Il Duomo di Benevento
E' un edificio di antica
costruzione longobarda, consacrato nel 780 dal vescovo Davide e
intitolato a Sancta Maria de Episcopio.
Nel corso dei secoli è
stato però ripetutamente rimaneggiato, in parte da interventi di
riparazione di danni inferti da eventi sismici (1456, 1688, 1702), in
parte da interventi di ampliamento (XII e XVII sec.) volti ad
arricchire il complesso che, in ultimo, venne gravemente danneggiato
dai bombardamenti angloamericani del 1943.
Il Duomo dopo i bombardamenti del 1943
La facciata pricipale
La facciata del duomo, imponente e
composita, risale alla fine del XIII secolo. Costruita interamente in
marmo bianco, si rifà alla contemporanea architettura della
Capitanata, di chiara matrice pisana.
Si sviluppa su due ordini,
entrambi articolati in sei arcate, con uno schema di simmetrie inteso
come se, al posto del campanile, a sinistra ci fosse una settima
arcata.
Le arcate
dell'ordine inferiore sono poco profonde; la più larga è quella
contenente il portale principale. Questo è racchiuso fra
un'architrave e due stipiti riccamente decorati, così come
l'archivolto romanico che lo sormonta è sorretto da un toro
a sinistra e da un leone a destra, simbolo e monito della severità e
della vigilanza del vescovo nel tutelare fede e costumi.
Il tutto è accompagnato da un'iscrizione «sculpsit Rogerius», che
si ritiene essere il vescovo sotto cui fu realizzata l'opera, più
che l'artista.
Nella parte superiore si
ripropongono le sei arcate cieche che però sono più profonde di
quelle inferiori e sono sorrette da colonne e capitelli romani di
spoglio, che poggiano su mensoloni scolpiti a figure umane al centro
e ornati all’estremità da motivi vegetali.
Le tre arcate centrali
superiori, di età romanica, sono impreziosite da due finestroni
circolari e un elegante rosone a dodici colonnine che in passato era
decorato da un antico mosaico raffigurante l'
Agnus Dei
andato perduto.
Incastonata nel portale centrale era in
origine la
Janua Major*, oggi – dopo un lungo restauro reso
necessario dai gravi danni riportati durante il bombardamento del
1943 – ricollocata in posizione più arretrata.
La Janua Major nella sua collocazione originaria prima del bombardamento
Il campanile
Innalzato dall’arcivescovo Romano
Capodiferro a partire dall’11 febbraio 1279 come recita
un’iscrizione sulla facciata, fu successivamente restaurato sotto
il vescovo Orsini.
Si presenta con una struttura quadrata
come una torre, costruita con blocchi di pietra bianca, a due piani,
separati da un cornicione sporgente sostenuto da archetti pensili. Al
secondo piano si trovano quattro finestroni ogivali, uno per lato,
con occhio trilobato.
Molti elementi di spoglio romani sono
incassati su tutta la sua superficie; tra essi spiccano una serie di
rilievi funerari, un leone gradiente di granito rosa, e soprattutto
un cinghiale (secondo altri un maiale) stolato e cinto da una corona
di alloro, pronto per il sacrificio, da cui è derivato lo stemma
della città di Benevento.
Da notare anche il mascherone, proveniente
dal
teatro romano, incassato accanto ad una delle finestre ogivali.
La
pseudocripta
Attualmente la pseudocripta consta di
due navate allineate in senso trasversale rispetto all'abside, la cui
fondazione in
opus vittatum risale al V secolo, separate tra
di loro da un notevole colonnato, realizzato con numerosi elementi di
spoglio.
Vale la pena rilevare la
presenza di vani finestra, che indicano come inizialmente la
costruzione non fosse una cripta, ma lo divenne in epoca successiva,
venendosi a trovare al di sotto del livello dell’attuale
Cattedrale.
La navata laterale verso
nord ovest è articolata in tre campate con volta a crociera sorrette
da pilastri ornati da elementi decorativi di epoca romana. Sulle
pareti laterali sono presenti tracce di affreschi trecenteschi, tra
cui in una nicchia si può ammirare un volto velato e aureolato della
Vergine che, con molta probabilità, apparteneva ad un non più
leggibile affresco di una Madonna in trono.
In questi spazi sono visibili alcuni
lacerti di pavimentazione in
opus sectile databili alla prima
metà del XII secolo e numerosi frammenti di pitture murarie che
decoravano le cappelle, risalenti a periodi differenti.
Cronologicamente il più antico risulta essere il ciclo pittorico
dedicato a san Barbato, collocabile tra la fine del IX e gli inizi
del X secolo.
Testimonianze dirette dell'opera di
ampliamento del soprastante presbiterio e della cripta, avvenuta
intorno alla metà del XII secolo, sono i resti pavimentali in
opus
tessellatum.
Al XIV secolo sono datati gli affreschi
presenti nella cappella adiacente la
fenestella confessionis
che inquadra una tomba. Si tratta del mirabile affresco della
Mater
Misericordiae e del frammento con santa Caterina d'Alessandria e
una devota con rosario inginocchiata ai suoi piedi.
La Mater Misericordiae
“la Vergine, eretta, presenta un
aspetto frontale e delle proporzioni (di circa 2 metri) ispirati alla
ieraticità bizantina, che la identificano immediatamente come
Ecclesia, nell'atto di unire in un abbraccio materno i fedeli
raccolti sotto il suo manto, i cui lembi, leggermente sollevati, sono
tenuti stretti fra le mani chiuse a pugno a rimarcare fermezza nel
proteggere" (G.Giordano - M.Cimino).
L'affresco è riconducibile ad un
artista napoletano al corrente della grande lezione naturalistica di
Giotto e di Maso di Banco che lavorarono a Napoli alla corte angioina
dal 1328 al 1333.
La linea alta della vita della Vergine
e l'assenza di cintura rivelano la sua gravidanza (
incincta=senza
cintura) come l'accrescimento dei seni e del ventre sotto la tunica
resi per mezzo di una maggiore intensità luminosa.
Sotto le ali del mantello si raccolgono
i fedeli, rigidamente divisi in uomini, a sinistra, e donne, a
destra. Tra gli uomini spiccano una figura vestita di nero,
immediatamente ai piedi della Madonna, in cui va probabilmente
identificato il donatore e quelle di tre vescovi, due dei quali
portano la mitra bicornuta – e sono probabilmente dei suffraganei –
mentre quello al centro del terzetto porta il
camauro e ha le
mani coperte dalle
chirotecae e raffigura il metropolita di
Benevento.
La regalità della Madonna è
sottolineata dal drappo d'onore – bordato di rosso e decorato da
piccoli rombi dello stesso colore solo in parte ancora visibili –
teso alle sue spalle da due angeli.
Santa Caterina d'Alessandria
Nella stessa cappella su di un pilastro
è presente un altro dipinto datato tra il IX e l'XI secolo.
Rappresenta un personaggio barbuto, probabilmente San Barbato,
raffigurato a mezzo busto, in dalmatica, con due rotoli legati da un
nastro rosso nella mano sinistra e un crocifisso nella destra.
Questi, insieme ai lacerti di affreschi
presenti nella parte occidentale della pseudocripta (tra cui un volto
di Madonna in trono datato agli inizi del XIV secolo, una figura di
orante ai piedi di una santa e le parziali decorazioni
dell'intradosso che simulano il firmamento) testimoniano le ultime
fasi di frequentazione del sito prima dell'oblio. La riscoperta
dell'area avvenne durante i lavori di ricostruzione della Cattedrale
dopo la seconda guerra mondiale.
* La Janua Major fu realizzata su commissione dell'arcivescovo
Rogerio (1179-1221).
Si compone di 72 formelle di bronzo disposte su nove file
orizzontali di otto ciascuna. Quarantatre formelle raccontano episodi della
vita di Cristo, una mostra l’arcivescovo metropolita, ventiquattro raffigurano
i suoi vescovi suffraganei e quattro altrettanti protomi animali.
Va letta riga per riga, come un testo diviso in tre
paragrafi: nel primo, si narra l’infanzia e la vita pubblica di Cristo; nel
secondo la sua passione, morte e resurrezione, con l’immagine dell’arcivescovo
di Benevento che, nell’atto di ordinare un vescovo, assiso in trono con la
tiara e il pallio, rappresenta il papa; così come, nel terzo, sempre di tre
righe, i ventiquattro vescovi suffraganei dell' arcivescovo sono sì la Chiesa
beneventana, ma rappresentano anche la Chiesa tutta.
La morte di Giuda
Piuttosto inconsueta è la formella che rappresenta la morte
di Giuda. Giuda è raffigurato impiccato ad un albero con le budella che
fuoriescono dal ventre squarciato come nella descrizione degli Atti degli
Apostoli (Giuda comprò un pezzo di terra con i proventi del suo delitto e
poi precipitando in avanti si squarciò in mezzo e si sparsero fuori tutte le
sue viscere, AdA, I, 17) mentre un angelo ne raccoglie l'anima
baciandolo.
Una descrizione esauriente delle formelle che compongono la porta si trova
qui.