Si tratta di un tempio prostilo e tetrastilo, innalzato su un piccolo podio (attualmente interrato) con sette gradini che introducevano al pronao. Tanto le pareti della cella quanto la trabeazione al di sopra dell'epistilio - in marmo pentelico come le quattro colonne che lo sostengono - furono costruite in laterizio, sebbene non tutto della medesima qualità. La trabeazione è composta da una prima cornice di mattoni sagomati sopra l'architrave, seguita da un attico (che sembra non sia mai stato decorato) e dal timpano, nel cui mezzo si apre un incasso rotondo di cm. 45 di diametro, circondato da una fascia di bessali (2) entro il quale era forse collocata una scultura.
Il tempio era consacrato a Cerere e Faustina, la defunta moglie di Antonino Pio poi divinizzata (3). I temi della decorazione sembrano rispondere all'intenzione di far accedere anche Annia Regilla (nella scia di Faustina) tra gli dèi, un privilegio riservato in realtà soltanto alla famiglia imperiale.
L'ara dedicata a Dioniso
Nell'aula si conserva un'ara rotonda (scoperta nel 1616 nel sotterraneo della chiesa) con un serpente attorcigliato attorno al fusto e con un'iscrizione dedicatoria in greco a Dioniso da parte dello ierofante Aproniano, successivamente riutilizzata come acquasantiera. Il tempio era in origine inserito entro una piazza porticata oggi interrata in cui si è voluto riconoscere un recinto sacro (temenos).
L'edificio fu trasformato in chiesa e dedicato a Sant'Urbano intorno al IX secolo, ma il fatto di trovarsi in un luogo poco frequentato fece sì che venisse abbandonato già in epoca medioevale. Fu poi probabilmente un violento terremoto (in epoca imprecisata) a causare la lesione del pronao, che portò, nel 1634, al tamponamento degli intercolumni e alla costruzione dei contrafforti angolari.
La facciata posteriore con i due contrafforti aggiunti nel 1634
Nell'ambito di questo restauro venne eretto il campanile, si rifece l'altare (che era stato profanato) e furono pesantemente restaurate le pitture altomedioevali: fortunatamente furono eseguite - per conto del cardinale Francesco Barberini, il cui stemma campeggia al di sopra della porta che introduce all'aula - due serie di copie delle pitture in acquarelli che ancor oggi si conservano nella Biblioteca Apostolica Vaticana.
Un grande vano quasi quadrato occupa interamente l'interno del tempio, coperto da una volta a botte e con pareti divise in tre ordini.
Delle tre fasce sovrapposte, divise da pesanti cornici di mattoni, la prima dal basso è liscia, e probabilmente già in origine priva di decorazione e destinata forse ad accogliere oggetti votivi: si rilevano ad altezze variabili tracce di ruggine che si possono spiegare con la presenza di ganci per appendere oggetti. Il limite superiore di questo primo ordine è rimarcato da una serie di archetti, impostati fra mensole trapezoidali.
Sopra, una seconda fascia è divisa in pannelli rettangolari da pilastrini sormontati da un
capitello corinzio in peperino. Su una cornice piana poco aggettante poggia infine il terzo
ordine, costituito da una piccola fascia liscia di laterizi condotta fino all'inizio della volta, che conserva ampi resti della decorazione originale in stucco.
All'imposta della volta erano posti due fregi d’armi ad altorilievo (uno si conserva parzialmente sul lato destro), che si inseriscono nella lunga serie dei rilievi d'ispirazione trionfale che durante tutto il II secolo furono usati per celebrare le vittorie e le virtù imperiali.
Particolare del fregio d'armi
Il resto della volta è invece scandito da una serie di medaglioni ottagoni che determinano
dei quadrati nei punti di contatto. Si tratta di una partizione decorativa estremamente sobria, testimonianza evidente del gusto classicistico del committente e del suo ambiente culturale.
Dei fregi che occupavano il centro del quadrato uno solo si è conservato (a sinistra dell'ottagono centrale) in cui si distinguono ancora i petali, trattati ad altorilievo. Invece, l’unico ottagono che conservi ancora parzialmente la decorazione ad altorilievo è quello centrale. Vi si individuano due figure, una femminile a sinistra rivolta verso una maschile, a destra. La figura femminile è quasi interamente conservata: è una donna nobilmente vestita di un ampio himation (una sorta di mantello drappeggiato che partendo da una spalla girava dietro la schiena per ritornare sul davanti) e da un chitone a cintura alta, che tiene nella mano destra due anatre e una colomba (offerte votive). Dovrebbe trattarsi dell'apoteosi di Anna Regilla mentre il personaggio maschile potrebbe essere lo stesso Erode Attico.
L'apoteosi di Annia Regilla
Le tre finestre aperte in entrambe le
pareti corte sono antiche, come dimostrano gli archetti in mattoni
che le sormontano; oggi tuttavia quelle della parete d'ingresso sono
chiuse e nella parete di fondo sono aperte solo le laterali.
(continua)
(continua)
Note:
(1) Vedi scheda Il Triopio di Erode Attico: introduzione e ninfeo d'Egeria.
(2) Il bessale era un mattone quadrato di 2/3 di piede di lato (20 cm.) che veniva utilizzato tagliandolo in due lungo la diagonale.
(3) Annia Galeria Faustina, meglio nota come Faustina maggiore, morì nel 140.
(4) L'iscrizione recita letteralmente al fuoco di Dioniso, Aproniano ierofante. Lo ierofante era nella cultura greca il gran sacerdote di Demetra (Cerere) che presiedeva ed iniziava i novizi ai misteri eleusini, i riti religiosi segreti che si celebravano una volta l'anno in onore della dea nel santuario di Eleusi.
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