Giovanni di Brienne
Armi di Giovanni di Brienne
in una miniatura della Historia Anglorum di Matthew Paris, XIII sec.
Figlio secondogenito di Erardo II,
conte di Brienne, Giovanni nacque intorno al 1158 ed era destinato ad essere avviato
alla carriera ecclesiastica ma preferì farsi cavaliere.
Quando nel 1208 Maria di Monferrato,
regina di Gerusalemme, figlia di Isabella I di Gerusalemme e di
Corrado del Monferrato, compì diciassette anni, giungendo, così,
in età da marito, un'ambasceria guidata da Florent, vescovo di
Acri, e da Aimaro, signore di Cesarea, si recò presso la corte di
Francia per chiedere consiglio al re, Filippo Augusto, sul possibile
candidato.
La scelta, approvata da papa Innocenzo
III, cadde sull'allora sessantenne e squattrinato Giovanni di Brienne
a cui il sovrano e il pontefice costituirono una dote di 4.000 marchi
d'argento.
Giovanni di Brienne sbarcò ad Acri il
13 settembre ed il giorno successivo il patriarca Alberto lo unì in
matrimonio a Maria. Il 3 ottobre la coppia fu incoronata nella
cattedrale di Tiro.
Nel 1212, dopo aver dato alla luce la
figlia Jolanda, la giovane regina morì di febbre puerperale e
Giovanni mantenne il potere nelle vesti di reggente per conto della
figlia.
Nel 1214 sposò Etiennette, figlia di
Leone II d'Armenia, che lo lasciò nuovamente vedovo nel 1219.
La Quinta Crociata
Nell'ottobre del 1217 si tenne ad Acri
il consiglio di guerra con i comandanti crociati appena giunti in
Terrasanta in risposta all'indizione di una nuova crociata fatta da
papa Innocenzo III nel 1213 con la bolla Quia Maior e ratificata dal IV Concilio lateranense (1215).
Oltre a Giovanni di Brienne vi parteciparono i i
re Andrea II di Ungheria e Ugo I di Cipro e il duca d’Austria
Leopoldo VI di Babenberg nonché i Gran Maestri dei tre Ordini
militari e venne stabilito che il primo obiettivo della crociata
sarebbe stato la città di Damietta sul delta del Nilo.
Tuttavia,
tra defezioni e nuovi arrivi, i primi contingenti crociati sbarcarono
nei pressi di Damietta soltanto nel maggio del 1218.
Il
24 agosto il duca Leopoldo VI guidò l'assalto decisivo alla torre
sul Nilo che presidiava l'unico canale navigabile. Presa la torre, la
catena che sbarrava il canale fu tagliata e le navi crociate poterono
risalire il fiume fin sotto le mura della città.
Cornelis Claesz Van Wieringen, La cattura di Damietta, 1625
Frans Hals museum, Haarlem
Intimoriti dalle
fortificazioni e indeboliti dalla defezione dei contingenti frisoni
i crociati non approfittarono dello scompiglio seminato tra le file
nemiche dalla morte del sultano Safedino (il fratello del Saladino
morì il 31 agosto) e preferirono attendere i rinforzi.
A
metà settembre giunse a Damietta il legato pontificio cardinale
Pelagio Galvani al comando della spedizione papale e subito pretese
il comando di tutto l'esercito a scapito di Giovanni di Brienne.
Nel
mese di ottobre il sultano del Cairo al-Malik al-Kamil lanciò due
attacchi contro il campo cristiano che furono respinti grazie
all'energia di Giovanni.
Dopo diversi scontri,
al-Malik al-Kamil concentrò le forze a difesa delle sue posizioni (e
quindi a proteggere Damietta) più che proseguire nel tentativo di
ricacciare l'esercito crociato.
Costruì barricate e
opere di difesa e affondò anche alcune delle sue navi per impedire a
quelle cristiane di risalire il Nilo e avvicinarsi alla città.
I Crociati avevano il loro
campo sulla riva occidentale del fiume e non potevano assediare la
città dalla parte di terra se non attraversandolo, ma questo era
arduo e pericoloso, visto che il Sultano del Cairo aveva posto il suo
campo ad al-Adiliya sulla riva opposta del fiume.
A novembre era chiaro che
i Crociati non sarebbero stati in grado di farsi strada attraverso il
Nilo; quindi cercarono di riaprire un canale che era stato
abbandonato da tempo. Il loro piano era quello di navigare fino ad un
punto ben al di sopra di Damietta e quindi attaccare la città da due
lati.
Riuscirono a dragare il
canale, quando improvvisamente furono colti da una violenta tempesta
che allagò il loro campo.
All'alba del 5 febbraio
1219 il campo crociato fu raggiunto dalla notizia che il sultano con
tutto l'esercito aveva abbandonato il campo nella necessità di
fronteggiare un sommovimento interno. Il cardinale Pelagio diede quindi
l'ordine di avanzare e impadronirsi del campo egiziano di al-Adiliya
che fu preso respingendo una sortita della guarnigione della città.
Damietta era adesso completamente isolata.
Il giorno della Domenica
delle Palme, l'esercito egiziano attaccò i campi crociati ma fu
ricacciato con gravi perdite.
Verso la fine di agosto
S.Francesco d'Assisi raggiunse l'esercito crociato e chiese al
cardinale Pelagio il permesso di recarsi dal sultano per una missione
di pace insieme a Fra Illuminato. Nell'intento di convertire il sultano alla religione
cristiana Francesco propose di sottoporsi ad un'ordalia con il fuoco - quest'ultima circostanza è però riportata solo da San Bonaventura (Legenda maior, IX, 1265) - ma il sultano rifiutò e dopo averlo ascoltato lo rimandò al campo
cristiano con una scorta d'onore.
Giotto, San Francesco davanti al Sultano, 1325 c.ca
Cappella Bardi, Basilica di S.Croce, Firenze
Verso la fine di ottobre
al-Kamil, stimando difficile difendere ulteriormente Damietta, avanzò
una proposta di pace molto vantaggiosa: offrì Gerusalemme, la
restituzione della Vera Croce sottratta ai cristiani nella battaglia
di Hattin, tutta la Palestina centrale e la Galilea, conservando
soltanto le fortezze d'Oltregiordano per le quali avrebbe comunque
pagato un tributo annuo, in cambio della ritirata dell'esercito
crociato da Damietta.
Giovanni di Brienne e i
baroni crociati d'Occidente erano favorevoli ad accettare queste
condizioni. L'assedio si protraeva infatti infruttuosamente da
diciassette mesi e le defezioni nel campo cristiano, solo
parzialmente compensate dai nuovi arrivi, erano continue, senza
contare che, accettando, avrebbero ottenuto la liberazione dei luoghi
santi. Il cardinale Pelagio, sostenuto dai tre Ordini militari che
stimavano Gerusalemme indifendibile senza le fortezze
d'Oltregiordano, riuscì però ad imporre il rifiuto della proposta
di pace.
La notte del 5 novembre,
il cardinale ordinò l'attacco generale. Diluviava
con fitti tuoni e lampi, nessun rumore si udiva né sopra le mura, né
dentro la città, i crociati scalarono il muro esterno e poi quello
interno senza quasi incontrare resistenza, due porte furono aperte e
la città fu presa.
La
fame e le epidemie avevano lavorato per l'armata cristiana: degli
originari 70.000 abitanti i crociati non ne trovarono in vita che
3.000 affamati e moribondi.
Henri Delaborde, La presa di Damietta, 1839
castello di Versailles, Sala delle Crociate
Re
Giovanni, sostenuto dai baroni e dagli Ordini militari, pretese che
la città venisse annessa al Regno di Gerusalemme ed il cardinale
Pelagio, che intendeva reclamarla per la Chiesa, fu costretto a
cedere.
Nello
stesso mese i crociati presero e saccheggiarono, trovandola
sguarnita, anche la città di Tanis, all'estremità orientale del
lago Manzaleh.
Denaro fatto coniare da Giovanni di Brienne durante l'occupazione di Damietta.
Al recto la testa coronata del re circondata dalla scritta Johannes rex, al verso la croce con la scritta Damieta.
Nel
febbraio del 1220 Giovanni di Brienne, a seguito dei continui
contrasti con il cardinale, lasciò Damietta e si ritirò ad Acri con
le sue truppe ed il cardinale rimase da solo alla guida
dell'esercito.
Nella
primavera del 1221 l'arrivo di Federico II alla testa di un grande
esercito sembrava imminente ed arrivò, inviato dall'imperatore,
Ludovico di Baviera alla testa di un forte contingente di crociati
tedeschi. Pelagio rifiutò una rinnovata proposta di pace del sultano
e riuscì a convincere i comandanti crociati a muovere verso il
Cairo, questi posero come unica condizione che re Giovanni fosse
richiamato al comando della spedizione.
Il
6 luglio Giovanni raggiunse Damietta con i suoi cavalieri ed il 12
l'esercito crociato mosse verso sud.
Il
20 fu presa Sharimshah dove Giovanni intendeva fermarsi: era prossima
infatti l'epoca dell'esondazione del Nilo e l'esercito damasceno si
stava avvicinando.
Pelagio
insistette per una ulteriore avanzata ed il 24 luglio l'esercito si
schierò lungo il canale al-Bahr -al-Saghir, adesso inondato dalla
piena del Nilo e facile da difendere, di fronte all'esercito egiziano
trincerato ad al-Mansurah. Le navi egiziane discesero il Nilo e
trasportarono parte delle truppe alle spalle dei crociati tagliando
la ritirata verso Damietta.
A
metà agosto il cardinale si rese conto che l'esercito crociato era
circondato da forze superiori ed a corto di viveri e diede l'ordine
di ritirarsi.
La
notte del 26 iniziò la ritirata ma il sultano diede ordine di aprire
le chiuse del Nilo che inondò le terre basse che i crociati dovevano
attraversare rendendone difficoltosa la marcia e pressochè
inutilizzabile la cavalleria pesante che era la loro arma migliore.
Nel frattempo il sultano lanciò all'assalto la cavalleria leggera
turca e la fanteria nubica che furono respinti da Giovanni a prezzo
di gravi perdite.
Il
28 agosto, il cardinale, che era stato trasportato dalla piena del
Nilo sulla sua nave oltre le linee nemiche, inviò al sultano dei
messaggeri di pace offrendo Damietta in cambio della possibilità di
ritirarsi verso la Palestina.
Contro
il parere dei suoi comandanti, il sultano accettò la proposta e l'8
settembre 1221 fece il suo ingresso in Damietta. La quinta crociata
si era conclusa senza alcun esito.
***
Per spingere
ulteriormente l'imperatore Federico II verso la Crociata e per
costringerlo ad andarvi personalmente, papa Onorio III gli offrì la
corona del regno di Gerusalemme se avesse preso in moglie Jolanda,
figlia di Maria di Gerusalemme e Giovanni di Brienne e legittima
erede al trono.
I Gran Maestri dei tre Ordini militari, soprattutto
Ermanno di Salza, GM dell'Ordine teutonico, il Patriarca di
Gerusalemme, Rodolfo di Mérencourt, ed il re Giovanni di Brienne,
che si trovavano in Italia, e più precisamente in Campania, per
trattare gli aiuti al Regno di Gerusalemme, erano molto favorevoli a
questo matrimonio, immaginando di poter ottenere in questo modo
l’aiuto e la protezione del più potente monarca dell’Occidente.
Federico II accettò il matrimonio e di conseguenza
il regno di Gerusalemme e promise di difenderlo ma chiese al papa di
rinviare ancora di due anni la partenza per la Terrasanta,
giustificandosi con le grandi difficoltà che aveva nel radunare
l’esercito dei Crociati e con la necessità di aspettare che la
tregua conclusa con i musulmani si fosse estinta, prima di
ricominciare la guerra.
Nell’agosto del 1225 quattordici navi imperiali
raggiunsero San Giovanni d’Acri; queste accompagnavano Giacomo,
allora ancora vescovo di Patti, che celebrò immediatamente il
matrimonio per procura dell’Imperatore Federico II con Jolanda di Brienne.
Le navi imperiali ripartirono quindi verso
Brindisi, accompagnando Jolanda, suo padre Giovanni di Brienne e
diversi membri della famiglia reale. Le navi giunsero a Brindisi il 9
novembre 1225 dove, con la benedizione del clero e l’acclamazione
del popolo, nello stesso giorno venne celebrato ufficialmente il
matrimonio nella cattedrale.
Il giorno successivo,
Federico II privò Giovanni di Brienne della reggenza del Regno di
Gerusalemme, nonostante le promesse fattegli con le quali gli aveva
dichiarato che lo avrebbe lasciato regnare fino alla sua morte.
Il papa affidò allora a Giovanni, come parziale compensazione, l'amministrazione dei beni
papali in Toscana e nel 1227, sotto il pontificato di Gregorio IX,
ebbe il comando della spedizione papale contro le Puglie governate
dall'ex suocero.
Nel 1228 I baroni latini di Costantinopoli avevano
bisogno di un reggente per il giovane re Baldovino II di Courtenay,
salito al trono appena undicenne. La scelta cadde su Giovanni di
Brienne.
Nel 1234 Baldovino sposò Maria di Brienne, figlia di
Giovanni e della sua terza moglie Berenguela di Leon (1), rafforzando
la posizione di Giovanni.
Nel 1236, nonostante l'età avanzata, prese il
comando delle esigue forze che difendevano la città e riuscì a
respingere l'attacco congiunto dei bulgari dello zar Ivan Asen e dei
niceni di Giovanni III Dukas Vatatzes.
Giovanni di Brienne morì il 27 marzo del 1237 mentre
Baldovino II si trovava in Europa alla ricerca di fondi e uomini per
puntellare il traballante impero latino. Si dice che Giovanni, poco
prima di morire, ricevette a Costantinopoli da Fra Benedetto
d'Arezzo, il Ministro provinciale francescano per la Terrasanta e
l'Oriente, gli abiti di terziario dell'ordine.
(1) Giovanni aveva sposato in terze
nozze Berenguela di Leon, figlia di Alfonso IX di Leon e Berenguela I
di Castiglia, nel 1224 a Toledo, nel corso del suo pellegrinaggio a
Santiago di Compostela.
Il monumento funebre della Basilica
inferiore di Assisi
La tomba è contornata agli angoli
laterali del basamento, sporgente di circa mezzo metro e quasi ad
altezza d'uomo, da otto piccole figure a tutto tondo, inequivocabili
immagini di apostoli scolpite nel marmo (due sono andate purtroppo
perdute, ma è del tutto certa la loro originaria presenza).
Molto probabilmente il monumento
funebre è stato spostato nel corso del tempo e la sua conformazione
attuale risulta dal riassemblaggio dei materiali originari.
Originariamente doveva trovarsi infatti qualche metro a lato
dell'attuale, sotto un grande arcone ogivale addossato alla parete
della chiesa.
E' attribuito a Ramo di Paganello
(scultore senese del XIII-XIV secolo) e/o Rubeus e databile al
periodo in cui il primo era capomastro dell'opera del Duomo di
Orvieto (1302-1310) ed il secondo risulta essere stato alle sue
dipendenze.
Al centro del monumento due angeli
tirano i capi (o forse accostano) di una leggerissima tenda dietro a
cui è disteso il corpo del defunto, la cui lunga veste è stata
tuttavia inspiegabilmente riscalpellinata in malo modo, scoprendo i
piedi già di per sé molto evidenti.
Una figura guantata, che non sembra né
uomo né donna, forse proprio un angelo col suo sorriso giovanile e
quasi beffardo, ma non irriverente, siede in una singolare ed
allusiva positura, con una gamba accavallata sopra all'altra,
accoccolato sopra un grosso leone ruggente. Questo singolarissimo ed
indecifrabile angelo occupa il secondo ripiano, immediatamente
sovrapposto al baldacchino funebre, con accanto, più incassata
nell'ombra, una madonna col bambino ritto in piedi, e, tra le due
bellissime sculture, un sepolcro rettangolare in pietra rosso scura,
ben sagomato nella sua spazialità concreta e riposto nell'ombra più
fitta.
Le armi scolpite alla base del
monumento sono state identificate con quelle di Filippo di Courtenay,
figlio dell'imperatore latino di Costantinopoli Baldovino II di Courtenay e di Maria di Brienne, che fu imperatore titolare di
Costantinopoli (1273-1283) e morì a Viterbo nel 1283.
Il monumento compare per la prima volta
nelle fonti scritte nel 1418 dove è citato come tomba
dell'imperatore di Costantinopoli. L'imperatore di Costantinopoli è
spesso identificato in Giovanni di Brienne che probabilmente conobbe
San Francesco a Damietta (1219-1220) nel corso della Quinta Crociata
e presenziò alla sua canonizzazione ad Assisi nel 1228. Nella sua De
Conformitate Vitae Beati Francisci ad Vitam Domini Iesu (1325
c.ca), Fra Bartolomeo da Pisa riporta inoltre che Giovanni, poco
prima di morire (1237), si fece terziario francescano e fu sepolto ad
Assisi. Dopo la caduta dell'impero latino di Costantinopoli (1261),
la figlia Maria, che riparò insieme al marito presso la corte
angioina di Napoli, potrebbe aver portato con sé le spoglie del
padre o parte di esse.
Statua funeraria attribuita a Maria di Brienne, XIII secolo
Basilica di S.Denis, Parigi