La passio prima, pervenuta in diverse versioni, racconta che a Tessalonica, durante le persecuzioni di Massimiano (286-305), tra i cristiani arrestati si trovava il predicatore Demetrio. Costui viene mostrato in catene all'imperatore diretto allo stadio per assistere a un combattimento gladiatorio, e rinchiuso per suo ordine nelle vicine terme. Nello stadio un lottatore di gran fama, un vandalo di nome Lyaeus, favorito imperiale, è affrontato dal giovane Nestore, che rifiuta il denaro offertogli da Massimiano perchè rinunci a uno scontro che gli sarebbe fatale: Nestore colpisce a morte il gladiatore, e l'imperatore si allontana incollerito; ma, quando gli viene detto che erano state le preghiere di Demetrio a guidare la mano del vincitore, ordina che egli venga ucciso a colpi di lancia nel luogo stesso dove si trovava prigioniero. Qui il suo corpo viene seppellito sotto uno strato sottile di terra da alcuni compagni di fede e a lungo dimenticato.
Successivamente i miracoli di guarigione che avvengono sul luogo rivelano la potenza del martire, sicchè l'eparca dell'Illirico Leone fa ripulire l'area e vi fa edificare una chiesa.
Il racconto mostra come l'agiografo non disponesse di alcuna informazione su Demetrio, ma ricostruisse la narrazione a partire dal luogo in cui si trovava la basilica intitolata al santo, tra le terme e lo stadio (e pertanto in un'area urbana inconsueta per un martyrion), e tendesse ad accreditarvi la presenza delle reliquie.
Martirio di S.Nestore, chiesa di S.Demetrio (Mitropolis), Mistrà, fine XIII sec.
La passio altera, pervenuta in un gran numero di manoscritti, aggiunge al primo racconto particolari e circostanze diverse: Demetrio proviene da una famiglia di rango senatorio e percorre una brillante carriera nell'amiministrazione imperiale; predica il vangelo nel portico occidentale del Foro di Tessalonica e raduna i discepoli in una sala sotterranea delle vicine terme. Uno di costoro, Nestore, chiede a Demetrio di benedirlo in vista della lotta, prega il suo Dio e uccide l'avversario nello stadio; interrogato da Massimiano, attribuisce al Dio di Demetrio la vittoria: e l'imperatore fa allora mettere a morte prima Nestore e poi Demetrio, il cui servo ne raccoglie il sangue che opera ogni sorta di guarigioni. In seguito l'eparca per l'Illirico Leone, miracolosamente risanato da una grave malattia sul luogo stesso del martirio, vi fa costruire una chiesa; dovendo far ritorno in Illirico, vuole portare con sè una reliquia del santo, ma Demetrio gli appare in sogno e glielo proibisce: Leonzio allora chiude in un cofanetto la clamide imbevuta del sangue del martire e la depone a Sirmio nella chiesa che fa edificare in suo onore.
S.Demetrio con l'arcivescovo Giovanni e l'eparca Leone, fondatori della chiesa, con un'inscrizione che si riferisce al terzo assedio di Tessalonica da parte degli Slavi (inizi VII sec.), chiesa di S.Demetrio, Tessalonica
La caratterizzazione di Demetrio come santo militare va dunque probabilmente attribuita alla fama dei suoi miracolosi interventi in armi a difesa della città di Tessalonica contro gli attacchi di Avari e Slavi (nel 586 Tessalonica fu a lungo assediata dagli attacchi di Avari e Slavi ma la città, benché allo stremo, resistette all’assedio): le tre raccolte di miracoli pervenute (le prime due del sec. VII e la terza molto piu' tarda, del sec. X), i racconti che ne derivano e la luga serie dei panegirici episcopali, distribuiti su un lungo arco cronologico, illlustrano la diffusione e l'evoluzione del culto, e il progressivo precisarsi nella figura di Demetrio degli attributi e dei caratteri della santità militare in ragione delle prodigiose vittorie sui nemici attribuite ai suoi interventi in favore della città minacciata.
[I barbari] Assediarono la città per lungo tempo, fino all’esaurimento di tutte le loro forniture, tanto per l’uomo che per le bestie. Avendo deciso di attaccare la città tutto il mattino del giorno successivo, la circondarono su ogni lato con le loro macchine di guerra. E quando ormai l’urbe stava per essere presa, fu vista uscire dalla città una moltitudine di uomini armati, come uno sciame di api, che era preceduta da un certo giovane dai capelli rossi, di bellissimo aspetto, recante tra le mani il segno della croce; lo portava un cavallo bianco, e con impeto si scagliarono contro di quelli. Atterriti, [i barbari] lasciarono la città, prendendo riparo con la fuga. Tuttavia pochi, che non erano riusciti a fuggire, rimasero lì mezzi morti. Quando questi furono catturati dai cittadini, fu chiesto loro perché una così grande moltitudine era in fuga, senza alcun motivo. I barbari quindi [risposero], "La moltitudine di uomini che si nascondevano, insieme con il loro coraggiosissimo comandante, ha messo in fuga le nostre truppe". Ma quelli [i cittadini] si resero conto che il comandante era il martire Demetrio, che insieme ad un esercito di angeli aveva messo in fuga il nemico. (Anastasio Bibliothecario, Incipit a Passio Sancti Demetrii martyris, IX sec.)
San Demetrio
Chiesa del Salvatore in chora, Costantinopoli, 1316-1321
[I barbari] Assediarono la città per lungo tempo, fino all’esaurimento di tutte le loro forniture, tanto per l’uomo che per le bestie. Avendo deciso di attaccare la città tutto il mattino del giorno successivo, la circondarono su ogni lato con le loro macchine di guerra. E quando ormai l’urbe stava per essere presa, fu vista uscire dalla città una moltitudine di uomini armati, come uno sciame di api, che era preceduta da un certo giovane dai capelli rossi, di bellissimo aspetto, recante tra le mani il segno della croce; lo portava un cavallo bianco, e con impeto si scagliarono contro di quelli. Atterriti, [i barbari] lasciarono la città, prendendo riparo con la fuga. Tuttavia pochi, che non erano riusciti a fuggire, rimasero lì mezzi morti. Quando questi furono catturati dai cittadini, fu chiesto loro perché una così grande moltitudine era in fuga, senza alcun motivo. I barbari quindi [risposero], "La moltitudine di uomini che si nascondevano, insieme con il loro coraggiosissimo comandante, ha messo in fuga le nostre truppe". Ma quelli [i cittadini] si resero conto che il comandante era il martire Demetrio, che insieme ad un esercito di angeli aveva messo in fuga il nemico. (Anastasio Bibliothecario, Incipit a Passio Sancti Demetrii martyris, IX sec.)
Il santo è spesso raffigurato in armatura da soldato romano, sebbene soprattutto le sue prime rappresentazioni lo vedono vestito della semplice clamide diaconale. Dopo la caduta di Costantinopoli viene sempre più spesso associato a San Giorgio ed insieme raffigurati a dorso di un cavallo, di colore rosso per San Demetrio e bianco per San Giorgio.
S.Giorgio e S.Demetrio mentre trafiggono il drago, Monastero di Sumela, Trebisonda