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lunedì 5 novembre 2012

I santi anargiri (agioi anárgyroi)

I santi anargiri (Agioi Anárgyroi)
Sono detti anárgyroi (letteralmente senza denaro) i santi medici che prestarono la loro opera con assoluto disinteresse, senza mai chiedere retribuzione alcuna, né in denaro, né di altro genere, in applicazione del precetto evangelico: "Gratis accepistis, gratis date".

Cosma e Damiano
Secondo la tradizione agiografica che, sebbene non storicamente verificabile, è supportata dall'antichità del culto loro tributato, i due erano gemelli originari dell'Arabia, appartenenti ad una ricca famiglia. Il padre si convertì al Cristianesimo dopo la loro nascita, ma morì durante una persecuzione in Cilicia; mentre la madre, Teodota (o Teodora), da più tempo cristiana, si occupò della loro prima educazione.
Dopo aver appreso l'arte medica in Siria, praticarono la loro professione nella città portuale di Egea, in Cilicia, sul golfo di Alessandretta.
Uno dei loro più celebri miracoli, tramandati dalla tradizione, fu quello di aver sostituito la gamba ulcerata di un loro paziente con quella di un etiope morto di recente.
Secondo la passio, tuttavia, in una sola occasione era stata elargita ai santi una ricompensa, di tre uova nelle mani del fratello minore Damiano, da parte di una contadina emorroissa, Palladia, miracolosamente guarita. Cosma era rimasto tanto deluso e mortificato per quel gesto da esprimere la volontà che le sue spoglie fossero deposte, dopo la morte, lontane da quelle del fratello.
Durante le persecuzioni dei cristiani promosse da Diocleziano (284-305) furono fatti arrestare dal prefetto di Cilicia, Lisia.
Avrebbero subito un feroce martirio, così atroce che su alcuni martirologi è scritto che essi furono martiri cinque volte. I supplizi subiti da Cosma e Damiano differiscono secondo le fonti. Secondo alcune furono dapprima lapidati ma le pietre rimbalzarono contro i soldati, secondo altre furono crudelmente fustigati, crocefissi e bersagliati dai dardi, ma le lance rimbalzarono senza riuscire a fare loro del male; altre fonti ancora narrano che furono gettati in mare da un alto dirupo con un macigno appeso al collo, ma i legacci si sciolsero e i fratelli riuscirono a salvarsi, e ancora incatenati e messi in una fornace ardente, senza venire bruciati.
Cosma e Damiano infine vennero decapitati, assieme ai loro fratelli più giovani (o discepoli), Antimo, Leonzio ed Euprepio, nella città di Cirro, nei pressi di Antiochia.
Dopo il loro martirio coloro che avevano assistito al macabro spettacolo vollero dare degna sepoltura a coloro che tanto bene avevano elargito in vita, cercando anche di rispettare la volontà di Cosma circa la separata sepoltura: ciò fu loro impedito da un cammello che, secondo la leggenda, prese voce dicendo che Damiano aveva accettato quella ricompensa solo perché mosso da spirito di carità, onde evitare che quella povera donna potesse sentirsi umiliata dal rifiuto. I presenti diedero dunque sepoltura ai loro corpi deponendoli l'uno a fianco dell'altro.

SS.Cosma e Damiano, Oratorio delle catacombe di S.Lucia, Siracusa, prima metà VIII secolo

S.Paolo (a ds.) e S.Cosma (a sn), chiesa dei SS. Cosma e Damiano, Roma, VI secolo

SS.Cosma e Damiano, chiesa di S.Demetrio (Mitropolis), Mistrà, prima metà XIV secolo

Ciro e Giovanni
Spesso S.Ciro ricorre come S.Abbaciro (corruzione di abbàs Cyrus=padre Ciro).
Ciro era un monaco di Alessandria esperto nell'arte medica e Giovanni un soldato di Edessa divenuto suo discepolo. Avendo un giorno saputo che quattro cristiane di Canopo, Teodosia (o Teodota), Teotista, Eudossia, e la loro madre Atanasia erano state arrestate i due santi si portarono a Canopo per incoraggiarle a non venire meno alla loro fede, ma furono anch'essi arrestati e condannati a morte, come avveniva contemporaneamente per le quattro cristiane. Gli uni e le altre furono decapitati verso il 303, sotto Diocleziano.
Il Patriarca di Alessandria, Cirillo, fece traslare le salme dei due martiri a Menouthis (l'odierna Abukir), presso la locale chiesa.
Nel 407, due monaci di nome Grimoaldo ed Arnolfo, dopo un sogno premonitore, prima della conquista araba dell' Egitto, portarono i resti dei due martiri a Roma per custodirle.
Giunti a Roma, furono accolti e ospitati nella casa dalla ricca Teodora, in Trastevere. Durante la notte i due martiri apparvero in sogno alla padrona di casa e le ordinarono di trasportare i loro corpi fuori città, nella chiesetta che aveva fatto costruire nei suoi possedimenti lungo l'antica via Portuense, in onore della vergine Prassede (attualmente conosciuta come chiesa di S.Passera)

S.Abbaciro, S.Maria Antiqua, Roma, seconda metà VIII secolo


Il nome con il quale la chiesa, ridedicata ai santi Abbaciro e Giovanni dopo la traslazione dei loro resti, è attualmente conosciuta (non è mai esistita ovviamente alcuna santa Passera) sembra derivare dalla corruzione di quello di Abbaciro, progressivamente deformato in Appacìro - Appacèro - Pacèro - Pàcera - Passera. 
Cristo benedicente tra i santi Abbaciro e Giovanni
chiesa di S.Passera, Roma, XIII secolo

San Abbaciro e San Giovanni, al centro, nel medaglione, San Ermolao
chiesa di S.Maria dell'Ammiraglio, Palermo, XII secolo

Pantaleone (detto anche S.Panteleimon=che ha compassione di tutti)
Secondo la leggenda Pantaleone, nativo di Nicomedia in Bitinia, educato cristianamente dalla madre Eubule, ma non ancora battezzato, è affidato dal padre pagano Eustorgio al grande medico Eufrosino e apprende la medicina tanto perfettamente da meritarsi l'ammirazione e l'affetto dell'imperatore Galerio.
Si avvicina alla fede cristiana grazie all'esempio di Ermolao, presbitero cristiano che vive nascosto per timore della persecuzione, il quale lo convince progressivamente ad abbandonare l'arte di Asclepio, garantendogli la capacità di guarire ogni male nel solo nome di Cristo: di ciò fa esperienza lo stesso Pantaleone, il quale, dopo aver visto risuscitare alla sola invocazione del Cristo un bambino morto per il morso di una vipera, si fa battezzare. La guarigione di un cieco, che si era rivolto a lui dopo aver consumato tutte le sue sostanze appresso ad altri medici, induce la conversione alla religione cristiana sia del cieco che del padre del santo.
Alla morte del padre, Pantaleone, distribuito il patrimonio ai servi e ai poveri, diventa il medico di tutti, suscitando per l'esercizio gratuito della professione l'invidia e il risentimento dei colleghi e la conseguente denunzia all'imperatore. Il cieco, chiamato a testimoniare, nell'evidenziare la gratuità e la rapidità della guarigione, nonché l'incapacità e la venalità degli altri medici, fa l'apologia di Cristo contro Asclepio, guadagnandosi perciò il martirio. San Pantaleone fu condannato a morte nel 305, durante le persecuzioni ordinate da Galerio.

Martirio di San Pantaleone

Fu dapprima messo al rogo, ma le fiamme si spensero, poi fu immerso nel piombo fuso, ma il piombo si raffreddò miracolosamente; a questo punto Pantaleone fu gettato in mare con una pietra legata al collo, ma il masso prese a galleggiare; venne condannato ad feras, ma le belve che avrebbero dovuto sbranarlo si misero a fargli le feste; fu poi legato ad una ruota, ma le corde si spezzarono e la ruota andò in frantumi.  Infine gli furono inchiodate le braccia sulla testa, che poi il boia gli mozzò.
Secondo la passio, mantre il santo subiva il martirio, una voce dall'alto cambiò il nome del giovane: “non ti chiamerai più Pantaleone, ma il tuo nome sarà Pantaleimon, perché avrai compassione di molti: tu infatti sarai porto per quelli sballottati dalla tempesta, rifugio degli afflitti, protettore degli oppressi, medico dei malati e persecutore dei demoni”.

S. Panteleimon e S. Ermolao, chiesa della Panagia Olympiotissa, Elassona, XIII sec.

S.Pantaleone, chiesa rupestre di S.Nicola dei Greci, Matera, seconda metà XIII sec.


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