La baronia di Ainos sotto i Gattilusio (1382-1456)
Niccolò Gattilusio (1382-1409)
Fratello minore di Francesco I
Gattilusio (cfr. scheda
L'isola di Lesbo), primo signore dell'isola di Lesbo, grazie ai buoni uffici
di questi, ottenne dall'imperatore Giovanni V Paleologo la signoria
della città e della baronia di Ainos (l'attuale Enez, in Turchia),
sita sulla costa della Tracia orientale in prossimità della foce
dell'Evros (Maritza).
Istituita all'epoca della
partitio
Romaniae successiva alla IV crociata, la baronia di Ainos era per
lungo tempo appartenuta titolarmente ai duchi di Borgogna. Tornata
sotto controllo bizantino alla caduta dell'Impero latino, nel 1352
venne assegnata da Giovanni VI Cantecuzeno al genero Niceforo II
Orsini, ex
despota d'Epiro. Dal 1356 era rientrata nei possedimenti
di Giovanni V che vi aveva insediato un proprio governatore.
Oltre a rivestire una notevole
importanza strategica – trovandosi al confine con territori ormai
sotto controllo ottomano – la baronia era anche particolarmente
ricca grazie alla pescosità delle acque della zona e, soprattutto,
alla presenza delle importanti saline del lago di Jala Göl.
Dopo la morte improvvisa del fratello
Francesco, nel corso del violento terremoto che colpì Lesbo
nell'agosto 1384, Niccolò Gattilusio venne chiamato dai maggiorenti
dell'isola a esercitare la reggenza in nome del giovane nipote Jacopo
(miracolosamente scampato al terremoto) che assunse il nome dinastico
di Francesco II. Per i tre anni successivi tutti i domini della
famiglia furono quindi riuniti sotto il suo controllo.
Nel 1387, l'arrivo a Lesbo del futuro
imperatore Manuele II Paleologo – cugino di Francesco II - dopo il
fallimento della campagna militare che dal suo appannaggio di
Tessalonica aveva lanciato contro i possedimenti turchi nei Balcani,
scatenò un contrasto tra zio e nipote. Alla politica di sostanziale
equidistanza da bizantini e turchi intrapresa da Niccolò, il nipote
preferiva infatti una più netta presa di posizione antiturca. Di
conseguenza Niccolò decise di rientrare nella propria baronia,
dedicandosi alla sua amministrazione e all'incremento delle sue
rendite.
La morte prematura di Francesco II, nel
1404, lo portò nuovamente a Lesbo in qualità di reggente della
signoria per conto del giovane erede Jacopo.
Sposatosi con una nobildonna greca di
nome Elena che gli diede soltanto un figlia femmina di nome
Marietta, alla sua morte nel 1409, non avendo discendenti diretti
maschi, lasciò in eredità la baronia al più giovane dei suoi
pronipoti, Palamede.
L'ingresso alla cittadella di Ainos
I Gattilusio rinforzarono in maniera
massiccia le fortificazioni della città ereditate dai bizantini,
come testimoniato da alcune placche marmoree incassate nella
muratura.
Placca marmorea incassata nella
muratura del bastione meridionale che si riferisce alla costruzione
di una torre. A sinistra la cotta di maglia emblema araldico dei
Gattilusio, a destra forse l'aquila coronata dei Doria. L'iscrizione
in latino la data al 1 maggio 1382 o 1385.
Placca marmorea con le insegne dei
Gattilusio incassata sulla faccia meridionale di una torre quadrata.
L'iscrizione la data al 1 agosto 1413.
I resti del palazzo dei Gattilusio si
trovano probabilmente lungo il muro di nordovest della cittadella ma
devono ancora essere indagati.
Palamede Gattilusio (1409-1455)
Terzogenito di Francesco II Gattilusio,
signore di Lesbo, nacque probabilmente nell'ultima decade del XIV
secolo. Nel 1409 ereditò dal prozio la baronia di Ainos che governò
inizialmente sotto la tutela del fratello maggiore Jacopo.
Grazie alla sua parentela con la casa
regnante dei Paleologi - più volte orgogliosamente ricordata nelle
sue iscrizioni - mantenne sempre stretti rapporti tanto con la corte
imperiale di Costantinopoli quanto con esponenti di alcune delle
principali famiglie dell'aristocrazia bizantina che lo consideravano
come un loro pari a tutti gli effetti.
Queste relazioni gli consentirono di
ampliare pacificamente i suoi possedimenti annettendosi nel 1430
l'isola di Samotracia – che gli fu concessa da Giovanni VIII – e,
tra il 1450 e il 1453, quella di Imbro, concessagli da Costantino XI.
Su entrambe istallò come governatore il nobile greco Giovanni
Laskaris Ryndakenos e provvide a rafforzarne le difese.
Da una moglie di cui non si conosce il
nome ebbe ben sette figli e attraverso un'accorta politica
matrimoniale cercò di consolidare i suoi rapporti con la madrepatria
genovese – da cui si aspettava di essere sostenuto contro la
minaccia turca – e con la corte bizantina.
1) Giorgio (morto nel 1449), che sposò
Elena (Eufrosine) Notaraina, figlia dell'ultimo primo ministro
bizantino, Luca Notaras (1).
2) Dorino, che successe al padre alla
sua morte nel 1455 e che sposò Elisabetta Crispo, figlia del duca di
Nasso Giacomo II.
3) Caterina, che sposò Marco Antonio
Doria
4) Ginevra, che nel 1442 sposò il
futuro doge di Genova Lodovico Campofregoso.
5) Costanza, che sposò Gian Galeazzo
Campofregoso.
6) nome sconosciuto, che sposò il
cugino Francesco Gattilusio, figlio di Dorino I di Lesbo, che però
morì appena sei mesi dopo le nozze.
7) Valentina, che sposò Giorgio del
Carretto marchese di Zucarello.
Palamede Gattilusio morì nel 1455.
Dorino Gattilusio (1455-1456)
Secondogenito di Palamede, si trovò ad
ereditare la signoria grazie alla prematura scomparsa del fratello
maggiore Giorgio. Non doveva però avere buoni rapporti con il padre,
giacchè questi lasciò disposto nel suo testamento che avrebbe
dovuto dividere il potere con i figli del fratello maggiore. Dorino
non diede però seguito a questo mandato testamentario, escludendo i
nipoti dalla gestione del potere e dal patrimonio di famiglia. Visti
r
espinti tutti gli appelli ad una composizione
pacifica del dissidio, la fazione che parteggiava per i due ragazzi,
capeggiata dalla madre Elena Notaraina, si risolse a
inviare un'ambasceria a Costantinopoli presso il sultano Maometto II,
affinché quest'ultimo intervenisse costringendo Dorino, in quanto
suo vassallo e tributario, a reintegrare nei loro diritti gli
spossessati nipoti oppure, in caso di rifiuto, che lo destituisse.
Ricevuto su un piatto d'argento un
pretesto per impadronirsi di un caposaldo strategicamente importante
(in caso di Crociata infatti la città di Ainos, posta a ridosso dei
territori occupati dagli ottomani, avrebbe potuto costituire un
ottimo appoggio per una testa di ponte delle armi cristiane) nonché
molto ricco grazie alle saline, il sultano non esitò ad intervenire
militarmente.
Nel cuore dell'inverno, mentre Dorino
si trovava nel suo castello di Samotracia, Maometto II occupò la
città di Ainos che gli si arrese senza opporre resistenza, mentre la
flotta ottomana, al comando dell'ammiraglio Junus bey (2), occupava
Imbro arrestando il governatore Giovanni Laskaris Ryndakenos e
sostituendolo con un altro notabile locale, Michele Critobulus, che
diverrà il biografo di Maometto e il cui atteggiamento filoturco era
già noto alla Sublime Porta. Mentre la flotta ottomana si avvicinava
a Samotracia, Dorino riuscì a sottrarsi alla cattura e a raggiungere
la costa a bordo di una piccola imbarcazione. Da qui non gli mancò
il coraggio di recarsi a Costantinopoli dove, facendo leva sul suo
fascino, era quasi riuscito a convincere il sultano a rendergli i
possedimenti di Samotracia e Imbro se non fosse intervenuto Janus
bey che suggerì al sultano d'insediarlo piuttosto nell'entroterra
dove sarebbe stato meno pericoloso. Il sultano gli assegnò quindi il
remoto distretto di Zichni, vicino a Serres nella Macedonia centrale.
Scontento della sistemazione e
probabilmente fidandosi poco del sultano, con l'aiuto di alcuni
fedelissimi, riuscì ad eliminare la scorta turca e ad imbarcarsi
rifugiandosi alla corte del duca di Nasso, Guglielmo II Crispo con cui
era imparentato e che gli diede in moglie la nipote Elisabetta, figlia del defunto duca Giacomo II (cfr.scheda
Il Ducato dell'Arcipelago).
Dal 1463 al 1467, la città di Ainos e alcuni possedimenti nelle isole di Samotracia, Imbro e Tasos furono concessi da Maometto II in appannaggio al deposto Despota di Morea Demetrio Paleologo (cfr. scheda
Morea, Introduzione).
Note:
(1) Su Luca Notaras vedi scheda
L'assedio di Costantinopoli, paragrafo
La sorte dei comandanti cristiani.
(2) Vedi scheda
La chiesa di Agios Evlos (Junus bey turbe).