La data di fondazione della
chiesa non è nota, ma è collocabile tra il X e il XII secolo. La
sua prima notizia è del febbraio 1140, quando Romoaldo, figlio del
conte Landone, ne dona all’arcivescovo parte del patronato (1). La
chiesa, precedentemente dedicata a Santa Maria della Pietà – nota
anche come Santa Maria de Portanova per la vicinanza all'originaria
porta di questo nome oggi non più esistente - fu ridedicata al SS.
Crocefisso soltanto nel 1879, quando vi fu trasferito il crocifisso
detto del Barliario (2).
Il portale su via Mercanti
All’esterno, la parete su via Mercanti mostra alcune monofore appartenenti all'edificio originario, un portale in pietra e una finestra ogivale in stucco, che era in origine una bifora.
La bifora
La bifora è divisa in due scomparti da un architrave
: nell'ordine superiore è presente un articolato motivo a traforo,
arabeggiante, costituito dall'alternanza di croci e stelle ad otto
punte, che la accomuna a decori analoghi presenti nel Duomo di
Amalfi. Nell'ordine inferiore, due colonnine impostano l'ogiva, che è
delimitata da una fascia su cui sono distribuiti sette scudi;
purtroppo solo su uno di essi è riconoscibile l'insegna, a bande
orizzontali, bianche e rosse, della famiglia Carafa (il primo a partire da sinistra).
A questa finestra
corrisponde all’interno della chiesa un’apertura che
presenta, addossato al davanzale, un gradone più basso che
sembrerebbe un sedile.Il portale era invece un antico accesso laterale della chiesa, probabilmente quello che agli inizi del secolo costituiva l’unico ingresso, dal momento che quello principale era stato inglobato all’interno di un androne e non veniva utilizzato.
La facciata della chiesa era stata infatti completamente coperta da costruzioni, che le si addossavano, poi demolite nel 1928, quando fu creata l’attuale piazza e realizzata una nuova facciata, preceduta da un porticato e poi sostituita, dopo l’alluvione del 1954, da quella attuale che ha inglobato al suo interno il porticato.
All'interno la pianta è
basilicale, divisa in tre navate da colonne e capitelli tutti diversi
tra loro, in quanto elementi di spoglio provenienti da edifici più
antichi. Le colonne sono collegate da archi a tutto sesto; la navata
maggiore, più alta, è illuminata da monofore e coperta da capriate
lignee. Le navate laterali, invece, sono coperte da voltine a
crociera.
La cripta della chiesa,
forse un edificio religioso di età precedente, ripete la pianta
basilicale a tre navate della chiesa soprastante, le navate sono
separate da archi con volte a crociera e chiuse da absidi
semicircolari. Sulla parete occidentale, di fronte all'abside
centrale, si osserva il grande affresco raffigurante la
Crocifissione, databile tra il XIII e XIV secolo.
Al centro il Cristo
Patiens (il
Cristo crocifisso è raffigurato con gli occhi chiusi, patiens,
in un'epoca in cui, secondo la tradizione bizantina, si usava
dipingerlo sulla croce vivo e con gli occhi aperti, nella tipologia
del Cristo triumphans).
Sulla sinistra figura il
gruppo delle pie donne, dove la Vergine accasciata, le mani protese
verso il Figlio, è sorretta dalle due Marie, cupe ed accorate dal
dolore; sulla destra, l’immagine di S.Giovanni – molto
deteriorata – è affiancata dalle figure meste di due astanti,
riconducibili, secondo il testo evangelico, a Giovanni d’Arimatea e
Nicodemo, ma iconograficamente più simili ai Santi Pietro e Paolo,
di cui recano anche gli attributi: il rotolo ed il libro. Ai lati
della croce sono ritratti i soldati, di dimensioni più piccole
rispetto agli altri personaggi, e gli angeli, due adoranti e due che
raccolgono nelle coppe il sangue di Cristo che fuoriesce dalle mani e
dal costato.
Nell’abside di
destra un altro affresco di fattura simile, ma forse posteriore,
propone un trittico di santi racchiusi in archi e separati da
colonnine: San Sisto papa (115-125) al centro, san Lorenzo a sinistra, un altro
santo pellegrino a destra. Nel dipinto si colgono notevoli assonanze
con la Crocifissione, anche se la maggiore fluidità nella resa dei
panneggi sembrerebbe indice di un adeguamento allo spirito cortese,
di gusto già trecentesco.
La chiesa era annessa al convento femminile di donne nobili di S. Maria della Pietà, sorto presumibilmente tra il XII e il XIII secolo. Per quanto oggi completamente trasformato e illeggibile nelle sue strutture originarie - perché smembrato e parzialmente divenuto civile abitazione (palazzo Pernigotti) - esistono ancora degli elementi decorativi che collocano il monastero all’interno di quell’architettura, diffusa in Campania a partire dall’XI secolo, caratterizzata dall’utilizzazione di tarsie policrome giocate sull’utilizzo di fasce alternate di tufi grigi e gialli.
L’antico loggiato con archi incorniciati da larghe fasce policrome, che presumibilmente correva sui quattro lati dell’edificio, è oggi inglobato in un’abitazione ed è possibile soltanto vedere da lontano alcuni pezzi scultorei sul lato orientale del fabbricato. Pochissimi elementi, tra cui alcuni archi a sesto acuto tuttora esistenti nei locali dell’ex convento ne confermerebbero la datazione di origine al XIII secolo.
Note:
(1) Archivio Diocesano di Salerno, pergamena 45.
Il Crocifisso del Barliario
(2) Si tratta di mirabile esempio di arte lignea dell’ultimo quarto del XIII secolo - oggi conservato nel Museo diocesano - che riproduce la figura del Cristo Triumphans, come vuole la tradizione orientale bizantina. Benché notevolmente danneggiato da un incendio nell’Ottocento, presenta ancora un viso fortemente espressivo ed è completato da due tabelle laterali raffiguranti la Vergine e San Giovanni. Alla storia del crocifisso si lega la leggenda dell’alchimista salernitano Pietro Barliario; si narra, infatti, che il mago, dopo aver provocato la morte dei suoi nipoti nel suo laboratorio, si sia recato a chiedere perdono ai piedi del Crocifisso, il quale, si dice abbia chinato il capo in segno di accoglimento del pentimento e di perdono.