Il castello di Copertino si presenta attualmente nella forma impressagli dalla ristrutturazione commissionata dal marchese Alfonso Granai Castriota all’architetto pugliese Evangelista Menga e portata a termine tra il 1530 ed il 1540 (come recita l’iscrizione incisa sulla cortina est e sulle facce dei due bastioni che la delimitano), a partire da un preesistente nucleo di epoca normanno-sveva di cui si conserva il mastio scarpato e quadrangolare, sul cui lato est, nel 1407, in occasione del loro matrimonio, furono incastonate le armi del re di Napoli Ladislao d'Angiò Durazzo e di Maria d'Enghien.
Le armi di Ladislao d'Angiò Durazzo e Maria d'Enghien
Il castello attuale si
sviluppa attorno ad un cortile quadrato, circondato da un
fossato e rafforzato, agli angoli, da quattro bastioni a punta di
lancia, collegati al cortile – sul quale si affacciano corpi di
fabbrica di epoche differenti – da enormi gallerie.
Il fastoso portale, a cui recentemente è stata data un'esemplare decodificazione iconografica, è attribuito allo scultore neretino Francesco Bellotto su probabile disegno di Evangelista Menga. Le sue decorazioni, realizzate in calcarenite locale, risultano integrate successivamente con stucchi per proteggerle dai venti che nei secoli hanno esercitato un’azione polverizzante.
Superato il portale si entra nella corte dove una scalinata scoperta conduce al “palazzo vecchio” di epoca quattro-cinquecentesca composto da circa 20 stanze. A metà della rampa si trova la cappella della Maddalena.
L'ingresso alla cappella
Alla cappella di forma quadrata (lievemente rettangolare nel senso della larghezza) con unica abside fortemente decentrata posta all'estremità sn. del lato NE, si accede attraverso una porta (per lungo tempo rimasta murata). Le sue pareti, come si intuisce dai frammenti pittorici superstiti (spesso a livello di semplice sinopia), accoglievano un ciclo pittorico di altissima qualità con le Storie di Cristo e della Maddalena, poi irrimediabilmente danneggiato quando, abbattuta la volta, si procedette a inglobare l'oratorio nell'attuale struttura cinquecentesca.
Nel 1998 un intervento di restauro condotto dalla Soprintendenza puntò l'attenzione sul recupero di numerosi frammenti pittorici, rinvenuti staccati e privi di riferimento logistico. Tali frammenti furono selezionati tra i materiali di risulta di cui era colma la cappella al momento della scoperta. Alcuni di essi provengono dalle pareti, altri dalla demolita volta. Al primo gruppo sono da collegare le scene dell'Ultima e cena e del Noli me tangere, al secondo i resti di incorniciature e stemmi facenti capo alle famiglie Enghien-Brienne, Orsini del Balzo e Chiaromonte (Clermont). Tali insegne araldiche, se da una parte consentono di ricostruire la committenza del ciclo, dall'altra s'intrecciano ai passaggi feudali della contea di Copertino che Maria d'Enghien avrebbe ceduto in dote alla figlia Caterina del Balzo Orsini, in occasione delle nozze con Tristano Chiaromonte nel 1415 o poco dopo.
La presenza degli stemmi araldici dei due sposi stabilisce nella data del loro matrimonio il termine post quem per la realizzazione del ciclo di affreschi mentre il termine ante quem è fissato dalla data di morte di Caterina (24 aprile 1429).
Ciò che resta del
ciclo cristologico si individua all’interno di una nicchia ubicata
nell’angolo di raccordo tra la parete sud-est e quella sud-ovest: a
una ormai rarefatta Fuga in Egitto
segue una Natività
sopra la quale era raffigurata la scena dell’Annuncio
ai pastori. In alto si riconoscono due
pastori e, poco più in basso, la sagoma della Vergine, una sinopia
della mangiatoia, il bue, l’asino e San Giuseppe, ritratto come di
consueto in disparte, sul margine destro della composizione.
Il ciclo cristologico
Il ciclo cristologico
si sviluppava probabilmente dal basso verso l'alto, dove erano
dipinte le scene dell’Ultima Cena e
del Noli me Tangere
individuate nel materiale di risulta.
Il programma decorativo della parete sud-ovest è attualmente scandito in due registri pittorici sovrapposti, che in origine dovevano essere completati da un terzo registro superiore istoriato.
Il registro più basso
è decorato a finti marmi, come nelle altre pareti, mentre in quello
superiore si possono riconoscere le sinopie di due scene tratte dalla
Legenda Aurea.
Parete sud.ovest
La prima rappresenta
la Maddalena che presagendo la sua morte
si fa comunicare dal vescovo Massimino:
la santa è raffigurata in ginocchio mentre riceve la comunione dal
suo compagno di
viaggio, alle cui
spalle si osserva un altare ricoperto da una tovaglia a frange; lo
stesso altare, nel brano immediatamente successivo, fa da retroscena
alla Morte della Santa,
come si evince dal corpo disteso in terra e avvolto nei lunghi
capelli.
Parete nord-ovest
Il racconto prosegue
nella parete nord-ovest con i Funerali
della Maddalena, procedendo da sinistra
si osserva: un giovane che tiene con due mani un bastone (una croce
astile?), quindi un santo vescovo (Massimino?), con la destra
benedicente e la sinistra che indica un passo delle sacre scritture,
mentre, davanti al corpo esanime della Maddalena, partecipano alle
esequie due giovani, uno dei quali, affranto, porta la mano destra al
viso per asciugare le lacrime.
Il brano seguente, dopo la
consueta cornice divisoria, reca un sarcofago finemente scorciato –
en pendant a un altro sarcofago rappresentato
longitudinalmente nel registro rasoterra (1) - dove viene deposta la
salma; si distingue chiaramente la figura di un uomo, con vesti di
colore rosa antico, proteso verso i piedi del defunto e seguito da un
altro personaggio che porta al volto un panno giallo in segno di
disperazione. La deposizione è da ritenersi non già quella di
Cristo – come da alcuni ipotizzato - ma quella del corpo della
Maddalena, come provano i tratti di colore giallo e un disegno
ondulato pertinente alla sua folta chioma.
Nel riquadro
successivo è raffigurata la Maddalena con in mano il vaso
dell'unguento, inginocchiate
ai lati della Maddalena la contessa di Lecce Maria d'Enghien (a
destra) e la figlia Caterina (a sinistra), probabili committenti
dell'affresco (2).
Note:
(1)
La Legenda Aurea
riporta che non appena morta la Maddalena, il
Beato Massimino cosparse il corpo della Maddalena con aromatici
unguenti ed espresse il desiderio di venire sepolto, dopo la sua
morte, accanto alla santa. Su questa base
si può ipotizzare che il menzionato sepolcro rappresentato nel
registro rasoterra, sotto la scena del Funerale, sia quello
del beato Massimino, compagno d'esilio della Maddalena e primo
vescovo di Aix (vedi anche scheda La cappella della Maddalena nella torre di Belloluogo).
(2)
Secondo alcuni studiosi proprio Copertino sarebbe la città natale di
Maria d'Enghien.