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sabato 21 aprile 2018

La baronia di Ainos sotto i Gattilusio (1382-1456)

La baronia di Ainos sotto i Gattilusio (1382-1456)


Niccolò Gattilusio (1382-1409)
Fratello minore di Francesco I Gattilusio (cfr. scheda L'isola di Lesbo), primo signore dell'isola di Lesbo, grazie ai buoni uffici di questi, ottenne dall'imperatore Giovanni V Paleologo la signoria della città e della baronia di Ainos (l'attuale Enez, in Turchia), sita sulla costa della Tracia orientale in prossimità della foce dell'Evros (Maritza).
Istituita all'epoca della partitio Romaniae successiva alla IV crociata, la baronia di Ainos era per lungo tempo appartenuta titolarmente ai duchi di Borgogna. Tornata sotto controllo bizantino alla caduta dell'Impero latino, nel 1352 venne assegnata da Giovanni VI Cantecuzeno al genero Niceforo II Orsini, ex despota d'Epiro. Dal 1356 era rientrata nei possedimenti di Giovanni V che vi aveva insediato un proprio governatore.
Oltre a rivestire una notevole importanza strategica – trovandosi al confine con territori ormai sotto controllo ottomano – la baronia era anche particolarmente ricca grazie alla pescosità delle acque della zona e, soprattutto, alla presenza delle importanti saline del lago di Jala Göl.
Dopo la morte improvvisa del fratello Francesco, nel corso del violento terremoto che colpì Lesbo nell'agosto 1384, Niccolò Gattilusio venne chiamato dai maggiorenti dell'isola a esercitare la reggenza in nome del giovane nipote Jacopo (miracolosamente scampato al terremoto) che assunse il nome dinastico di Francesco II. Per i tre anni successivi tutti i domini della famiglia furono quindi riuniti sotto il suo controllo.
Nel 1387, l'arrivo a Lesbo del futuro imperatore Manuele II Paleologo – cugino di Francesco II - dopo il fallimento della campagna militare che dal suo appannaggio di Tessalonica aveva lanciato contro i possedimenti turchi nei Balcani, scatenò un contrasto tra zio e nipote. Alla politica di sostanziale equidistanza da bizantini e turchi intrapresa da Niccolò, il nipote preferiva infatti una più netta presa di posizione antiturca. Di conseguenza Niccolò decise di rientrare nella propria baronia, dedicandosi alla sua amministrazione e all'incremento delle sue rendite.
La morte prematura di Francesco II, nel 1404, lo portò nuovamente a Lesbo in qualità di reggente della signoria per conto del giovane erede Jacopo.
Sposatosi con una nobildonna greca di nome Elena che gli diede soltanto un figlia femmina di nome Marietta, alla sua morte nel 1409, non avendo discendenti diretti maschi, lasciò in eredità la baronia al più giovane dei suoi pronipoti, Palamede.

L'ingresso alla cittadella di Ainos
 
I Gattilusio rinforzarono in maniera massiccia le fortificazioni della città ereditate dai bizantini, come testimoniato da alcune placche marmoree incassate nella muratura.
 

Placca marmorea incassata nella muratura del bastione meridionale che si riferisce alla costruzione di una torre. A sinistra la cotta di maglia emblema araldico dei Gattilusio, a destra forse l'aquila coronata dei Doria. L'iscrizione in latino la data al 1 maggio 1382 o 1385.
 
Placca marmorea con le insegne dei Gattilusio incassata sulla faccia meridionale di una torre quadrata. L'iscrizione la data al 1 agosto 1413.

I resti del palazzo dei Gattilusio si trovano probabilmente lungo il muro di nordovest della cittadella ma devono ancora essere indagati.

Palamede Gattilusio (1409-1455)
Terzogenito di Francesco II Gattilusio, signore di Lesbo, nacque probabilmente nell'ultima decade del XIV secolo. Nel 1409 ereditò dal prozio la baronia di Ainos che governò inizialmente sotto la tutela del fratello maggiore Jacopo.
Grazie alla sua parentela con la casa regnante dei Paleologi - più volte orgogliosamente ricordata nelle sue iscrizioni - mantenne sempre stretti rapporti tanto con la corte imperiale di Costantinopoli quanto con esponenti di alcune delle principali famiglie dell'aristocrazia bizantina che lo consideravano come un loro pari a tutti gli effetti.
Queste relazioni gli consentirono di ampliare pacificamente i suoi possedimenti annettendosi nel 1430 l'isola di Samotracia – che gli fu concessa da Giovanni VIII – e, tra il 1450 e il 1453, quella di Imbro, concessagli da Costantino XI. Su entrambe istallò come governatore il nobile greco Giovanni Laskaris Ryndakenos e provvide a rafforzarne le difese.
Da una moglie di cui non si conosce il nome ebbe ben sette figli e attraverso un'accorta politica matrimoniale cercò di consolidare i suoi rapporti con la madrepatria genovese – da cui si aspettava di essere sostenuto contro la minaccia turca – e con la corte bizantina.
1) Giorgio (morto nel 1449), che sposò Elena (Eufrosine) Notaraina, figlia dell'ultimo primo ministro bizantino, Luca Notaras (1).
2) Dorino, che successe al padre alla sua morte nel 1455 e che sposò Elisabetta Crispo, figlia del duca di Nasso Giacomo II.
3) Caterina, che sposò Marco Antonio Doria
4) Ginevra, che nel 1442 sposò il futuro doge di Genova Lodovico Campofregoso.
5) Costanza, che sposò Gian Galeazzo Campofregoso.
6) nome sconosciuto, che sposò il cugino Francesco Gattilusio, figlio di Dorino I di Lesbo, che però morì appena sei mesi dopo le nozze.
7) Valentina, che sposò Giorgio del Carretto marchese di Zucarello.

Palamede Gattilusio morì nel 1455.

Dorino Gattilusio (1455-1456)
Secondogenito di Palamede, si trovò ad ereditare la signoria grazie alla prematura scomparsa del fratello maggiore Giorgio. Non doveva però avere buoni rapporti con il padre, giacchè questi lasciò disposto nel suo testamento che avrebbe dovuto dividere il potere con i figli del fratello maggiore. Dorino non diede però seguito a questo mandato testamentario, escludendo i nipoti dalla gestione del potere e dal patrimonio di famiglia. Visti respinti tutti gli appelli ad una composizione pacifica del dissidio, la fazione che parteggiava per i due ragazzi, capeggiata dalla madre Elena Notaraina, si risolse a inviare un'ambasceria a Costantinopoli presso il sultano Maometto II, affinché quest'ultimo intervenisse costringendo Dorino, in quanto suo vassallo e tributario, a reintegrare nei loro diritti gli spossessati nipoti oppure, in caso di rifiuto, che lo destituisse.

Ricevuto su un piatto d'argento un pretesto per impadronirsi di un caposaldo strategicamente importante (in caso di Crociata infatti la città di Ainos, posta a ridosso dei territori occupati dagli ottomani, avrebbe potuto costituire un ottimo appoggio per una testa di ponte delle armi cristiane) nonché molto ricco grazie alle saline, il sultano non esitò ad intervenire militarmente.
Nel cuore dell'inverno, mentre Dorino si trovava nel suo castello di Samotracia, Maometto II occupò la città di Ainos che gli si arrese senza opporre resistenza, mentre la flotta ottomana, al comando dell'ammiraglio Junus bey (2), occupava Imbro arrestando il governatore Giovanni Laskaris Ryndakenos e sostituendolo con un altro notabile locale, Michele Critobulus, che diverrà il biografo di Maometto e il cui atteggiamento filoturco era già noto alla Sublime Porta. Mentre la flotta ottomana si avvicinava a Samotracia, Dorino riuscì a sottrarsi alla cattura e a raggiungere la costa a bordo di una piccola imbarcazione. Da qui non gli mancò il coraggio di recarsi a Costantinopoli dove, facendo leva sul suo fascino, era quasi riuscito a convincere il sultano a rendergli i possedimenti di Samotracia e Imbro se non fosse intervenuto Janus bey che suggerì al sultano d'insediarlo piuttosto nell'entroterra dove sarebbe stato meno pericoloso. Il sultano gli assegnò quindi il remoto distretto di Zichni, vicino a Serres nella Macedonia centrale.

Scontento della sistemazione e probabilmente fidandosi poco del sultano, con l'aiuto di alcuni fedelissimi, riuscì ad eliminare la scorta turca e ad imbarcarsi rifugiandosi alla corte del duca di Nasso, Guglielmo II Crispo con cui era imparentato e che gli diede in moglie la nipote Elisabetta, figlia del defunto duca Giacomo II (cfr.scheda Il Ducato dell'Arcipelago).

Dal 1463 al 1467, la città di Ainos e alcuni possedimenti nelle isole di Samotracia, Imbro e Tasos furono concessi da Maometto II in appannaggio al deposto Despota di Morea Demetrio Paleologo (cfr. scheda Morea, Introduzione).

Note:
(1) Su Luca Notaras vedi scheda L'assedio di Costantinopoli, paragrafo La sorte dei comandanti cristiani.
(2) Vedi scheda La chiesa di Agios Evlos (Junus bey turbe).


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