decorato a rilievo testimoniano un attardamento nella frequentazione della struttura ai secoli XIII-XV.

Nello spazio retrostante e laterale all’edificio si distribuisce un vasto cimitero, la cui fase più recente, coeva con la chiesa appena descritta, restituisce materiali di corredo, soprattutto accessori dell’abbigliamento personale degli inumati, pochi frammenti di ceramiche e vetri e monete che ne attestano la frequentazione tra la prima metà del XII secolo e la metà del XIII. Diverse sono le tipologie di contenitori funerari: tombe a fossa terragna, tombe con tagli rivestiti da blocchi lapidei o tufo e destinate ad inumazioni plurime, diversamente orientate NS ed EW in posizione supina, con le braccia portate all’addome e le mani incrociate.
Tre setti murari delimitano il cimitero, uno dei quali, orientato EW, presenta una superficie affrescata, parzialmente conservatasi ed interessata da un motivo policromo raffigurante una scacchiera a rombi obliqui in giallo e nero; la presenza di tale elemento decorativo testimonia l’esistenza di una struttura molto più articolata ancora da esplorare.

Infine, dietro l’abside della chiesa, una estesa chiazza di bruciato e numerosi residui della lavorazione del bronzo testimoniano la presenza di un impianto produttivo definito da una struttura in pietre e malta, orientata EW, da una piccola area con un apprestamento di pietre e concotto di forma ovale e da una buca da palo verosimilmente funzionale ad una copertura provvisoria. In assenza di reperti archeologici datanti, è ipotizzabile il suo impiego in età tardomedievale, forse in concomitanza con la defunzionalizzazione della chiesa stessa.


Note:

(1) Nato probabilmente in Asia Minore e successivamente trasferitosi a Roma, Ippolito si oppose all'eresia modalista propugnata da Noeto di Smirne che insisteva sull'unità di Dio e riteneva il Padre e il Figlio mere manifestazioni (modi) della Natura Divina. Per questa ragione, accusandolo di non contrastare l'eresia, censurò fortemente l'operato di papa Zefirino (198-217) dipingendolo come un uomo debole, indegno di guidare la Chiesa e strumento nelle mani del suo segretario, l'ambizioso ed intrigante diacono Callisto (Ippolito, Philosophumena, IX, 11-12). Quando, alla morte di papa Zefirino, fu eletto al suo posto proprio Callisto, Ippolito si decise per lo scisma e si fece eleggere antipapa (il primo nella storia della Chiesa) da una ristretta cerchia di seguaci. Lo scisma si protrasse anche dopo la morte di Callisto (222) sotto i pontificati di Urbano I (222-230) e Ponziano (230-235). Nel 235 l'imperatore Massimino il Trace avviò delle persecuzioni anticristiane dirette principalmente contro i capi della Chiesa e fece deportare Ippolito e Ponziano in Sardegna dove entrambi morirono di stenti e di privazioni. Secondo la tradizione cristiana prima di morire i due si riconciliarono ponendo fine allo scisma. Le spoglie di Ippolito vennero quindi traslate a Roma e sepolte nel campo Verano sulla via Tiburtina dove nel 1551 fu ritrovata  - fortemente danneggiata e quindi anche pesantemente restaurata dopo il ritrovamento ) una statua a lui attribuita oggi conservata presso la Biblioteca Apostolica Vaticana. 

S.Ippolito, III sec. c.ca
Biblioteca Apostolica Vaticana
 
La statua fu ritrovata dall'antiquario e scultore napoletano Pirro Ligorio priva di braccia e testa che egli provvide a reintegrare. Anche la parte originaria, ad ogni modo, risulta dall'assemblaggio di due tronconi di statue diverse - appartenenti entrambi molto probabilmente a statue di figure femminili e riferibili al II secolo - operato nel III secolo, epoca in cui fu anche inciso sui fianchi del sedile l'elenco delle opere di S.Ippolito.



 


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