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mercoledì 26 agosto 2020

La chiesa di Santa Maria Egiziaca, Roma

La chiesa di Santa Maria Egiziaca, Roma


Il Tempio di Portuno come appare attualmente


Sotto il pontificato di papa Giovanni VIII, tra l'872 e l'873, Il Tempio di Portuno al Foro Boario (fino agli inizi del XX secolo noto come Tempio della Fortuna virile) (1) fu trasformato in chiesa inizialmente dedicata alla Vergine e nota come Santa Maria de Secundicerio.
Un'epigrafe (oggi perduta) ritrovata durante i restauri del 1579 e databile al IX secolo, pone la decorazione parietale della chiesa primitiva in relazione alla committenza di un certo Stefano detto Secundicerio (2). Dal momento che questo titolo indicava la seconda carica della corte pontificia, doveva trattarsi di un personaggio molto influente e allineato alle direttive della politica papale.
Nel 1492 appare per la prima volta nelle fonti con il nome di Santa Maria Egiziaca che manterrà ininterrottamente fino al 1916, quando verrà sconsacrata per ripristinare l'antico tempio romano.
Nel 1566 la chiesa fu data in concessione alla Congregazione armena da papa Pio V in sostituzione di quella dedicata a San Lorenzo che era stato necessario abbattere per costruire il muro perimetrale del ghetto ebraico.
Nel 1579 su istanza di papa Gregorio XIII, il cardinale Giulio Antonio Santori, nominato l'anno precedente protettore della Congregazione armena, fece restaurare ed abbellire la chiesa. Il cardinale fece anche costruire un nuovo edificio, utilizzato come “ospizio” dagli Armeni, addossato al lato est del tempio, quello che oggi si sviluppa lungo via Petroselli. Questo edificio, più alto rispetto al tempio, inglobò nelle sue stanze le colonne e i capitelli di questo lato che furono più volte danneggiati da incendi e manomissioni.

Il Tempio trasformato in chiesa come appariva in una fotografia del 1895. Sulla sinistra, addossato al suo lato orientale, si nota l'ospizio degli armeni

Nel 1916 l'edificio divenne proprietà dello Stato italiano e tra il 1921 ed il 1925, sotto la direzione di Antonio Munoz, furono intrapresi i lavori volti ad isolare il monumento (venne completamente demolito l'adiacente ospizio degli armeni) e riportare il tempio alla su conformazione originaria. Lo smantellamento dei pilastri cinquecenteschi – collocati a metà delle pareti lunghe e nei due angoli di quella di fondo – portò alla luce lacerti della decorazione parietale del IX secolo, altri frammenti furono ritrovati in corrispondenza della lunetta della parete di fondo.

Della decorazione parietale coeva alla trasformazione dell'edificio in chiesa, rimangono oggi in situ tre fasce verticali – divise in sette registri – disposte sui il lati lunghi dell'edificio e otto frammenti di affresco già distaccati da A. Muñoz e applicati su supporti mobili (attualmente i tre più grandi sono posti sulla parete di fondo e gli altri sulle pareti laterali).
Il registro superiore era dedicato all'Infanzia della Vergine , quello inferiore al ciclo cosiddetto della Dormizione.

Annunciazione ante mortem (3)

Nel terzo registro scorrevano le scene della vita di san Basilio, a questo registro appartengono anche due coppie di clipei con le sante romane Rufina e Prisca e gli  orientali Pantaleone e Tuthael (4).

La peccatrice penitente s'inginocchia ai piedi di san Basilio

Una peccatrice aveva scritto i suoi peccati su una pergamena sigillata che portò a San Basilio per chiedergli d'intercedere presso il Signore per ottenerne il perdono. Il Santo pregò tutta la notte ed il giorno seguente i peccati della donna erano cancellati. Tutti tranne uno. Per questo il santo la mandò da Sant'Efrem che non fu però in grado di aiutarla. Sulla via del ritorno incrociò il corteo funebre di San Basilio che nel frattempo era morto e, disperata, gettò la pergamena sul corpo del santo. Un sacerdote la raccolse e ruppe il sigillo trovando la pergamena completamente bianca. Il santo morendo aveva redento l'ultimo peccato della donna.

I Santi Pantaleone e Tuthael

Il quarto registro era dedicato alla vita di Maria Egiziaca ed il quinto era occupato da figure stanti di santi e martiri.

Il monaco Zosimo incontra Maria Egiziaca nel deserto (5)

Al di sotto di questo registro la decorazione continuava probabilmente con dei finti tendaggi – come d'uso nelle chiese romane dell'epoca - ma è completamente scomparsa.
Nei cinque registri superiori le singole scene appaiono inquadrate da cornici composte da cerchi circondati da file di perline, dentro i quali si alternano testoline, fiori stilizzati e palmette.
Infine, nella parte superiore della parete di fondo era rappresentata una visione di Cristo in gloria, della quale però rimangono solo alcuni lacerti.
Sulla parete di fondo della cella è stato ritrovato un frammento di affresco con il volto della Vergine (che doveva appartenere a una piccola abside poi demolita) più tardo rispetto al ciclo decorativo principale e reso visibile dall’ultimo restauro; intorno al volto è presente un’aureola a sbalzo sulla quale sono state rinvenute tracce di doratura a foglia d’oro. Sulla base di questi ed altri elementi si ipotizza una datazione intorno al 1200.

Maria Egiziaca, la santa eremita a cui era dedicata la chiesa, è venerata come protettrice delle prostitute pentite. Non era quindi inusuale, nel cuore della Roma cinquecentesca e papalina, vederne convenire una moltitudine per assistere alla funzione nel giorno (primo di aprile) in cui ricorreva la festività della santa.


Note:

(1) Si tratta di edificio pseudoperiptero in tufo e travertino di epoca repubblicana, con pronao tetrastilo e innalzato su un podio accessibile da una scalinata. I lati maggiori sono costituiti da due colonne e cinque semicolonne sui muri della cella (le colonne del pronao e quelle sui quattro angoli della cella, le basi e capitelli sono in travertino, mentre le semicolonne e la cella sono in tufo, tutto un tempo rivestito da prezioso stucco romano).

(2) Il titolo indicava uno dei sette giudici palatini, alti funzionari della curia con mansioni amministrative e giurisdizionali, assieme al primicerio e al protoscrinario faceva parte della cancelleria. Era quindi la seconda carica della corte pontificia.

(3) Tre sono i principali manoscritti apocrifi che raccontano gli ultimi giorni della Vergine: De Transitu Marie (in lingua etiope), Dormitio Marie (in greco) e Transitus Mariae (in latino), tutti databili in un arco compreso tra il II e il IV secolo. Tutti e tre collocano al morte della Vergine a Gerusalemme ed in tutti e tre ricorre la scena della cosiddetta Annunciazione ante mortem, un angelo avrebbe preannunciato alla Vergine la sua prossima morte e assunzione in cielo. Se questa fosse la scena qui rappresentata, si tratterebbe dell'unico esempio ritrovato in Italia.

(4) San Pantaleone è un santo medico - vedi qui - nativo di Nicomedia in Bitinia. Tuthael dovrebbe essere un santo stilita di origini siriache vissuto tra il V e il VI secolo di cui si dice che operò la resurrezione di un cadavere.

(5) cfr. scheda Maria Egiziaca

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