La cattedrale di Cefalù
La Cattedrale di Cefalù venne
edificata per volere di Ruggero II d’Altavilla, re di Sicilia,
Puglia e Calabria, nell’anno del Signore 1131.
Vuole la
tradizione che il re, in viaggio per nave da Salerno a Palermo,
imbattutosi in una tempesta, fece voto al Signore di erigere una
chiesa nel luogo in cui avesse preso terra sano e salvo insieme al
suo equipaggio. Approdato a Cefalù, fece costruire qui il tempio
promesso a gloria del SS. Salvatore e dei Santi Pietro e Paolo. I lavori ebbero inizio, con la posa
della prima pietra, domenica 7 giugno, giorno di Pentecoste,
dell’anno 1131, presente alla cerimonia lo stesso re.
L’edificio nacque nell’ambito
dell’architettura romanica nordeuropea, importata in Sicilia dai
normanni, ma fu terminato da maestranze locali secondo le istanze
dell’architettura islamica e condizionato dalle esigenze liturgiche
bizantine.
L’originale progetto ruggeriano
prevedeva una costruzione molto complessa e talmente imponente che
rimase in molte sue parti incompiuta, per questo l’edificio
presenta sia all’interno che all’esterno diverse anomalie e
discontinuità.
Nel 1145 il re normanno stabilì che la
chiesa diventasse il mausoleo della famiglia reale. In tal senso
predispose la sistemazione di due sarcofagi di porfido, con relativi
baldacchini marmorei con intarsi a mosaico, alle estremità dei
bracci del transetto. Uno che doveva accogliere le sue spoglie
mortali, l’altro a gloria della famiglia Altavilla e destinato a
rimanere vuoto. Ma alla sua morte improvvisa (28 febbraio 1154)
venne sepolto provvisoriamente nella cripta della cattedrale
palermitana in un sarcofago romano di spoglio. Nel 1215 Federico II
fece trasportare i due sarcofagi porfirei con i relativi baldacchini
esistenti a Cefalù, nella cattedrale di Palermo, destinandoli per sé
e i suoi familiari. Riguardo le spoglie mortali di Ruggero II,
furono, in data imprecisata, traslate in un semplice sarcofago a
lastre di porfido dove tutt’ora riposano nella cattedrale
palermitana.
Alla morte di Ruggero II, soltanto la
zona presbiteriale dell’edificio era stata completata del tutto
secondo il progetto originario. Con l'ascesa al trono del figlio
Guglielmo, l'interesse si spostò sulla fabbrica del duomo di
Monreale e il progetto ruggeriano venne conseguentemente abbandonato.
La basilica fu quindi ultimata alla
meno peggio e con soluzioni di vero rattoppo a dare un completamento
all’edificio, che vide una sua quasi definitiva ultimazione
soltanto in età post-federiciana. Venne
consacrata il 10 aprile 1267 dal Cardinale Rodolfo vescovo di Albano,
pochi mesi prima della consacrazione del Duomo di Monreale.
La costruzione guarda dall’alto di
una scalinata costruita nel 1851 ed è preceduta da un ampio sagrato
a terrazzo che un tempo ospitava un cimitero. Le due torri che
serrano ai lati la facciata sono il suo segno distintivo: alleggerite
da eleganti bifore e monofore, sono sormontate da cuspidi piramidali
aggiunte nel Quattrocento, una a pianta quadrata e l’altra a pianta
ottagonale. Nella parte superiore della facciata (completata nel
1240) la decorazione ad archetti ciechi e ad archi intrecciati è
interrotta da una finestra centrale; in quella inferiore, è inserito
il portale in marmo scolpito con motivi figurati e decorativi,
preceduto da un portico a tre arcate coperto da volte a crociera
costolonate, la cui costruzione venne iniziata intorno al 1471 dal
magister lombardo Ambrogio da Como.
L’interno della cattedrale presenta
una pianta basilicale, triabsidata, con tre navate separate da una
teoria di archi ad alti piedritti con doppia ghiera, di sagoma
arabeggiante, sostenuti da 16 colonne monolitiche di spoglio:
quattordici di granito rosa e due di cipollino, poste su basamenti e
sovrastate da capitelli impreziositi di figurazioni e intagli. Sia le
colonne, sia i capitelli, sia i basamenti marmorei di spoglio sono di
epoca romana (probabilmente del II sec.).
Le tre navate hanno una copertura
lignea a capriate con travi dipinte di busti, animali fantastici e
motivi decorativi, opera di maestranze arabe. L’arco trionfale, affiancato da
colonne sormontate da capitelli figurati stavolta di stile arabo, dà
l’accesso al transetto. Rispetto al ruggeriano progetto originario,
è stato purtroppo riabbassato con un contro-arco, così che l’opera
è stata ridotta a più modeste proporzioni. Il presbiterio si presenta marcatamente
profondo e i pastoforia notevolmente sviluppati. Nel presbiterio erano collocati un
tempo il trono regale a sinistra guardando il Pantocratore e il
seggio episcopale a destra, posti l’uno di fronte all’altro. Di
questi particolari seggi rimangono soltanto due lastre decorate con
mosaico, con le scritte: sedes regia e sedes episcopalis.
E’ verosimile che nel progetto
originario non fosse prevista una decorazione musiva. Lo fanno
pensare sia l’impianto dell’edificio, sia le crociere del
presbiterio e quelle laterali del transetto. Pertanto, i mosaici
sarebbero frutto di un ripensamento avvenuto al tempo dello stesso re
Ruggero morto nel 1154, come dimostra la data riferentesi ad essi,
del 1148, posta in basso nell’emiciclo dell’abside. La data del 1148 si riferisce ai
mosaici di una prima fase, ossia quelli dell’abside e della
crociera; mentre quelli delle pareti, data la loro diversità di
stile rispetto agli altri, sarebbero da ascrivere agli anni del
figlio e successore di Ruggero, Guglielmo I (1154-1166).
Alla fase ruggeriana – alla cui
realizzazione il re chiamò maestranze costantinopolitane -
appartengono quindi il Cristo Pantocratore, la Vergine orante
fiancheggiata da quattro arcangeli: Michele, Gabriele, Uriele,
Raffaele nel registro inferiore, i santi Pietro e Paolo, gli
evangelisti Marco, Matteo, Giovanni e Luca nella terza fascia e,
infine, nella quarta gli apostoli Filippo, Giacomo, Andrea, Simone,
Bartolomeo e Tommaso, simmetricamente disposti in gruppi di tre.
Sulle pareti del bema, i mosaici di
fattura successiva rappresentano le icone dei Santi e Profeti che
dall’altezza della partitura delle figure absidali si dispongono su
quattro registri.
Sulla parete sinistra racchiuso in un
tondo appare la figura di Melchisedek fiancheggiata dalle figure
intere di Osea e Mosé. Nella fascia immediatamente inferiore
stanno Gioele, Amos e Abdia.Più sotto i santi diaconi Pietro,
Vincenzo, Lorenzo e Stefano. Più in basso sono infine rappresentati
i Santi Gregorio, Agostino, Silvestro e Dionigi.
Parete sinistra
Sulla parete destra, nella fascia
superiore, si trova la figura a mezzo busto di Abramo, racchiusa
entro un tondo e fiancheggiata dalle figure intere di Davide e
Salomone. Nella fascia sottostante sono raffigurati i Profeti
Giona, Michea e Nahum, cui seguono i Santi guerrieri Teodoro,
Giorgio, Demetrio e Nestore. Nella fascia inferiore, infine. Le
figure dei Santi orientali Nicola, Basilio, Giovanni Crisostomo e
Gregorio Nazianzeno.
Parete destra
Nei mosaici delle vele della crociera
sono rappresentati Cherubini, Serafini e altre figure angeliche.
Nel Seicento si vollero arricchire le
pareti laterali del presbiterio con stucchi quasi tutti di mediocre
fattura.
Elementi di reimpiego di fattura
bizantina, riconducibili alla metà del VII secolo, sembrano essere -
per la tecnica con cui è stato eseguito il
rilievo, la stilizzazione degli elementi decorativi e i confronti
stilistici che è possibile reperire a Costantinopoli, a Ravenna e a
Siracusa - due stipiti di marmo decorati con un motivo a tralci,
grappoli d’uva e melograni riutilizzati in uno dei portali del
duomo.
Più interessante e
sempre riconducibile al periodo di occupazione bizantina, è un
lacerto di mosaico pavimentale policromo, scoperto nel saggio presso
il prospetto del Duomo, insieme ad un troncone di muro, che va
riferito con molta probabilità allo stesso edificio di appartenenza
del mosaico, ed a tre sepolture.
Alle figure di
volatili ed agli elementi vegetali estremamente stilizzati si
associano motivi geometrici impiegati in larghe bande che delimitano
il campo. Spiccano una fila di semicerchi, che intersecandosi formano
una fila di ogive e di squame adiacenti, in tricromia : rosso, bianco
e nero ; e una fila di quadrati tangenti sulla diagonale, all’interno
dei quali è iscritta una rosetta cruciforme, in bicromia : bianco e
nero. Del motivo decorativo all’interno del campo rimangono la
figura di un colombo nell’atto di abbeverarsi, all’estremità
meridionale, i resti di almeno altri due volatili, nella parte
centrale, due alberelli stilizzati ad Est, e, all’angolo nord-est,
un fiore gigliato.
Sul fianco settentrionale della Cattedrale infine, si apre il
chiostro del XII secolo. A pianta quadrata, è circondato per due
lati da un portico con arcate ogivali su capitelli figurati e
istoriati (i colonnati delle altre due corsie sono andati distrutti
tra il XIX e il XX secolo), opera di maestranze scultoree romaniche
della metà circa del XII secolo, sorretti da colonne binate.