Nato probabilmente tra il 480 ed il 490 nei dintorni della città di frontiera di Dara, Salomone non divenne eunuco a causa di una castrazione ma per un incidente occorsogli durante l'infanzia.
Compare per la prima volta nelle fonti nella Cronaca dello Pseudo-Zaccaria (568-569) come notarius del dux Mesopotamiae Felicissimo che ricoprì questa carica dal 505 al 506. Servì quindi sotto Belisario quando questi a sua volta ricoprì la carica di dux Mesopotamiae (527-531) guadagnandosene la stima.
Nella campagna d'Africa condotta da Belisario contro i Vandali, che fruttò all'Impero la riconquista dell'Africa proconsolare, fu scelto dal generalissimo come suo domestikos (1) ed è indicato da Procopio come uno dei due comandanti dei foederati.
Salomone, al comando dei foederati, prese parte al decisivo scontro di Ad Decimum (13 settembre 533, vedi scheda La Campagna d'Africa). Istallatosi a Cartagine, Belisario lo inviò a Costantinopoli per riferire all'imperatore sull'andamento della campagna. Qui si trattenne fino alla primavera del 534, quando l'imperatore richiamò il generalissimo nella capitale ed inviò Salomone in Africa affidandogli il comando militare della provincia (magister militum Africae). In autunno, Salomone prese anche il comando dell'amministrazione civile sostituendo il vecchio Archelao nella carica di prefetto del pretorio della restaurata provincia africana.
Nel frattempo i berberi che, dopo aver appoggiato Belisario contro i Vandali, premevano adesso ai confini cercando di strappare territori ai Romani, avevano invaso la Byzacena (2) massacrando il presidio romano comandato da Gainas e Rufino.
Ricevuti i rinforzi da Costantinopoli, Salomone marciò sulla Byzacena alla testa di un esercito di 18.000 uomini e sconfisse i berberi accampati nei pressi di una località chiamata Mammes (3) infliggendogli gravi perdite.
Rientrato a Cartagine, venne raggiunto dalla notizia che i berberi si erano riorganizzati ed avevano nuovamente invaso la Byzacena trincerandosi sul Monte Bourgaun (4).
Salomone riportò quindi l'esercito nella Byzacena e pose l'assedio al campo berbero, che si trovava su una balza, attendendo che questi lasciassero le loro postazioni e lo attaccassero in campo aperto. Trascorsi alcuni giorni, si rese però conto che il nemico non aveva alcuna intenzione di abbandonare la posizione di vantaggio in cui si trovava e al contempo di non poter proseguire oltre un assedio in pieno deserto. Decise quindi di prendere l'iniziativa.
Notato che i berberi avevano tralasciato di fortificare la parte del campo verso la montagna, valutando che nessun attacco potesse giungere da quella direzione, Salomone ordinò a Teodoro, comandante degli excubitores, di aggirare nottetempo il nemico scalando il pendio con 1000 uomini e attaccare all'alba contemporaneamente al resto dell'esercito. Presi tra due fuochi i berberi, nel tentativo di sottrarsi all'accerchiamento, s'infilarono in una stretta gola dove furono massacrati dai romani. Procopio – forse con qualche esagerazione – parla di 50.000 morti e di nessun soldato romano ferito. I superstiti ripiegarono in Numidia, arroccandosi sul massiccio dell'Aures (nell'attuale Algeria).
Sul fronte interno, l'eccessiva solerzia nell'applicare le direttive di Giustiniano aveva però reso il governatore inviso alla popolazione locale e ai suoi stessi soldati. Aveva infatti impedito ai soldati che avevano sposato le vedove dei vandali di ereditarne i beni e, sempre seguendo le indicazioni dell'imperatore, aveva anche impedito ai circa mille ariani che militavano tra le sue truppe di praticare liberamente la propria fede.
Il malcontento che serpeggiava tra i soldati sfociò in aperta rivolta il giorno di Pasqua del 536. Salomone, inseguito dai rivoltosi (tra cui una buona metà della sua guardia personale), riuscì miracolosamente ad imbarcarsi e a raggiungere Belisario a Siracusa. Il generalissimo salpò immediatamente alla volta di Cartagine portandosi dietro soltanto cento dei suoi migliori soldati e lasciando la moglie Antonina al comando della Sicilia appena riconquistata. Nel frattempo i ribelli avevano in un primo tempo lasciato Cartagine dopo averne saccheggiato la periferia, con l'intento di raggiungere i berberi arroccati sul massiccio dell'Aures. In un secondo tempo, essendosi notevolmente ingrossate le loro fila, anche per l'apporto di un migliaio di sbandati vandali, fino a raggiungere il numero di 8.000, eletto al comando un ex soldato romano di nome Stotzas, erano tornati indietro e avevano cinto d'assedio la città. Belisario sbarcò quando la guarnigione, al comando di Teodoro, era sul punto di capitolare e la sola notizia del suo arrivo bastò per indurre i rivoltosi a ripiegare verso l'Aures. Il generalissimo non perse tempo e raccolta una forza di circa 2.000 uomini si lanciò all'inseguimento raggiungendo i ribelli nei pressi della città di Membresa (l'attuale cittadina di Majaz al Bab in Tunisia), circa 60 km. a sud ovest di Cartagine.
Nonostante la sconfitta, i ribelli, che non avevano subito grosse perdite giacchè la maggior parte dei caduti si contò tra i vandali, continuarono la ritirata verso la Numidia dove si unirono a loro anche le truppe del locale presidio romano.
Dopo questa battaglia, Giustiniano ordinò a Belisario di
tornare in Italia per continuare la guerra contro i Goti mentre
Salomone fu richiamato a Costantinopoli. Al suo posto l'imperatore
inviò in Africa suo cugino Germano con il titolo di magister
militum Africae e il compito di sedare la rivolta.
Nella primavera del 537, Germano
sconfisse definitivamente i ribelli nella battaglia di Scalas Veteres
a soli 6 km. da Cartagine.
Sedata la rivolta e ristabilito il
controllo sull'esercito, Germano fu richiamato a Costantinopoli e
Salomone – che nel frattempo Giustiniano aveva elevato al rango di
patrizio e nominato console onorario – fu nuovamente inviato in
Africa come comandante civile e militare della provincia.
Salomone rafforzò il controllo
sull'esercito facendo trasferire gli elementi meno affidabili,
espellendo i vandali dalla provincia ed iniziando un massiccio
programma di fortificazioni.
L' arco di Caracalla (211-214) inglobato nella nuova cinta muraria della città di Theveste fatta ricostruire da Salomone, come attestato da un'iscrizione un tempo presente sulla tamponatura del fornice settentrionale e oggi rimontata su un lato dell'arco.
Nel 540 Salomone guidò l'esercito
all'attacco delle roccaforti berbere dell'Aures. I berberi
attaccarono il campo dell'avanguardia bizantina nei pressi di Bagai
ma l'arrivo di Salomone con il grosso dell'esercito li costrinse a
ripiegare su Babosis ai piedi del massiccio montuoso. Qui Salomone li
attaccò a sua volta sconfiggendoli. Gran parte dei superstiti si
ritirò verso sud mentre il loro capo, Iudas, si asserragliò
dapprima nella fortezza di Zerboule a sud di Thamugadi (l'attuale
Timgad in Algeria) e quindi in quella di Toumar. Lì una iniziale
piccola schermaglia, per l'affluire di soldati di ambo le parti, si
trasformò in una battaglia vera e propria da cui i bizantini
uscirono vincitori. Questa vittoria diede a Salomone il controllo del
massiccio dell'Aures rendendo sicure le provincie della Numidia e
della Mauritania Sifitensis.
Sotto il governo di Salomone le
provincie africane conobbero quindi un breve periodo di pace e
prosperità che durò fino al 542-543 quando arrivò la grande peste
che causò molte morti. Nel 544 inoltre, in segno di riconoscenza per
il suo buon operato, Giustiniano nominò i suoi nipoti Sergio e Ciro
governatori rispettivamente delle provincie di Tripolitania e
Cirenaica. L'inutile assassinio di 80 delegati berberi ordinato da
Sergio, determinò una riapertura delle ostilità con questa
popolazione nonché la defezione della maggior parte delle tribù che
appoggiavano Salomone tra cui quella dell'influente capo berbero
Antalas. Sergiò uscì vincitore da un primo scontro con i rivoltosi
nei pressi di Leptis Magna ma presto fu costretto a recarsi a
Cartagine per richiedere l'intervento delle truppe di Salomone mentre
la ribellione si estendeva dalla Tripolitania alla Byzacena.
Affiancato dai suoi nipoti Salomone marciò contro il nemico che
raggiunse nei pressi di Theveste. Fallito ogni tentativo di
mediazione diplomatica, lo scontro ebbe luogo vicino a Cillium
(l'attuale Kasserine in Tunisia) al confine tra la Numidia e la
Byzacena.
I soldati di Salomone erano però molto riluttanti a
battersi e l'improvviso abbandono della linea delle truppe di
Guntharis, uno dei comandanti di Salomone, innescò una disordinata
ritirata generale. Soltanto Salomone e la sua guardia personale
continuarono a battersi con coraggio ma finirono anch'essi per dover
ripiegare. Salomone fu disarcionato dal suo cavallo e, raggiunto dai
berberi, trovò la morte.
Note:
(1) Nella fattispecie la carica corrispondeva a quella di capo di stato maggiore.
(2) Diocleziano aveva diviso l'Africa
proconsolare in due provincie più piccole: la Zeugitana a nord e la
Byzacena a sud di questa. Nel 395 - alla morte di Teodosio I - la Tripolitani si staccò dalla Byzacena andando a formare una terza provincia. La
Byzacena corrispondeva grosso modo alla regione della moderna Tunisia
nota come Sahel. Prima dell'invasione vandalica (430), inoltre, procedendo verso occidente si estendevano altre quattro provincie romane: Numidia, Mauretania Sitifensis, Mauretania Caesariensis e Mauretania Tingitana.(1) Nella fattispecie la carica corrispondeva a quella di capo di stato maggiore.
(3) Località dell'attuale Tunisia centrale, a sud del moderno abitato di Aïn Djeloula.
(4) Località non identificata con precisione, dovrebbe però trovarsi a poca distanza da quella precedente.