La residenza imperiale degli Horti Spei Veteris
Il complesso degli Horti Spei
Veteris era una residenza imperiale edificata nella zona
orientale di Roma - dove si trovavano appunto gli Horti Spei
Veteris - la cui costruzione venne iniziata da Settimio Severo
(193-211) e terminata da Eliogabalo (218-222).
Lo schema planimetrico della residenza
degli Horti Spei Veteris – che
si sviluppava su un'area
di circa 12.000 mq compresa tra la Porta Prenestino-Labicana e
l'Anfiteatro Castrense - era fortemente caratterizzato dalla
presenza di una struttura circense completamente integrata nel
palazzo e collegata direttamente con le altre parti del complesso.
Il
collegamento e l'unificazione tra i vari nuclei monumentali e
residenziali e tra questi ed il parco era offerto da una lunga
carrabile coperta, elemento caratteristico del giardino romano
imperiale. L'inedita formulazione dell'associazione circo-palazzo
proposta negli Horti Spei Veteris sarà ripresa più tardi
nella Villa di Massenzio ed in seguito diventerà una costante dei palazzi
imperiali tardo antichi, come testimoniato dai complessi palaziali di Antiochia, Milano,
Tessalonica, Treviri e Costantinopoli.
Quando furono costruite le mura
aureliane (273-275), il perimetro della cinta in quest'area, dopo
aver inglobato l'Anfiteatro Castrense, fu notevolmente allargato per
includere una parte della villa degli Horti Spei Veteris.
Mentre le esigenze difensive non fecero
esitare a tagliare in due parti una struttura di circa m 550 di
lunghezza come il circo Variano, si ritenne invece necessario
prolungare la cinta difensiva per altri duecento metri a est
dell'Anfiteatro Castrense, creando oltretutto una pronunciata
sporgenza attaccabile da tre lati. Solo il fatto che in quest'area ci
fosse una parte molto importante della villa, come ad esempio gli
appartamenti dell'imperatore, può spiegare questa estensione del perimetro delle
mura. L'area occupata da questi ambienti sarebbe stata immediatamente
retrostante all'attuale basilica.
Agli inizi del IV secolo inoltre,
Costantino e l'augusta Elena, che vi stabilì la sua residenza,
rimaneggiarono ulteriormente il complesso adattandolo alle loro
esigenze.
Veduta aerea dell'area
1. Basilica di S.Croce in Gerusalemme
2. Anfiteatro castrense
3. Resti della cavea destra del Circo Variano
4. Aula basilicale
5. Domus di epoca costantiniana
6. Terme eleniane
* Mura aureliane
1. Basilica di S.Croce in Gerusalemme (Atrio del Palazzo sessoriano)
Agli inizi del IV secolo l'imperatrice
Elena pose la sua residenza nella villa degli Horti Spei Veteris, già
luogo di ritiro preferito da Eliogabalo, chiamata Sessorìum.
Il nome deriva dal verbo sedeo, perchè vi si tenevano appunto
le sessioni del Consiglio di Stato già all'epoca di
Eliogabalo.
L'imperatrice fece trasformare il
grande atrio rettangolare della villa, uno snodo architettonico che
collegava la parte abitativa con il circo e l'anfiteatro ed era
originariamente ricoperto da un soffitto piano, nella basilica di
Santa Croce in Gerusalemme (originariamente detta basilica Hierusalem) dove furono custodite le reliquie riportate dal suo
pellegrinaggio in Terrasanta (327)*.
La
parete di fondo del padiglione di età ‘severiana’ fu sfondata
nella parte centrale per costruirvi l’abside e fu realizzata la
divisione interna in transetti trasversali, formando tre spazi ben
distinti, destinati alla servitù, alla corte e al clero,
quest’ultimo alloggiato presso l’abside di fronte all’altare.
La luce filtrava attraverso 15 grandi finestre che si aprivano lungo
la fascia superiore dell’edificio, mentre le divisioni interne,
sorrette da colonne, erano completamente cieche e sorrette da archi.
Pianta ricostruttiva della basilica eleniana
Nella parte sud-est della chiesa
(l’area per intenderci posizionata dietro l’abside della chiesa
sul lato destro) è situato un ambiente coevo con volta a crociera,
trasformato in età costantiniana in cappella privata (cappella di
S.Elena) ed ornata nella volta dall’imperatore Valentiniano III (425-455) con uno
splendido mosaico che fu molto celebre in epoca medioevale ma di cui non rimane più alcuna traccia. La cappella, il cui pavimento era cosparso secondo la tradizione da manciate di terra provenienti dal Calvario, custodì fino al 1570 le reliquie riportate da S.Elena.
A sud di questo vano sono state
riportate alla luce le fondazioni di un altro ambiente destinato al
rito del Battesimo.
Lato settentrionale
All'esterno, il muro perimetrale
mantiene sempre la stessa altezza di m 22,15; a questa quota la
parete antica è interrotta dalla cornice romanica che corona la
basilica.
Saggi di scavo hanno
permesso di comprendere che in quest’area erano probabilmente
situati gli ambienti residenziali destinati alla famiglia imperiale
prima della costruzione della chiesa, visto il ritrovamento di alcuni
tratti del corridoio che collegava questi al pulvinar (il palco reale
da cui l’imperatore e la corte assistevano agli spettacoli nel Circo
Variano). Qui l’imperatrice, alla quale rimase il grandioso palazzo
dopo il definitivo trasferimento di Costantino a Bisanzio, era
probabilmente solita raccogliersi in preghiera durante le funzioni
religiose, lontano da occhi indiscreti.
*
Presso l’antica sacrestia della
Basilica, nel cosiddetto Santuario della Croce, realizzato nel 1925 dall'arch. Florestano di Fausto, sono ancora
oggi conservati: alcuni frammenti della Croce su cui Gesù trovò la
morte, di una delle croci dei ladroni che vennero crocifissi insieme
a Cristo, la spugna imbevuta d’aceto con cui venne ‘dissetato’
Gesù sulla Croce prima di spirare, una porzione della corona di
spine originariamente posta sul capo, uno dei chiodi del martirio e
il cosiddetto titulus crucis. Questo titulus (una
tavola di legno di noce) si riteneva potesse essere la famosa
iscrizione che viene citata dai quattro vangeli, che venne apposta
sulla croce indicante la motivazione della condanna. Esibire tale
motivazione era infatti una prescrizione del diritto romano, che
permetteva la rapida identificazione del condannato. Nell'
iconografia della crocifissione sono indicate soltanto le quattro
lettere ‘INRI’, acronimo dell’espressione in lingua latina
Iesus Nazarenus Rex Iudaeorum.
3. Circo variano
Pianta ricostruttiva del Circo Variano
Completato durante il regno di
Eliogabalo, ne prese il nome giacché l'imperatore si chiamava in
realtà Sesto Vario Avito Bassiano.
Nel Circo Variano si tenevano le corse
dei carri di cui Eliogabalo era talmente appassionato da partecipare personalmente come auriga ad
alcune gare.
In seguito il circo continuò ad essere
utilizzato, sia per spettacolo che per le manovre militari in onore
dell'imperatore, fin quando non vennero costruite le Mura Aureliane,
a oriente della moderna basilica di Santa Croce in Gerusalemme.
Resti della cavea destra del Circo variano
Lungo 565 m e largo 125 m, era più
piccolo del Circo Massimo ma più grande del
Circo di Massenzio.
L'inusuale larghezza potrebbe indicare che fosse predisposto ad
ospitare anche gare di atletica e quindi funzionale alle nuove feste
istituite da Eliogabalo.
Il circo aveva un orientamento
est/ovest, con il lato curvo ad est ed i carceres ad ovest.
La parte occidentale del circo, il lato
della partenza dove si trovavano i carceres, è stato
ritrovato all'interno delle mura, mentre il lato orientale incurvato
si trovava all'altezza di via Alcamo; il lato settentrionale del
circo ha fornito poi il sostegno per l'ultimo tratto dell'Acquedotto
Felice (1585-1589) che, nel tratto extraurbano fino alla congiunzione
delle attuali via Ozieri e via Nuoro, fu appoggiato sulle strutture
del Circo Variano.
La costruzione delle mura, durante il
regno di Aureliano, tagliò quindi il circo a metà, lasciandone
all'esterno la parte orientale.
Sembra inoltre di poter desumere che
Eliogabalo ridusse, rispetto al progetto originario, l'estensione del
circo verso ovest arretrando i carceres e caratterizzandoli
con due torri alle estremità, secondo la tipologia introdotta in
quel periodo nel Circo Massimo. In questa fase, il circo aveva una
lunghezza di m 547 circa.
In epoca successiva la parte del circo
rimasta all'interno delle mura, evidentemente privata di ogni
possibilità di adempiere alla funzione originaria, fu interessata da
una ristrutturazione intensiva, motivata dalle esigenze dettate dalla
presenza della residenza imperiale costantiniana.
Sembra di poter concludere che nel IV
secolo le strutture del circo furono adibite ad ambienti di servizio,
di collegamento e forse di residenza della servitù della corte
imperiale.
4.
Aula basilicale (Tempio di Venere e Cupido)
La grande struttura architettonica visibile nel
giardino del Museo della Fanteria, conosciuta dagli umanisti come
Tempio di Venere e Cupido, è quanto rimane di un'aula
basilicale destinata a funzioni di rappresentanza, il cui
orientamento ovest/nord-ovest-est/sud-est è su un asse leggermente
convergente a quello della basilica di S. Croce.
L'identificazione di questa struttura
con un tempio dedicato a Venere e Cupido, riposava essenzialmente sul
ritrovamento di un gruppo marmoreo – oggi conservato nel
Museo Pio-Clementino in Vaticano - che li raffigurava.
Sul basamento è però incisa l'epigrafe: “A
Venere felice Sallustia e Elpidio hanno consacrato questa statua”.
Nelle vesti di Venere felice è
ritratta infatti Sallustia Barbia Orbiana, moglie dell'imperatore Alessandro
Severo (222-235) di cui Sallustia e Elpidio erano due liberti.
La testa della Venere felice (a destra) posta a confronto con quella di una statua di Sallustia Barbia Orbiana conservata al Museo del Louvre
La parete curva dell'aula, spessa m 1,45,
presentava cinque finestroni larghi m 3,50 e alti m 4,90, due
soltanto dei quali oggi conservati.
Il catino absidale, in concrezione
cementizia rinforzata da nervature radiali, è distinto sulla parete
esterna da un cornicione a mensole di travertino.
L'arcone a doppia
armilla di bipedali si imposta ad un'altezza di m 13,40; conservato
fino a una sporgenza di m 1,40.
Lo spessore ridotto dei muri nei
piedritti dell'arcone e nelle pareti dell'abside costrinse, secondo l'opinione prevalente, a rinforzare la
struttura in fase di costruzione ultimata con due speroni (m 2,0 x
2,2) ammorsati ai pilastri dell'abside con blocchi di travertino,
anche se non si può escludere che gli speroni di contrappeso alle
spinte della volta fossero previsti già nel progetto originale, come nell'esempio di Piazza Armerina.
In base alle analogie
strutturali che presenta con l'aula basilicale del complesso di
Treviri e con quella della villa di piazza Armerina, l'edificio può
essere datato ad una fase immediatamente successiva al 310.
6. Le Terme eleniane
Costruite già in epoca severiana,
lungo l'attuale via Eleniana, e annesse alla residenza imperiale,
andarono completamente distrutte durante un incendio.
Furono ricostruite tra il 323 ed il
326 per volere dell'augusta da cui traggono il nome.
Un'epigrafe incisa su un cippo
ritrovato in loco e oggi conservato nei Musei vaticani recita infatti
che:
"La
nostra signora Elena, madre augusta del venerabile signore nostro
Costantino e nonna dei nostri felicissimi e fiorentissimi Cesari,
(queste) terme, distrutte da un incendio, ripristinò".
I pochi resti ancora
visibili nel Cinquecento furono completamente distrutti o interrati
al tempo di papa Sisto V (1585-90) per la realizzazione della via
Felice, che collegava Trinità de' Monti a S.Croce in Gerusalemme.
Attraverso disegni e appunti
del Palladio e di Antonio da Sangallo il Giovane se ne conosce,
seppure parzialmente, la pianta, che appare una sorta di compromesso
tra quella delle grandi terme imperiali e quella dei complessi
balneari minori, disposta in modo asimmetrico e con il settore
settentrionale cinto da un'alta muratura che proteggeva il complesso
dai venti freddi del nord.
Tutto quanto è rimasto di
visibile dell'intero complesso termale consiste in otto delle dodici
camere intercomunicanti, poste su due file parallele, che facevano
parte di una grande cisterna, probabilmente alimentata da una
derivazione dell'Acquedotto Alessandrino.
La cisterna era situata a
nord del complesso termale, dal quale era separata da grandi
giardini.
L'ingresso principale,
ornato da colonne, si trovava ad est, davanti alla facciata della
cisterna.
Molto probabilmente il
complesso termale ricostruito dall'augusta era inoltre ad uso
pubblico.