*cosiddetto per
distinguerlo dal nipote suo omonimo, l'imperatore Niceforo II Foca
(963-969).
E' il primo membro noto della potente famiglia dei Foca, originari della Cappadocia ed esponenti di spicco dell'aristocrazia militare bizantina tra il IX e l'XI secolo.
Genealogia dei Foca
Nacque probabilmente intorno all'855 da
un padre militare di carriera che fu nominato spatario e turmarca
dall’imperatore Basilio I (867-886) nell’872 e in seguito
divenuto probabilmente protospatario e stratego di
Cherson, drungario dell’Egeo e infine stratego di Anatolia.
Intrapresa a sua volta la carriera
militare, probabilmente partecipò in Asia Minore alla campagna
condotta da Basilio I contro i pauliciani (872) e fu insignito del
titolo di manglavite (1).
Nell’873 accompagnò l’imperatore
nella spedizione contro gli arabi nella regione dell’Eufrate, che
riconquistò le città di Zapetra e Samosata. Distintosi per le sue
capacità militari fu elevato al rango di protostrator e
ottenne un palazzo a Costantinopoli che si trovava nei pressi della
chiesa di Santa Tecla. Successivamente ricoprì la carica di stratego
dell'importante thema di Charsianon.Versò la metà dell'885, a seguito della rovinosa sconfitta subita da parte degli arabi dell'Emirato di Amantea sotto le mura di Santa Severina, l'imperatore decise di richiamare il comandante in capo delle truppe bizantine in Italia, Stefano Massenzio, e di sostituirlo con Niceforo a cui affidò cospicui rinforzi, tra cui un contingente di pauliciani che si erano arruolati nell''esercito bizantino dopo la dissoluzione dello stato pauliciano (2).
Giunto in Italia Niceforo riorganizzò
le forze a sua disposizione in tre colonne che lanciò
contemporaneamente all'assalto delle roccaforti di Amantea, Tropea e
Santa Severina, guidando personalmente l'assedio di quest'ultima ed
espugnandole una dopo l'altra.
Eliminata l'enclave araba,
Niceforo Foca portò a termine la campagna strappando ai Longobardi
dei Principati di Salerno e di Benevento – che sottopose a
vassallaggio - la valle del Crati e i territori della Lucania
orientale, ristabilendo così la sovranità imperiale su quasi tutto
il Mezzogiorno.Nei confronti delle popolazioni locali, Niceforo tenne un atteggiamento estremamente rispettoso, evitando che i suoi soldati le vessassero in alcun modo e stabilendo presidi militari a difesa del territorio (3), cose che gli valsero la loro riconoscenza a cui non sembra estranea la diffusione nel Meridione del culto del santo suo omonimo. Nello stesso tempo incoraggiò l'insediamento dei suoi veterani nelle terre riconquistate favorendo il ripopolamento della regione.
Nell’886 il nuovo imperatore Leone VI
(886-912), subentrato al padre Basilio I, richiamò Niceforo Foca a
Costantinopoli e gli conferì il titolo di patrizio e la carica di
domestikos delle scholai, ossia di comandante supremo
dell’esercito. Il generale fu quindi inviato a combattere gli arabi
in Asia Minore dove rimase alcuni anni.
Nell'894 Leone VI – su pressione del
logoteta del dromo Stiliano Zautse - spostò la sede del mercato
delle merci bulgare da Costantinopoli a Tessalonica, dove i mercanti
erano sottoposti a pesanti dazi (4). Viste ignorate le proteste
inoltrate per via diplomatica, nell'autunno dell'894 lo zar bulgaro
Simeone invase il thema di Macedonia incontrando scarsa resistenza.
L'imperatore gli mandò contro un esercito formato dalla sua guardia
e dalle unità stanziate nella capitale che fu però rovinosamente
sconfitto.Firmata una tregua con gli arabi, Niceforo Foca assunse il comando del fronte occidentale e attaccò la Bulgaria da sud. Contemporaneamente la diplomazia bizantina convinse gli Ungari ad attaccare i bulgari da nord appoggiati dalla flotta imperiale, al comando di Eustazio, che riuscì a traghettarli oltre il Danubio nonostante le contromisure disposte dalla zar bulgaro. Simeone si diresse quindi verso nord per contrastare gli ungari che lo sconfissero in due scontri in campo aperto, lasciando dietro di sé alcune unità per fronteggiare l'esercito di Niceforo Foca con cui però probabilmente non vennero a contatto. Nell'estate dell'895, lo zar bulgaro addivenne momentaneamente a più miti consigli e firmò una tregua.
La storiografia non è del tutto
concorde sulla data di morte di Niceforo. Molto probabilmente morì
nell'895-896. Secondo la cronaca di Teofane continuato invece –
scritta su commissione di Costantino VII Porfirogenito (912-959) –
subito dopo l'armistizio con i bulgari, Niceforo, divenuto inviso
all'influente logoteta del dromo, Stiliano Zautse, per aver rifiutato
di sposare una sua figlia sarebbe stato rimosso dalla carica di
domestikos delle scholai e sostituito con Leone Katakalon. Dopo un
periodo di inattività sarebbe stato nominato strategos del thema di
Tracia dove avrebbe trascorso i suoi ultimi anni morendo intorno al
900 (5).
Da una moglie di cui non si conosce il
nome Niceforo ebbe due figli, Leone, che ricoprirà a sua volta la
carica di domestikos delle scholai,
e Barda, padre del futuro imperatore Niceforo II Foca (963-969).Note:
(1) In origine i manglavites
erano un'unità speciale della guardia imperiale, i cui membri
avevano il compito di aprire davanti all'imperatore alcune porte del
sacro palazzo e di precederlo nelle processioni facendogli largo tra
la folla maneggiando una sorta di clava (il manglavion, la cui
etimologia deriva probabilmente dalla fusione delle parole latine
manus e clava). Successivamente, come per molti altri
titoli di corte, divenne un titolo onorifico che veniva conferito a
persone che non avevano nulla a che fare con questo ufficio.
(2) Secondo alcune fonti al comando del contingente pauliciano era un certo Diaconitze, un luogotenente del condottiero pauliciano Chrisocheir, che si era trovato al suo fianco quando questi fu catturato e decapitato dai bizantini dopo la disfatta del passo di Bathys Ryax (872).
(3)
Su un alto colle che sovrasta il lago di Angitola in Calabria, si
trovano le rovine di una città, abbandonata nel corso del XVIII
secolo, oggi nota come Rocca Angitola. Fino al 1420 ricorre però
nelle fonti con il nome di Rocca Niceforo. Si tratta infatti di uno
dei presidi fortificati fatti costruire dal generale bizantino
(probabilmente sulle rovine dell'antica Crissa). Rasa al suolo dagli
Arabi nel 950 fu ricostruita dai Normanni e raggiunse la sua massima
espansione nel XV secolo.
Rovine di Rocca Niceforo
(4)
Asceso al trono alla morte del padre Basilio I (29 agosto 886), Leone
VI confermò Stiliano Zautse nella carica di logoteta del dromo
(equivalente a quella di primo ministro) che ricopriva già sotto
suo padre. Secondo molti storici Zautse – che era anche il padre
dell'amante di Leone VI Zoe Zautsina - esercitò il potere de
facto. Nell'891-893
l'imperatore creò per lui il titolo di basiliopator
che, per quanto enigmatico, sembra implicare una sorta di tutela.
Rimasto vedovo della prima moglie Teofano, nell'898 l'imperatore
sposò finalmente Zoe Zautsina che gli diede una figlia (Anna) ma
morì l'anno seguente insieme al padre Stiliano. Sembra che Stiliano
abbia spinto per il trasferimento a Tessalonica del mercato delle
merci bulgare per favorire due suoi protetti che colà incassavano i
forti dazi imposti.
(5) E' però del tutto inusuale che un ex comandante supremo dell'esercito venga successivamente destinato a ricoprire la carica di strategos. La figlia di Stiliano Zautse di cui Niceforo avrebbe rifiutato la mano compare inoltre solo in questo testo. Queste considerazioni portano a ritenere poco probabile la versione riportata dalla cronaca di Teofane Continuato.