Chiesa della Madonna dell'Alto (Santa
Maria delle giummare), Mazara del Vallo
Fu fatta erigere nel XII sec. da
Giuditta d'Altavilla – figlia di Ruggero I di Sicilia e della sua
seconda moglie Eremburga di Mortain – nel luogo dove sorgeva una
torre di avvistamento saracena (1) e deve probabilmente il nome al
tipo di palma nana, detta
giummara, che cresce spontaneamente nella zona.
Subito dopo la sua fondazione venne
affidata ad una comunità di monaci basiliani.
Nel 1444 i monaci basiliani vennero
sostituiti dai benedettini e nel 1567 divenne commenda dell'Ordine
giovannita e tale rimase fino al 1811 quando fu assegnata al demanio
e successivamente (1873) alla diocesi di Mazara. Nel 1947 si ebbe il
crollo del portale di epoca trecentesca (successivamente rimontato).
I resti della torre saracena –
addossata alla parete orientale della chiesa - sono ancora
identificabili per via di una incredibile quanto affascinante scala a
chiocciola che conduce, dall’attuale sagrestia, alle terrazze
dell’edificio.
Lato orientale con i resti della torre saracena inglobati nella costruzione
La chiesa, nonostante i rifacimenti
subiti nei secoli, mantiene una forte impronta normanna. A navata
unica, è preceduta da un protiro, con un arco a sesto acuto in
facciata sormontato da una nicchia e lateralmente da due archi a
tutto sesto, fortemente rimaneggiato nel XIV sec. Per rafforzare la
struttura con pilastri su cui scaricare le spinte della volta a
crociera.
Internamente la chiesa è scandita
trasversalmente in tre campate da due archi acuti ed uno a tutto
sesto in prossimità della zona presbiteriale a pianta rettangolare. Entrando a destra, si nota un robusto
arco risalente al periodo detto “chiaramontano” (2) ora cieco ed
in parte affogato nella muratura della prima arcata interna alla
chiesa. Probabilmente immetteva in una cappella costruita
successivamente, come capita in tutte le chiese occidentali per via
del diverso rituale celebrativo; poteva condurre anche a locali
sussidiari aggiunti all’edificio all’epoca del passaggio della
chiesa alla commenda dei Cavalieri di Malta, ma lo stemma che
sovrasta l’arco reca la data del 1301 e riporta la stilizzazione di
una croce da etimasia, il che fa pensare piuttosto ad un intervento
ad opera dei Basiliani che modificarono il loro cenobio.
Sull'altare maggiore, all'interno di
una nicchia, si conserva una statua marmorea della Madonna col
bambino, opera di Giacomo Castagnola del 1575 che fu commissionata allo scultore dal primo commendatore giovannita, fra Giovanni Giorgio Vercelli.
Nelle due absidiole
laterali - coerenti con la liturgia bizantina - sono presenti
affreschi molto deteriorati che risalgono alla costruzione del nucleo
originario della chiesa, rappresentanti San Giovanni Crisostomo e San
Basilio. L’affresco che ritrae S.Basilio, identificato anche sulla
base di alcune lettere greche recanti il nome del santo ormai
scomparse, presenta i tradizionali canoni bizantini della sua
iconografia. La nicchia di sinistra invece, in cui è ritratto
S.Giovanni Crisostomo, presenta una cornice gialla con dentro tondi
alternati, rossi e azzurri; l’aureola gialla del Santo, orlata di
marrone; il libro con il dorso rosso.
Per consentire la costruzione di un
altare sormontato da una immagine votiva si dovette smantellare la
conca absidale, tompagnare l’arco absidale ancor’oggi visibile e
costruire una cassa muraria che servisse da solida nicchia per la
pesante statua mentre due squadrate aperture laterali sormontate da
due oculi di chiara impronta cinquecentesca si frapposero tra le
absidiole e l’altare.
La copertura è a volta portante ed il
pavimento in mattoni di cotto.
Note:
(1) Non si può escludere che si tratti
invece del ripristino di un edificio di culto preesistente che i
saraceni, dopo la conquista dell'isola nell'827, avrebbero
trasformato in punto di avvistamento. I Normanni, in questo caso, non
avrebbero fatto altro che modificare nuovamente l'edificio per
riportarlo alla originaria funzione cultuale.
(2) Lo stile chiaramontano prende
il nome dalla famiglia dei Chiaromonte che erano signori di Modica
quando, nel XIV secolo, si sviluppò questa variante locale del
gotico. Si caratterizza essenzialmente per l'uso di applicazioni in
pietra con modanature a zig zag di matrice arabo-normanna,
incastonate nelle ghiere merlettate di portali e bifore a sesto
acuto.