(via della Lama 2. Orario di visita: sabato e domenica, ore 10-13)
La chiesa venne edificata
agli inizi dell'XI secolo (compare per la prima volta nelle fonti
scritte nel 1055) sull'area di un preesistente edificio romano, come
testimoniano le tracce di opus reticulatum e di opus
listatum trovate in essa. Il toponimo Lama deriva dalla
presenza, in antico, di rivoli che, durante le piene, scendevano
verso il mare attraversando le platee.
La chiesa nasce come
cappella nobiliare longobarda, ma subisce una vasta ristrutturazione
già nel Duecento, quando viene creato un doppio livello: l’aula
originaria è inglobata nella cripta e l’aula superiore è
organizzata secondo una pianta basilicale munita originariamente di
otto colonne marmoree di spoglio, probabilmente disposte in due file
di quattro, atte a dividere l’ambiente in tre navate.
Planimetria della chiesa superiore
Oggi le
colonne conservatesi nella chiesa superiore sono ridotte a sei mentre
gli stucchi che ne dovevano ornare le pareti fino al soffitto sono
stati rimossi nel corso dei recenti lavori di restauro.
Due nicchie e due piccoli
ambienti nella zona absidale rappresentano ciò che resta del
deambulatorio. Lungo la parte alta della navata centrale si aprono
quattro monofore che portano luce all’interno. Le prime colonne
alla destra dell’ingresso recano gli affreschi della Maddalena e di
Cristo con la Croce, di epoca tardo-quattrocentesca.
L’edificio sottostante,
più antico, presentava in origine una pianta rettangolare divisa in
due navate da tre colonne centrali e coperta da otto volte a
crociera, realizzate probabilmente nel momento in cui alla chiesa
preesistente si sovrappose l’ambiente superiore.
Planimetria della chiesa inferiore
La navata di
destra si concludeva in un’abside circolare ornata dall’affresco
di S. Stefano, quella di sinistra in un’abside rettangolare con
tracce di affreschi relative ad una lussuosa cornice a girali. Sulla
parete nord, invece, un’apertura conduceva ad un vano curvo,
identificabile con l’antica abside circolare della chiesa
originaria.
Orientata lungo l'asse
Nord-Sud, questa doveva essere interamente affrescata, come
dimostrano i lacerti di pittura oggi ancora visibili.
Si conserva, poi, un
pregevole ciclo di affreschi di fattura beneventana.
Le figure dipinte rinvenute
decorano quello che rimane della parete est della chiesa originaria,
nella quale successivamente, aprendo varchi nella muratura, furono
realizzate le due absidiole attualmente visibili, con la conseguente
perdita delle altre figure che completavano la teoria di santi ivi
affrescata. Una situazione non del tutto diversa doveva presentare la
corrispondente parete ovest,
della quale però manca ogni
traccia.
La prima figura della
parete est, l’unica ancora integra, non è identificabile dal
momento che del nome rimangono soltanto le lettere “SCS”,
abbreviazione per “SANCTUS”. Sulla stessa parete, dietro il
pilastro sul quale è rappresentato il diacono Lorenzo, sono venute
alla luce altre tre figure affiancate; nella prima è affrescato un
Santo anche esso non identificabile che regge nelle mani un libro,
nella seconda va riconosciuto S. Andrea grazie alle lettere “ANDREAS”
che si leggono in
verticale al lato del santo, nella
terza si potrebbe invece ravvisare l’immagine della Vergine in
piedi. Inginocchiato in preghiera ai suoi piedi sta il committente
che indossa abiti laici; in questo modo al centro della parete e
della teoria di Santi si porrebbe la rappresentazione della Madonna
forse in posizione di orante, giustificando così l’originaria
dedicazione della cappella alla Vergine.
Tra le icone di santi
rappresentate sono ben visibili San Bartolomeo e Sant’Andrea,
mentre degli altri restano solo due metà ed una testa. Risalgono
all'epoca di fondazione della chiesa e sono gli unici esempi di
pittura longobarda presenti a Salerno.
San Bartolomeo (a sn.) e un santo anonimo (a ds.)
San Bartolomeo
raffigurato in piedi è colto nel gesto benedicente della mano
destra, con il pollice ed il mignolo piegati fino a toccarsi mentre
nella sinistra, velata dal mantello, regge un volume chiuso e
mirabilmente decorato sulla copertina da una croce gemmata. Il santo
è vestito semplicemente con una tunica di colore chiaro ed un
mantello scuro, entrambi caratterizzati da pesanti linee verticali,
segnate con un tratto spesso e rigido che nega qualsiasi accenno di
movimento al bordo della veste, chiusa da rette orizzontali.
San Bartolomeo (particolare del busto)
Soltanto
all’altezza del braccio destro, nella mano e poi in corrispondenza
della gamba destra e del torace si notano timidi tentativi
disegnativi di resa plastica del volume del corpo. L’ovale del viso
è contornato da un caratteristica barba bianca terminante in due
punte, identica nel disegno si presenta la capigliatura che si spinge
con riccioli pieni fin sulle orecchie. La bocca chiusa si discerne
per il labbro inferiore molto pronunciato rispetto a quello superiore
mentre il naso, ben definito nei contorni, è delineato da un unico
tratto che sale a disegnare le sopracciglia; gli occhi sono grandi e
rotondi, dall’espressione fissa e ascetica con marcate
ombreggiature chiare nella parte inferiore.
La fronte, infine, si
presenta solcata da una doppia linea di rughe sottili che tra le
arcate sopraccigliari prevedono una singolare ombra a ‘goccia’;
l’aureola su cui si staglia la testa del santo è perfettamente
ovale e si distingue dal fondo sul quale è dipinta la figura.
Quest’ultimo, per la maggior parte scuro, si mantiene invariato
fino all’altezza del bordo della veste di S. Bartolomeo dove cambia
colore e risulta attraversato orizzontalmente da linee ondulate sulle
quali poggiano i piedi del santo. La sensazione è quella che la
figura si erga su delle acque con i piedi quasi nudi,
calzati da sandali
infradito.
Il santo anonimo
Nel santo anonimo si
distinguono la diversa raffigurazione della mano destra, ugualmente
in posizione benedicente ma dipinta completamente aperta; la barba e
la capigliatura che mostrano differenze di esecuzione: la prima
risulta appena tracciata da una doppia serie di corte linee verticali
che si legano senza stacchi alla seconda, costituita dai pochi
capelli che disegnano la chierica sulla testa del santo. Il panneggio
rivela una ricerca di movimento più marcata rispetto a quella
manifestata dalle vesti di S. Bartolomeo, un insieme complesso di
tratti geometrici, disposti in varie direzioni, propongono
chiaramente un tentativo di resa della struttura fisica del corpo e
del movimento delle vesti meno sintetico e più vicino alla realtà.
A confermare il desiderio del frescante di uscire dai limiti angusti
di una rappresentazione statica e costretta nello spazio di una
cornice sta, inoltre, la posizione dei piedi del santo non compresi
perfettamente nella superficie a disposizione. Si è in presenza di
un’immagine che pare voglia tracimare dal riquadro assegnatole e
che, dunque, non rispetta una certa proporzione nel rapporto tra
cornice e figura ma sembra progressivamente allargarsi.
Sant'Andrea
S. Andrea è
rappresentato barbuto, con la capigliatura scura folta e riccioluta,
il quale oltre alla
solita mano destra
benedicente regge nella sinistra una esile croce gemmata, suo
principale attributo.
Santo Stefano
In occasione delle
trasformazioni apportate all’ambiente ipogeo, viene realizzato in
esso un nuovo ciclo pittorico. Santo
Stefano è dipinto nell’abside a sud,
individuato dalla scritta “SCS STEPHANUS” posta ai lati
dell’aureola. Il santo, ritratto in trono, indossa un abito
ricamato ed ornato con pietre ed orbicoli e regge con la mano
sinistra un libro, il cui decoro si richiama al ricamo dell’abito.
La mano destra è in atteggiamento di saluto. L’aureola e la
fascia che campisce l’immagine sono decorate con perline. La
volumetria del corpo non appare visibile, in quanto annullata dall’
abito indossato dal Santo che è caratterizzato da spesse linee
orizzontali. I tratti fisionomici sono quelli di un giovane uomo,
sbarbato e dai lineamenti delicati. I tratti del volto sono resi con
pesanti ombreggiature di contorno che si ispessiscono nelle linee
intorno agli occhi.
L’affresco è stato
paragonato ad un immagine dell’Exultet della Cattedrale di Salerno,
datato al XIII secolo.
L’abside
rettangolare doveva contenere l’immagine di un Cristo
Pantocratore, di cui attualmente è
visibile solo un lacerto raffigurante un libro aperto ed una cornice
con motivi a girali.
Il pilastro di raccordo tra le due
absidi ospita la figura, stante, di San Lorenzo, individuata
anch’essa da un’iscrizione. Lorenzo di origine spagnola, venne
ordinato diacono da Sisto II e martirizzato a Roma nel 258.
L’immagine, molto lacunosa, non
presenta nessuno degli attributi tipici del santo quali la graticola,
strumento del suo martirio, la borsa con i denari, la palma o
l’incensiere.
Tra i pilastri che
corrono lungo la parete nord è raffigurata una Vergine in trono
affiancata da due angeli. L’affresco, molto danneggiato, rientra
nell’iconografia della Regina coeli,
si notano difatti gli attributi tipici: l’asta e lo scettro.
S.Leonardo (?)
Sull’ultimo pilastro del
muro sud si staglia la figura di un santo monaco, dal volto imberbe e
con il capo coperto dalla cocolla, forse San Leonardo. Questa
icona è stata a lungo identificata con Santa Radegonda (una regina
merovingia vissuta nel VI secolo ma il cui culto è poco diffuso
nell'Italia meridionale) per una errata interpretazione delle lettere
superstiti della didascalia ...E...O.N...D...ma l'abito monacale
sovrapposto a quello di un laico e l'attributo delle catene fanno
propendere piuttosto per San Leonardo di Noblac. Vissuto nel VI
secolo il santo eremita francese ricevette infatti dal re Clodoveo il
privilegio di liberare i prigionieri che ritenesse innocenti, per
questa ragione è spesso raffigurato con delle catene in mano.
Altri affreschi sono stati
strappati e si conservano al Museo Diocesano.
Strappo di affresco proveniente dalla chiesa inferiore oggi conservato al Museo Diocesano