Gli affreschi della chiesa di Sant'Urbano alla Caffarella
Quando - nel corso del IX secolo – il
Tempio di Cerere e Faustina venne trasformato in chiesa dedicata a Sant'Urbano, tutte
le quattro pareti dell'aula vennero coperte di pitture in cui si distinguevano
due grandi registri. Quello inferiore, di cui si conservano oggi solo
frammenti, era coperto probabilmente da una serie di santi dipinti
frontalmente, secondo l'uso bizantino, oggi quasi del tutto
scomparsi; invece quello superiore presenta tuttora trentaquattro
pannelli così suddivisi: venti con scene del Nuovo Testamento,
quattro ispirati al martirio di San Lorenzo e di altri martiri, dieci
rappresentanti la storia dei Santi Urbano e Cecilia.
Di papa Urbano I esistono
pochissime notizie certe e documentate.
Secondo Eusebio di Cesarea
(
Historia Ecclesiastica, VI, 23), dopo la morte di papa
Callisto I Urbano fu eletto vescovo di Roma e fu a capo della Chiesa
per otto anni. Il documento noto come
Catalogo Liberiano (1)
posiziona l'inizio del suo pontificato nell'anno 223 e la sua fine
nell'anno 230 durante il regno di Alessandro Severo (222-235).
Gli
Atti di Santa
Cecilia, che furono però redatti soltanto nel VI secolo,
attribuiscono a Sant'Urbano la conversione ed il battesimo di
Valeriano e Tiburzio, rispettivamente marito e cognato di Cecilia.
Sant'Urbano si sarebbe quindi occupato anche della sepoltura della
santa martire nelle catacombe di San Callisto di proprietà della
famiglia di Cecilia. Dopo di che il santo avrebbe a sua volta
ricevuto il martirio. Tutti questi episodi figurano nel ciclo di
affreschi dedicato alla storia dei due santi nel programma
iconografico della chiesa di Sant'Urbano. Diverse incongruenze si
oppongono però all'identificazione del Sant'Urbano degli Atti con la
figura di papa Urbano I. Innanzitutto sotto Alessandro Severo non vi
fu alcuna persecuzione dei cristiani, fu infatti un imperatore
estremamente tollerante nei confronti di qualunque tipo di culto. Gli
Atti parlano inoltre di una grande persecuzione durante il regno di
due imperatori (
invictissimi principes domini nostri) mentre
Alessandro Severo regnò sempre da solo. E' quindi molto più
probabile che il martirio di Santa Cecilia e dei suoi congiunti sia
avvenuto nel periodo in cui Marco Aurelio e Commodo regnarono insieme
(177-180) durante il quale si verificarono numerose condanne a morte
di cristiani.
Sia nella
passio
della Santa, sia nel programma iconografico della chiesa dove
Sant'Urbano è raffigurato in abiti pontificali, la figura del papa
sembra quindi sovrapporsi a quella di un omonimo vescovo martire
indicato negli Atti come
episcopum et confessorem.
Nel 1634 il cardinale
Francesco Barberini ordinò il restauro della chiesa entrata a far
parte delle proprietà di famiglia. In questa occasione molti degli
affreschi furono ampiamente rimaneggiati e ritoccati. Gli originali
ci sono comunque noti grazie alla serie di acquarelli commissionata
dal cardinale ed oggi conservata nella Biblioteca Apostolica
Vaticana.
Possono essere considerati per buona parte autentici l'affresco
della cripta, l'
Annuncio ai pastori, il
Sonno di Giuseppe,
la
Lavanda dei piedi, l'
Ultima cena, il
Martirio di
San Lorenzo e le tre Scene di martirio di altri santi. Conservano
il vecchio schema (nonostante i restauri secenteschi)
l'
Annunciazione, la
Natività, l'
Entrata a
Gerusalemme, la
Resurrezione di Lazzaro, la C
onversione
di Valeriano, la
Conversione di Tiburzio, mentre i
restanti sono stati rifatti.
Decorazione parietale della
controfacciata
Crocifissione. La grande scena
della Crocifissione è rappresentata al centro della controfacciata
sopra la porta d'entrata, secondo l'uso delle chiese bizantine che
trova qui la più antica applicazione pervenutaci, anche se
l'immagine originale è stata completamente rifatta nel XVII secolo.
A questo rifacimento si deve attribuire la presenza dell'impalcatura
simile a una ribalta da teatro in cui sono infisse le tre croci.
La
croce di Gesù ha dimensioni maggiori rispetto alle altre: i suoi
margini e il suppedaneo sono ornati nel modo che si usava a Roma dal
secolo VIII e che si può vedere ancora a S. Giovanni a Porta Latina
(fine secolo XII). I piedi di Gesù, appoggiati al suppedaneo, hanno
due chiodi, secondo l'iconografia della crocifissione seguita fino al
secolo XII-XIII (dal XIV secolo i piedi saranno sovrapposti e fissati
con un solo chiodo). Gesù, barbato e con i capelli sciolti, è
rappresentato già morto, con gli occhi chiusi, secondo un carattere
tardo della pittura: fino al secolo X l'orrore dei cristiani per la
passione del Redentore consentiva soltanto rappresentazioni con gli
occhi aperti, senza sofferenza; la preferenza per il realismo crudo
introduce invece questa modifica. Tra gli altri personaggi, va
ricordata la Madonna che del solito gesto di portare agli occhi un
lembo della veste ha mantenuto solo il gesto della mano che però non
tiene più la veste. I due soldati i cui costumi sono una chiara
invenzione del pittore del XVII secolo al pari dello strumento con
cui uno di essi tende la spugna con l'aceto. Anche i due personaggi
sotto al suppedaneo sono stati aggiunti dal pittore moderno.
Il quadro ha iscrizioni rifatte nel
XVII secolo tra cui quelle che identificano i due soldati (LONGIN e
CALPURN).
E' inoltre leggibile un'iscrizione che
recita: BONIZO FRT / A. XPI.MXI.
Questa iscrizione tramanda il nome del
committente o quella dell’artista, ma è un’ipotesi più fragile
(2), e la data degli affreschi (1011). Un certo Bonizo dedica dunque
le pitture nel 1011, anche se l' iscrizione – così come noi la
vediamo ‐ pur non potendo risalire al 1011, giacchè non presenta i
caratteri paleografici delle iscrizioni di quell'epoca, nondimeno
sembra essere una mera sostituzione (eseguita nel XVII secolo) di
quella originale.
Gesù davanti a Pilato –
Flagellazione. Le due scene sono rappresentate nel registro
superiore del pannello a destra della Crocifissione. Cristo vi
compare una sola volta (legato ad una colonna) servendo ad entrambe
le scene. Al centro, su un trono, Pilato, senza gli abiti lussuosi
tipici della pittura bizantina, mentre si lava le mani e volge il
viso verso Gesù che viene flagellato da tre sicari. A sinistra
compaiono cinque personaggi che rappresentano i farisei e gli anziani
ebrei. Sebbene molto ritoccato il quadro conserva la disposizione
della scena dell'XI secolo.
Il tradimento di Giuda – Ascesa al
Calvario. Nel registro inferiore dello stesso pannello.
Sull'estrema destra è raffigurata la cattura di Gesù che, baciato
da Giuda, è circondato da numerosi soldati. In primo piano (in
basso) è rappresentato il taglio dell'orecchio del servitore Malco
da parte di Pietro, anche se l'apostolo è privo di nimbo. Un gruppo
di soldati (con lance, sciabole e lanterne) serve da tramite per
passare dalla scena del bacio a quella del trasporto della Croce
sulla sinistra della composizione.
Nel pannello a sinistra della
Crocifissione si trovano:
Deposizione di Gesù – Le Marie al
sepolcro. Nella fascia superiore, nella scena di destra (molto
rovinata) Gesù è avvolto nel sudario ed è portato da Giuseppe di
Arimatea e da Nicodemo. Si tratta di una scena abbastanza rara nella
pittura occidentale e trova qui alla la sua più antica
rappresentazione romana; si rincontrerà alla metà del XII secolo a
San Giovanni a Porta Latina. Le alterazioni sono minime e il
dispositivo originale della scena è rimasto pressoché inalterato.
Nella scena di sinistra le Marie al
sepolcro qui raffigurate sono due: Maria Maddalena e Maria di Cleofa
(Vangelo di Matteo, XXVIII, 1). Simili alla scena della deposizione
il paesaggio e il sepolcro, con l'eccezione che dentro la
grotta pende una lampada e c'è il lenzuolo di Gesù risorto. L'angelo seduto sul coperchio
scolpito del sepolcro porta il solito attributo, il bastone.
La scena è stata ritoccata,
soprattutto nella raffigurazione delle due donne.
Discesa al Limbo – Noli me
tangere. Nella fascia inferiore, a destra dal paesaggio roccioso,
emergono le fiamme del limbo in cui bruciano gli uomini che tendono
le mani verso Gesù. Il bastone lungo, nella mano sinistra, manca
nella copia Barberini, quindi è probabilmente un'aggiunta
posteriore. Manca qui il demonio, che di solito è raffigurato sotto
i piedi del redentore. Numerosi i ritocchi. Nel riquadro di sinistra,
ormai quasi completamente scomparsa, è dipinta la scena che chiude
il ciclo evangelico: alle porte della città, rappresentata come una
torre circolare da cui si vedono staccare le sagome delle case, Gesù
appare alla Maddalena che, con i capelli sciolti, sta in ginocchio.
Decorazione della parete sinistra
Ingresso a Gerusalemme –
Resurrezione di Lazzaro. Registro superiore della parete
sinistra. Nel riquadro di sinistra Gesù, con barba piccola e capelli
lunghi a cavallo del somarello è seguito da Giovanni e da Pietro a
cui fu aggiunta la tonsura dal pittore che ha eseguito i ritocchi nel
XVII secolo. Sulle orme del Redentore crescono i fiori mentre una
folla gli viene incontro stendendo le vesti sulla via. Il quadro è
stato ritoccato ma sono state rispettate sia le linee della vecchia
pittura sia la figura di Gesù, che conserva sulle guance le
caratteristiche macchie altomedioevali.
Nel riquadro di destra Gesù con nimbo
crucifero e imberbe (come sempre nelle scene dei miracoli), tunica e
pallio, un rotolo nella mano sinistra, con Pietro e Tommaso alle
spalle, si rivolge con la destra a Lazzaro che, nella tomba aperta, è
avvolto nel sudario. Tra il compatto gruppo di ebrei, spicca
l’efficace realismo di una figura che, indicando Lazzaro, si tura
il naso con una mano. E' tra le scene autentiche, con pochi ritocchi
visibili nelle mani, nel vestito della donna in primo piano, nell'abito di Gesù e nelle linee
rafforzate delle vesti apostoliche.
Lavanda dei piedi – Ultima cena.
Nel registro inferiore. Nel riquadro a sinistra all'aperto, con i
dodici apostoli ammassati, uno si scioglie i sandali (che qui
mancano) e Pietro parla a Gesù mentre questi, chino sul vaso,
asciuga il piede con la propria veste: questo è un particolare raro,
unica deviazione del frescante dall'iconografia usuale.
Il quadro, sicuramente ritoccato nel
XVII secolo, è molto danneggiato dal tempo e forse quello che si vede oggi è proprio lo strato
autentico del secolo XI.
Nel riquadro di destra i Dodici sono
seduti attorno alla tavola lunga. Si riconoscono alcuni apostoli, tra
cui San Giovanni chino verso il Signore, in un gesto che appare qui
per la prima volta. Nel XVII secolo sono state aggiunte le tonsure.
Giuda, raffigurato in proporzioni nettamente ridotte e senza nimbo, è
dipinto in primo piano seduto al piede della tavola (una barba
appuntita è aggiunta nella copia Barberini).
Seguono quattro scene di martirio di
cui solo la prima è stata identificata con certezza:
Martirio di San Lorenzo. Sullo
sfondo, un muro in rovina separa la scena in due piani. L'imperatore
è nel costume caratteristico (sandali bizantini, dalmatica, corona
d'oro) e volge il suo gesto al martire che, nudo e con l'aureola, è
steso sulla graticola da cui fuoriescono le fiamme. Uno dei sicari,
impaurito, fugge verso sinistra, mentre un altro, alle spalle del
santo getta con un badile carboni sul fuoco. Dietro il muro quattro
personaggi assistono alla scena, di cui due con elmi e lance. La scena, movimentata dai
differenti atteggiamenti di ogni personaggio, è una delle più autentiche, anche se molto rovinata.
Il ciclo dedicato a Santa Cecilia
inizia quindi con un pannello in cui sono condensate tre scene:
a
sinistra è rappresentato il colloquio di Cecilia (nella consueta
rappresentazione con nimbo e ricca dalmatica adorna di pietre
preziose) e Valeriano (senza nimbo e con vesti di ricco romano).
Al centro del quadro, Valeriano
incontra sulla via Appia Sant'Urbano che lo converte.
A destra infine la scena del battesimo:
Valeriano, nudo e seduto a terra, è battezzato da Urbano, in abiti
pontificali, barba, tonsura, come comparirà in altre scene. In tutte
queste rappresentazioni è permanente la confusione tra Sant' Urbano
martire e Sant' Urbano I papa, che quasi sicuramente sono invece due
personaggi distinti. Un diacono assiste alla scena. E' fra i pannelli
più autentici, come dimostrano le macchie delle guance e il modo
caratteristico di disegnare i mattoni dell'edificio.
Nei due riquadri sottostanti: a
sinistra Cecilia e Valeriano (i cui nomi sono inscritti nelle
aureole) istruiscono Tiburzio, fratello di Valeriano; a destra, nel
consueto paesaggio, il battesimo di Tiburzio, simile a quello di
Valeriano, a cui assistono due diaconi. Il quadro è autentico: sono
ritoccate solo le vesti di Cecilia e di Tiburzio ed è stata aggiunta
una tinta verde di sfondo.
Decorazione della parete di fondo
Nel pannello al centro della parete è
raffigurato:
Gesù benedicente. In mezzo ad
un paesaggio monotono costituito da un campo ondeggiato in cui si
staccano ciuffi d'erba, Gesù in trono impartisce la benedizione. La
figura (dai capelli castani divisi nel mezzo e spioventi sulle
spalle, fronte piccola, grandi archi sopraccigliari, naso diritto e
lungo che sporge dalla barba e dai folti baffi che conferiscono
maturità) ricorda quella del Redentore del mosaico absidale della
chiesa dei SS. Cosma e Damiano: stessa severità di aspetto, stesso
atteggiamento rigido. Gesù benedice alla greca, secondo un uso
generalizzato dopo il secolo VIII; nella sinistra tiene il libro
mistico (un tempo sicuramente adorno di gemme); il suo nimbo
crocifero non è quello autentico al pari del colore delle sue vesti.
E' scalzo e il suo trono, ora non più visibile, era adorno di
intagli. Ai lati, scalzi, Pietro e Paolo, le cui iscrizioni ora
perdute sono state riprodotte nelle copie Barberini. Alle spalle del
Redentore infine, su una collina, due angeli in piedi. L'affresco è
quasi tutto ritoccato ma il vecchio disegno è stato in buona parte
rispettato. La parte inferiore ha perso alcuni ritocchi, svelando
qualcosa delle vecchie linee.
Nel riquadro a sinistra di Gesù
benedicente:
Nella fascia superiore è rappresentato
il giudizio di Sant' Urbano: a destra su un trono a baldacchino il prefetto Almachio è circondato da
soldati. Urbano, in abiti sacerdotali, professa la propria fede mentre dietro a lui numerosi chierici con le mani legate sono
condotti dai soldati.
Nel registro inferiore era
rappresentata la flagellazione di sant'Urbano ma la scena è oggi
quasi completamente scomparsa ancorchè ampiamente ritoccata nel XVII
secolo.
Nel riquadro a destra di Gesù
benedicente:
Nella fascia superiore si condensano
tre episodi diversi: a sinistra Sant'Urbano in carcere battezza il
suo carceriere Anolino, al centro Anolino viene decapitato e sulla
destra Sant'Urbano è condotto con il suo clero a fare sacrifici al
tempio di Giove che crolla grazie alle preghiere del santo causando
la morte dei sacerdoti del tempio.
Nella fascia inferiore è rappresentato
il martirio di Sant'Urbano e del suo clero. L'iscrizione, quasi
illeggibile, riporta
S. Urbanus cum suo clero ductus ante Templum
Dianae ibidimque decollatus est. A sinistra il tempio di Diana,
davanti al quale avviene la decollazione del Santo, in ginocchio,
che ha attorno i corpi decapitati di alcuni suoi compagni mentre
altri attendono la stessa sorte. A destra la sepoltura sotto
un'edicola a forma di pozzo. E' una pittura quasi autentica ma molto
rovinata dal tempo.
Decorazione della parete di destra
Partendo dal
fondo si osservano:
Cecilia davanti ad Almachio –
Cecilia distribuisce gli averi di Valeriano e Tiburzio. A
sinistra del pannello, nel registro superiore, davanti al prefetto
Almachio (a destra) con costume di dignitario, sul trono con
baldacchino e affiancato a destra da un uomo (il cui copricapo è
stato trasformato in berretto moderno), sta in piedi la santa,
rappresentata con il costume di martire (capelli sciolti e lunga
camicia stretta alla cintola), che professa la sua fede, mentre
dietro di lei la folla assiste all'interrogatorio. A parte la
disposizione della scena, il quadro non è autentico.
Nel riquadro di destra Cecilia avanza
da sinistra e distribuisce denari alla folla. Purtroppo questa scena
è rifatta completamente.
Morte di Cecilia – Sepoltura di
Cecilia. Queste due scene erano rappresentate nel registro
inferiore ma sono oggi quasi completamente scomparse.
Con i pannello successivo si apre il
ciclo cristologico:
Annunciazione. Maria ha un
atteggiamento dinamico, il suo corpo è leggermente curvo a destra,
il gesto della mano destra e della figura mostrano timidezza.
L'indice della mano sinistra steso verso il ventre rappresenta il
segno caratteristico dell'Annunciazione già dal VI secolo. L'angelo
è il tipo solito, inalterato nei secoli: la verga sulla spalla
sinistra, il segno dell'annunciazione con la destra, il ginocchio
piegato, arrestato in corsa.
Sul lato opposto, sull'uscio della
casa, inquadrato da due colonne ioniche, appare l'ancella di Maria: questa della Caffarella è la
più antica rappresentazione romana di questo personaggio; ricomparirà poi soltanto nel XII
secolo nel ciclo di affreschi di San Giovanni a Porta Latina (dove però è raffigurata nella scena della
Visitazione) (3). Sebbene ritoccata, la
scena è in gran parte autentica.
Natività. Nel registro
inferiore dello stesso pannello. In un paesaggio campestre, Maria sta accanto al presepio (il cui ornamento
con palmeti è frequente nelle pitture del X e XI secolo), seduta nel caratteristico giaciglio bizantino, il materasso senza letto. Ci sono
il bue e l'asino, due angeli, Giuseppe seduto e pensoso in disparte
con il capo appoggiato al palmo della mano, con tonsura ecclesiastica e scalzo (per
inavvertenza di colui che lo ha ritoccato). A sinistra, in proporzioni ridotte, la scena del bagno
del Bambino tra due donne. La scena è stata poco ritoccata, eccetto
la figura di Giuseppe.
Proseguendo lungo il registro
superiore:
Annuncio ai pastori. Si tratta
di una scena in campo aperto piuttosto animata: i pastori mostrano la
propria sorpresa per l'apparizione dell'angelo durante il loro
divertimento; quello che suona il liuto continua a danzare mentre gli
altri sono in grande emozione (da notare che il liuto è
rappresentato nella caratteristica forma che non s’incontra mai
prima dell'XI) e l’angelo è colto nell’atto di prendere la
parola. Non ci sono ritocchi e la scena appare come autentica, libera
da forme tradizionali bizantine e animata da movimenti arditi anche
se a volte raffigurati senza abilità.
Il viaggio dei Magi. Nel campo
fiorito, con colline all'orizzonte, i Magi giungono a Betlemme (se ne
scorgono a destra la porta e le mura). Indossano i soliti abiti
orientali: tunica corta alla vita e pantaloni stretti ai piedi (uno
solo, al centro, ha calze fino al ginocchio), pantofole e infine i berretti frigi, che fino a tutto il
secolo X costituiranno un carattere distintivo dei Magi, che invece, dal secolo XII in poi,
porteranno sempre una corona regale. Due hanno anche lo scettro. La
scena purtroppo è stata ampiamente ritoccata.
Adorazione dei Magi. In un
paesaggio collinoso, Maria è in trono con Gesù su un ginocchio. I
tre Magi vengono da sinistra e presentano i loro doni: Melchiorre a
capo scoperto e in ginocchio, Gasparre e Baldassarre, imberbi e
giovani, in piedi. Hanno ancora abiti orientali ma differenti nei
particolari dal quadro precedente. Dalle colline spunta l'angelo che
sostituisce la stella cometa, secondo una preferenza del Medioevo:
tra VIIi e XI secolo a Roma si incontra ovunque, a volte accompagnato
dalla stella. Alle spalle della Madonna è S. Giuseppe. Molti i
ritocchi: la Madonna e il Bambino sono quasi completamente rifatti
senza avere più nulla delle vecchie linee. Sebbene i berretti siano
quelli originali, nulla di autentico in realtà è rimasto (si noti
in particolare la nudità di Gesù, inaudita nell'XI secolo).
Lungo il registro inferiore si
susseguono invece:
Il sogno di Giuseppe. Giuseppe,
mentre dorme, è visitato dall'angelo che lo esorta a partire per
l'Egitto. Giuseppe non è steso sulla nuda terra – come nelle
raffigurazioni più antiche – ma su u materasso. Sulla sinistra si
apre il vestibolo della casa di Giuseppe in una architettura reale,
piuttosto insolita nelle rappresentazioni bizantine.
Fuga in Egitto. Un giovane tira l'asino per il
capestro seguito da Giuseppe. Il quadro è tuttavia molto ritoccato:
il bambino senza aureola, le mani senza difetti e le ombre delle
vesti sono tutte caratteristiche delle scene rifatte nel XVII secolo.
Strage degli innocenti. Quasi del tutto scomparsa.
Nella piccola cripta, sotto l'altare della chiesa, si trova una
rappresentazione della
Madonna con il Bambino fra i SS. Urbano e
Giovanni.
Maria, in posizione frontale, è disegnata ingenuamente
con un atteggiamento inespressivo, tipico della pittura bizantina del
IX secolo. Sembra stare in piedi, perché non c'è traccia di trono,
ma le sue mani tengono le spalle del Bambino che invece è in
posizione seduta, cosicché sembra essere come sospeso in aria, non
sostenuto da nulla. A destra e sinistra, rivolti leggermente verso il
centro, San Giovanni e Sant'Urbano. Il primo, nel solito vestito
degli apostoli (
pallium e tunica), ha nella mano sinistra il Vangelo
adorno di pietre preziose, mentre con la destra benedice; è una
figura giovanile, imberbe, rotonda. Sant'Urbano è invece vestito di
abiti sacerdotali e offre al Bambino un libro santo, ugualmente
adorno di gemme; è rappresentato vecchio, con la barba piccola,
bianca e la tonsura ecclesiastica. Le aureole gialle, chiuse da un
cerchio bianco e da uno rosso più largo, si staccano sul fondo
azzurro, come le iscrizioni in bianco. Il Redentore è rappresentato
scalzo, in tunica con maniche, benedicente, con nimbo crucisignato.
L'affresco può essere datato al X secolo per la rigida frontalità,
l'assenza di ombre di rilievo, il disegno degli occhi con le palpebre
a mandorla molto aperte (in cui il bianco degli occhi sembra
dilatato) e la verticalità simmetrica delle figure.
Note:
(1) Il Catalogo Liberiano è una lista
di papi compilata nel IV secolo e prende il nome dall'ultimo papa
citato, Liberio, morto nel 366.
(2) L'abbreviazione FRT presente
nell'iscrizione se sciolta come
frater indicherebbe in fra'
Bonizo l'autore dei dipinti, se invece sciolta come
offert il
donatore.
(3) Nei Vangeli canonici non compare alcuna
ancella di Maria. Nell'apocrifo dello pseudo-Matteo (VIII, 5) la
Vergine vive invece nella casa di Giuseppe in compagnia di cinque
ancelle (Rebecca, Sefora, Susanna, Abigea e Cael), quella che assiste
all'Annunciazione potrebbe essere una di queste. E' comunque
rappresentata in questa scena abbastanza raramente – in ambito
italiano è presente ad esempio negli affreschi di Santa Maria Foris
Portas la cui datazione è piuttosto controversa (VII-X secolo) –
con maggiore frequenza appare invece nella scena della Visitazione.