Icona della Madonna di San Luca
cm. 65x57
L'origine leggendaria dell'icona della Vergine Hodeghitria, custodita nel Santuario della Madonna di San Luca sul colle bolognese della Guardia, è narrata per la prima volta nell'Historicus contextus (1459), opera di un notabile bolognese, Graziolo Accarisi, a cui si deve anche la prima processione in città della sacra immagine.
Secondo questo racconto, un eremita greco, visitando la chiesa costantinopolitana di Santa Sofia, notò questa icona e la scritta che l'accompagnava: Questa è opera fatta da San Luca cancelliere di Cristo, che deve essere portata alla Chiesa di San Luca sopra il Monte della Guardia costrutta, ed ivi sopra l’altare collocata. L'eremita – a cui in un testo più tardo viene dato il nome di Teocle Kmynia – ricevette l'icona in affidamento dai canonici della chiesa con l'incarico di trovare il luogo dove doveva essere collocata.
Giunto a Roma, Teocle incontrò l'ambasciatore di Bologna – Pascipovero de' Pascipoveri - che gli svelò dove si trovava il Monte della Guardia e dove l'icona fu portata in processione per essere riposta in una chiesetta dedicata a S.Luca.
Da un punto di vista storicamente accertabile, in un documento datato 30 luglio 1192 la nobildonna bolognese Angelica Bonfantini stabilì di prendere i voti e darsi alla vita eremitica sul Monte della Guardia, donando tutti i suoi beni per costruirvi un romitorio ed una chiesa. Con un documento che porta la data dell'anno successivo, papa Celestino III da' mandato a Gerardo di Gisla, vescovo di Bologna, di porre la prima pietra dell'edificio, benedetta dallo stesso pontefice come richiesto da Angelica. Con tutta probabilità, l'icona della Vergine Hodighitria faceva parte delle proprietà della famiglia della nobildonna.
Descrizione
La Vergine - del tipo detto della Hodighitria (che indica la Via), cioè il Bambino che è la via la verità la vita (Giovanni, XIV, 6) - tiene in braccio Gesù benedicente. La Vergine porta una veste di colore blu-verde, sotto la quale si intravede una sottoveste rossa. I tratti del viso sono allungati, le dita della mano affusolate. Il Bambino, dalla testa piccola rispetto al corpo, ha il braccio destro atteggiato nel gesto di benedizione, mentre la mano sinistra è chiusa a pugno. La tunica del Bambino è dello stesso colore rosso della sottoveste della Vergine. Sullo sfondo si notano filari di piccole foglie d'edera, inseriti l'uno nell'altro ed intervallati da piccole perle. Due fasce laterali di circa 4 cm. decorate con motivi floreali contornano la tavola, mentre la parte superiore appare tagliata.
L’ immagine oggi visibile non corrisponde in tutto a quella dipinta originariamente sulla tavola, risulta infatti dal rimaneggiamento di una analoga ad essa sottostante. Le indagini radiografiche e stratigrafiche eseguite nel 1991 hanno infatti accertato che al di sotto dell'immagine attuale ne esiste un'altra più antica che farebbe anticipare al IX-X secolo la datazione della tavola, ed i caratteri stilistici riscontrati ne avvallerebbero l'origine orientale.
Il volto della Vergine nell'immagine sottostante come appare nella radiografia
Il viso ha contorni più morbidi e plastici che sembrano bene accordarsi nell'accentuato arrotondamento del mento. Il naso allungato ha il setto sottile e la narice piccola e rialzata; la bocca ben equilibrata, con entrambe le labbra carnose, ed ha solo vagamente accennata la prosecuzione del labbro superiore. L'occhio è grande, moderatamente allungato ma equilibrato rispetto agli altri elementi del volto, ha la pupilla accentuata rispetto al globo e collocata in modo da dirigere lo sguardo verso l'osservatore. Il volto è innestato su un collo leggermente corto rispetto al viso, con una leggera zona d'ombra sotto il mento.
Un ulteriore elemento a sostegno di una provenienza orientale sarebbe inoltre l'uso dell'indaco, con cui è dipinto il manto della Vergine: pigmento molto utilizzato in Asia Minore ma poco diffuso in Italia, dove storicamente gli si preferivano l'oltremare e l'azzurrite.
La tavola potrebbe quindi essere stata dipinta in ambito bizantino, portata in Italia intorno al periodo di fondazione della prima chiesa sul Colle della Guardia (1192) forse da pellegrini o crociati bolognesi, ed in seguito ridipinta (XII-XII sec.) seguendo le linee del precedente modello, ma con caratteristiche più marcatamente occidentali che appaiono ancor più evidenti dopo il recente restauro che ha restituito all'icona colori più vivi e brillanti - nell'azzurro del marphorion e nel giallo-oro del fondo - nonchè alcuni dettagli, come il piede del Bambino, coperti da interventi precedenti .
L'icona dopo il recente restauro