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sabato 24 settembre 2022

chiesa di San Nicolò Regale, Mazara del Vallo

 chiesa di San Nicolò Regale, Mazara del Vallo

Costruita nel 1124 sul molo orientale del porto-canale di Mazara per volontà di Ruggero II e affidata inizialmente a monaci di rito greco, entrò successivamente a far parte del complesso abbaziale benedettino di San Nicolò e Giovanni Prodromo oggi non più esistente.



Presenta una pianta a croce greca inscritta con tre absidi e una cupola, impostata su un tamburo ampio e basso di forma cubica, che la sormonta. Le mura perimetrali mostrano aperture ogivali decorate da archi rincassati. Una cornice leggermente aggettante – posta al di sopra dei doccioni di smaltimento delle acque piovane – separa la muratura originaria dal coronamento dei merli circolari aggiunto nel XIII secolo.


Nell'interno si trovano un piccolo altare, quattro colonne centrali che sostengono il tamburo e delle colonnine incassate negli spigoli delle tre absidi oltre a una pavimentazione con un disegno a colori d'ispirazione islamica.


L'insieme delle caratteristiche architettoniche della chiesa l'apparentano alla chiesa palermitana di San Cataldo e a quella della Santissima Trinità di Delia a Castelvetrano.
Tra il XVII e il XVIII secolo la chiesa subì una radicale trasformazione per adattarla ai nuovi canoni barocchi, divenendo a pianta ottagonale con copertura a falde.
Nel 1947 si tentò di riportare la chiesa alle sue forme originarie, ma bisognò attendere fino agli anni Ottanta affinché questo gioiello dell'arte arabo-normanna riacquistasse le sue originali sembianze di edificio medievale.

Di particolare interesse è il basamento sottostante, nel quale sono state rinvenute nel 1933 tracce di mosaici romani che che probabilmente pavimentavano una piscina o di una residenza signorile o di un impianto termale di tarda età imperiale (tra il III ed il V secolo), come lascia pensare un'antica tubazione rinvenuta in uno stipite. Tra i resti malconci ne spicca uno, che ha al centro un cervo in corsa tra decorazioni floreali. Attualmente è chiusa, non visitabile da almeno 10 anni.





domenica 4 settembre 2022

Chiesa della Madonna dell'Alto (Santa Maria delle giummare), Mazara del Vallo

 Chiesa della Madonna dell'Alto (Santa Maria delle giummare), Mazara del Vallo


Fu fatta erigere nel XII sec. da Giuditta d'Altavilla – figlia di Ruggero I di Sicilia e della sua seconda moglie Eremburga di Mortain – nel luogo dove sorgeva una torre di avvistamento saracena (1) e deve probabilmente il nome al tipo di palma nana, detta giummara, che cresce spontaneamente nella zona.
Subito dopo la sua fondazione venne affidata ad una comunità di monaci basiliani.
Nel 1444 i monaci basiliani vennero sostituiti dai benedettini e nel 1567 divenne commenda dell'Ordine giovannita e tale rimase fino al 1811 quando fu assegnata al demanio e successivamente (1873) alla diocesi di Mazara. Nel 1947 si ebbe il crollo del portale di epoca trecentesca (successivamente rimontato).


I resti della torre saracena – addossata alla parete orientale della chiesa - sono ancora identificabili per via di una incredibile quanto affascinante scala a chiocciola che conduce, dall’attuale sagrestia, alle terrazze dell’edificio.

Lato orientale con i resti della torre saracena inglobati nella costruzione

La chiesa, nonostante i rifacimenti subiti nei secoli, mantiene una forte impronta normanna. A navata unica, è preceduta da un protiro, con un arco a sesto acuto in facciata sormontato da una nicchia e lateralmente da due archi a tutto sesto, fortemente rimaneggiato nel XIV sec. Per rafforzare la struttura con pilastri su cui scaricare le spinte della volta a crociera.


Internamente la chiesa è scandita trasversalmente in tre campate da due archi acuti ed uno a tutto sesto in prossimità della zona presbiteriale a pianta rettangolare. Entrando a destra, si nota un robusto arco risalente al periodo detto “chiaramontano” (2) ora cieco ed in parte affogato nella muratura della prima arcata interna alla chiesa. Probabilmente immetteva in una cappella costruita successivamente, come capita in tutte le chiese occidentali per via del diverso rituale celebrativo; poteva condurre anche a locali sussidiari aggiunti all’edificio all’epoca del passaggio della chiesa alla commenda dei Cavalieri di Malta, ma lo stemma che sovrasta l’arco reca la data del 1301 e riporta la stilizzazione di una croce da etimasia, il che fa pensare piuttosto ad un intervento ad opera dei Basiliani che modificarono il loro cenobio.
Sull'altare maggiore, all'interno di una nicchia, si conserva una statua marmorea della Madonna col bambino, opera di Giacomo Castagnola del 1575 che fu commissionata allo scultore dal primo commendatore giovannita, fra Giovanni Giorgio Vercelli.



Nelle due absidiole laterali - coerenti con la liturgia bizantina - sono presenti affreschi molto deteriorati che risalgono alla costruzione del nucleo originario della chiesa, rappresentanti San Giovanni Crisostomo e San Basilio. L’affresco che ritrae S.Basilio, identificato anche sulla base di alcune lettere greche recanti il nome del santo ormai scomparse, presenta i tradizionali canoni bizantini della sua iconografia. La nicchia di sinistra invece, in cui è ritratto S.Giovanni Crisostomo, presenta una cornice gialla con dentro tondi alternati, rossi e azzurri; l’aureola gialla del Santo, orlata di marrone; il libro con il dorso rosso.
Per consentire la costruzione di un altare sormontato da una immagine votiva si dovette smantellare la conca absidale, tompagnare l’arco absidale ancor’oggi visibile e costruire una cassa muraria che servisse da solida nicchia per la pesante statua mentre due squadrate aperture laterali sormontate da due oculi di chiara impronta cinquecentesca si frapposero tra le absidiole e l’altare. 
La copertura è a volta portante ed il pavimento in mattoni di cotto.


Note:

(1) Non si può escludere che si tratti invece del ripristino di un edificio di culto preesistente che i saraceni, dopo la conquista dell'isola nell'827, avrebbero trasformato in punto di avvistamento. I Normanni, in questo caso, non avrebbero fatto altro che modificare nuovamente l'edificio per riportarlo alla originaria funzione cultuale.

(2) Lo stile chiaramontano prende il nome dalla famiglia dei Chiaromonte che erano signori di Modica quando, nel XIV secolo, si sviluppò questa variante locale del gotico. Si caratterizza essenzialmente per l'uso di applicazioni in pietra con modanature a zig zag di matrice arabo-normanna, incastonate nelle ghiere merlettate di portali e bifore a sesto acuto.