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lunedì 28 gennaio 2013

Altre Feste liturgiche bizantine


1. La Resurrezione di Lazzaro, vigilia della Domenica delle Palme.

Nella liturgia bizantina segna l'inizio della Passione di Cristo.

Nea Moni, Chios, XI secolo

L'episodio è così descritto nel Vangelo di Giovanni:
Maria, dunque, quando giunse dov'era Gesù, vistolo si gettò ai suoi piedi dicendo: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto!». Gesù allora quando la vide piangere e piangere anche i Giudei che erano venuti con lei, si commosse profondamente, si turbò e disse: «Dove l'avete posto?». Gli dissero: «Signore, vieni a vedere!». Gesù scoppiò in pianto. Dissero allora i Giudei: «Vedi come lo amava!». Ma alcuni di loro dissero: «Costui che ha aperto gli occhi al cieco non poteva anche far sì che questi non morisse?». Intanto Gesù, ancora profondamente commosso, si recò al sepolcro; era una grotta e contro vi era posta una pietra. Disse Gesù: «Togliete la pietra!». Gli rispose Marta, la sorella del morto: «Signore, già manda cattivo odore, poiché è di quattro giorni». Le disse Gesù: «Non ti ho detto che, se credi, vedrai la gloria di Dio?». Tolsero dunque la pietra. Gesù allora alzò gli occhi e disse: «Padre, ti ringrazio che mi hai ascoltato. Io sapevo che sempre mi dai ascolto, ma l'ho detto per la gente che mi sta attorno, perché credano che tu mi hai mandato». E, detto questo, gridò a gran voce: «Lazzaro, vieni fuori!». Il morto uscì, con i piedi e le mani avvolti in bende, e il volto coperto da un sudario. Gesù disse loro: «Scioglietelo e lasciatelo andare». Molti dei Giudei che erano venuti da Maria, alla vista di quel che egli aveva compiuto, credettero in lui. (Giovanni, XI, 32-45)
Secondo l'antico manuale d'iconografia cristiana redatto dal monaco Dionigi da Furnà, ritrovato da Adolphe Napoleon Didron in un monastero del Monte Athos e pubblicato a Parigi nel 1845 (il manoscritto risalirebbe al XVIII secolo ma i monaci presso i quali fu ritrovato ne attribuivano la prima redazione al X-XI secolo), la scena dovrebbe essere così rappresentata:

Le cime di due monti; dietro, le mura di cinta di una città che sembra di poco conto (Betania). Degli ebrei in lacrime escono dalle porte e si dirigono al centro del monte, da dietro. Davanti a questo, la pietra che ricopriva una tomba viene tolta da un uomo. Lazzaro è in piedi, in mezzo alla tomba, mentre un altro uomo gli toglie il lenzuolo. Cristo lo benedice con una mano, con l'altra regge un cartiglio che dice: “Lazzaro vieni fuori”. Dietro di lui, gli apostoli. Marta e Maria (le sorelle di Lazzaro) si prostrano ai piedi di Gesù, per adorarlo.

chiesa della Pantanassa, XV secolo, Mistrà


2. La Lavanda dei piedi (Niptir), Giovedì Santo.

E' così descritta nel Vangelo di Giovanni:

Prima della festa di Pasqua Gesù, sapendo che era giunta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, dopo aver amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine.
Mentre cenavano, quando già il diavolo aveva messo in cuore a Giuda Iscariota, figlio di Simone, di tradirlo, Gesù sapendo che il Padre gli aveva dato tutto nelle mani e che era venuto da Dio e a Dio ritornava, si alzò da tavola, depose le vesti e, preso un asciugatoio, se lo cinse attorno alla vita.
Poi versò dell'acqua nel catino e cominciò a lavare i piedi dei discepoli e ad asciugarli con l'asciugatoio di cui si era cinto.
Venne dunque da Simon Pietro e questi gli disse: "Signore, tu lavi i piedi a me?".
Rispose Gesù: "Quello che io faccio, tu ora non lo capisci, ma lo capirai dopo".
Gli disse Simon Pietro: "Non mi laverai mai i piedi!". Gli rispose Gesù: "Se non ti laverò, non avrai parte con me".
Gli disse Simon Pietro: "Signore, non solo i piedi, ma anche le mani e il capo!".
Soggiunse Gesù: "Chi ha fatto il bagno, non ha bisogno di lavarsi se non i piedi ed è tutto mondo; e voi siete mondi, ma non tutti".
Sapeva infatti chi lo tradiva; per questo disse: "Non tutti siete mondi".
Quando dunque ebbe lavato loro i piedi e riprese le vesti, sedette di nuovo e disse loro: "Sapete ciò che vi ho fatto?
Voi mi chiamate Maestro e Signore e dite bene, perché lo sono.
Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i vostri piedi, anche voi dovete lavarvi i piedi gli uni gli altri.
Vi ho dato infatti l'esempio, perché come ho fatto io, facciate anche voi.
In verità, in verità vi dico: un servo non è più grande del suo padrone, né un apostolo è più grande di chi lo ha mandato. Sapendo queste cose, sarete beati se le metterete in pratica.
(Giovanni, XIII, 1-17)

Nea Moni, Chios, XI secolo

Nella parte superiore - molto danneggiata - è raffigurata la preparazione del rito. Cristo è ritratto tre volte rispettivamente nell'atto di levarsi il manto, in quello di indossare il grembiule e mentre prepara il bacile con l'acqua.

chiesa di San Nicola Orfano, Tessalonica, 1310-1320

3. L'Ultima cena (Mystikos Deipnos=Convito mistico), Giovedì Santo.
E' così raccontata nel Vangelo di Giovanni, Gesù e gli apostoli sono riuniti a tavola per festeggiare la Pasqua ed è stata appena compiuta la Lavanda dei piedi:
Dette queste cose, Gesù si commosse profondamente e disse: "In verità, in verità vi dico: uno di voi mi tradirà ".
I discepoli si guardarono gli uni gli altri, non sapendo di chi parlasse.
Ora uno dei discepoli, quello che Gesù amava, si trovava a tavola al fianco di Gesù.
Simon Pietro gli fece un cenno e gli disse: "Dì, chi è colui a cui si riferisce?".
Ed egli reclinandosi così sul petto di Gesù, gli disse: "Signore, chi è?".
Rispose allora Gesù: "È colui per il quale intingerò un boccone e glielo darò". E intinto il boccone, lo prese e lo diede a Giuda Iscariota, figlio di Simone.
E allora, dopo quel boccone, satana entrò in lui. Gesù quindi gli disse: "Quello che devi fare, fallo al più presto".
Nessuno dei commensali capì perché gli aveva detto questo; alcuni infatti pensavano che, tenendo Giuda la cassa, Gesù gli avesse detto: "Compra quello che ci occorre per la festa", oppure che dovesse dare qualche cosa ai poveri.
Preso il boccone, egli subito uscì. Ed era notte.
(Giovanni, XIII, 21-30)

Il manuale di Dionigi da Furnà suggerisce questa rappresentazione della scena:

Una casa. Al suo interno c’è una tavola con focacce e piatti colmi di cibo; c’è una coppa e un grande recipiente per il vino. Cristo è seduto a tavola con gli apostoli. Sul lato sinistro, Giovanni è disteso sul suo grembo; a destra Giuda allunga la mano nel piatto e guarda Cristo.

Sant'Apollinare Nuovo, Ravenna, inizio VI secolo

Teotokos Peribleptos, Mistrà, seconda metà XIV secolo

Nel mosaico di Sant'Apollinare Gesù e gli Apostoli stanno a tavola sdraiati secondo il costume dell'epoca mentre nell'affresco della Peribleptos sono presenti i tratti iconografici salienti (Giovanni disteso nel grembo del Cristo e Giuda che allunga la mano nel piatto) indicati da Dionigi.  


4. Il tradimento di Giuda (Prodosia), Giovedì Santo.

E' così descritto nei Vangeli:

Detto questo, Gesù uscì con i suoi discepoli e andò di là dal torrente Cèdron, dove c'era un giardino nel quale entrò con i suoi discepoli.
Anche Giuda, il traditore, conosceva quel posto, perché Gesù vi si recava con i suoi discepoli.
Giuda dunque, preso un distaccamento di soldati e delle guardie dai sommi sacerdoti e dai farisei, si recò là con lanterne, torce e armi.
Gesù allora, conoscendo tutto quello che gli doveva accadere, si fece innanzi e disse loro: "Chi cercate?".
Gli risposero: "Gesù, il Nazareno ". Disse loro Gesù: "Sono io!". Vi era là con loro anche Giuda, il traditore.
Appena disse "Sono io", indietreggiarono e a terra.
Domandò loro di nuovo: "Chi cercate?". Risposero: "Gesù, il Nazareno ".
Gesù : "Vi ho detto che sono io. Se dunque cercate me, che questi se ne vadano ".
Perché s'adempisse la parola che egli aveva detto: "Non ho nessuno di quelli che mi hai dato".
Allora Pietro, che aveva una spada, la trasse fuori e colpì il servo del sommo sacerdote e gli tagliò l'orecchio destro. Quel servo si chiamava Malco.
Gesù allora disse a Pietro: "Rimetti la tua spada nel fodero; non devo forse bere il calice che il Padre mi ha dato?".
Allora il distaccamento con il comandante e le guardie dei Giudei afferrarono Gesù, lo legarono.
(Giovanni, XVIII, 1-12)

Mentre parlava ancora, ecco arrivare Giuda, uno dei Dodici, e con lui una gran folla con spade e bastoni, mandata dai sommi sacerdoti e dagli anziani del popolo. Il traditore aveva dato loro questo segnale dicendo: "Quello che bacerò, è lui; arrestatelo!". E subito si avvicinò a Gesù e disse: "Salve, Rabbì!". E lo baciò. (Matteo, XXVI, 47-49)

Sant'Apollinare Nuovo, Ravenna, inizi VI secolo.


chiesa dell'Arcangelo Michele, Pedoulas, Cipro, seconda metà XV secolo.


5. La Crocifissione (Stavrosis), Venerdì Santo.

Il teschio ai piedi della croce
La croce a cui il Cristo è crocifisso è eretta sul Golgota (lat. Calvaria=luogo del cranio), un piccolo rilievo roccioso attualmente inglobato all'interno della chiesa del S.Sepolcro e usato dai Romani come luogo di esecuzione della pena capitale della crocifissione. Origene (III sec.) riporta la tradizione ebraica secondo cui il Cristo venne crocifisso nel luogo dove si trovava il sepolcro di Adamo. Per questa ragione, ai piedi del Cristo crocifisso viene spesso rappresentato il teschio di Adamo.

Monastero di Dafni, XI secolo.

Nel mosaico del monastero di Dafni assistono alla Crocifissione soltanto la Vergine e l'apostolo Giovanni, colui che Gesù amava. Dal foro nel costato del Cristo zampilla acqua e sangue.


Le Tre Marie
Con il nome di Tre Marie s’intendono le donne che erano presenti alla morte di Gesù. Tradizionalmente queste donne sono identificate come: Maria madre di Gesù, Maria Maddalena e Maria di Clopa.

Tutti e quattro i Vangeli riportano il racconto della crocifissione di Gesù. Le narrazioni sono però diverse tra loro, pur narrando gli stessi eventi storici. Questa diversificazione riguarda in particolare la questione delle Tre Marie.

• Matteo XXVII, 55-56:
C'erano là molte donne che guardavano da lontano; esse avevano seguito Gesù dalla Galilea per assisterlo; tra di loro erano Maria Maddalena, Maria madre di Giacomo e di Giuseppe, e la madre dei figli di Zebedeo.
Qui abbiamo tre donne: due di esse si chiamano Maria (Maria di Magdala e Maria madre di Giacomo e Giuseppe), della terza non viene riferito il nome. La madre di Gesù non viene ricordata.
 
• Marco XV, 40-41:
Vi erano pure delle donne che guardavano da lontano. Tra di loro vi erano anche Maria Maddalena, Maria madre di Giacomo il minore e di Iose, e Salome, che lo seguivano e lo servivano da quando egli era in Galilea, e molte altre che erano salite con lui a Gerusalemme.
Anche Marco riferisce di tre donne: due di esse si chiamano Maria (Maria di Magdala e Maria madre di Giacomo e Ioses); la terza si chiama Salomè. Neppure Marco ricorda la madre di Gesù.

• Luca XXIII, 49:
Tutti i suoi conoscenti e le donne che lo avevano accompagnato dalla Galilea stavano a guardare queste cose da lontano.
Luca ricorda semplicemente che c'erano delle donne che assistevano alla scena, ma non riferisce né il loro numero, né il loro nome.

• Giovanni XIX, 25:
Presso la croce di Gesù stavano sua madre e la sorella di sua madre, Maria di Cleopa, e Maria Maddalena.
Giovanni presenta l'elenco di tre donne che si chiamano Maria: la madre di Gesù, Maria di Cleopa e Maria di Magdala. L'espressione tradizionale Tre Marie deriva proprio dal racconto giovanneo.

In totale, le donne menzionate particolarmente sono quattro:
1. Maria Maddalena.
2. Maria madre di Giacomo e di Giuseppe o Iose.
3. Maria (Miryàm), madre di Gesù.
4. Salomè, la madre dei figli di Zebedeo (Marco XV, 40)

Le “Maria” sono dunque tre. Identificate sembra ombra di dubbio sono due: Maria, madre di Gesù e Maria Maddalena. La terza Maria è detta sempre “madre di Giacomo” e, secondo i manoscritti, “madre di Giuseppe” o “madre di Iose”. È quindi la stessa persona. La variante giovannea “Maria di Cleopa” indica sempre lei, la Maria madre di Giuseppe/Iose. L’espressione greca Μαρία ἡ τοῦ Κλωπᾶ (Marìa e tu Klopà) sta a significare “Maria la moglie di Clopa”. Questa Maria è anche “l'altra Maria” che si trova insieme a Maria di Magdala davanti al sepolcro di Gesù (Matteo XVII, 61).

chiesa di S.Eracledio, monastero di S.Giovanni Lampadistis, Cipro, inizi XIII secolo.

Il buon centurione
I Vangeli sinottici riferiscono la presenza accanto alla croce di un centurione romano che per primo proclama la discendenza divina del Cristo:
Allora il centurione che gli stava accanto, vistolo spirare in quel modo, disse "Veramente quest'uomo era Figlio di Dio!" (Marco, XV, 39).
Soltanto Giovanni riferisce che uno dei soldati gli colpì il fianco con la lancia e subito ne uscì sangue e acqua (Giovanni, XIX, 34).

Il nome di Longino (colui che porta la lancia), in riferimento al soldato che trafisse il costato di Gesù, non ricorre nei Vangeli canonici ma, per la prima volta, solo in un manoscritto apocrifo, gli Atti di Pilato, che risale al V secolo (Atti di Pilato, redazione greca A, XVI, 8)

S.Maria Antiqua, Roma, 750 c.ca


6. La Domenica dell'Ortodossia (ἡ Κυριακὴ τῆς Ὀρθοδοξίας), prima domenica di Quaresima

L'11 marzo 843, prima domenica di Quaresima, al termine del sinodo convocato dal patriarca Metodio che ripristinò il culto delle icone, si svolse a Costantinopoli una grande processione che, dietro l'icona della Vergine Hodighitria – considerata opera di San Luca - attraversò tutta la città dalla chiesa delle Blachernae – dove si era tenuto il sinodo - a quella di santa Sofia, dove un solenne rituale proclamò ufficialmente la restaurazione del culto delle icone. Da allora, nel calendario liturgico ortodosso, nella prima domenica di Quaresima viene celebrata la Festa dell'Ortodossia in ricordo della restaurazione delle sante icone.


Icona del Trionfo dell'Ortodossia*, cm. 39x31, fine XIV sec.
British Museum, Londra
 
*L'analisi dettagliata di questa icona si trova nel capitolo dedicato all'Iconoclastia




















giovedì 24 gennaio 2013

Leonardo di Chio



Leonardo di Chio, arcivescovo di Mitilene

Leonardo di Chio nacque intorno al 1395-96 nell'isola omonima.
Entrato nell'Ordine domenicano, si distinse subito per la brillante intelligenza e venne pertanto inviato a compiere i suoi studi in Italia.
Nel 1426 era sicuramente a Genova, presso il convento di S.Domenico.

Luigi Garibbo, Rovine del convento di S.Domenico, 1826
Museo di scultura e architettura ligure San'Agostino, Genova
 
Nel biennio 1426-28 il capitolo generale dell'Ordine lo inviò a Perugia come lettore delle Sentenze, per dargli modo di completare la propria formazione teologica. Conseguito il grado di magister, egli iniziò una rapida carriera nelle gerarchie ecclesiastiche che lo condusse a essere nominato, già nel 1428, vicario generale della Congregazione dei fratres peregrinantes in Oriente in sostituzione del confratello Andreas Chrysoberges, incaricato di una legazione in Polonia. In tale veste fece ritorno a Chio, sede del suo ufficio.
Nel 1430 venne nominato inquisitore d'Oriente della stessa Congregazione, incarico confermatogli da papa Eugenio IV con una bolla del 1431 e che ricoprirà per circa dodici anni.
Il 28 giugno 1444, probabilmente su pressione del signore di Lesbo Dorino Gattilusio, fu nominato arcivescovo di Mitilene.
Nel 1449, facendo conto sulle sue influenti amicizie, Dorino Gattilusio inviò Leonardo alla corte papale quale ambasciatore per trattare la questione della dispensa necessaria per il matrimonio del suo erede Domenico con una cugina, figlia di Palamede Gattilusio signore di Enos. Durante il suo soggiorno presso la Curia l'arcivescovo ottenne alcuni privilegi personali (tra cui la rendita sulla chiesa dei Ss. Pietro e Paolo dei Veneziani a Costantinopoli, la facoltà di testare e l'unione alla sua arcidiocesi delle diocesi di Chio e di Focea Vecchia e Focea Nuova). Scontratosi con la ferma opposizione alla concessione della dispensa da parte del doge di Genova Ludovico Fregoso, genero di Palamede Gattilusio, Leonardo si recò a Genova per un incontro con lo stesso Fregoso, del quale seppe conquistarsi comunque la fiducia; tornò quindi alla fine dell'anno a Mitilene, dove molto probabilmente non fu estraneo alla scelta di Maria Giustiniani, figlia dell'ultimo governatore di Focea nuova Paride Giustiniani (1447-1455) e di cui era padre spirituale, quale moglie di Domenico Gattilusio.
Grazie ai contatti stabiliti in questa occasione, fu invitato dal cardinale Isidoro di Kiev, legato pontificio, a far parte della delegazione latina che raggiunse Costantinopoli il 26 ottobre 1452.
Nel corso delle convulse trattative fra partigiani e avversari dell'unione che si svolsero nelle settimane seguenti l'arcivescovo di Mitilene si distinse, al contrario del cardinale Isidoro, fautore di una linea più conciliante, per l'atteggiamento di assoluta intransigenza nei confronti degli antiunionisti, tra i quali spiccava il futuro patriarca Gennadios, arrivando a chiederne l'arresto all'imperatore Costantino XI per trascinarli davanti a un tribunale dell'inquisizione nominato ad hoc.
Alla fine, prevalendo le esigenze politiche su quelle dottrinali, l'imperatore impose la proclamazione dell'unione, che ebbe luogo in S.Sofia il 12 dicembre alla presenza, tra gli altri, dello stesso Leonardo.
Rimasto con il cardinale Isidoro nella capitale bizantina per vigilare sulla messa in pratica dei decreti di unione, fu direttamente coinvolto nella difesa della città, affiancando il cardinale al comando di 200 balestrieri in gran parte reclutati a Chio a cui fu affidata la difesa di un tratto delle mura marittime.
Quando la città cadde fu fatto prigioniero ma, non essendo stato riconosciuto, potè essere riscattato da un mercante genovese di Pera.

Raggiunta Chio, il 16 agosto dello stesso anno, indirizzò a papa Niccolò V la lunga e dettagliata relazione degli eventi dell'assedio e della caduta di Costantinopoli nota come Epistula de urbis Constantinopoleos captivitate che ne costituisce una testimonianza diretta.

Nel 1458, di fronte a una situazione politica che andava peggiorando costantemente, Niccolò II Gattilusio, che poco prima aveva usurpato la signoria di Mitilene assassinando il fratello Domenico, lo inviò quale ambasciatore a Genova, in Francia e in Borgogna per ottenere aiuti militari ed economici contro un probabile attacco turco.
Alcuni documenti attestano la sua presenza a Genova nel febbraio-marzo del 1459, ma non è possibile sapere se egli abbia proseguito il suo viaggio Oltralpe o se sia rimasto a Genova. È comunque certo che morì in Occidente nel corso dello stesso anno, in quanto già il 3 dicembre 1459 il papa Pio II provvide a nominare il monaco benedettino Benedetto nuovo titolare della cattedra di Mitilene, resasi vacante per la morte del titolare.

Appaiono quindi fantasiose le narrazioni che lo vogliono presente a Chio al momento della conquista ottomana (1462) e ucciso dai turchi o rocambolescamente nuovamente sfuggito ad essi ed autore della relazione de Lesbo a Turcis capta e che va invece attribuita al suo successore sulla cattedra vescovile di Mitilene.









martedì 8 gennaio 2013

Panagia Eleousa, Rizokarpaso

Panagia Eleousa, Rizokarpaso


Si trova a circa 30 km dalla cittadina di Rizokarpaso e a pochi minuti di macchina all'interno della strada costiera, su un'altura che domina la baia di Ronnas. E' una chiesa monastica dedicata alla Vergine misericordiosa (eleousa).
Presenta una pianta a due navate di proporzioni diseguali (quella settentrionale è infatti molto più piccola di quella meridionale), ognuna delle quali termina con un abside e divise da due archi a sesto acuto che partono da due tozze semicolonne e convergono su una colonna centrale. Le navate sono voltate a botte.


 In un epoca successiva alla sua fondazione le venne anteposto un nartece la cui giustapposizione all'edificio originario è evidente sia all'interno che all'esterno.


La chiesa era il katholikon di un complesso monastico le cui rovine sono ancora visibili attorno ad essa. G. Jeffrey (A Description of the historic monuments of Cyprus, 1918) ne propone la datazione al XVI secolo. Le due navate erano molto probabilmente destinate una al culto ortodosso (quella più piccola) e l'altra a quello latino e la disparità di proporzioni potrebbe esplicitare la posizione subordinata in cui era tenuta la chiesa ortodossa durante la dominazione franca.

Navata settentrionale

La decorazione è ancora interamente nascosta dall'intonaco con cui venne ricoperta dai turchi dopo la conquista dell'isola e l'unico elemento di spicco è attualmente il portale riccamente decorato e di chiara influenza occidentale sul suo fianco meridionale.

Portale meridionale.
A sinistra si nota la linea di giunzione tra il nartece ed il preesistente corpo centrale.