Sichelgaita di Salerno
Sichelgaita nacque a Salerno -
probabilmente nel 1036 - da Guaimario IV, principe longobardo di
Salerno, e Gemma, figlia del conte di Teano, Landolfo.
Grazie all'alleanza con i normanni,
Guaimario IV era riuscito ad impossessarsi del principato di Capua,
di Amalfi, Sorrento e Gaeta.
Nel settembre 1042, inoltre, Guaimario
aveva approvato a Melfi l'elezione a conte di Puglia di Guglielmo
d'Altavilla, detto
Braccio di Ferro (1),
ricevendone in cambio il vassallaggio e l'acclamazione a Duca di
Puglia e Calabria (all'inizio del 1043), in aperta opposizione alle
rivendicazioni bizantine (2).
L'alleanza tra Longobardi e Normanni fu
quindi consolidata con il matrimonio di Guglielmo d'Altavilla con
Guida, figlia del fratello di Guaimario, Guido, duca di Sorrento.
Alla morte di Guglielmo (1046),
l'alleanza fu ulteriormente rinsaldata dal rapido riconoscimento da
parte di Guaimario della successione del fratello di Guglielmo,
Drogone, a cui diede in sposa la sorella Gaitelgrima (3).
Nel 1047 però l'imperatore Enrico III
del Sacro Romano Impero giunse in Italia meridionale e pose fine al
sogno di Guaimario di divenire signore assoluto di tutto il
Mezzogiorno chiedendo l'atto di sottomissione a tutti i principi
locali. L'imperatore r
estituì Capua a Pandolfo –
che era stato spodestato da Guaimario - e pose sotto la sua diretta
giurisdizione i domini di Aversa e di Melfi – dove Guaimario aveva
infeudato i Normanni. Infine, privò Guaimario del titolo ducale di
Puglia e Calabria, mettendo fine a quella singolare condizione di
sovranità così scomoda per la corona imperiale.
Il 3 giugno 1052, Guaimario viene
assassinato da una congiura capeggiata dai suoi cognati –
probabilmente ispirata e sostenuta dagli amalfitani e dai bizantini -
uno dei quali, Pandolfo, viene eletto principe al suo posto con il
nome di Pandolfo III mentre Sichelgaita viene imprigionata insieme al
fratello Gisulfo, alle sue sorelle e ad altri familiari di Guaimario
nel castello di Arechi. Ma il fratello di Guaimario, Guido,
miracolosamente scampato alla cattura, riuscì a raggiungere a Melfi
la sorella Gaitelgrima, moglie del condottiero normanno, nonché
all'epoca vassallo di Guaimario, Umfredo d'Altavilla.
Guido tornò quindi a Salerno alla
testa dell'esercito normanno e la cinse d'assedio intavolando una
trattativa con l'usurpatore che accettò di liberare i prigionieri in
cambio della propria vita e di quella dei suoi congiunti.
Guido insedia quindi il nipote Gisulfo
sul trono del Principato ma i Normanni, che non si ritengono
vincolati ai patti siglati da Guido, trucidano Pandolfo e 36 dei suoi
familiari, tanti quante erano state le pugnalate rinvenute sul corpo
di Guaimario.
Per ragioni non del tutto chiare
Gisulfo II entrò presto in conflitto con i Normanni e nel 1057 fu
costretto ad inviare una ambasceria a Roberto il Guiscardo perchè
ponesse fine alle scorrerie del fratello Guglielmo (4) che
devastavano le sue terre. In cambio della sua protezione il Guiscardo
chiese la mano di Sichelgaita. Gisulfo e suo zio Guido, contrari a
queste nozze che avrebbero spianato al Guiscardo la strada per
rivendicare le terre del Principato di Salerno, tentarono dapprima di
ammorbidire Guglielmo dandogli in moglie una delle figlie di Guido,
Maria, ma alla fine furono costretti a capitolare. Il matrimonio fu
celebrato a
Melfi probabilmente nel 1059.
Ma la conquista di Salerno rimase nelle
mire del condottiero normanno.
Nello stesso anno l'abate di
Montecassino Desiderio - il futuro papa Vittore III (1087) nonché
cugino di Sichelgaita – fu elevato alla porpora cardinalizia e
nominato legato pontificio per il Mezzogiono da papa Niccolò II.
Sichelgaita ed il cugino Desiderio svolsero quindi un ruolo di primo
piano nell'organizzazione del I Concilio di Melfi (agosto 1059) le
cui conclusioni – precedute dal Trattato del 24 giugno e rese
operative dal Concordato del 23 agosto – sancirono l'investitura
papale del diritto dei Normanni a governare il Mezzogiorno d'Italia,
in cambio il papa ricevette il patto di vassallaggio (5).
Papa Niccolò II incorona a Melfi Roberto il Guiscardo duca di Puglia, Calabria e Sicilia
da una edizione miniata della Nova Cronica di Giovanni Villani (Codice Chigi), XIV sec.
Biblioteca Apostolica Vaticana
Nel 1061 Sichelgaita diede per la prima
volta mostra delle sue capacità militari ponendosi a capo della
guarnigione di Melfi e dirigendo la difesa durante l'assedio del
contingente bizantino inviato da Costantino X (6) fino all'arrivo
delle truppe del marito.
Nel maggio 1076, dopo che Gisulfo aveva
respinto un estremo tentativo di mediazione di Sichelgaita che aveva
proposto al fratello di cedere Amalfi al figlio primogenito da lei
avuto dal Guiscardo, Ruggero Borsa (7), il normanno ruppe gli indugi
e assediò Salerno. Dopo circa un anno di assedio i salernitani,
stremati dalla fame, lasciarono entrare i normanni mentre Gisulfo,
con i suoi fedelissimi si asserragliava nel castello di Arechi ma di
lì a poco fu costretto a sua volta a capitolare. Grazie
all'intercessione di Sichelgaita, il Guiscardo gli diede un
appannaggio che gli consentì di vivere un decoroso esilio presso la
corte papale.
Occupata Salerno, non fidandosi troppo
della fedeltà dei salernitani, Roberto fece costruire una nuova
residenza (Castel Terracena) in una posizione più elevata e nel
quartiere occupato dall'aristocrazia normanna.
Lorenzo Ottoni, Roberto Guiscardo, prima metà del XVIII sec.
Abbazia di Montecassino
La guerra in Oriente
Dal 1076 una delle figlie di Roberto e
Sichelgaita, Olimpia, era fidanzata con l'erede al trono di Bisanzio,
il figlio di Michele VII Ducas, Costantino, e viveva a
Costantinopoli, dove, secondo l'usanza bizantina, era stata
ribattezzata con il nome di Elena. Nel 1078 il generale Niceforo
Botaniate rovesciò Michele VII con un colpo di stato, il patto
nuziale venne rotto e Olimpia/Elena venne rinchiusa in un convento.
Questo affronto diede a Roberto e
Sichelgaita il pretesto per attaccare l'impero bizantino. Raccolto
l'esercito ad Otranto, il Guiscardo s'imbarcò a Brindisi insieme a
Sichelgaita ed al primogenito Boemondo nel maggio 1081 nonostante il
fatto che nel frattempo a Costantinopoli ci fosse stato un nuovo
cambio della guardia con l'ascesa al trono di Alessio I Comneno.
Occupata Corfù con una rapida azione
militare, il corpo di spedizione normanno sbarcò nei pressi di
Valona e cinse d'assedio Durazzo. La città era difesa da
Giorgio Paleologo – uno dei migliori generali di Alessio Comneno – che,
con l'appoggio della flotta veneziana, sostenne validamente l'assedio
riuscendo anche con una sortita ad incendiare le macchine d'assedio
normanne.
In ottobre l'esercito imperiale,
guidato dallo stesso imperatore, giunse in soccorso degli assediati.
La battaglia di Durazzo,
18 ottobre 1081
Informato per tempo
dell'arrivo di Alessio, il Guiscardo schierò prontamente a battaglia
il suo esercito (forte di circa 30.000 uomini) nella piana di
Durazzo. Prese lui stesso il comando del centro e affidò al figlio
Boemondo l'ala sinistra e ad Amico di Giovinazzo quella destra.
Alessio – che poteva
contare su una forza composita di circa 20.000 uomini - prese a sua
volta il comando del centro, dinanzi a cui si trovava la Guardia
Variaga comandata da Nampita e seguita da un contingente di arcieri,
mentre affidò il comando dell'ala destra a Niceforo Melisseno e
quello dell'ala sinistra al
gran domestico Gregorio Pacuriano.
Normanni: A (centro), B (Boemondo), C (Amico di Giovinazzo), D (Guiscardo, cavalleria pesante)
Bizantini: H (Nampeta, guardia variaga), F (Alessio), G (Melisseno), E (Pacuriano)
L'ala destra di Amico caricò
la Guardia Variaga che tenne la posizione mentre l'intervento di
Pacuriano lo costrinse a ripiegare disordinatamente. Nampita, senza
curarsi di attendere l'arrivo del grosso dell'esercito, lanciò la
Guardia all'inseguimento del nemico in rotta. A questo punto
intervenne Sichelgaita (8) che indossando armi e corazza – pur
colpita da una freccia ad una spalla - riuscì a rianimare gli
sbandati riordinandone le fila. La Guardia Variaga, spintasi troppo
avanti e sfiancata dall'inseguimento, fu travolta e decimata dalla
controcarica di fanteria lanciata dal centro del Guiscardo.
Asserragliatisi su una collinetta dove si trovava la cappella di San
Michele, i Variaghi superstiti perirono tra le fiamme appiccate dai
Normanni.
Entrambi gli schieramenti
avevano così perso un'ala ma il Guiscardo poteva ancora contare
sulla cavalleria pesante che aveva tenuto in riserva e che lanciò
contro il centro avversario provocandone la rotta grazie anche alla
diserzione dei mercenari turchi e bogomili.
Presa Durazzo, il Guiscardo
marcia decisamente verso est alla volta di Costantinopoli. Nella
primavera del 1082 si trova molto probabilmente nella regione di
Castoria quando viene raggiunto dalla disperata richiesta di aiuto da
parte di papa Gregorio VII.
Il sottile lavorio
diplomatico di Alessio ha infatti dato i suoi frutti: l'imperatore
tedesco Enrico IV, scomunicato dal papa e alleato di Alessio, è
sceso in Italia e assedia in castel Sant'Angelo il papa che ha
sostituito con un antipapa - Clemente III (9) - mentre molti vassalli
di Roberto si stanno ribellando e passano dalla parte di Enrico IV.
Lasciato il comando delle operazioni in
Oriente al figlio Boemondo, Roberto e Sichelgaita tornano in Italia
tra l'aprile ed il maggio del 1082 ed il 24 maggio 1084 Roberto entra
a Roma alla testa del suo esercito mentre le truppe di Enrico IV
evitano lo scontro e si ritirano verso settentrione. Il Guiscardo
tratta Roma come una città nemica e la lascia per 3 giorni al
saccheggio dell'esercito, quindi ripiega su Salerno insieme a papa
Gregorio per metterlo al sicuro da ogni minaccia germanica.
Merry Joseph Blondel, Boemondo d'Altavilla, 1843
Sala delle crociate, Castello di Versailles
La guerra in Oriente sotto il
comando di Boemondo
Nel frattempo Boemondo - presa Giannina
(aprile 1082) dove aveva istallato il proprio quartier generale
rinforzando le difese della cittadella (10) – avanza rapidamente in
Macedonia battendo ripetutamente gli imperiali. Conquista Bitola
nella piana di Pelagonia, Tricala e Castoria e stringe d'assedio
Larissa (ottobre-novembre 1082) difesa da Leone Cefala che resiste
per sei mesi fino all'arrivo di Alessio alla testa dell'esercito
imperiale (11) che costringe Boemondo a levare l'assedio e ripiegare
su Castoria. A questo punto i comandanti normanni – subornati dalle
promesse che l'imperatore faceva giungere loro – chiedono con
insistenza a Boemondo il pagamento del soldo arretrato, cosa che alla
fine costringe Boemondo a rientrare in patria per reperire i fondi
necessari. Nel settembre dell'1083 Boemondo lascia quindi il comando
dell'esercito a Briennio e Pietro d'Alifa e raggiunge Valona per poi
imbarcarsi per l'Italia. In assenza di Boemondo, Alessio riconquista
tutta la Tessaglia e nell'autunno del 1083 assedia e libera Castoria
difesa da Briennio mentre molti comandanti normanni passano dalla sua
parte.
Nel settembre del 1084, dopo aver
inviato in avanscoperta i figli Ruggiero Borsa e Guido con alcuni
squadroni di cavalleria che riconquistano Valona e Butrinto, il
Guiscardo e Sichelgaita s'imbarcano ad Otranto con il grosso
dell'esercito e si dirigono su Corfù che si era ribellata
all'occupazione normanna. Riconquistata l'isola – difesa anche
dalla flotta veneziana - a prezzo di sanguinosi combattimenti,
Roberto raggiunge i figli a Butrinto. Il 17 luglio del 1085, mentre
assediava Cefalonia, colto da una violenta febbre, Roberto il
Guiscardo morì improvvisamente.
Alla morte di Roberto, Sichelgaita
assunse la reggenza e dovette gestire la difficile successione. Il
suo primo atto ufficiale fu quello di associare al potere il suo
primogenito Ruggiero Borsa. L'idea era quella di assegnare a Boemondo
i possedimenti balcanici e garantire a Ruggiero la successione al
padre. La riconquista bizantina dei Balcani vanifica però questo
progetto e provoca la ribellione di Boemondo che, spalleggiato dal
cugino Giordano I principe di Capua, conquista Oria e mette a ferro e
fuoco Taranto e Otranto.
Desiderio di Montecassino (papa Vittore III)
Grazie alla mediazione del nuovo papa,
l'abate di Montecassino Desiderio, parente e alleato di Sichelgaita,
che ascende al soglio pontificio il 24 maggio del 1086 con il nome di
Vittore III, si perviene ad un primo accordo: Boemondo ottiene la
Puglia sudoccidentale, da Coversano fino a Gallipoli, insieme al
titolo di principe di Taranto, in cambio della rinuncia agli altri
possedimenti in Italia e alla successione.
La morte del pontefice (16 settembre
1087) riapre le ostilità tra i due fratellastri e Boemondo e i suoi
alleati conquistano Cosenza e Maida.
Nel 1089 il nuovo pontefice, Urbano II,
conferma a Boemondo il Principato di Taranto (formato dalla contea di
Conversano e da tutto il Salento, eccetto Lecce e Ostuni, e le città
di Cosenza e Maida che Boemondo cederà al fratello in cambio di
Bari) e investe ufficialmente Ruggiero del titolo di duca di Puglia e
Calabria.
Sichelgaita muore il 27 marzo del 1090.
Verrà tumulata nell'abbazia di Montecassino.
(2) Il patto feudale non aveva però
alcun fondamento giuridico: Guaimario era infatti
divenuto duca di Calabria e di Puglia solo sulla base di
un'acclamazione popolare, per giunta da parte di uomini che egli
stesso aveva infeudato come suoi vassalli a Melfi in virtù
dell'autorità di quello stesso titolo ducale.
(3) Alla morte di Drogone (1051),
Gaitelgrima ne sposò in seconde nozze il fratello e successore
Umfredo.
(4) Si tratta di un altro dei numerosi
figli cadetti di Tancredi d'Altavilla, frutto come il Guiscardo del
suo secondo matrimonio con Fredesenda e omonimo del fratellastro
detto Braccio di ferro (deceduto nel 1046).
(5) Riccardo Drengot fu nominato dal
papa Principe di Capua mentre Roberto il Guiscardo fu riconosciuto
duca di Puglia, Calabria – sancendo in questo modo il diritto dei
normanni sulle città di queste regioni ancora in mano ai bizantini -
e Sicilia (ancora interamente in mano agli Arabi)
(6) Le truppe bizantine – sbarcate
pochi mesi prima nei pressi di Taranto mentre il Guiscardo era
impegnato in Sicilia contro gli Arabi - avevano rapidamente
riconquistato Taranto, Brindisi ed Oria giungendo ad assediare la
capitale normanna. Secondo il Chronicon rerum in regno Neapolitano
gestarum, una cronaca dell'XI sec. attribuita a Lupo
Protospatario, il contingente bizantino era comandato da “Miriarca”.
(7) Dal suo matrimonio con Roberto il
Guiscardo, Sichelgaita ebbe ben 11 figli. Ruggero, il primogenito,
era detto Borsa per la sua mania di contare e ricontare il
denaro.
(8) Sia Anna Comnena (Alessiade)
– che la paragona ad Atena Pallade - che Guglielmo di Puglia (Gesta
Roberta Wiscardi) concordano nel riconoscere a Sichelgaita un
ruolo decisivo nel rovesciamento delle sorti della battaglia.
(9) L'arcivescovo di Ravenna, Guiberto
Giberti, uno dei maggiori oppositori alle riforme di papa Gregorio
VII, era stato eletto papa con il nome di Clemente III da un sinodo,
a cui erano intervenuti prevalentemente vescovi schierati sul fronte
imperiale, convocato da Enrico IV a Bressanone nel 1080. Venne
insediato in San Giovanni in Laterano poco dopo l'ingresso delle
truppe di Enrico IV in città (24 marzo 1084) mentre Gregorio si era
rinchiuso in Castel Sant'Angelo.
(10) Per le opere di difesa fatte
realizzare da Boemondo nella cittadella di Giannina vedi scheda
Giannina.
(11) Gli effettivi di Alessio, nel
frattempo, erano stati rafforzati dall'arrivo di 7.000 turchi inviati
dal sultano di Rum.